TOJOURS PUR
Sullo sfondo l’antico arazzo di una decaduta famiglia purosangue. A contemplarlo due giovani maghi.
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Era stata l’ultima cosa che Severus Piton fece per
l’Ordine della Fenice, prima di far perdere le sue tracce.
Portare a Grimmauld Place un ragazzo esausto, ferito nel
corpo e nell’anima.
Il suo arrivo non destò clamore. Sapevano che sarebbe
accaduto. Silente glielo aveva detto. Aveva spiegato loro il motivo. E loro
avevano capito. Anche Harry aveva capito.
Draco Malfoy era in piedi di fronte a una parete. Lo sguardo
fisso su un punto apparentemente imprecisato.
Dietro di lui un lieve rumore di passi.
Una figura alta e snella si fermò accanto al ragazzo,
anch’essa a contemplare l’immenso arazzo di fronte a loro.
Draco non si voltò, non ne aveva bisogno.
Sapeva chi era. Certi legami non si possono spezzare.
Su volto del ragazzo il livido pallore aveva lasciato il
posto a un roseo incarnato, su cui si intravedeva una leggera spruzzata di
piccole lentiggini.
Le stesse lentiggini presenti sul volto della giovane donna
accanto a lui.
- È questo che sono? Solo un nome? - Draco si voltò
verso la giovane.
I suoi occhi, un tempo freddi e duri, erano velati di
amarezza.
Lei non si mosse. Restò in silenzio a contemplare l’ultima
riga di nomi ricamati sull’arazzo.
Nomi su cui erano visibili due piccole bruciature.
- Nessuno di noi è solo un nome. - rispose Tonks,
voltandosi a guardarlo.
La solitudine incrociò l’amarezza, perdendosi in essa.
- Ognuno di noi è ciò che desidera essere, non quello che il
suo nome gli impone. - disse tornando a osservare l’arazzo.
- Ninfa… - anche Draco tornò a guardarlo.
Tonks non disse nulla.
Permetteva solo a lui di chiamarla per nome.
Lui, che rappresentava l’ultimo suo legame con una casata destinata
a scomparire.
Lui, tutto ciò che ormai le restava della sua famiglia.
L’unico che avrebbe potuto colmare il vuoto lasciato da
Sirius.
L’unico che avrebbe potuto non farla sentire più sola.
Remus non bastava. Non bastava per farla sentire a casa.
Aveva bisogno di una famiglia. E Draco era tutto ciò che
restava della sua.
- …chi ha scelto di vivere la sua vita, anche a costo di
rinnegare il proprio nome, non ha più un posto su questo arazzo. -disse calmo,
osservando le bruciature sopra i nomi di Sirius e Andromeda Black.
Anche Tonks le guardò.
- Credi che loro abbiano sbagliato?- gli chiese, senza
distogliere lo sguardo dai due nomi.
- No. Loro non sono mai stati due nomi. Loro sono sempre
stati Sirius e Andromeda. Per questo non c’era posto per loro qui. -
Tonks si voltò a guardarlo accigliata. Non capiva.
Anche Draco si voltò.
- Hanno avuto coraggio. Coraggio di avere delle proprie idee
e combattere per difenderle. Coraggio di dire no a una vita decisa per loro da
altri. Coraggio di essere sé stessi sempre e comunque. Il coraggio che io non
ho mai avuto. - disse amaramente, tornando con lo sguardo sulle bruciature.
Tonks rimase in silenzio a osservare il profilo del ragazzo.
- Ho sempre e solo avuto paura. Paura di essere inferiore a
qualcuno. Paura di deludere mio padre. Paura di non essere all’altezza del nome
che porto. - ammise Draco, spostando lo sguardo sul suo nome.
Questa volta Tonks parlò.
- Sulla Torre, quella notte, hai dimostrato di avere molto
più coraggio di quanto credi, Draco. -
Lui si voltò verso di lei, stupito. Era la prima volta che
lo chiamava per nome da quando era arrivato a Grimmauld Place.
- Hai dimostrato il coraggio di metterti in discussione. Di
riflettere su quello che tu ritenevi più giusto fare. Il coraggio di fidarti.
Di fare la tua scelta. Anche sotto pressione. - gli sorrise, dolce.
Draco abbassò lo sguardo, prima di riportarlo sull’arazzo.
Rimase in silenzio a osservare il suo nome ricamato in
argento per un tempo che a Tonks parve infinito.
- Non voglio più essere solo un nome. Voglio solo essere
Draco. Draco e basta. - infilò una mano nella tasca dei pantaloni. Le sue dita
incontrarono un piccolo oggetto.
Tirò fuori la mano e osservò l’accendino che teneva in mano.
Era l’unico oggetto babbano che gli fosse mai piaciuto. Lo
portava sempre con sé.
Amava il significato simbolico del fuoco.
Bruciare. Morire per poi rinascere. Come la Fenice.
Come avrebbe fatto lui.
Senza dire una parola si avvicinò all’arazzo.
Avvicinò la fiamma dell’accendino al suo nome, finchè non
iniziò a bruciare.
Tornò accanto a Tonks. Lei si limitò a guardarlo, troppo
incredula per poter dire qualsiasi cosa.
Draco non distolse lo sguardo dal suo nome che scompariva
sotto le fiamme.
- Questa famiglia non mi appartiene più. Non mi è mai
appartenuta. - disse solamente.
Rimasero così, uno di fianco all’altra, abbracciati.
Rimasero così, abbracciati, a osservare l’antico arazzo
della famiglia Black consumersi lentamente tra le fiamme.
Non erano più soli ora.
Lo sapevano entrambi, mentre vedevano svanire il loro
passato tra le rosse lingue di fuoco.
E da quelle ceneri avrebbero costruito il loro futuro.