Crossover
Segui la storia  |       
Autore: Jade MacGrath    31/05/2007    1 recensioni
[Crossover Battlestar Galactica/Stargate SG-1/Stargate Atlantis] [incompleta]Quando il capitano Kara Thrace si è diretta verso l'occhio di quella tempesta spaziale, aveva finalmente compreso che Leoben e l'oracolo avevano ragione: il suo destino l'attendeva dall'altra parte. Ma non aveva idea che includesse un anello di metallo chiamato Stargate, la città di Atlantis, e una guerra per la salvezza di due galassie...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Telefilm
Note: Cross-over, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Il mattino seguente, Kara si era avventurata da sola fino alla cartoleria all’angolo e aveva comprato un calendario. Era ritornata a casa senza guardarsi intorno, a passo veloce e testa bassa, e appena dentro in casa lo aveva appeso al posto di un quadro. Con una penna fece una croce sulla casella che indicava quel giorno, e poi si sedette sul divano a guardarla.

Cinque croci più tardi, Kara non era ancora uscita dall’appartamento per più di quindici minuti. Se lo fece, fu solo merito di Lynn.

Non che all’inizio fosse felice di essere disturbata da quell’assurda attività contemplativa. Anzi, quando sentì bussare alla porta, prese un coltello dal ceppo della cucina e lo nascose dietro la schiena mentre andava ad aprire. La ragazza la guardò sorpresa, e domandò dove fosse Teal’c.

“Teal’c non abita più qui, sono la nuova inquilina.”

“Oh, che peccato… Teal’c era molto gentile. E molto bravo con i tubi. Io sono un disastro invece. Va bene, allora dovrò chiamare l’idraulico e mantenere uno dei suoi figli al college…” disse con una smorfia.

Kara non sapeva cosa l’avesse posseduta, ma posò in silenzio il coltello e le disse che poteva dare un’occhiata. Non poteva essere più complicato della manutenzione di un Viper. Lynn la guardò come se fosse la sua salvatrice, e dopo essersi accorta di non essersi presentata, lo fece subito.

“Sono Lynn Travers, piacere.”

“Kara Thrace.”

“Kara… che bel nome. È greco vero?”

“Sì… credo di sì…” disse Kara, facendosi un appunto di domandarlo a Daniel alla prossima visita di controllo. Se suscitava la curiosità della gente, meglio non risultare sorprese del proprio nome.

“Bene. Hai da fare adesso? Ti andrebbe di venire subito da me?”

Kara scrollò le spalle, e seguì Lynn dentro la porta accanto. L’appartamento di Lynn era l’esatto opposto del suo, anche se non ci voleva molto. C’erano fiori, tende colorate, fotografie, tappeti, figurine magnetiche attaccate al frigo. E una pozza d’acqua sotto il lavello in cucina.

Kara lavorò una ventina di minuti sotto gli occhi di una Lynn piuttosto inquieta al pensiero dell’idraulico, e quando vide che Kara era riuscita a risolvere il problema fece un gran sorriso.

“Sei la mia salvatrice, grazie!”

Kara scrollò di nuovo le spalle e disse che non era niente di difficile.

“Per te, forse! Cosa posso fare per ringraziarti?”

La conversazione stava andando su un terreno che Kara non poteva e non voleva testare. Dicendo che aveva da fare, si rialzò in piedi decisa a uscire, ma Lynn fu più veloce e la incastrò con un caffè, dicendole che tutti avevano tempo per una tazza di caffè.

Così decise che avrebbe bevuto la tazza di caffè velocemente, avrebbe parlato lo stretto necessario, e per il futuro non sarebbe più uscita di casa.

 

Una volta pronto il caffè, Lynn ne riempì due tazze e raggiunse Kara presso la finestra.

“Sai, non riesco a piazzare il tuo accento. Da dove vieni?”

“Canada” mentì Kara, secondo la sua copertura.

“Non ci sono mai stata. Dev’essere un bel paese!”

Kara ne aveva visto alcune foto, e annuì.

“Senti, non voglio impicciarmi, ma… non ti ho mai visto in giro. Sei arrivata da poco?”

Kara annuì di nuovo. Fece per prendere un’altra sorsata di caffè, ma il liquido era ancora troppo caldo. Accidenti!

“Anch’io. Stavo a Los Angeles, prima. Poi un bel giorno trovo mio marito a letto con la mia migliore amica, e prima che me ne renda conto ho fatto i bagagli e sono all’aeroporto. Ha avuto il coraggio di venire qui, sai? Stavo per abboccare, quando il suo cellulare ha suonato e ho sentito la voce di quella dall’altra parte…”

Lynn era diventata rossa a quel punto, e fissava per terra. Fissò poi Kara, e indicò il quadro vicino alla porta di entrata.

“Diciamo che quel quadro copre qualcosa che non saprei come spiegare.”

Kara stava già pensando a delle macchie di sangue, ma quando vide l’intonaco scrostato e la forma sferica del danno decise che Lynn era andata sul classico.

“Cosa hai tirato?”

Lynn con lo sguardo indicò le sfere di marmo nel centrotavola.

“Facevo lancio del peso alle superiori…” mormorò imbarazzata “e sono più forte di quel che sembro.”

Poi trattenne a fatica una risatina “Ma vedessi come è corso via dopo…”

Kara fissava ancora le sfere di marmo rosa, e ne prese una in mano per saggiarne il peso. Tornò a fissare Lynn, e d’un tratto decise che forse poteva restare, se riusciva a condurre una conversazione a monosillabi.

Scoprì che Lynn aveva lasciato la Marina e il grado di tenente per sposarsi, ma che si era arruolata in primo luogo per pagarsi gli studi di architettura.

“Ho scoperto troppo tardi che quel lavoro non era più un mezzo per un fine da parecchio. Mi manca volare. Non mi mancano certi miei colleghi, ma è una cosa normale, suppongo. Tu cosa fai?”

Secondo la copertura, Kara doveva dire di essere senza lavoro ma di essere alla ricerca, e così disse.

Lynn le lanciò un’occhiata, poi disse la cosa che minacciò di strozzarla con il caffè.

“E tu in che corpo hai servito?”

Kara doveva averla fissata con aria strana, perché Lynn si affrettò a dire che se non voleva offenderla se si era sbagliata, solo che qualcosa su come si muoveva le aveva fatto pensare che fosse un’ex militare anche lei.

Ecco qualcosa che la copertura non prevedeva. In base a quel che sapeva scartò la Marina, anche perché Lynn avrebbe potuto smentirla, e decise di dire Aeronautica. Era anche la cosa che più si avvicinava alla verità, dopotutto.

“Ma guarda i casi del destino, due ex piloti vicine di casa. Sì, lo so, ti starai chiedendo come faccio a essere tanto imbranata con dei tubi idraulici, ma tant’è. Saprei rimontare un motore a occhi chiusi, ma quando si tratta dell’impianto idraulico o cavolate del genere mi si annebbia il cervello… Senti, stasera vedo degli amici della Marina, e per noi vale la regola del più siamo e meglio stiamo. Ti andrebbe di…?”

Kara decise che si era decisamente esposta troppo. Finì in un colpo solo il suo caffè, e interruppe Lynn dicendo che ora davvero doveva andare. Tornò a casa sua, e passò la giornata sul divano a fissare la croce appena fatta, la numero sei.

 

Aveva appena tracciato la numero sette il giorno dopo, che Lynn bussò di nuovo alla sua porta. Kara questa volta era ad un passo dal non posare il coltello.

Lynn era venuta a scusarsi per il casino della sera prima, quando i suoi amici di quando era arruolata erano venuti a trovarla. Si vedevano talmente poco che ogni volta facevano anche per le volte che non si erano visti, e questo di norma implicava cibo, birra, e musica, in enormi quantità.

Kara non disse niente, ma la sua faccia era piuttosto chiara. Dormiva poco già normalmente, ma quella notte l’aveva passata sveglia a sentire loro. Aveva dormicchiato poco e male appena il rumore era sparito, ed era di pessimo umore.

Lynn aveva mormorato delle scuse con aria molto contrita, e Kara aveva deciso di non strozzarla. Per il momento.

Onde evitare però di trovarsela di fronte all’improvviso, Kara decise che uscire era decisamente il male minore. E a dirla tutta, moriva dalla voglia di andare a correre.

 

Le croci otto, nove e dieci furono segnate appena prima di uscire per la sua corsa mattutina, che aveva il pregio di a, tenerla in allenamento e b, di farle vedere i dintorni. E c, quello di non farle pensare troppo al Galactica, ma non lo avrebbe mai ammesso. Era ritornata anche alla cartoleria dove aveva preso il calendario, e aveva preso un blocco da disegno, colori, e dei carboncini.

 

La croce numero undici fu appunto segnata con uno dei carboncini, quasi completamente finito. Kara aveva passato la giornata a fare schizzi. Quel che ricordava degli Asgard. La tempesta. Varie vedute di Kobol. Lee, l’Ammiraglio, Laura Roslin, Kat, Helo assieme a Sharon e Hera, Sam. Perfino Tigh, con la sua benda da pirata. Li aveva appesi tutti nella sua camera da letto, e guardarli la faceva sentire meno sola.

 

La croce numero dodici la segnò Lynn.

Kara era impegnata nella sua corsa quel giorno, quando aveva visto Lynn al parco, praticare quella che sembrava un’arte marziale. Si era fermata a guardarla, e Lynn aveva percepito di essere osservata quasi subito. Aveva salutato Kara con la mano, e Kara aveva ricambiato. Tornando a casa insieme, aveva deciso di dare a Lynn un’altra possibilità, ed erano finite a bere qualcosa da Kara. Se Lynn aveva notato quanto spoglio e poco accogliente fosse il suo appartamento, non disse niente. Accettato il bicchiere d’acqua, le aveva chiesto come andavano le cose, e Kara non aveva mentito quando le aveva detto che stava ancora cercando di capire che fare.

“Non avevo previsto di trovarmi qui da sola e senza i miei amici.”

“Neanch’io, eppure eccoci qua. Ti manca l’Aeronautica?”

“Ogni singolo giorno. Ma non posso tornare indietro.”

“Perché? Ti hanno congedato con disonore?”

Kara ripensò con un piccolo sorriso a Tigh, prima della guerra. Voleva deferirla alla Corte Marziale, il bastardo. Con gli anni e la parentesi di New Caprica erano arrivati ad una sorta di terreno comune e a qualcosa di simile alla fiducia, ma chissà che sarebbe successo quando sarebbero arrivati e avrebbero scoperto che era viva. Tra due, tre anni, o forse di più.

“No… ma ho avuto fortuna. Una volta ho picchiato un superiore stronzo. Voleva deferirmi alla corte marziale, ma il suo diretto superiore l’ha convinto a desistere.”

“Una volta ho detto al mio superiore che era un bastardo misantropo, e non paga di due settimane in galera gli ho dato anche del misogino. Così ho fatto un mese tondo.”

“Ne valeva la pena?”

“Eccome!” rise Lynn, felice di aver strappato una risata anche alla sua misteriosa vicina. Lo sguardo di Lynn si posò poi sul calendario di Kara, e le domandò perché stesse segnando i giorni.

“Alla fine del mese potrei andare via. Non so per certo se resterò qui o dovrò andare da qualche altra parte.”

Lynn la guardò strano e Kara trattenne il respiro, dandosi dell’idiota. Fortunatamente Lynn prese un’espressione felice e interpretò l’incertezza di Kara come dovuta a una probabile offerta di lavoro. Kara tirò il respiro e decise di attenersi a questo.

“Allora anneriamo un’altra casella” disse prendendo la penna e facendo una croce sulla casella del giorno “e speriamo bene. Stare senza fare niente è letale, almeno per me.”

“E tu, mai pensato di tornare?”

“Sì, ma ormai è una storia chiusa.”

“Perché? Ti hanno congedato con disonore?”

Lynn sorrise e bagnò la punta di due dita nel bicchiere e ci schizzò Kara “No.. ma il mio superiore non voleva che mi congedassi. Sono volate parole grosse… e me ne sono andata sbattendo la porta. Non ho il coraggio di presentarmi di nuovo da lui a chiedere un lavoro.”

Avevano chiacchierato ancora un altro po’, Lynn di quando era imbarcata su una portaerei e Kara del tempo passato sul Galactica prima dell’attacco, con le dovute modifiche. Dietro insistenza di Lynn, questa volta aveva capitolato e aveva acconsentito a venire a cena con quei suoi amici, ancora in città. Non lo avrebbe mai ammesso, ma stava iniziando a sentire la solitudine.

 

La croce numero tredici Kara la segnò tornando a casa dalla cena, alle quattro del mattino, e abbastanza sobria, almeno per i suoi standard.

Gli amici di Lynn erano un paio di marines, due piloti e un avvocato della Marina che l’aveva aiutata durante un’accusa di negligenza che si era rivelata falsa. Dopo le chiacchiere di presentazione, Kara fece la scoperta della regola del gruppo, ovvero ‘Non parlare della Marina e della situazione attuale’, che Lynn decise di applicare quella sera anche a lei e all’Aeronautica. Kara aveva cercato di non divertirsi troppo, ma aveva fallito miseramente. Quella serata le ricordava tanto quelle che lei, Lee, Zak e Helo (con la ragazza di turno) passavano insieme prima della guerra, quando erano tutti nello stesso posto. L’avvocato per assurdo le ricordava proprio Lee. Anche lui sembrava aver ingoiato un manico di scopa. Fortunatamente, dopo la terza birra, iniziò a scongelarsi. Josh, uno dei piloti, aveva portato la moglie con sé. Portava le foto di suo figlio nel portafogli e le mostrava a tutti pieno di orgoglio, come sicuramente avrebbe fatto anche Helo in condizioni normali. Prima che riuscisse a fermarsi, menzionò proprio i suoi due amici. Quando chiesero che razza di nome fosse Helo, Kara disse senza pensare che era il suo nome in codice. L’argomento venne chiuso subito per via della regola di Lynn, ma non prima di un giro dei rispettivi nomi in codice dei piloti. Lynn era Amazon da quando era uscita da quel mese di prigione, Josh era Icarus per una certa mania di spingere l’aereo ai limiti, e l’altra pilota, Amy, era Thatch, diminutivo del suo cognome Thatcher (ma anche, come disse Josh prima di beccarsi un pugno sul braccio, un omaggio alla sua madre spirituale Margaret Thatcher, con cui condivideva il carattere amabile). Quando Kara disse il suo, tutti la fissarono incerti su come reagire.

“…sì, lo so a cosa state pensando. Ho visto la catena di negozi. Ma in verità ho preso il nome Starbuck dopo una permanenza in cella.”

“Accusa?” chiese l’avvocato, di cui Kara non ricordava più il nome.

“Non importa, Simon… Visto che Kara è amica di Lynn, è scontato che anche lei si sia fatta delle belle permanenze in galera quando era arruolata. Quindi, nessuna sorpresa!”

“Ehi!” disse Lynn piccata. Non ci sono stata così tanto!”

“Questo perché ti ho tirata fuori io, Travers.”

“Sissignore, capitano Hayes, signore. Ma non sono più in Marina, Simon, quindi non mi puoi più rinfacciare niente…”

La conversazione era diventata quasi subito un battibecco tra i due, e Kara e gli altri si erano divertiti a fare da spettatori, tra commenti e passaggi di noccioline.

Segnata la croce, andò nella sua stanza. Lì il sorriso le svanì dal viso. I disegni che aveva appeso come conforto, ora sembravano fissarla con un’aria di silenzioso giudizio.

Kara scrollò le spalle, e se ne andò a dormire. Nessuno nella galassia poteva farla sentire in colpa per essere viva ed essersi divertita per una sera. Nemmeno loro.

 

Kara continuava a segnare i giorni, ma ne era molto meno ossessionata. Aveva accettato l’aiuto di Lynn per scoprire i dintorni della cittadina, dove andare a fare acquisti, e chi evitare nel palazzo perché era un rompiballe. La sua abilità in certi lavori manuali le era anche valsa la riconoscenza di un altro paio di ragazze dello stesso piano, con cui stava cautamente testando il terreno.

Contro ogni previsione, questo esperimento stava andando bene. Una vita normale… e chi l’aveva mai avuta? Kara no di certo. Dopo che sua madre aveva cacciato suo padre, la sua vita era stata un testamento di dolore inflittole proprio da quella donna. Poi aveva dovuto rinunciare ai suoi sogni di gloria sportiva, riciclandosi come ufficiale nella Flotta Coloniale. Poi la guerra aveva levato alla sua vita quel minimo di normalità che ancora aveva, o che credeva di avere.

Avrebbe dovuto essere contenta di avere un’occasione di ricominciare da capo. Un’altra, dopo il fallimento della colonia di New Caprica. Anche lì aveva lasciato la Flotta, e aveva vissuto da civile per un anno. Ma questa volta c’era qualcosa di diverso. Forse stavolta poteva funzionare…

 

Per la croce numero diciotto, Kara aveva finalmente capito cosa non funzionava. Si era data della stupida perché era così semplice, che avrebbe dovuto pensarci subito. Afferrò la borsa, scrisse un biglietto di scuse per Lynn perché sarebbe mancata alla loro cena, e corse via.

 

Quando O’Neil vide nientemeno che Kara Thrace venirgli incontro verso lo stagno dove stava pescando, sulle prime decise di stare allucinando. Ma visto che l’allucinazione gli era arrivata a trenta centimetri di distanza e continuava a fissarlo, decise che doveva essere reale.

“Voglio sapere come hai fatto a trovare casa mia?”

Kara tirò fuori dalla tasca dei jeans il biglietto con gli indirizzi della SG-1 che Sam le aveva lasciato l’ultima volta che si erano viste.

“Ah” disse, facendosi un appunto mentale di scambiare due paroline con Sam.

“Va tutto benissimo” disse Kara, fissandolo negli occhi.

“Bene, felice di sentirlo. Ma potevi dirmelo per telefono.”

“No, dovevo farlo di persona. Va troppo bene.”

“Ok” disse Jack con aria confusa “Ora mi sono perso.”

“Ho amici, una casa, una vita, forse un lavoro… va tutto benissimo. E sono a tanto così dal volermi affogare in quello stagno!”

Jack le fece cenno di sedersi sull’altra sedia del pontile, e le offrì una birra che Kara dimezzò sotto il suo sguardo stupito in un sorso solo.

Fece un respiro profondo, e poi si voltò verso Jack “Generale O’Neil…”

“Basta O’Neil. O Jack.”

“Jack… pensavo di farcela. Davvero. Fino a stamattina ne ero sicura… poi ho realizzato che c’era una cosa che mancava, che era mancata fin dall’inizio.”

“E che cos’è, questa cosa?”

“La vita militare.”

Jack la guardò con un sopracciglio alzato “Ti manca la vita militare?”

“Da quando ho compiuto diciotto anni, sono sempre stata in un modo o nell’altro invischiata con la Flotta Coloniale. Giocavo per la loro squadra di Piramide, poi ho fatto l’addestramento, sono stata un’istruttrice di volo, sono stata in servizio attivo su un paio di navi, e a conti fatti il Galactica era più casa per me del mio appartamento.”

“E la morale della favola è…”

“Non so concepire me stessa senza un’uniforme. Tutti sul Galactica combattevano per vendicare quel che hanno perso. Io lo facevo perché non sapevo fare nient’altro. E ho paura sia l’unica cosa che sarò mai in grado di fare.”

“Mi stai dicendo che vuoi arruolarti?”

“Se è possibile… sì, signore.”

“Personalmente, se quello che hai detto di te è tutto vero, sarei felice di prenderti a bordo. Ma sei un militare in una forza armata straniera…”

“Capisco” disse Kara, dandosi della stupida. Ovvio che non poteva… ma cosa era andata a pensare?

“Molli subito? Mi deludi, sai.”

Ora era Kara a essersi persa.

“Ha appena detto che…”

“Al momento vedo più pro che contro. Sei un pilota di esperienza, hai volato in guerra e hai servito su una nave da guerra spaziale, non hai avuto una crisi quando Thor si è fatto materializzare in tua presenza per sentire come andava… e ti manca lo Stargate. Non negare.”

Kara non lo fece. Pensava a quell’anello di metallo più volte di quante avrebbe ammesso anche con sé stessa. O'Neil ripeteva a destra e a manca che solo i pazzi, dopo aver provato il volo, non volevano provare lo Stargate... Kara lo aveva oltrepassato una volta soltanto, ma era stato abbastanza per capire che O'Neil aveva pienamente ragione.

“E soprattutto" continuò il generale "vuoi essere in posizione di poter aiutare la tua gente quando arriverà. Da civile potresti fare ben poco. E riguardo il conflitto di interessi… quando il Galactica arriverà, affronteremo il problema.”

Jack le disse anche che non le garantiva niente, e che prima la sua candidatura sarebbe dovuta essere vagliata da molte persone, Sicurezza Planetaria in testa.

 

Furono dieci giorni di accese discussioni in quella sede, all’SGC e alla Casa Bianca, che Kara passò nel suo appartamento a fissare di nuovo con apprensione il calendario. Stavolta però non era sola. Aveva detto a Lynn che ritentava la sorte nel mondo militare, e la ragazza si era dimostrata incoraggiante, al punto di sedere con lei sul divano in silenzio a guardare un calendario completamente ricoperto di segni.

“Non mi accetteranno. Mi sto illudendo. Il generale sbaglia, ci sono più contro che pro, non il contrario.”

“Non essere così negativa, Kara… se hanno guardato oltre la lista di insubordinazioni che mi hai raccontato una volta, possono farlo una seconda.”

“Cos’era, una battuta?”

Il telefono squillò in quel momento, e Kara lo afferrò prima che potesse avere dei ripensamenti.

“Sì?”

Dall’altro capo del telefono era Jack, che la informò che la sua candidatura era stata accettata, ma ‘con riserva’.

“Significa che, salvo altri problemi, tutto si deciderà quando i Coloniali arriveranno. Per il momento… benvenuta a bordo.”

“Sissignore, grazie signore.”

“Si presenti domani mattina alle 0800 a Cheyenne Mountain per sbrigare le ulteriori formalità, soldato.”

“Agli ordini. A domani signore” disse Kara chiudendo la telefonata. Lynn stava sorridendo, e quando Kara fece segno di sì con la testa fece un’esclamazione di gioia e l’abbracciò congratulandosi con lei.

“Bene, la parte difficile è andata! Bentornata in Aeronautica, Capitano Thrace!”

Kara ricambiò l’abbraccio, ma smise di sorridere. Sì, ce l’aveva fatta.

Ma aveva la netta impressione che la parte difficile fosse solo all’inizio.

 

 

 

***

 

Bene bene bene... con questo capitolo posso dire che l'introduzione è finita. Ehm... Sì, lo so, quattro capitoli per arrivare all'inizio vero e proprio, ma mi servivano tutti. Che ne dite, devo continuare o darmi all'ippica? le recensioni servono anche a questo...

 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: Jade MacGrath