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Autore: Xemyd    15/11/2012    1 recensioni
Sei anni fa un incidente cambiò per sempre le vite di otto ragazzi, offrendo loro dei doni unici, capaci di rendere possibile l'impossibile.
Ognuno di loro ha intrapreso una strada diversa, ma una nuova minaccia è in agguato e dovranno riunirsi per scampare ad un pericolo che nessuno di loro può nemmeno immaginare!
Genere: Azione, Slice of life, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'New Life'
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A Sidney quella sera, la luna splendeva alta nel cielo e non vi era nemmeno l’ombra di una nuvola. Nel suo ufficio, Frank era ancora davanti al computer intento a finire quello che sembrava un progetto.
“Che rottura di palle …”
Frank era riuscito a diventare un ingegnere edile di una certa bravura ed era stato assunto da una rinomata ditta di costruzioni australiana. Quella sera si era trattenuto fino a tardi per finire il progetto di una scuola a cui stava lavorando. Il suo collega, un certo Gene Rudion, si era dato malato una settimana prima scaricando tutto il lavoro su di lui, ritrovandosi così a fare straordinari da una settimana visto che erano anche in ritardo con la consegna dei progetti. Frank sbadigliò sonoramente visto che ultimamente per colpa del lavoro stava dormendo davvero poco. Guardò l’orologio sullo schermo del computer che segnava le 21.07. Decise di smettere per quella sera, tanto avrebbe ripreso a lavorare come un matto la mattina seguente. Prima di spegnere il computer decise di fare una capatina sulla sua casella e-mail com’era solito fare ogni volta che stava finendo di lavorare. Una volta effettuato l’accesso vi trovò un solo messaggio da un indirizzo abbastanza strano ma che aveva capito subito a chi poteva appartenere.
Dobbiamo incontrarci assolutamente. Ci vediamo a Roma, tra una settimana esatta … Siamo nei guai fino al collo.
Lesse il nome del suo amico Andy alla fine del messaggio. Ma cosa poteva esser capitato di così grave da indurlo a scrivere una cosa del genere? Inoltre a Sidney, Frank non aveva avuto problemi di alcun tipo da quando era arrivato anzi era riuscito a farsi un piccolo gruppo di amici con cui andare a bere qualche birra e aveva trovato una ragazza con cui stava bene insieme. Frank scosse la testa, ignorando il messaggio. Per quanto la voglia di rivedere i suoi vecchi amici fosse forte, non aveva voglia di buttare all’aria sei anni della sua vita per un messaggio che non voleva dire assolutamente niente. Cosa significava “nei guai fino al collo”? Spense il computer, si alzò dalla sua sedia e infine uscì dal suo ufficio. Una volta salito in macchina, la mise in moto pronto per recarsi ad un appuntamento nonostante Quella giornata di lavoro fosse stata particolarmente pesante.

Un ragazzo era alla guida della sua auto sportiva, quando improvvisamente un rumore di sirene e gli abbaglianti di un auto della polizia gli fecero capire che doveva rallentare e parcheggiare la macchina sul lato della strada. Una volta che le due auto furono ferme, un agente di polizia scese avvicinandosi al finestrino della macchina che aveva appena fermato.
“Favorisca patente e libretto per favore …”
Il ragazzo senza dire nulla, consegnò all’agente i documenti richiesti.
“Scenda dall’auto …”
Anche stavolta il ragazzo non fece alcuna lamentela e si limitò a scendere dalla macchina. La luce dei lampioni rivelò i suoi capelli lunghi e neri accompagnati da un paio di occhi freddi come il ghiaccio.
“Lo sa che stava andando oltre il limite di velocità consentito?”
A quel punto il ragazzo rispose con fare decisamente seccato.
“Certo che lo so, non deve dirmelo lei …”
Il poliziotto rimase un attimo sconcertato dalle parole del ragazzo.
“Le sembra il modo di rispondere ad un pubblico ufficiale?”
Il ragazzo sbuffò annoiato.
“Senta sono in ritardo … Vuole ancora farmi perdere tempo o mi lascia andare?”
Il poliziotto a quel punto sganciò le manette dalla cintura, pronto ad avvolgerle attorno ai polsi del ragazzo.
“Direi che oltre non lasciarti andare, ti porto in centrale con me …”
“Che palle …”
L’agente di polizia non fece in tempo ad avvicinarsi che venne colpito da qualcosa. Dalla mano di quel ragazzo uscirono una miriade di scariche elettriche che andarono a colpire il corpo dell’uomo arrivando a carbonizzarlo. “Come ti avevo detto … Sono in ritardo!”
Il ragazzo salì nuovamente sulla sua auto, partendo alla volta della sua destinazione come se non fosse successo nulla. Qualcuno avrebbe trovato i resti di quell’agente presto o tardi.

Il telefono di Frank squillò mentre era alla guida della sua auto. Il cellulare era collegato al suo impianto stereo grazie ad un dispositivo bluetooth così poteva parlare senza aver bisogno di utilizzare effettivamente quell’apparecchio.
“Pronto?”
Il tono fu il più calmo possibile, ma una voce femminile risuonò in tutta l’auto e a giudicare dal tono non era particolarmente felice.
“Pronto? Pronto un corno! Si può sapere dove sei!?! Sei in ritardo!!!”
Frank sbuffò mentre girò il volante a destra, fermandosi davanti a quello che sembrava un bancomat.
“Scusami, ma in questi giorni sto facendo gli straordinari … Non puoi immaginare che rottura di palle!”
La voce femminile dall’altro capo del telefono sembrò “tranquillizzarsi”.
“Ryan … E’ quasi un’ora che ti aspetto … Cerca di sbrigarti dai …”
Ryan O’Donoue era il nome che Frank stava utilizzando da quando si era trasferito a Sidney.
“Va bene amore … Dammi dieci minuti e sono da te! Ti amo"
“Ti amo anch’io …”
La chiamata terminò. Frank si era fidanzato con un ragazza che aveva conosciuto in un bar un paio d’anni prima grazie ad un’uscita di amici comuni. La ragazza in questione si chiamava Julie Taylor e sembravano essere fatti l’uno per l’altra. Frank aprì lo sportello della sua auto e scese dirigendosi al bancomat davanti il quale si era parcheggiato. Tirò fuori il portafogli ed estrasse una carta e alcune banconote. Invece di prelevare dei contanti fu lui a metterli nella macchinetta come volesse fare un versamento. Ripeteva quell’azione ogni due settimane da quando aveva iniziato a lavorare, così c’era scritto su una direttiva trovata in una delle buste che Valerie aveva consegnato loro sei anni prima. Il perché però di quei versamenti non l’aveva mai capito.
“Invece di mandarmi mail assurde, perché diavolo non mi dicono a cosa servono i MIEI soldi?”
Sbuffò infastidito, ritirando la carta appena uscita dal bancomat e inserendola nel portafoglio, dopodiché risalì in macchina e partì alla volta del suo appuntamento.

Il ragazzo che circa mezz’ora prima aveva letteralmente arrostito un agente di polizia si trovava dentro un bell’appartamento situato vicino al centro di Sidney. Le luci della città filtravano attraverso la finestra, rendendo la stanza ben illuminata nonostante la luce fosse spenta.
“Sembra proprio che abbia fatto un viaggio a vuoto …”
Il cellulare del ragazzo squillò, così lo prese dalla tasca destra del lungo giaccone di pelle che indossava. Lesse il numero sul display e rispose con una certa noia.
“Pronto? Si a quanto pare la mia fonte aveva ragione …”
Tenendo il telefono con la mano destra, notò una foto poggiata su un comodino vicino l’entrata e rilegata in un ‘elegante cornice.
“Sai sembra proprio che cambierò leggermente il mio piano …”
Nella foto erano chiaramente visibili Frank e la sua ragazza.

Frank e Julie cenarono tranquillamente quella sera. Per raggiungere il luogo dell’appuntamento, Julie aveva chiamato un taxi quindi Frank decise di riaccompagnarla a casa una volta finita la cena.
“La prossima volta che mi fai aspettare così tanto ti uccido …”
“Allora uccidi Gene … E’ per colpa sua se sto lavorando fino a tardi ogni giorno!”
Julie sorrise divertita, dopodiché si avvicinò a Frank, poggiando le proprie labbra sulle sue.
“Ti amo scemo …”
“Anche io quando non minacci di uccidermi però …”
Julie rise, dopodiché aprì lo sportello e scese dalla macchina. Frank ripartì, felice di aver passato una bella serata ma qualcosa era destinato ad andare storto. Non appena Julie aprì il portone di casa, qualcuno l’afferrò da dietro tappandole la bocca con una mano.
“Non emettere un solo fiato se non vuoi che ti frigga la testa …”
La ragazza non oppose alcuna resistenza. Qualcosa nella testa le disse che forse era meglio fare come diceva quel tizio che l’aveva appena immobilizzata.
“Ascoltami bene … Sei tu la ragazza di Ryan O’Donoue?”
Julie annuì, muovendo la testa in modo veloce.
“Molto bene, allora dovrò prenderti in prestito per un po’ … Sai, certa gente vuole che il tuo ragazzo venga fatto fuori e per questo hanno mandato me!”
Julie non riuscì a pensare a niente. Sentì le forze venirle meno e in pochi secondi perse i sensi. Il ragazzo se la caricò sulle spalle ed uscì dal palazzo fischiettando. Mise la ragazza sui sedili posteriori, dopodiché partì a bordo della sua auto sportiva diretto chissà dove. La mattina dopo, Frank andò a lavoro e la prima cose che fece fu controllare le mail. Aveva ricevuto una nuova mail poche ore prima ed era identica a quella ricevuta il giorno prima.
“Ancora? Ma che diavolo sta succedendo?”
Tuttavia notò che era stato scritto anche qualcos’altro.
Frank, se non rispondi alla mail fatti trovare alla Sidney Tower a l’una di questo pomeriggio, all’ultimo piano. Devo parlarti assolutamente.
Frank si stropicciò gli occhi. Possibile che stesse accadendo davvero qualcosa. Avrebbe dovuto usare tutta la sua pausa pranzo per recarsi in quel posto, ma ne sarebbe valsa la pena anche solo per vedere uno dei suoi vecchi amici. La mattinata trascorse tranquilla fino al momento di pranzo. Frank uscì dal suo ufficio, dirigendosi alla Sidney Tower. Visti i turisti, raggiungere l’ultimo piano non fu proprio facile e arrivò con circa dieci minuti di ritardo. Tuttavia non trovò nessuno.
“Dove cavolo è andato?”
Dal nulla apparve Andy, grazie al suo teletrasporto.
“E’ sempre bello rivederti lo sai?”
Quei due non si vedevano da sei anni, ma Frank non sembrava esserne particolarmente felice.
“Sai da una parte speravo di non sentire più nessuno di voi!”
Andy fece finta di prendersela a male.
“Mi aspettavo almeno un abbraccio da parte tua …”
“Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo?”
Andy si massaggiò le tempie.
“Frank … La Fratellanza ci ha trovati! Nessuno di noi è al sicuro, nessuno! Londra, Buenos Aires, Tokyo … Io, Luke e Valerie siamo stati scoperti e abbiamo ragione di credere che anche per voialtri le cose si metteranno male molto presto!"
“Cosa ve lo fa pensare? Voglio dire … Sono passati sei anni dall’incidente, perché uscire allo scoperto proprio ora?”
“Non lo so … Luke e Valerie sono già in viaggio per Roma mentre io faccio da esca per alcuni tizi che la Fratellanza ci sta mettendo addosso, in modo da potervi dare il tempo di arrivare al punto d’incontro …”
Frank scosse la testa.
“Mi spiace, Andy ma io non me ne vado … Ho trascorso gli ultimi sei anni cercando di farmi una vita che mi rendesse felice e non voglio mandare tutto a puttane …”
Andy annuì nonostante si potesse vedere una certa delusione in lui.
“Si, posso immaginare … A Londra non me la passavo così bene, forse non so stare lontano dai casini …”
“Stammi bene …”
“Frank, se le cose dovessero mettersi male … Raggiungici a Roma tra sei giorni, te lo chiedo come favore …”
“Non so se potrò farti questo favore … Salutami gli altri …”
“Pensavo di riuscire a convincerti parlando di persona ma mi sono sbagliato … Va bene, ci vediamo …”
Detto ciò, Andy sparì nel nulla lasciando Frank da solo. Il ragazzo decise di tornare a lavoro anche se quella chiacchierata aveva fatto affiorare più di un dubbio nella sua mente. Erano davvero in così grave pericolo? Sei anni prima erano riusciti a distruggere una delle nove sedi della Fratellanza e avevano fatto un enorme fatica. Ora che le altre otto avevano messo i loro uomini sulle tracce di quegli otto ragazzi la loro vita sarebbe stata un autentico inferno. Frank aprì la sua auto grazie al telecomando, ma improvvisamente il suo cellulare squillò. Sul display non apparve alcun numero il che significava che qualcuno lo stava chiamando con un numero privato. Rispose un po’ seccato.
“Pronto?”
“Pronto? Parlo con Ryan O’Donoue?”
“Si, chi è?”
Ci fu un attimo di silenzio. Improvvisamente la voce dall’altra parte si mise a ridere divertita.
“Va bene … Finiamola con questa commedia, Frank Moses …”
Frank sgranò gli occhi, incapace di credere a quello che aveva appena sentito. La persona con cui stava parlando sapeva perfettamente chi era.
“Chi sei?”
Nel formulare quella domanda, aveva ripensato subito al discorso avuto poco prima con Andy. Non voleva crederci, la Fratellanza era riuscita a trovare anche lui.
“Non farmi rispondere a domande così ovvie, la domanda che avresti dovuto fare è “chi ti manda?” ma sarebbe stata altrettanto ovvia … Sai chi sono e sai cosa vogliono …”
“Pensi chi ti sarà così facile prendermi?”
“Oh io credo proprio di si!”
Ci fu un rumore secco, dopodiché un urlo. Frank riconobbe la voce di Julie che lo chiamava.
“Julie! Julie!”
“Allora, che ne dici?”
“Se le torci solo un capello, giuro su Cristo che ti ammazzo!!!”
“Frank, Frank! Per chi mi hai preso? Se la uccido lei non ha più alcun valore per me … Sei te che voglio, non lei …”
Frank rimase un attimo in silenzio chiudendo gli occhi. Andy l’aveva avvertito più di una volta ma non aveva voluto ascoltarlo. Avrebbe dovuto immaginarlo che presto o tardi le persone a lui care sarebbero state prese di mira dalla Fratellanza.
“Cosa vuoi che faccia?”
“Bravo Frank, così mi piaci! Ci vediamo alla fabbrica abbandonata di Blacktown , sai dove si trova vero?”
“Si lo so …”
“Bene! Mi sembra inutile dirti niente polizia … Alle undici di stasera ti voglio li, cerca di essere puntuale altrimenti la tua amata ragazza farà una brutta fine e cercherò di trovarti in altri modi … Ammetto che questo mi è solo sembrato il più veloce … A stasera!”
Frank sentì la chiamata interrompersi. Cosa avrebbe dovuto fare? Chiamare la polizia sarebbe stato veramente inutile e rischioso visto che quel tizio aveva a che fare con la Fratellanza. Salì in macchina e partì alla volta di casa sua. Durante il tragitto pensò che fosse meglio portarsi dietro almeno una pistola, avrebbe potuto usarla in caso di necessità una volta che Julie sarebbe stata al sicuro. Le ore successive a quella chiamata passarono lentamente, tanto da ricordare a Frank quei momenti trascorsi in attesa di attaccare la sede della Fratellanza. Nonostante fossero trascorsi sei anni quelle immagini erano ancora vivide e luminose nella sua mente. Quella sera non mangiò, la preoccupazione per Julie era troppo alta per permettergli di mangiare e una volta che vide le lancette dell’orologio segnare le nove e mezza, prese la pistola nascondendola dietro, sotto la giacca e sorreggendola con i pantaloni e uscì. Nonostante fosse stato bel tempo per tutta la settimana, quella sera sembrò esserci il finimondo. Una fitta pioggia cadeva senza sosta sulla città australiana mentre diversi fulmini squarciavano con insistenza il cielo nero. Probabilmente da qualche parte ci sarebbe stato anche qualche allagamento. Frank impiegò ventisette minuti esatti per giungere al luogo dell’appuntamento con quel misterioso rapitore. Fermò la macchina ad una ventina di metri dall’entrata della vecchia fabbrica e scese. Mosse alcuni passi verso l’entrata ed esattamente davanti ad essa vide un ragazzo dai lunghi capelli neri e con indosso un lungo giaccone di pelle nera. In ginocchio davanti a lui, con i polsi legati e la bocca imbavagliata c’era Julie.
“Lasciala andare! Io sono qui!”
Il ragazzo rise.
“Bravo Frank! Hai le palle! Voglio essere di parola, quindi non le farò alcun male!”
Il ragazzo rise di nuovo, dopodiché estrasse un coltello e tagliò la corda che legava i polsi di Julie. La ragazza si alzò di scatto in piedi e corse verso Frank, togliendosi il bavaglio che le impediva di parlare.
“Ryan! Ryan!”
Julie corse tra le braccia di Frank.
“Ryan … Chi è quel tizio? Dice che vuole ucciderti e poi perché ti chiama Frank …”
Frank rivolse alla ragazza un sorriso amaro.
“Julie … Prendi la mia auto e torna a casa … Ti prego …”
“Ryan …?”
“Fai come ti ho detto … Io ho una questione da risolvere …”
Julie si allontanò leggermente da Frank e decise di obbedire. Gli avrebbe chiesto i dettagli in un altro momento. Il rapitore prese a battere le mani, come segno di presa in giro.
“Commovente, davvero!”
Frank lo guardò freddo.
“Allora pagliaccio, sono qua tutto per te!”
“Permettimi di presentarmi! Il mio nome è David e sono qui per ucciderti … Non che me ne freghi qualcosa, ma devo un favore alla Fratellanza!”
Frank estrasse la pistola ma non fece in tempo a fare fuoco. Dalla mano di David scaturirono alcune scariche elettriche che andarono a colpire Frank, facendolo cadere a terra stordito.
“Che male …”
La pistola di Frank era volata a diversi metri e recuperarla ormai era impossibile.
“Che te ne pare? La Fratellanza diceva che avevo del potenziale … Non so come sono riusciti a rendermi in grado di emettere pura elettricità dal mio stesso corpo!”
Frank si rialzò a fatica.
“Pura elettricità hai detto?”
“Si … Non so bene perché ti vogliano morto e nemmeno mi interessa … Ma vediamo di finirla!”
David lanciò un’altra scarica ma Frank sembrò fermarla con il palmo della mano. La scarica si trasformò in una sfera che Frank lanciò un secondo dopo e che David annullò grazie ad un’altra scarica.
“Ecco perché … Mi dispiace per te, David, ma non sei l’unico con un dono qui!”
“Questo non era nei piani ma poco importa … Mi basterà friggerti usando l’acqua che sta cadendo!”
David lanciò ancora una volta una scarica elettrica, stavolta di intensità maggiore rispetto alle volte precedenti. Frank fece fatica a bloccarla e nonostante il suo potere di poter controllare le correnti elettriche e magnetiche non riuscì a respingerla.
“Allora che te ne pare? Eh!?”
Frank non avrebbe resistito a lungo, ma gli venne in mente un’idea. Alzò la mano libera dalle scariche verso l’alto e riuscì a raccogliere nel palmo tutta la potenza di un fulmine. Sentì l’elettricità scorrergli in corpo, non aveva idea di quanta ne avesse dentro. Tutto ciò che sapeva era come utilizzarla. Usò la mano destra come catalizzatore per assorbire la corrente di David e la mano sinistra come via di fuga. Con tutta quell’elettricità in corpo, Frank fu in grado di emettere una scarica dalla potenza devastante. David ne venne completamente investito e fu ridotto ad un ammasso di carne fumante. Frank cadde in ginocchio, chiaramente provato da quello sforzo che aveva appena compiuto.
“Alla fin fine avere questo dono non è stato del tutto una disgrazia …”
Si rialzò, lasciando il luogo dello scontro come se nulla fosse. Aveva lasciato la sua auto a Julie quindi fu costretto a tornare a casa a piedi, sotto quella pioggia torrenziale. Impiegò circa due ore a raggiungere casa e una volta rientrato sapeva perfettamente cosa doveva fare. Si lavò e cambiò, dopodiché preparò una valigia contenente le cose più essenziali. Infine prese il telefono su cui scrisse quello che sembrava un sms recante le seguenti parole.
Julie, mi dispiace di averti coinvolto … Volevo solo che tu fossi felice, ma a quanto pare non ti è concesso esserlo finche ti sarò vicino. Odiami se vuoi, non ti biasimo ma non posso più restare qui. Non esiste alcun Ryan ma solo io, Frank, ecco come mi chiamo veramente. Spero tu possa perdonarmi e magari un giorno quando tutto questo sarà finito potremo anche rivederci …
Inviò quel messaggio a Julie dopodiché chiamò un taxi che non tardò ad arrivare. Erano quasi le tre del mattino quando Frank salì sul taxi.
“Dove la porto signore?”
“All’aeroporto …”
“Dove se ne va di bello?”
Frank sorrise mentre il tassista era già ripartito. La pioggia non accennava a smettere.
“E’ mai stato a Roma?”
   
 
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