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Autore: _Haily_    15/11/2012    1 recensioni
Gervhart, un uomo che costretto dalla guerra, abbandonò la sua terra, Edras, quando era ancora un bambino.
Cresciuto, vuole far ritorno alle sue origini, per trovare la vendetta che cerca da anni. Aiutato da Raki, sua amica d'infanzia, che nasconde uno straordinario segreto, il vecchio Rhoderich e la sensuale Asha, 'arma' di Gervhart, faranno ritorno a Edras, riscoprendo in esso, tutte le verità che si celano dietro al Re Nero.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Ullallà! C'è l'ho fatta! Che fatica questo capitolo! =A= Premetto subito che doveva essere il continuo e il definitivo del capitolo scorso...invece è solo la metà XD Pensavo di risucire a inserirci tutto e invece, tra una cosa e l'altra ho dovuto dividere anche questo .-. Va bhe! Questo capitolo è un'accozzaglia di cose, succede di tutto e di più, con piccole scene diverse, e anche il prossimo ci sarà un casino di roba da scrivere! =A= ma se devo descrivere ogni cosa è così! Pensare che sono arrivata al 12° capitolo e non sono assolutamente a metà mi viene male XD
Bhe chi avrà voglia di leggerlo fino alla fine vedrà XD
Vi lascio alla lettura e un grazie infinito a chi legge <3




Capitolo 12

Compleanno.Preoccupazioni.Rabbia








-Raki! Raki da svegliati!-
La voce del giovane Gervhart, che a quei tempi era ancora un ragazzo di diciassette anni, solo negli anni avvenire avrebbe lasciato crescere la barba e tagliato i capelli che invece adesso portava raccolti in una coda. Ma soprattutto, il suo volto non era segnato da quella lunga cicatrice.
Era da un po che scuoteva quell'ammasso di coperte, chiamando, un po spazientito, il nome dell'amica. Continuavano a condividere il letto insieme, da anni ormai, da quando erano arrivati per la prima volta in quella casa, impauriti e sconvolti. Quelle quattro mura erano diventate la loro casa, il posto a loro più sicuro, soprattutto per Raki, anche se con il suo carattere non lo avrebbe mai ammesso. Ma dopo tanti anni, Gervhart aveva imparato che bisognava svegliare Raki con tanta pazienza, perché lei sarebbe rimasta a poltrire per tutto il giorno, se qualcuno non l'avesse svegliata. Soprattutto quel giorno, voleva essere lui a svegliarla.
Dopo l'ennesimo richiamo e una spinta più forte, Raki ebbe la volontà di scostarsi le coperte almeno da viso.
-Ho capito…adesso mi sveglio…-
Sbadigliò apertamente, sibilando quelle parole con voce roca.
Si levò su, mentre le coperte le scoprivano il corpo, ancora quello di una ragazzina, le braccia esili che portò in alto per stiracchiarsi e nonostante la giovane età, il suo petto cominciava già a gonfiarsi sotto la canottiera grigia.
Sbadigliò ancora, mentre si grattava la testa, scompigliando ancora di più quei capelli corvini che le arrivavano alle spalle, la luce del sole che proveniva dalla finestra, illuminava stranamente il corpo di Raki, come se pure il sole le volesse dare il buon giorno, quella luce le faceva brillare la spalla sinistra, come diamanti colorati.
Gervhart era rimasto a fissare per qualche istante quel suo profilo un po' imbronciato, le labbra semiaperte, su quel piccolo nasino la placca di metallo che lei si toccava appena sveglia, le gote leggermente arrossate e gli occhietti socchiusi, eppure, il giallo ambrato le conferiva uno sguardo quasi surreale, spaventoso. Ma lei non lo era.
-Raki!-
Si girò verso di lui, interrogativa. Si chiedeva il perché Gervhart continuava a rimanere lì, sul letto, nonostante lei fosse già sveglia e perché le sorrise così dolcemente.
-Buon Compleanno Raki!-
Rimase imbambolata a fissarlo, come se non avesse ben capito le sue parole, anzi inclinò leggermente il viso inarcando il sopracciglio.
A Raki ci voleva un po per riprendersi la mattina, per cui ci volle un po prima di riuscire a captare del tutto il significato della frase. Forse non se lo ricordava nemmeno lei, forse era stata presa così tanto alla sprovvista, ma quando il suo cervello riuscì a decifrarla, gli occhi di Raki si illuminarono.
Sobbalzò come se qualcuno le avesse dato un pizzicotto.
-Ah! E' vero, oggi è il mio compleanno!-
Gervhart annuì.
Raki sorrise come una bambina a cui le si regala un nuovo giocattolo.

Rhoderich era in cucina, ancora non aveva passato la quarantina, ma rimaneva sempre un uomo di bell'aspetto.
Continuava a fissare e rigirarsi tra le mani quel suo ciondolo che custodiva così gelosamente, ma quel giorno lo guardava con più preoccupazione. Appena sentì i passi rimbombare sopra le camere al piano di sopra, capì che quella piccola peste di Raki si era finalmente svegliata. Lo capiva bene ormai, lei era l'unica che correva per casa, ormai anche quelle piccole cose lo facevano sorridere.
Nascose il ciondolo all'interno della maglia color kaki, appena in tempo prima che la ragazzina sbucasse dalla rampa delle scale, saltando gli ultimi tre gradini come un gatto.
Rhoderich non riuscì nemmeno a proferire parola che Raki gli puntò il dito contro.
-Sai che giorno è oggi?-
-Si certo che lo so e….-
-E' il mio compleanno! Te ne sei dimenticato vero?-
-In verità ti stavo dicendo…-
-Se non te lo avessi detto io te ne saresti dimenticato vero?-
Il suo tono pareva arrabbiato.
-Ma se non mi hai fatto nemmeno finire di parlare!-
-Ma tanto tu non lo ricordavi ammettilo, vecchio!-
Lui sbuffò arrendevole. Quando si metteva in testa una cosa era quella. Era così testarda in quel periodo della sua vita.
-Guarda che lo sapevo…oggi è il tuo compleanno, quattordici anni…-
Si ripetè nella sua testa quel numero, quasi a sospiralo lasciando la frase incompiuta.
Raki lo guardò storto, aveva intuito il cambiamento d'espressione di Rho.
-Si! Quattordici anni! Perché non li dimostro?-
La guardò da capo a piedi, con quei calzettoni di lana, le gambe affusolate, piene di lividi e graffi, che si procurava durante le sue scorribande nel bosco, la canotta che usava come vestaglia, che le copriva poco poco le cosce e con quei capelli in disordine, non sembrava una quattordicenne, ma solo una bambina pestifera.
Rhoderich le sorrise, mostrando i suoi denti bianchi.
-No! Non li dimostri per niente!-
Gervhart aveva assistito alla scena dalle scale e pure lui, guardandola, non poteva che essere d'accordo con il vecchio.
Vedere Raki come si era arrabbiata dopo quella risposta lo fece sorridere.

Raki si era alzata tardi, ma nonostante questo, avevano aspettato lei per far colazione insieme, almeno quel giorno, perché solitamente i due uomini che si alzavano presto facevano colazione insieme, lasciando dormire Raki, che spesso li sgridava di non averla aspettata.
-Quindi oggi che si fa?-
La ragazza era piuttosto di buon umore, penzolava le sue esili gambe avanti e indietro seduta sulla sedia, mentre addentò un pezzo di pane addolcito con qualche confettura di frutta.
-Nulla.-
La risposta di Rhoderich fu netta.
Raki rimase allibita, pure Gervhart si era voltato verso di lui non capendo il perché di quella sua risposta.
-Devo andare in città, per cui voi ve ne starete buoni a casa.-
Si alzò dal tavolo, poggiando la scodella nel catino dei piatti sporchi.
-Ma…è il mio compleanno! Non voglio restare in casa! E poi cosa devi fare in città proprio oggi, eh? Te la devi spassare con qualche sguattera?-
-Raki…-
Gervhart cercò di tranquillizzare l'amica, soprattutto non gli piaceva che lei usasse certi termini.
-E' una cosa che non posso dirti.-
Si alzò in piedi, allontanando la sedia che vibrò sul pavimento. Aveva gli occhi lucidi. Per lei quel giorno era importante e vedere come Rhoderich lo stava rovinando per qualsiasi altra ragione la mandava su tutte le furie.
-La mamma ogni compleanno mi cantava una canzone e mi raccontava un sacco di favole e mio papà mi portava al fiume a pescare! Sono gli unici momenti che ricordo di loro! Il il mio giorno più importante, proprio perché mi ricordo di loro! Non puoi rovinarlo!-
Rhoderich gli dava le spalle, il capo chino, come se quelle parole fossero un fardello da portare sulla sua schiena.
-Raki ti prego…non ti arrabbiare. Vorrei solo che ti fidassi di me.-
Lei non capì. Ma stranamente si sentì in colpa per avergli detto certe cose.
-Resterai a casa…poi forse ti racconterò un cosa.-
Si morse il labbro, tentando di placare la sua rabbia.
Rhoderich prese la giacca e la spada che si legò in vita.
-Gervhart ti affido Raki. Non uscite e…-
Si fermò sull'uscio della porta, prima di voltarsi verso di lui.
-Non fare arrabbiare Raki.-
Il tono ironico con cui lo disse, sembrava una presa in giro, visto che era stato proprio lui il primo a  farla arrabbiare, eppure Gervhart ci vide altro, una sorta di avvertimento.
Appena si chiuse la porta alle sue spalle, calò il silenzio nella casa. Il ragazzo si voltò verso Raki, la quale serrava ancora i pugni sulla tavola, il capo chino e gli occhi brillanti, come se dovesse piangere da un momento all'altro.
-Raki…-
-Non sono arrabbiata! No! Non lo sono! Quel vecchio se ne pentirà amaramente!-
Si, era arrabbiata, ma cercava di nascondere quel suo lato bambinesco che involontariamente scaturiva in certe circostanze.
Passò velocemente di fianco a lui, andandosi a stravaccare di pancia sulla pelliccia di orso che dopo tanti anni era ancora lì. Si coprì il viso tra le braccia.
-Non gliela darò vinta a quel vecchiaccio.-
La sua voce era ovattata, ma Harty riuscì a sentirla comunque.

-Whaaaaaaaa!-
Gervhart si irrigidì a quel grido. Si era seduto vicino a Raki, appena lei si era distesa. Aveva pensato che si fosse addormentata ancora, visto che non aveva più proferito parola e non si era più mossa da lì.
Scosse le gambe come uno che non sa nuotare in acqua.
-Mi stò annoiando a morteeeee!-
-Sono passati solo trenta minuti.-
-Ma mi annoio!-
Di tutta fretta di tirò su, lasciando sulla pelliccia la sua sagoma dove era rimasta stesa. Si levò le calze e indossò una giacchetta dalle maniche lunghe, che era appesa vicino alla porta.
-Cosa stai facendo?-
-Esco.-
Gervhart strabuzzò gli occhi, alzandosi per andare verso di lei.
-No! Non se ne parla! Hai sentito zio Rho?! Non dobbiamo uscire!-
La prese per il polso.
-Oh Harty! Sei troppo prevenuto! Non succederà niente, tornerò prima che Rho torni!-
Fece per andare ma la presa del ragazzo non la fece partire.
Raki questa volta si girò lentamente verso di lui. L'incontro dei loro sguardi pareva quello tra due bestie. Gli occhi smeraldi di Gervhart e quelli gialli di Raki. Ma furono le sue parole a fare più male.
-Finisce che mi arrabbio seriamente.-
Gervhart era sempre riuscito a sostenere il suo sguardo, ma in quel momento, era diverso, non era la determinazione, quella era rabbia. Ricordò stranamente le ultime parole di Rhoderich, sentì un brivido lungo la schiena che gli fece abbandonare la presa.
La ragazza sentì il calore della sua mano svanire dal suo polso, lo guardò quasi mortificata. Tutte quelle emozioni in lei erano strane. Lei, si sentiva strana. Forse era proprio quello che la spingeva ad uscire dal normale svolgimento delle cose.
Si diedero un'ultima occhiata, prima che Raki cominciò a correre scalza, su quella terra incolta che sicuramente le avrebbe sporcato i piedi.
La vide svoltare l'angolo, tra i cespugli rigogliosi, per poi perderla di vista. Poi gli venne in mente una cosa. Una cosa di estrema importanze che Rhoderich gli aveva sempre raccomandato ad entrambi.
Era sicuro che Raki non lo aveva fatto. Si ritrasse in casa per dare un'occhiata anche se già sapeva.
Rhoderich gli aveva sempre raccomandato di non uscire senza le loro armi.
E di fatti, l'arco e le frecce di Raki erano ancora al loro posto, accanto alla spada di Gervhart.
Corrugò la fronte, adirato.
-Quella stupida!-

Raki conosceva bene il perimetro di quella zona, ci era praticamente cresciuta, soprattutto perchè le piaceva scorrazzare per il bosco, sporcarsi, saltare sulle rocce, arrampicarsi sugli alberi e spesso arrivava a casa con qualche graffio. Ma a lei sembrava non importare, aveva quell'istinto animale che la portava ad essere così, ad apprezzare la natura e tutti i suoi pericoli. Ma in quel periodo sentiva proprio il bisogno di uscire, di stare all'aria aperta, di sentirsi libera.
Fermò la sua corsa, rimanendo immobile, ascoltando il vento, mentre le foglie secche, accartocciate, cadevano  terra. Le sue orecchie sentivano ogni singolo movimento, sentiva una presenza seguirla. Il suo naso sentiva un odore di sangue e di pelo bagnato, simile a quello dei cani randagi o molto più probabilmente, lupi.
Con lo sguardo seguiva ogni loro movimento, sentiva la loro presenza nascosta tra il fogliame. Non era uno solo.
Si toccò dietro la schiena, come per prendere qualcosa che però non trovò.
-Merda!-
Se ne rese conto solo allora che con sé non aveva portato il suo arco. Il quel momento di disattenzione, uno dei lupi, dal folto pelo e dalle zanne possenti, si scagliò contro di lei.
Fu veloce da riuscire a spostarsi all'ultimo secondo, prima che le sue enormi zampe la potessero far cadere al suolo.
Ma non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi dallo sforzo, che un altro lupo le si presentò al fianco destro, in tutta la sua eleganza, dal mantello nero pece e gli occhi ambrati come i suoi, mostrando le sue zanne bianche.
Raki deglutì. Se avesse provato a scappare i lupi l'avrebbero attaccata alle spalle. Rhoderich le aveva insegnato  a non voltare le spalle agli animali selvatici. Si era data della stupida di non essersi ricordata della sua arma.
I due lupi proprio davanti a lei, l'avevano spinta in un vicolo cieco, con le spalle sentì la fredda roccia, mentre non distoglieva lo sguardo dalle due belve che iniziarono a ringhiare.
Ma dall'alto della roccia un ombra calò davanti a lei. Le prese un colpo, sul momento, ma riconobbe quelle spalle e quei capelli raccolti.
Gervhart difendeva a spada tratta la ragazza.
-Non so che cosa ti sia saltato per la testa…ma credimi…sono parecchio arrabbiato con te.-
Non si voltò a guardarla, ma Raki aveva già capito dal tono della sua voce che non era molto felice. Dentro di lei si stava maledicendo per quello che aveva fatto, soprattutto nei suoi confronti.
-Scu…scusa, Harty.-
Lui sospirò, non capendo il motivo di quelle sue strane reazioni.
-Ascolta! Appena te lo dico corri! Non ti voltare, tu continua a correre! Hai capito?-
I lupi si avvicinavano.
-Non posso! Non posso abbandonarti qui!-
-Raki!-
Il grido adirato di Gervhart la zittì. Aveva capito che non era il caso di contraddirlo. Lui era forte, anche senza Rhoderich sapeva che avrebbe potuto farcela.
-Corri! Corri!!-
Appena udì quelle parole scattò a sinistra, come un fulmine, era la sua specialità. Ma il lupo nero, non se la fece scappare e grazie alla sua muscolatura e velocità balzò nella direzione di Raki. Si vide le fauci vicinissime al viso, sentì perfino l'odore del sangue provenire dalla sua gola.
Gervhart lo spintonò arrivandogli dritto sul fianco, facendolo rotolare per terra. Scosse la testa, gonfiando di più il suo folto pelo, che sembrava averlo fatto più grande e imponente.
Nessuno dei due distoglieva lo  sguardo dall'altro, mentre lui si rialzava, il ragazzo strinse forte il manico della spada, che brillo ai fievoli raggi di sole che trapelavano dalle fitte foglie.
La bestia riprese la sua corsa contro di lui e si rese conto solo troppo tardi che l'altro lupo gli era balzato alle spalle. Sentì le sue fauci lacerargli la pelle della spalla, il dolore lo fece urlare.
Raki a quel grido si fermò, voltandosi verso l'amico preoccupata.
Gervhart aveva diciassette anni, ma il suo corpo era stato temprato in quegli anni, sia fisicamente che mentalmente, riusciva a trascinarsi fuori dai guai grazie alla sua tenacia.
Mollò la spada a terra, aggrappando le mani al pelo del lupo, mentre con tutta la sua forza cercò di levarselo dal corpo, riuscendo a scaraventarlo a terra.
Il sangue colava sul suo braccio, lasciando zampillare gocce rosso porpora in terra.
Raki a quella vista sussultò.
Altri lupi, probabilmente il resto del branco, uscirono dalla vegetazione per dar man forte ai loro compagni.
Gervhart si sentiva in trappola. Con due avrebbe potuto anche salvarsi, ma con un branco di belve feroci e affamate, con un braccio ferito e Raki da proteggere, era troppo.
Raki sgranò gli occhi. Era stata tutta colpa sua, quella situazione era stata a causa della sua stupidità e intraprendenza. Vedere Gervhart in quelle condizioni di pericolo, sapere che era stato a causa sua, sapere di non poter far niente in quelle condizioni le faceva salire un rabbia mai provata prima.
Sentiva le mani fremere, il cuore pulsava nel suo petto, lo sentiva fin sopra alle tempie, il suo battito le arrivava alle orecchie così forte che quasi le dava fastidio.
Sentiva caldo, la pelle bruciare, ma più di tutte, la sua spalla sinistra sembrava andare a fuoco e la strinse con la mano dal dolore.

'E' stata tutta colpa mia!'

I lupi avevano circondato Gervhart. Riprese in mano la sua spada, voltandosi per guardare ogni singolo esemplare.

'Harty è in pericolo!'

Una goccia di sudore le solcò il viso. Il suo respiro si fece più veloce, faceva fatica a deglutire, le facevano male i denti, tutte le ossa cominciavano a dolergli. Le faceva male. Le costole sembravano doversi spaccarsi dall'interno, la testa le girava.
Cominciò ad urlare dal dolore. Era troppo.

'Non toccatelo!'

I lupi si voltarono verso di lei, come se fossero stati richiamati. Gervhart fece lo stesso pensando che fossero stati attirati di nuovo da lei, pronti per attaccarla, ma quello che vide gli fece strabuzzare gli occhi.
Raki racchiusa su di se, le ginocchia a terra, tremante, le braccia incrociate attorno al suo corpo, quasi a stringersi nel suo stesso abbraccio, ma la cosa che sconvolse di più Gervhart, fu quello strano alone bianco intorno a lei, come se il suo corpo stesse bruciando.

-Non toccateloooooo!-


Rhoderich arrivò appena vicino alla casa, portando con sé un sacco che prima di partire non aveva, probabilmente era per quello che era andato in città quella mattina.
Stranamente in quel momento uno stormo di uccelli si alzò in volo, gracchiando, come se qualcosa li avesse spaventati. Li guardò volare via, poi per qualche ragione, provò una strana preoccupazione. Corse in casa, appena aperta la porta, chiamò i nomi dei due ragazzi.
-Gervhart!-
Ma non ebbe risposta.
-Raki!-
Neppure con quel nome. E la preoccupazione si faceva più viva.
Sentì un boato provenire dal bosco che lo spaventò. Sgranò gli occhi pieni di terrore e angoscia, sapeva che quel grido non era di un animale, né di una persona…o almeno non lo era più.
Abbandonò il sacco sull'uscio della porta, stringendo il manico della sua spada ancora nel fodero.

'Fa che non la debba usare contro di lei! Ti prego!'
  
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