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Autore: Aurelia major    03/06/2007    9 recensioni
Cosa succede quando una persona amabile e amichevole ne incontra una scontrosa e sarcastica ? Guai probabilmente , anche perché c'è chi vuole assolutamente fare amicizia e chi cerca d'impedirglielo a tutti i costi ...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Le disse tutto.

O perlomeno, quanto riteneva fosse giusto dirle.

E complice il clima di sintonia istauratosi quel mattino, approfittò della mutua collaborazione in cucina e del momento nutrizionale del pasto per introdurre il discorso che le stava a cuore. Sperò che Michiru si fosse armata di buona pazienza, poiché cominciò con un lungo preambolo atto a sviscerare ogni singolo elemento, a costo d’apparire fin troppo pedante. Ma siccome intendeva parlarle chiaramente una volta per tutte, in modo da non doverci tornare più sopra, preferì prendersela estremamente calma tracciandole l’intera e l’ingarbugliata mappa dei legami che da lei si dipartivano in innumerevoli fili e che facevano capo a coloro i quali avevano importanza nella sua sfera personale. Antipasto indispensabile questo per introdurre il piatto forte, poiché, se prima non le avesse illustrato le relazioni tra Hitomi, la scuderia per cui correva, la misoginia che imperava in quello sport prettamente maschile e i rapporti intercorrenti con la famiglia Yamamay, sarebbe stato oltremodo difficile che Michiru capisse il perché del suo voltagabbana totale d’identità e stile di vita.

Inutile sottolineare che per ovvie ragioni omise del tutto di menzionare i dettagli inerenti la piega decisamente personale che aveva preso nei confronti di Shanaya. Del resto nel quadro generale non che incidesse un granché e in quel momento si stava discutendo di scelte di vita, non d’incidenti di percorso. Oltre al fatto che non aveva alcuna voglia di scoprire quel che la ragazza potesse pensare a riguardo.

Ad ogni modo sapendo quanto fosse Intuitiva, per non menzionare gl’indizi forniti dalla crapa rapata e l’abbigliamento, s’immaginava che Michiru già avesse captato qualcosa e si fosse fatta un’idea della situazione. In effetti ci contava proprio, poiché sperava in qualche sua domanda ad hoc che le desse modo di spiegarsi senza troppo faticare. Ma contrariamente al suo solito Michiru si stava limitando ad ascoltarla quieta e senza profferire parola, per cui a malincuore dovette accollarsi l’onere e bere fino in fondo l’amaro calice. Ardua impresa, perché non era mai stata troppo brava con le parole quando si trattava d’illustrare qualcosa d’intimamente personale. L’eloquenza le veniva meno in questi casi, normalmente infatti tendeva a lasciare che le proprie azioni parlassero da sole, di modo da non doversi prendere il disturbo di star lì a analizzarne il perché o il percome. Ma riguardo ai fatti attualmente dibattuti non si poteva, ché il suo operato in merito era troppo suscettibile ad essere equivocato e, a lasciarlo nel limbo delle supposizioni altrui, chissà che guazzabuglio ne sarebbe venuto fuori.

Quindi le toccava spiegasi e, approfittando della passeggiata che stavano facendo nel lussureggiante giardino interamente ricoperto di neve, le narrò della mistificazione cui si stava rendendo protagonista. Non fu una scelta fatta a caso, al contrario, aveva indugiato apposta. Fidava in quel biancore quale agente scenografico in grado d’attenuare parzialmente lo shock che le sue rivelazioni avrebbero potuto provocare nella ragazza.

Non che dubitasse della sua tolleranza o larghezza di vedute, ma Michiru non era adusa né al corrente delle tremende giravolte che il caso pareva si divertisse a porle davanti in successione e che di volta in volta doveva aggirare con qualsiasi mezzo, lecito o no. Per cui c’era più di una evenienza che quella faccenda potesse apparirle alquanto laida. Haruka lo capiva perfettamente, così come era consapevole del fatto che, d’accordo che era una ragazza illuminata, ma la violinista poteva anche covare tutta una serie di pregiudizi dei quali lei non aveva nessuna cognizione. In effetti era un azzardo e ci sarebbe dovuta andare con i piedi di piombo, ma era stufa di perdersi in dubbi. Ultimamente ne aveva avuti più di quanti la sua portata di sopportazione ne potesse sostenere e trovava che stessero snaturando il suo equilibrio. Sì, era proprio ora di farla finita una volta per tutte con le esitazioni. Per cui ruppe gl’indugi e, non senza un certo senso di liberazione, vuotò il sacco.

Naturalmente quella sorta di confessione fu fatta in modo molto personale, giacché Haruka restava sempre Haruka. Il che voleva dire che pur badando a restare attinente all’argomento sostanziale, non pose la questione in modo da avere attenuanti di sorta. In pratica si limitò ai fatti nudi e crudi, senza star troppo sottolineare le scusanti che l’avevano spinta ad agire in questo determinato modo. Certo avrebbe avuto svariati motivi da addurre a questo proposito, ma al momento era del tutto inutile ormai ritornarci su con osservazioni o polemiche, per quanto costruttive potessero essere. L’essenziale invece era il principio, ovvero che non stava assolutamente pietendo comprensione. Semmai era tutto l’opposto, per cui, se Michiru voleva prendersi la briga di giustificarla, che facesse pure. Tanto non era troppo difficile trovare il nesso che la sollevava dal sospetto. In caso contrario, ciccia. Poiché per quanto la riguardava non aveva affatto intenzione di buttare quella storia sul tavolo come se fosse una merce di scambio o di usare i suoi problemi quali leve atte a stimolare la compassione della ragazza. Ché il dilemma dal quale era emersa con molto dolore e l’identità fasulla che stava inscenando non dovevano ridursi a divenire l’oggetto del contendere emotivo tra loro, accidenti!

Era una questione d’amor proprio certo, ma pure di razionalizzazione, in quanto era certa che in questo modo non faceva altro che facilitarle le cose. Invero, impostando la questione così come stava facendo, Michiru non aveva che da scegliere: o con lei o contro di lei. Si trattava di decidere se prendere o lasciare. Semplice, sbrigativo, senza tutte quelle maledette sfumature e quei fuorvianti chiaroscuri che avevano minato da subito il loro mutuo conoscersi.

Ché poi fosse stata lei per prima a disseminare quel cammino d’ostacoli era un altro paio di maniche. Anzi, si poteva dire che così come prima l’aveva intralciata in ogni modo, adesso per contrappasso le stava rendendo tutto più agevole. Insomma se le avesse detto: "M’interessi, mi piace stare con te e pare che per quanto ti riguardi sia lo stesso. Ma c’è questa serie di particolari coi quali devi scendere a patti. Ti stanno bene? Sì? Ottimo! No? E allora, abbiamo un problema! Sarebbe stato pressappoco lo stesso. Tuttavia non glielo disse, e se l’avesse fatto magari Michiru avrebbe potuto avere un minimo di voce i capitolo, ma come sempre Haruka era convinta di sapere perfettamente cosa fosse meglio per entrambe.

Tipico della bionda e lontano da lei lasciarsi sfiorare dal dubbio che in quel modo per l’ennesima volta la stava chiudendo fuori, anzi peggio, perché la stava mettendo da parte dopo averle aperto uno spiraglio. Eppure non era una resistenza intenzionale la sua, bensì un impulso che istintivamente affiorava nonostante tutti i suoi buoni propositi. Del resto non si cambia da un giorno all’altro, né a sola forza di volontà. Senza contare che era persuasa di star avendo addirittura delle premurose attenzioni verso Michiru, in quanto così comportandosi le evitava l’insidiosa trappola di farla sentire messa alla prova.

Ragionamento sconclusionato? Giusto un pelo. Ma va detto a sua discolpa che era in bambola, completamente confusa. Sragionava e non se ne rendeva nemmeno conto, impegnata com’era a raccontarsi una storia che contraddiceva immediatamente dopo con svariati pretesti, e tutto perché voleva dimostrarle che a questo punto si erano definitivamente lasciate alle spalle certi giochetti. Chiedeva, fortemente desiderava, che potessero avere una superficie liscia dove fluire liberamente. Vagheggiava una tela pulita dove alternativamente lei e l’altra potessero dipingere a loro piacimento senza scontrarsi con gli eventi e soprattutto tra loro. E a questo scopo si adoperava senza badare ad altro che non fosse la sua visione finale.

Anche se doveva riconoscere che questo era solo un lato della medaglia. L’altro era rappresentato da motivazioni decisamente prosaiche e di natura egoistica, le quali, sebbene comuni a chiunque, nella sua indole sapeva assolutamente esasperate.

Con estremo disincanto ammetteva che se le aveva taciuto determinati particolari era stato anche per il suo innato riserbo e soprattutto perché non riteneva di doverle dar conto di tutte le sue azioni. Darle spazio, starle vicino e persino affezionarvisi era un conto, ma mettersi completamente nelle sue mani era tutto un altro discorso e l’ultima cosa di cui sentiva la necessità era quella d’aver alle costole un giudice che con un bilancino pesasse la sua condotta ad ogni passo. E a fronte di tutte queste attente valutazioni, concluse la sua succinta dissertazione, con una sibillina affermazione:

"Ora sai. E francamente non so che altro dirti, salvo che se ci si corica col cane, poi si ci sveglia con le pulci."

Come a dire che per Michiru ritrovarsela davanti sotto mentite spoglie non era altro che la conseguenza di un intreccio di cause ed effetti sui quali doveva tranquillamente passare sopra, perché l’importante era unicamente il risultato.

Concetto abbastanza articolato per dedurlo da quell’ermetica frase, per di più ambigua, oltre che espressa in modo piuttosto colorito. E rendendosene conto Haruka inarcò un sopracciglio insoddisfatta. In effetti scaturiva poco chiara persino ai suoi stessi orecchi e lei di quel casino conosceva tutti i dettagli, quindi come poteva pretendere che Michiru intendesse? Ma che diavolo le era passato per la testa di uscirsene con un simile perla retorica?

Ennesima e fedele testimonianza del recondito timore che stava dilagandole dentro. Sicuro che era fermamente risoluta a mantenere intatta la sua indipendenza e altrettanto certo era che allo stesso tempo sperava di riuscire in ogni caso ad interagire con lei. Ma quel che nel profondo la stava logorando era l’ancestrale paura del rifiuto. Da anni combatteva una guerra senza esclusioni di colpi con quella, per molto tempo si era persuasa d’averla sottomessa, ma ora doveva arrendersi ad una spiacevole evidenza. Michiru riusciva a metterla a nudo, svelava incrinature che non pensava di possedere e a sua insaputa aveva aperto una crepa che solo lei era in grado di richiudere. E su questo Haruka ci sarebbe persino passata sopra. Sì, per quanto stupefacente potesse essere, in condizioni normali, dopo l’iniziale reazione opponente, magari avrebbe potuto persino arrendersi rassegnata innanzi a tale inconfutabile dato di fatto. Ma siccome di ordinario la vicenda che le vedeva protagoniste non aveva granché, allora, nel caso che a fronte di quelle sorprendenti verità Michiru si fosse ritratta disgustata, lei Haruka che avrebbe fatto? Non avrebbe avuto scampo, sarebbe caduta per sempre vittima di quella paura e avrebbe potuto anche darne in escandescenze. Tutte magnifiche eventualità, altrochè!

La fissò trepidante pronta a cogliere il minimo cambiamento nei suoi tratti. Il silenzio che la ragazza stava mantenendo non stava affatto proteggendo dalle sue apprensioni e la portò a chiedersi se quello fosse il mutismo di chi comprensivamente aspetta il momento opportuno per parlare, o invece quello di chi non riesce a trovare parole adeguate ad esprimere il suo biasimo. Supposizione mica tanto campata in aria questa, in quanto Michiru già in precedenza le aveva fatto intendere che per lei non valeva il detto che voleva in guerra e in amore tutto ammissibile. Non le si era rivoltata contro forse quando avevano appena, appena sfiorato l’argomento? Era bastato un accenno e subito avevano fatto scintille. Con la differenza che almeno allora aveva subito palesato i suoi sentimenti, mentre perché adesso indugiava? Che reagisse, che la sommergesse col suo rimprovero, una cosa qualsiasi, purché arrivasse maledizione!

Haruka contrasse la mascella e alzò il mento con ostentata fermezza predisponendosi a quanto temeva l’aspettasse. Appariva granitica, incrollabile, ma in verità l’inquietudine le aveva aggrovigliato le viscere in un teso nodo. Aveva un intero concerto di bassi che le rimbombavano dentro la testa e quella spasmodica disarmonia s’innalzò fino a toccare il culmine quando infine la sua interlocutrice manifestò un’aria alquanto afflitta.

"E’ un vero peccato." Esordì Michiru e Haruka avvertì chiaramente la vampa della collera accendersi in lei. Badò a controllarla e strinse i denti in attesa del resto. Come aveva previsto c’erano arrivate, nonostante tutto ecco che giungeva infine la repentina marcia indietro che aveva paventato a priori. Sicuramente gliel’avrebbe comunicato con estrema gentilezza e savoirfaire, figuriamoci se poteva usare un registro meno che mai cortese! Ma sempre di un congedo si trattava, anche se non aveva nessuna intenzione di lasciarsi liquidare senza opporsi. Ah no, senza lottare mai! Forse si era scoperta più debole di quanto pensasse e probabilmente era la ragazza che le stava di fronte a renderla tale, ma nonostante tutto a monte di quella singola debolezza batteva ancora il suo spirito indomabile. E Haruka Tenou aveva sempre combattuto fino alla fine!

Non la lasciò finire, anticipandola di slancio.

"Pare anche a me." Cominciò più fredda della brina che ricopriva le fronde, ma non riuscì a continuare poiché l’altra le si fece sotto, talmente vicino che nonostante il pesante abbigliamento invernale riuscì a percepirne lo stesso il tenue profumo.

"Sì, devo ammettere che mi duole veramente." Concordò Michiru annuendo dispiaciuta e, prima che Haruka potesse ribattere, continuò: "Non hai idea quanto ci tenessi, avevo sperato che presto potessi avere una possibilità… ma ormai non possiamo farci nulla, né io, né tu. Sfortunatamente."

"E quindi ti arrendi eh? Come se la mia opinione non contasse un emerito accidenti?!" Ribatté la bionda ficcandosi furiosa le mani in tasca. Perché invece di trascinarla all’aria aperta non ne avevano discusso al chiuso? In casa avrebbe potuto sfogare la frustrazione spaccando qualcosa, ma qui che cavolo poteva mai fracassare?

"Beh, non vedo come potrei agire diversamente." Fece la violinista alzando le spalle impotente e facendola arrabbiare vieppiù. "L’hai detto tu stessa che non avresti più gareggiato come velocista. Peccato davvero, avrei tanto voluto vederti almeno una volta correre i cento metri. Elsa giurava che fosse uno spettacolo incredibile."

A quest’uscita Haruka rimase senza parole e con la bocca spalancata dalla sorpresa, poiché non si era assolutamente aspettata una cosa simile. In verità aveva interpretato l’atteggiamento dell’altra in tutt’altro modo e, guardando all’impeto con la quale era insorta e si era ribellata a quell’evento, avvampò malamente. La sua reazione infatti era stata così immediata, a tal punto spontanea, ché le rivelò un barlume di consapevolezza tale da lasciarla sgomenta. Era bastato un accenno infatti per farle scoperchiare tutto un mondo sconosciuto e stava scoprendo un vulcano ribollente di magma incandescente dentro di lei. Cognizione questa che, rivelandosi per la prima volta in tutta la sua pienezza, ebbe sulla sua testa lo stesso effetto della caduta di un pianoforte dall’ottavo piano.

"Devo starci attenta porca puttana!" Fu l’unica cosa che riuscì a dirsi, stordita com’era da quei sentimenti che volevano emergere a tutti i costi. Errore, errore fatale! Doveva dominarli, sennò l’avrebbero travolta e sarebbe stata la fine di tutto.

Cominciò ad eseguire degli impercettibili esercizi di respirazione allo scopo di acquietare il battito cardiaco che le andava a mille e, quando a fatica riuscì a riguadagnare un minimo di compostezza, non osò posare lo sguardo sulla ragazza. Fortunatamente Michiru pareva non essersi accorta di nulla, intenta com’era a contemplare la pace immota del luogo circostante, come se fosse capitata lì per la prima volta.

Ne spiò le mosse e, fissandola non vista, apprezzando per l’ennesima volta quel profilo armonioso, i bollenti spiriti di Haruka tanto come rapidamente si erano elevati, ebbero un’altra doccia fredda. Capì che c’era poco da fare, le era chiaro che l’irreparabile ormai era accaduto e che a questo punto poteva solo sperare d’essere in grado d’arginarne l’avanzare impetuoso. Imperativo categorico al fine di non rovinare quel poco che fino a quel momento avevano potuto condividere.

Cercò disperatamente di darsi un contegno, tossicchiò per attirarne l’attenzione e bofonchiò qualcosa riguardo a dei dvd sui quali erano immortalate le sue atletiche gesta. Dopodichè, ripensò a quanto le aveva appena detto e prese atto che Michiru non la stava affatto congedando. Anzi, si stava rammaricando di non poter condividere qualcosa che era stata parte integrante del suo essere. Un cruccio legittimo, giacché la violinista aveva da tempo compreso che vederla correre avrebbe risolto meglio di milioni di parole gli enigmi che la circondavano. Era persuasa infatti che solo osservandola nell’espletazione fisica delle sue evasioni emotive sarebbe potuta venire a patti con la sua natura sfuggente. Ché per una manciata di secondi avrebbe finalmente potuto scorgere il nucleo del suo carburante vitale.

Per un momento irripetibile si fissarono negli occhi e per la prima volta si capirono. In quel cruciale attimo per osmosi Michiru abbracciò in pieno le trepidazioni nascoste sotto quella facciata impenetrabile e Haruka penetrò appieno le effettive intenzioni dell’altra. Ma fu una cosa talmente breve che entrambe pensarono di esserselo immaginato.

Ad ogni modo ora che la bionda era certa di non essere vittima della riprovazione dell’altra

si lasciò scappare un profondo sospiro di sollievo. Come diceva sempre Ame? Nell’ascoltare si rivela natura del mondo. E aveva ragione, poiché se avesse avuto la pazienza di dare ascolto alle parole dell’altra, invece di correrle sempre avanti, per il futuro avrebbe potuto evitare di straziarsi le coronarie.

E a dispetto di sé stessa e della situazione le venne persino da ridere per la sua stupidaggine. Non che fosse sua abitudine vestire l’abito dell’ingenua, ma in questo caso se ne sbatté altamente. Piuttosto tutto ad un tratto si sentiva inspiegabilmente euforica tanto che il verde delle sue iridi divenne scintillante come in poche occasioni avveniva. Aveva la stessa espressione che in genere si profilava quando sul campo stracciava tutti i suoi avversari riportando un successo frutto d’immani sforzi.

Michiru questo non lo sapeva, pure notò immediatamente quel cambiamento e le labbra le si stirarono in un sorriso di profondo appagamento. Aveva giocato d’anticipo in realtà, calcolando al buio l’effetto che avrebbero potuto avere le sue affermazioni. Audace mossa, ma l’unica che riteneva in grado di poter in qualche modo sbloccare Haruka agitandole qualcosa nel profondo. Insomma si era aspettata un moto istintivo da parte sua, ma quanto stava accadendo superava di gran lunga ogni sua più rosea previsione, in quanto la bionda in quel preciso istante sembrava trionfante. Più che altro si era attesa una divertita replica, ma nulla più. Poiché, proprio come Setsuna in precedenza, aveva cominciato a pungolare Haruka di traverso, fidando sulle reazioni che pensava avrebbe potuto avere. Invece quest’ultima era riuscita a stupirla ancora una volta facendole intravedere un qualcosa del quale ancora non aveva preciso sentore.

E dire che credeva d’aver iniziato a conoscerla, ma vedendola un momento prima furibonda e quello immediatamente dopo entusiasta, senza contare gli intermezzi di tentennamento che avevano intervallato i due stati d’animo prevalenti, capì che il cammino era ancora lungo e che sarebbe stato poco intelligente dare per scontate certe cose.

Era cambiata in quei mesi Michiru, non pretendeva più come una bambina ostinata d’avere tutto e subito. Aveva ormai appurato che reclamare di procedere speditamente con Haruka era un errore madornale, aveva afferrato che si stava bruciando al fuoco della sua stessa fiamma. Così ora con naturalezza si stava adattando ai suoi tempi e paziente si dedicava agli sviluppi che avrebbero portato. Ma più che un precetto zen, o un movente opportunistico, il suo altro non era che una nuova forma d’affetto. E cioè l’accettazione di uno status quo che fino a quel momento non aveva potuto accogliere, dato che non era ancora pronta a riceverlo. Adesso al contrario era preparata e si stava scoprendo meno fatalista e più propensa a combattere per quel che voleva, dal momento che al culmine di quella separazione forzata aveva capito d’aver imparato a misurare i suoi bisogni e finalmente intendeva appieno i suoi desideri. Ergo, con una maturità sorprendente per la sua età, stava usando questa conoscenza acquisita per circoscrivere la mutevole sfera delle smanie dell’altra. Tant’è vero che, se le omissioni e la conseguente esclusione cui Haruka la stava facendo vittima si fosse compiuta prima del loro distacco, sarebbe stata origine di un fraintendimento doloroso e sopratutto di una sequela d’interrogativi quali l’avrebbero vista di continuo perdente. Poiché sempre aveva commesso l’errore di rapportarsi ai suoi silenzi come inadeguata e fallace. Ma rispetto al passato ora sapeva d’aver acquistato consapevolezza e non cercava più ombre nel deserto, piuttosto prendeva la diffidenza dell’altra come tale, non rapportata a lei. A tempo debito avrebbe saputo, in questo momento invece sarebbe stato del tutto inutile e vanaglorioso tentare di forzare i suoi blocchi.

Spesso aveva nuotato in mare aperto e ora come allora aveva recepito che tentare d’opporsi alla corrente era del tutto inutile, l’unica era di lasciarsi trascinare finché non avrebbe avuto forza a sufficienza per arrivare dove voleva. Per cui abbozzò un sorriso indulgente davanti all’evidente impasse di Haruka e decise di toglierla dall’imbarazzo.

"Mi sa che qualcuno qui era un pochino preoccupato." Buttò lì apparentemente spensierata.

"Cazzate!" Replicò la bionda la quale, superato il momento di beatitudine celestiale e realizzato che in effetti era rimasta vittima di una sorta di manipolazione, di fatto appariva alquanto contrariata. Anche se stava facendo di tutto per dissimularlo. Un vano tentativo, poiché Michiru intuiva il suo turbamento, benché se ne avesse saputo giusto un po’ di più sulla sua causa scatenante, non sarebbe di certo rimasta così ponderata.

Ad ogni modo il punto era che Haruka non poteva concepire una cosa simile, e non perché fosse per l’ennesima volta oggetto delle beffe della ragazza, quanto perché con quella pausa prolungata a bella posta davvero l’aveva tenuta alla ruota. Il che la portò a chiedersi inorridita se offrisse davvero quell’impressione di fiacchezza. Sperò di no e nonostante sapesse che quello della violinista era stato una sorta d’innocente tentativo di riprova, le pareva proprio che Michiru ci stesse davvero prendendo gusto a stuzzicarla più del dovuto.

Il che era pericoloso, non solo per l’impronta che poteva darne, ma perché non era certa di riuscire sempre a soffocare quel che la ragazza era capace di risvegliare in lei. E tralasciando quest’aspetto, in verità lo tralasciava con piacere, quella poteva essere una imprudente abitudine anche per un altro motivo. Perché, se fino ad un certo punto era piacevole lasciarsi prendere in giro quando la canzonatrice era lei, d’altra parte c’era un altro fattore che meritava attenzione e la preoccupava alquanto.

Già, infatti cosa sarebbe successo allorché un ghiribizzo simile avesse preso Michiru nel momento in cui lei fosse stata preda di uno dei suoi umori assassini? Certa gente, per molto meno, ancor oggi tremava al pensiero della sua reazione violenta. Comunque non ebbe il tempo materiale di pensare a certe eventualità e neppure di rimbeccarla a dovere, ché l’altra già aveva imboccato un’altra tangente.

Difatti Michiru ritenne opportuno troncare di netto tutto quel discorso, onde frenare la bufera emozionale che da un momento all’altro rischiava di travolgerle entrambe. Haruka era con evidenza preda di svariati dubbi che disegnavano sul suo volto tutta una gamma d’espressioni che andavano dal perplesso all’incerto. Al contempo poi, per quanto la riguardava, non si sentiva ancora tanto forte da poter gestire quel che si rimescolava in lei a fronte di tutto ciò. Vero che per il momento aveva retto bene il timone, ma trattandosi di Haruka e del delicato castello che stavano edificando, il suo turbamento s’ingigantiva e a stento riusciva a tenerlo a bada. Per cui ritenne prudente cambiare argomento.

"Un passo alla volta." S’ingiunse perentoria.

Inoltre era davvero inquieta per lei, infatti tutta una serie di preoccupazioni avevano preso ad assillarla man a mano che udiva i dettagli della sua incredibile metamorfosi. Era evidente infatti che c’erano delle falle nel suo piano e speranzosa si augurò che Haruka avrebbe accettato di buon grado il suo tentativo di darle una mano. Quindi s’apprestò a porgergliela.

"Parliamo di cose serie, che ne dici?" Propose di punto in bianco. "Tornando a quanto mi hai detto infatti, mi pare chiaro che ci sia qualcosa a cui non hai pensato."

"Ah, davvero?" Fece l’altra con fare casuale, non c’era traccia del cipiglio truce che Michiru aveva temuto, per cui si sentì spronata a continuare. "Sei stata abile a cancellare le tue tracce e ti confesso, cosa che mi ha stupito alquanto, che a scuola ormai non si parla assolutamente di te. Come se fossi stata una specie di meteora."

"Prevedibile." Haruka annuì compunta con l’aria di chi la sapeva lunga. "L’eccellenza è mal tollerata, sempre. Mh, che brutto colpo per il mio amor proprio però! E’ avvilente constatare quanto siate volubili voi femmine!" Esclamò dandosi una manata teatrale alla fronte e ridendo a fior di labbra la violinista francamente si chiese fino a che punto stesse scherzando. Effettivamente per una orgogliosa come lei doveva essere un boccone amaro da mandar giù. Ma in fin dei conti se l’era voluta, quindi preferì non approfondire quest’aspetto della cosa.

"Devo cantarti la donna è mobile, qual piuma al vento?" Replicò ironica.

"Oh no, meglio ma che gelida manina, se la lasci riscaldar, con ‘sto freddo mi pare la cosa più adatta!"

"Però, non m’immaginavo conoscessi l’opera." Fece Michiru interessata, per tutta risposta la bionda le rilanciò una frase che, semmai la ragazza non avesse appreso da Setsuna quanto sapeva, sarebbe stata alquanto oscura.

"Diciamo che per un certo periodo ho dovuto sopportare dei bohemièn che nello stereo non mettevano altro da mane a sera. E dai, che ti ridai qualcosa m’è rimasto impresso. Ma ti prego, riprendiamo da dov’eravamo rimaste."

"D’accordo." Assentì mollando subito la presa, per quei discorsi ci sarebbe stato tempo più avanti, sempre che l’altra avesse voluto ovviamente. "Da quel che mi è parso di capire è cosa nota nell’ambiente automobilistico che tu sia vissuta all’estero, vero?"

"Sì, del resto il mio ingaggio è stato contrattato quand’ancora vivevo negli states."

"Anche a scuola si sapeva delle tue origini statunitensi, anzi era una delle tue caratteristiche distintive, anche se i più pensavano che fossi californiana. Forse si erano lasciate traviare dalla zazzera bionda e da quel tuo accentino un po’ marcato che sbuca di tanto in tanto quando alzi la voce." Esclamò ridacchiando alla menzione delle vocali allungate che le venivano fuori quando s’irritava.

"Dici davvero? Accidenti, credevo che la mia pronuncia fosse buona." Fece Haruka sinceramente stupita, infatti credeva di non parlare affatto come una macchietta di Stanlio & Onlio.

"Non c’è male quando parli giapponese." La rassicurò subito, in effetti se non fosse stato per quel piccolo difetto si sarebbe potuto tranquillamente pensare che non si fosse mai allontanata dal paese del sol levante. "Ma abbiamo frequentato qualche lezione d’inglese assieme, ricordi? E sai Haruka, non offenderti, ma il tuo eloquio non è quel che propriamente si definisce british."

"Ok vorrà dire che qualora mi presentassero la regina Elisabetta farò finta di essere sordomuta!" Affermò un po’ piccata, era la prima volta che le facevano un appunto del genere, ma del resto se chi glielo faceva notare era miss punti perfetti, allora era più che normale! Comunque preferì non far polemiche e andò avanti: "Ma ti spiacerebbe evitare altre divagazioni e venire al dunque?"

"Quel che voglio dire è che, qualora una persona che tu abbia conosciuto in passato ti vedesse in tv e notasse quanto quel corridore ti rassomiglia per corporatura, modi, tratti somatici, origini e addirittura ha il tuo stesso nome, magari potrebbe fare un collegamento. E se poi si facesse prendere dall’estro di verificare, che cosa potresti fare?"

"Il mio è un nome neutro, l’America è immensa e ogni santo giorno c’è qualche discendente degli emigranti che ritorna al paese d’appartenenza." Affermò per niente sulla difensiva. Quelli erano gli stessi dubbi che aveva vagliato in precedenza e credeva d’averli in qualche modo aggirati. Per cui continuò: "Quanto alla somiglianza, ho fatto tutto quel che potevo. Certo avrei potuto tingermi i capelli, ma credo che non avrebbe fatto altro che aumentare i sospetti più che dissiparli. E poi ho una faccia troppo bella per rovinarla con una plastica!" Aggiunse indirizzandole un ghigno da canaglia al quale Michiru rispose mimando una profonda esasperazione.

"Quanto sei narcisista, mi meraviglio che non t’innamori ogniqualvolta passi davanti ad uno specchio!"

"Questo no, ma non manco mai di stupirmi della magnificenza di quanto vedo." Replicò facendole l’occhiolino. "E poi sai, pare che ognuno di noi abbia fino a cinque sosia. Anche se suppongo che una somiglianza tale unita ad un evidente caso di omonimia è pressoché inverosimile. Indubbiamente non mancherà di creare un certo scompiglio, ma in ogni caso quella che mi hai fatto è un’ipotesi che avevo già soppesato, concludendone che potrei solo negare. Disgraziatamente davanti a certi imprevisti sono impotente."

"Non del tutto, sai stare da tanti anni su di un palcoscenico mi ha insegnato qualche trucchetto e ad occhio e croce credo che ciò che ti occorra ora altro non è che un diversivo plausibile. Attuarlo diminuirebbe il rischio che la tua copertura possa crollare non appena si sussurri qualche indiscrezione."

Dichiarò pratica e Haruka la guardò di tralice senza reagire, guardandola mentre iniziava ad avanzare nel candore soffice che ricopriva il manto erboso. Non aveva capito esattamente cosa volesse dire e, così come per quanto aveva appena proferito, allo stesso modo Michiru procedeva spedita attraverso quello spazio dove non c’era traccia di sentieri visibili. Come se, diversamente da lei, sapesse esattamente dove voleva dirigersi. Non le restò che seguirla, incuriosita su dove volesse andare a parare.

"Potrebbe darsi." Assentì infine simulando una profonda riflessione. Poi raccolse una manciata di neve e iniziò a lavorarla nervosamente con le nude mani incurante del gelo. "Voglio dire, credo che potrebbe essere una soluzione ideale. Se solo sapessi che accidenti è!" Ammise infine adombrandosi. Porca miseria, prima le aveva fatto fare la figura della scema, adesso era il turno di farla passare per un’ignorante?!

"Ma hai freddo? Non mi sembri a tuo agio." Le chiese improvvisamente Michiru notando da ultimo l’aria aggrottata che inalberava. "Se vuoi possiamo rientrare." Propose come se ignorasse di esserne il perché scatenante. Ci era o ci faceva? A questo punto Haruka non lo sapeva più, sentiva solo che la situazione le stava sfuggendo sempre di più dalle mani ad ogni attimo che passava.

"Non ce n’è bisogno, piuttosto ti sarei grata se mi spiegassi di che si tratta." Replicò iniziando a pensare che volendo Michiru era capace d’essere più tortuosa di un rebus. Ah, e io che mi consideravo una dall’oscuro agire! Pensò beffarda. Ma com’è che quella ragazzina riusciva a fiaccare tanto facilmente la sua proverbiale sicumera? Accidenti, a lasciarla fare c’era più di una probabilità che potesse presto ridurla ad una gelatina tremante in balia dei propri umori! Proprio l’opposto di quanto normalmente desiderava apparire.

"Quando un’illusionista esegue un trucco", cominciò Michiru fermandosi sotto un albero e fissandola con uno sguardo penetrante da sotto le lunghe ciglia, occhiata che subito incatenò l’interesse della bionda con il suo zaffiro luminoso, "deve necessariamente distogliere l’attenzione del pubblico da ciò che sta realmente facendo. A questo scopo quindi crea un diversivo plausibile, il quale altro non è che un espediente per camuffare il gioco di prestigio che sta compiendo."

"Interessante." Fece Haruka mentre col naso per aria osservava la cima dell’altissimo abete valutandone le proporzioni. Poi riportò lo sguardo sulla ragazza e per un po’ si dondolò sui talloni cercando di cogliere il nesso. "Quindi che mi suggerisci? Di tirare fuori un coniglio dal cappello non appena si fanno delle illazioni? Oppure di farmi legare nell’abitacolo della macchina come un novello Houdini?" La punzecchiò prendendo tempo, si rendeva conto infatti d’essere ancora piuttosto lontana dal punto fondamentale del quale si stava dibattendo.

"Se zittisci il tuo sapiente sarcasmo giusto il tempo di farmi finire, magari mi spiego meglio." La replica piccata di Michiru partì a razzo, ma ciò nonostante, non appena venne a scontrarsi con il sogghigno divertito che Haruka le indirizzò, perse tutto il suo mordente. Com’è che riusciva sempre a plagiarla in quel modo? Sì stava reggendo bene l’urto di quel tira e molla infinito, ma non poteva negare che nonostante tutto la bionda era capace di smontarla con un niente. Attraversava le sue barriere con una facilità irritante, e il peggio era che le riusciva più naturale quando aveva un comportamento lieve come uno zefiro estivo, anziché furioso come la sferza della tramontana.

Michiru scosse il capo impotente innanzi alla sua arrendevolezza, purtroppo quando si trattava delle smorfie di quella cialtrona tutti i suoi buoni propositi andavano a farsi benedire. Ad ogni modo l’aveva zittita per un tempo sufficiente a proseguire.

"Ti faccio un esempio pratico. Prendi la pittura ritrattistica, guardi un quadro e capisci subito quel che l’artista intendeva rappresentare, giusto?"

"Sì più o meno." Accondiscese Haruka meditabonda, dopodichè sghignazzò e riprovò a farle perdere il filo. "Però onestamente mi sono sempre chiesta se al personaggio de L’urlo di Munch per caso non abbiano rubato il portafogli o abbia saputo che la moglie lo cornifica!"

"Sii seria un attimo e ascoltami." Ribatté Michiru severa, un capolavoro come quello non poteva essere impunemente beffeggiato. Già, ma allora perché non riusciva a reprimere quella maledetta ridarella che le saliva dai fianchi? Resse con lodevole costanza, anche perché se avesse cominciato a ridere, quella inanellando sciocchezze a ripetizione come al suo solito, non l’avrebbe fatta più continuare.

"Adesso invece pensa ad un’opera d’arte moderna, una qualsiasi." Propose, e a lei ne vennero in mente innumerevoli, stesso però non poteva dirsi della bionda che la fissava alquanto interrogativa aspettando un’imbeccata. Alla fine non ne poté più e sbottò.

"Beh? Ma che c’entra? Sai Michiru se volevi farmi una dissertazione artistica non c’era bisogno di tirare in ballo tutta ‘sta faccenda. Ti sarebbe bastato invitarmi ad una mostra e poi cominciare la tua erudita conferenza."

"Questo vorrebbe dire che qualora t’invitassi ad una esposizione ci verresti?" Rispose la violinista insinuante e rigirandole la frittata sotto il naso. In effetti c’era proprio un vernissage che l’interessava moltissimo e inizialmente aveva pensato di farsi accompagnare da Setsuna. La quale per sensibilità e colpo d’occhio le era parsa la candidata ideale, ma alla luce di quanto stava udendo poteva darsi che vi si sarebbe recata in compagnia di qualcun altro. Magari potevano andarci tutte e tre insieme. Sai che spasso, già si vedeva la scena: lei e la ragazza dalle lunghe chiome che in primo piano discutevano sul valore intrinseco che l’artista aveva voluto dare ai sui quadri e Haruka sulla loro scia che brontolava a proposito delle palle infinite che si stava facendo!

"Dipende." Rispose quest’ultima guardinga figurandosi il medesimo scenario di Michiru, ma con l’aggiunta di un’occhialuta e bruttissima intellettuale che non solo la tediava all’infinito con le sue attente valutazioni, ma che a fine giro la interrogava pure facendole fare una pessima figura. Chissà perché le ricordava un tantino la vicepreside…

"Comunque Michiru, se volevi farmi una proposta simile era sufficiente dirmelo, quel che non capisco invece è che diavolo c’entri adesso. E se devo essere sincera, qua tra maghi da strapazzo e pittori dal genio folle io non ci sto capendo un accidenti!"

"Ecco l’hai detto, pittori folli." Rispose la ragazza animandosi, a quanto pareva stavano arrivando al punto. Haruka ringraziò il cielo e si augurò che da quel momento in poi la conversazione diventasse comprensibile, ché fino a quel momento, digiuna com’era d’arte, non è che avesse colto più di tanto.

"Infatti dubito che chiunque davanti ad un quadro di Dalì sappia darsi una risposta univoca su quel che intendeva rappresentare. E cosa fa lo spettatore medio davanti a quel che non capisce?" Continuò Michiru sparandole a bruciapelo un’altra domanda inaspettata.

Haruka strinse i denti soffocando un’imprecazione. In effetti quel che spontaneamente le salì alle labbra fu: Manda al diavolo l’arte e va a farsi una birra nel bar più vicino! Ma evitò di dirlo ché chiaramente non era quel che ci si attendeva da lei, quindi si esortò rassegnata ad un po’ di pensiero teoretico. No, no. Fammici pensare. Quando quel carrozziere da strapazzo mi pitturò da schifo la moto fu con lui che me la rivalsi, quindi se tanto mi da tanto dovrebbe essere lo stesso.

Fissò Michiru e chiese di rimando speranzosa: "Guarda al creatore dell’opera?"

"Esatto! E la domanda successiva è: se Dalì fosse stato un semplice ritrattista di paesaggi, credi che sarebbe stato il personaggio balzano ed eccentrico che era?"

"Senti ma che vuoi che ne sappia?" Perse il controllo spazientita innanzi all’ennesimo quesito al quale non sapeva dare risposta. "Invece, non è che mi stai dicendo, tra le righe, che putacaso ti dedicassi all’astrattismo comincerai a girare con l’occhio da pazza cocainomane e vestita da punkabbestia? No, perché nel qual caso, di sciroccati così potrei presentartene quanti ne vuoi."

Michiru stavolta rise di cuore, era evidente che quel discorso speculativo non aveva effetto su quella pragmatica dai piedi ben piantati in terra che Haruka era, per cui cercò di semplificare il tutto.

"Quel che intendo dire è che chiunque conosce quell’artista anche se non ne capisce il messaggio. Persino chi ne ignora le opere. Insomma un diversivo plausibile riuscito alla perfezione."

"Mm, vediamo se ho capito. Posto che probabilmente i quadri di quel tizio siano delle boiate pazzesche, si è normalmente portati a credere che sia un grande talento perché si comportava come uno squilibrato?"

"Proprio così." Assentì Michiru con aria complice. Haruka ci pensò un po’ su grattandosi la testa perplessa, finché non le venne un paragone che trovava molto più vicino ai suoi parametri di valutazione.

"Come dire che l’operazione Desert Fox altro non era che un diversivo plausibile usato dal presidente Clinton per distogliere l’attenzione dai giochetti che gli faceva Monica Levinsky nello studio ovale?" Chiese ripensando al tutto il casino che quella faccenda aveva causato. In effetti ai tempi dell’impeachment si era fatta un sacco di risate e la faccenda le era rimasta impressa.

"Se ti piace metterla così, sì probabilmente è lo stesso." Fece l’altra trovando l’esempio tutto sommato calzante.

"Mica a me, a lui piaceva metterla così!" Ribatté ironica credendo d’imbarazzare la candida fanciulla, ma le disse male poiché Michiru invece d’arrossire le sparò un’occhiata che non prometteva nulla di buono. Infatti ci mise il carico da cento.

"Perché tu come l’avresti messa?" Chiese carezzevole.

"Io l’avrei messa alla porta, dì ma te la ricordi quant’era brutta?" Fece evitando di rispondere a quella domanda indiretta e continuò: "Però potresti avere ragione, sai? Il discorso fila, ma ancora mi sfugge come si concretizzerebbe con me tutta questa teoria."

"Vincendo darai molto da parlare, e non ho alcun dubbio che vincerai. Però a parte i successi sul campo, esagera. Amplifica a dismisura ogni minima inerzia e soprattutto comportati all’opposto di quel che hai sempre fatto davanti agli altri. Insomma, quando sei in pubblico fa’ tutto quel che normalmente non faresti mai."

"Passeggiare per Shinjuku con un maiale al guinzaglio gioverebbe?" Chiese graffiante a mo’ di sfottò. Ovviamente aveva capito perfettamente a cosa si stava riferendo, ma era interessata a verificare cosa esattamente secondo Michiru volesse dire esagerare.

"Ma che diavolo hai capito? Non intendevo queste stupidaggini, per l’amor del cielo! Devi creare ad arte una serie di comportamenti, non incidenti e caos. Smetti la tua uniforme da introversa, folleggia, da’ confidenza a tutti, insomma comportati come a scuola non hai mai fatto. Lo so che in un certo senso sarebbe come violentare la tua natura, ma chi diventa una persona pubblica non può che comportarsi così se vuole mantenere un certo distacco."

"Mm." Mugugnò finché l’espressione meditativa che apposta esibiva non fu sostituita da un sorrisetto furbo che mise sul chi vive la violinista. "Sai una cosa? Da quando ho cominciato questa messinscena ho preso a vestirmi come Dolce & Gabbana comanda, conosciuto e preso a frequentare un mucchio di persone, partecipato a feste incredibili e non ultimo per fine Gennaio dovrebbe arrivarmi finalmente il cabriolet giallo che scarrozzerà il mio delizioso culo in giro per la città. Molto vistoso non credi? Senza contare che ho sistematicamente insidiato ogni femmina che entrasse nel mio perimetro ad una distanza minima di cento metri." Terminò d’enumerare sulle dita e chiuse il pugno dandosi un colpo nella mano aperta e al suono della discreta botta che produsse affermò canzonatoria: "Guarda te che coincidenza, stavo cimentandomi in una serie di diversivi plausibili e neppure lo sapevo!"

"Questo perché nonostante tutto sei sempre stata un’esibizionista presuntuosa! Ad ogni modo è esattamente quel che volevo dire, anche se la tua vocazione a fare il casanova da strapazzo non è che una conseguenza inevitabile." Replicò la violinista con fare brillante, chiedendosi al contempo se sarebbe riuscita a convivere pacificamente con quest’aspetto della faccenda. Era quantomai sgradevole per lei, sebbene sapesse che fosse necessario e quanto la bionda ci andasse a nozze.

Ad ogni modo c’era ancora una variabile che andava discussa e alla quale Michiru pareva non aver pensato, contrariamente ad Haruka che non esitò a puntarci sopra l’indice.

"A questo proposito ragazza mia, cosa ci inventeremo quando i paparazzi ci beccheranno assieme? Sarà un florilegio di stronzate su carta stampata. Già mi vedo i titoloni!"

"In che senso scusa?" Fece Michiru cadendo dalle nuvole.

"Sei famosa, più che nota alle cronache mondane. Basterebbe ripensare allo scompiglio che hai creato ieri in mezzo a quegli alti papaveri." Replicò acida riferendosi alla ressa di bellimbusti che l’attorniava.

"Senti chi parla, perlomeno io ho fatto un entrata normale." Affermò urtandosi un pochino. Accidenti a te, dopo quel po’, po’ di spettacolo che hai dato, hai anche la faccia di bronzo d’accusarmi di dissolutezza? Pensò guardandola malissimo. Precedentemente aveva deciso di non parlarne, ma visto che Haruka stessa aveva tirato in ballo la questione, le tirò un preciso fendente.

"Inoltre non ero mica io a pavoneggiarmi e a strofinarmi addosso a quella cavalla melensa davanti a tutti!"

"Ehi ma che storia è questa?" Chiese sulla difensiva. Come se sotto non ci fosse nessun altarino, come se quella fosse un’ingiusta accusa e lei non fosse quella gran marpiona che era. "Se devo passare per maschio devo comportarmi come tale! Mi sembrava di essere stata chiara su questo punto."

"Chiarissima, ma non fare la parte de è uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, perché Haruka cara, tu non sei un playboy coattivo. E’ più che evidente quanto la cosa ti diverta un mondo."

Davanti a quella veemenza la bionda rimase interdetta e la sua psiche ancora una volta dimostrò quanto potesse essere abile nell’attuare i suoi collaudati meccanismi di tutela, poiché dalla reazione di Michiru estrapolò solo quello che le faceva più comodo prendere.

Cazzo dev’essere proprio un’antipatia a pelle quella che ha per Shanaya! Pensò come una perfetta idiota. Comunque era evidente quanto la cosa la irritasse per cui cercò di blandirla.

"Beh Michiru, riflettendoci, forse ho calcato un po’ la mano. Però non eri tu stessa a dirmi, non più tardi di due minuti fa, che è proprio così che mi dovrei comportare?"

Presa in contropiede la violinista non ebbe la prontezza d’inventarsi un motivo valido che non fosse quello vero, e cioè che era gelosa marcia. Questo però non gliel’avrebbe detto mai, non era affatto il momento di farle questo tipo di confessione, l’equilibrio era ancora troppo precario per una rivelazione del genere. Così Haruka si diede da sé l’unica spiegazione che trovava accettabile.

"Ma se temi che Shanaya e tutte quelle come lei possano minare il nostro rapporto, allora sta’ tranquilla. Quelle sono solo figure di contorno." La rassicurò con fare superficiale, talmente approssimativo che Michiru cominciò a sospettare che le stesse nascondendo qualcosa.

"Non mi sento affatto minacciata." Rispose con un’occhiata che riverberava come l’acciaio nudo e per la prima volta Haruka ebbe un brivido di paura. E non era il timore che precedentemente aveva provato al cospetto di quel che provocava in lei la ragazza, quanto l’allarme causato dallo scoprire una ferrea volontà in netta contrapposizione con la propria. Non era mai accaduto ed era singolare che un soprassalto simile fosse fatto nascere da una persona dall’apparenza inerme come Michiru.

Abbozzò e prudentemente batté in ritirata.

"E’ un bene, perché sappi che è tutta una finta. Una sceneggiata fatta a beneficio degli altri e che con te non ha nulla a che fare."

Poco convinta Michiru inarcò un sopracciglio, ma per il momento preferì sorvolare, si accontentò di aver messo il dito nella piaga procurandole un soprassalto di coscienza.

"Dicevi a proposito della mia fama?" Chiese abbassando il mento e con fare un po’ più disponibile.

Haruka captò il cambiamento e si tuffò in quell’apertura molto tirata su di morale, conscia del pericolo appena scampato.

"Che in quanto conosciuta, accompagnandoti con un fusto quale io sono, provocherai innumerevoli illazioni. Senza contare che qualora la fama baciasse anche me, e si spera, l’eco diventerà ancora più grosso." Affermò non senza una certa autoironia, la violinista intendendo l’antifona le ghignò di rimando.

"E tu lasciali dire. In tal caso poi sarebbe una benedizione, poiché non farebbe che rafforzare l’espediente di cui discutevamo prima. Oltre a ciò, a scuola non siamo mai state celebri per andare d’amore e d’accordo. Quindi se qualcuna delle nostre compagne avesse qualche diffidenza a proposito, il vederci assieme su un rotocalco la spiazzerebbe in pieno. Basterebbe ricordarsi del trattamento estremamente riguardoso che mi hai sempre riservato davanti a tutte."

"Okay, chiedo umilmente perdono per la mia condotta, d’accordo?" A quella sciabolata elegante la bionda sbuffò imbarazzata. "Ma tu non rinfacciarmelo più!"

"Non ti stavo rimproverando, stavo solo sottolineando quanto la cosa potrebbe tornarti utile." Fece Michiru tutta candida ridacchiando.

"Beh sì, a me sì, ma con la tua reputazione come la metti?" Si informò un poco insinuante, ma Michiru non fece una piega..

"Tranquilla, se mi fossi voluta curare di tutti i flirt che mi hanno attribuito dalla pubertà in poi a quest’ora sarei alla neuro. Pensa che per un periodo mi hanno addirittura definita quale la Lolita della musica classica. E tutto ciò solo perché avevo frequenti scambi e collaborazioni con dei compagni di conservatorio. E dire che mi sono sempre comportata in modo ineccepibile. Ad ogni modo, non hai di che preoccuparti Haruka, è perfettamente normale. Tuttalpiù diranno che ce la stiamo spassando assieme, il che tutto sommato è abbastanza innocuo." Concluse sbrigativa, ma poi posta di fronte alla manifesta perplessità della sua interlocutrice, non poté far a meno di chiederle incredula: "Ti prego, non dirmi che una cosa simile ti creerebbe delle difficoltà, perché non ci credo."

"A me no di certo, siccome sono io quella che deve passare per lo sciupafemmine che si sollazza in ogni dove." Fece la bionda punta sul vivo da quelle dichiarazioni e dal poco peso che la ragazza pareva dare al loro reciproco, anche se fittizio, fare coppia. Beh se la prendeva così, allora meglio mettere i puntini sulle i fin dal principio.

"Piuttosto direi che se di difficoltà si deve parlare, allora sono tutte tue. Ché se ci prendono per fidanzatini e io faccio la bella vita, non ci vorrà molto per appiccicarti l’etichetta della scema tradita. Senza contare le questioni cui andresti incontro qualora perdessi sul serio la testa per qualcuno. A quel punto sì che saresti nei guai."

"Tutto a suo tempo." Michiru fece spallucce come se quell’ipotesi fosse talmente lontana nel tempo da renderne assolutamente inutile il prenderla in considerazione. "E poi sai quanti simpatizzanti avrei?" Aggiunse lanciandole una significativa occhiata. "La povera vittima innocente del bieco pilota rubacuori!"

Risero insieme a quel quadretto, una in modo autoreferenziale, in quanto sapeva benissimo d’esserlo già, e l’altra per puro spasso, perché trovava una cosa simile quanto mai lontana dall’essere vera.

"Lasciamo pure che i media si sbizzarriscano a dire quel che gli pare, potremmo sempre girare la cosa a nostro vantaggio e male che vada, una bella conferenza stampa di smentita e tutto torna come prima. L’essenziale è restare quel che veramente siamo, poiché sappiamo entrambe che quelle sono solo fantasie."

Propose e la bionda assentì convinta dalla giustezza di quelle argomentazioni.

"E vero, io e te che stiamo insieme è senz'altro uno scenario da fantascienza… okay, ma preparati fin d’ora per l’esplosione della bomba, perché mi sa che già domani potrebbe succedere." Le comunicò apprestandosi a tornare indietro verso la casa.

"Dici? Perché che succede domani?" Michiru scrollò la gonna per farne cadere la neve che si era attaccata sull’orlo e le si fece vicina.

"Si va in centro." Annunciò la bionda porgendole il braccio, il manto gelato che copriva l’erba era troppo cedevole perché la ragazza potesse procedervi agevolmente. Già prima aveva notato che arrancava un po’, mentre lei con i suoi anfibi da squadrista poteva tranquillamente sorreggere il peso d’entrambe. "Oppure ti sei dimenticata che ancora mi devi una t-shirt?"

"Per niente. Ci limitiamo a quello e basta?" Chiese appoggiandosi grata al sostegno che l’altra le aveva offerto. Stava calando il buio e il freddo s’era fatto più intenso ed era piacevole avvertire quel calore accanto.

"Oh no, se ti va puoi venire con me a farti un istruttivo giro in questura. Devo vedere che fine hanno fatto fare alla mia piccola. Chissà quanto si è sentita sola stanotte!" Esclamò Haruka ripensando al pomeriggio del sequestro e a quanto era cambiato nel frattempo. Tutto sommato ne era valsa la pena.

"Ma di chi stai parlando?" Fece Michiru levando il capo a fissarla interrogativa.

"Della moto mi sembra ovvio."

"Ah, mi pareva strano che usassi un tono tanto affettuoso per un essere umano!" Replicò sarcastica dandole una stretta per sottolineare il concetto.

"Un po’ di rispetto Michi, ci hanno separate con la forza." Replicò ridacchiando, in effetti valeva sia per la sua moto che per entrambe.

"Come hai detto?" Domandò la ragazza bloccandosi e facendola fermare di conseguenza.

"Sì me l’hanno sequestrata." Ripeté l’altra chiedendosi il perché di quella fermata.

"Non quello Haruka." Ribatté un po’ spazientita. "Come mi hai chiamato prima?"

"Michi." Confermò la bionda come se fosse la cosa più naturale di questo mondo.

Allora aveva sentito bene! Michiru sorrise sotto i baffi abbassando il capo e riprendendo a camminare. Dopo qualche minuto di silenzio e di riflessione fece riudire la propria voce.

"Solo gli amici mi chiamano così sai?"

"Che vorrebbe dire? Che noi non lo siamo?" Ribatté colpita dall’importanza che la ragazza stava dando a quella piccolezza. Effettivamente ormai si era abituata a chiamarla così, peccato le sfuggisse il particolare che fino a quel momento non l’aveva mai fatto in sua presenza o al di fuori dei suoi pensieri.

"Non ho detto questo. Però mi fa strano, ecco tutto."

"Vabbé vorrà dire che non lo farò più." Propose Haruka voltandosi dall’altra parte per nascondere il riso beffardo che le era salito alle labbra. Una cosa simile avrebbe di sicuro provocato una brutta reazione! Infatti:

"Uffa, ma perché prendi sempre tutto nel modo sbagliato?" Proruppe la violinista confermando la sua supposizione e facendola ridacchiare in sordina. "Volevo dire che sei l’ultima persona dalla quale potrei aspettarmi di essere appellata con un vezzeggiativo."

"Beh abituatici, mi piace, è carino." Le comunicò ancora ghignante. "Anzi sai che c’è di nuovo?"

"Cosa?" Michiru si fermò davanti alla porta-finestra e fece scorrere l’apertura.

"Dì a chi lo usa di regola che la pianti, sarà una mia esclusiva prerogativa d’ora in poi." Annunciò battendo i piedi al suolo per toglierne la neve in eccesso e facendole cenno di precederla pure all’interno.

"Meno male." Michiru sospirò entrando nel tinello rischiarato dal fuoco invitante del caminetto. Si mise in poltrona mentre la sua accompagnatrice restava in piedi davanti al focolare godendo del calore delle fiamme. Come accidenti avesse fatto a restare tutto quel tempo all’esterno senza soprabito restava un mistero.

"Meno male cosa?" Le chiese infine visto che l’altra non aveva aggiunto altro e si limitava a sorridere sorniona fissandola dalla sua comoda postazione.

Il sorriso di Michiru si allargò vieppiù.

"Il sarcasmo ti è tornato ieri, la vanità è ricomparsa prima. Mancava solo la prepotenza all’appello ed eccola qua." E detto questo scoppiò a ridere inondando l’ambiente con la sua risata argentina.

"Bentornata tra noi Haruka!" Esclamò allora la bionda unendosi alla sua ilarità.

 

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