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Autore: Yuki Kiryukan    16/11/2012    7 recensioni
Seconda serie di Awakening.
Rebecca e Zach sono stati separati per due lunghi mesi. Ognuno preso ad affrontare i problemi della propria realtà.
Ma Rebecca è ottimista, poiché è viva nel suo cuore, la promessa di Zach, sul suo ritorno, di cui lei non ha mai dubiato.
Ma quando arriverà il momento di rincontrarsi, Rebecca, non ha idea quante cose siano cambiate, e si ritroverà ad affrontare da sola, i suoi incubi peggiori.
Dal capitolo 6:
"Non ci pensai nemmeno un secondo in più, che gli buttai le braccia al collo. Gli circondai le spalle, stringendolo forte contro il mio petto.
Inspirai a fondo il suo profumo virile che mi era tanto mancato. Mi venne da piangere quando sentii il suo corpo aderire perfettamente al mio. Come se fossimo stati creati appositamente per incastrarci.
Zach aveva mantenuto la sua promessa, ed era tornato da me. Io l’avevo aspettato, e adesso, non vi era cosa più giusta di me tra le sue braccia.
L’unica cosa che stonava, o meglio, che mancava, era il fatto che non fossi...ricambiata.
Quando finalmente, sentii le sue mani poggiarsi sulle mie spalle, non mi sarei mai aspettata...un rifiuto".
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cursed Blood - Sangue Maledetto'
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Salve a tutti, carissimiii!! :D
Questa volta non è passato molto tempo dall'aggiornamento, quindi credo di potermi definire "puntuale"! xD Che rarità!
Beeeene...che dire del capitolo? La maggior parte è dal punto di vista di...Jean! Eh, si proprio lui! xD
Spero sia di vostro gardimento! ;)
Aspetto di leggere i vostri commenti in proposito! ^^
Un grazie come sempre, a chi recensisce i capitolo precedenti!! *----*
Ci sentiamo presto, un bacione! <3
Yuki!
 
 

                                                         Il Nome "Rebecca"

 




Jean Stain l'aveva sempre odiata, quella ragazza; fin dalla prima volta che l'aveva vista.

Questo perché, quando i loro sguardi si erano incrociati, il fatidico giorno del loro primo incontro, gli aveva ricordato in modo troppo vivido, e troppo doloroso, la sua Rosalie.

Solo a ripensare alla donna che aveva amato con tutto se stesso, la sua mano tremò, e le provette che impugnava saldamente rischiarono di cadere. Sbatté le palpebre e, mettendo i tubi di vetro nella centrifuga, cercò di distrarsi, ma invano.

Quella ragazzina finiva sempre col tormentarlo. E adesso, anche il volto di Rosalie si era riaffacciato alle porte della sua mente, riaccendendo in lui, tristi ricordi che aveva tenuto sepolti fino ad ora.

In un primo momento, quando l'aveva incontrata, aveva creduto in un'allucinazione. Avevano gli stessi occhi, lo stesso naso...solo i capelli la differenziavano dalla defunta.

Aveva fatto accelerare i battiti del suo cuore in modo troppo spropositato, e lo cosa lo aveva infastidito parecchio. 

Ma quella ragazza era uno scherzo della natura. Una bizzarria che per un motivo che non ancora riusciva a capire, danneggiava irrimediabilmente le sue inimitabili creazioni. 

Tutto ciò che era quella ragazza insomma, lo portava ad odiarla; quello che era, il suo sangue, e persino il suo aspetto. 

C'era solo una cosa, che amava di quella fanciulla: il nome.

Rebecca.

Si chiamava così, l'aveva sentito, quel giorno.

Quello, era un nome che amava. Era così che si chiamava sua madre, la sua madre adottiva. 

La persona che si era presa cura di lui quando i suoi veri consanguinei l'avevano abbandonato sul ciglio della strada, con la stupida scusa che sarebbero tornati presto a prenderlo. 

Li aveva aspettati per ore, quella notte, sotto la pioggia. Ma non erano mai tornati. 

E poi, Rebecca Lopez Allen Stain*, l'aveva trovato. L'aveva accudito, e l'aveva amato sopra ogni cosa, come se fosse realmente stato suo figlio. 

Quando era morta, aveva solo diciotto anni, e il mondo gli era letteralmente crollato addosso.  Non si sentiva preparato per affrontare il mondo. Ma doveva essere forte. Doveva essere un figlio degno di lei. 

Si era cimentato negli studi, ottenendo risultati più che soddisfacenti, aveva trovato lavoro, aveva trovato l'amore della sua vita...

Era arrivato a sfiorare con un dito la vera felicità, e poi tutto era andato in frantumi...di nuovo

Aveva perso la donna che amava, e con lei, suo figlio. 

Si era sentito morire, ed effettivamente, in quel momento una parte di lui era morta davvero, lasciando spazio solo ad una sconfinata e buia pazzia.

Aveva distrutto il laboratorio 7 in modo da cancellare tutte le tracce del suo esperimento, per poter continuare a lavorarci in completa tranquillità, ed era sparito dalla circolazione.

Poco gli importava di quello che avrebbero potuto pensare David, George o Julia.

Non poteva abbandonare il progetto della Chimera. Doveva farlo anche per Rosalie. Avrebbe perfezionato la Chimera in suo onore.

Ed era arrivato fino a li. 

Aveva raccolto i ragazzi più sfortunati che si erano imbattuti nel suo percorso, perché in loro, Jean aveva rivisto se stesso, privo di dignità, e dimenticato da Dio.

Li aveva resi creature migliori, superiori. 

Rosalie sarebbe stata sicuramente orgogliosa di lui. Così come sua madre, e magari anche suo figlio.

Si faceva chiamare "padre" da loro, per onorare la memoria del bambino che non avrebbe mai conosciuto, e per sentirsi almeno un pò, il padre che non sarebbe mai stato.

Già, suo figlio.

Se fosse stata una femmina, gli sarebbe piaciuto chiamarla proprio così, Rebecca.

Sarebbe stato un bel sogno. 

E proprio perché quel nome gli era così caro, non riusciva a sopportare che la sua nemica, la persona che odiava di più, si chiamasse così.

La sua nemica, Rebecca. Assurdo quanto la vita potesse avercela con lui.

Scosse la testa con decisione; lasciarsi andare a ricordi era solo improduttivo.

I suoi figli avevano agito di propria iniziativa, intenti a vendicarsi contro lo Scudo Rosso, e probabilmente, presto avrebbe avuto quella ragazza servita su un piatto d'argento, pronta per i suoi esperimenti. 

Si armò di micro-pipetta,  buretta e matraccio, pronto a ricominciare i suoi esprimenti sul vaccino che stava sperimentando, quando la porta scorrevole si aprì, e alcuni suoi "figli" fecero irruzione come dei forsennati.

Entrarono con così tanta irruenza, che un vetrino gli scivolò di mano, e si frantumò a terra.

Si alzò dalla scrivania con disappunto, calpestando qualche scheggia di vetro, del tutto intenzionato a rimproverarli, ma quando incrociò i loro sguardi, ebbe un ripensamento.

Erano disperati.

Ian era a capo della fila, e i suoi occhi verdi erano supplicanti  << Padre... >> farfugliò, sembrava esausto.

  << Che diavolo... >> biascicò, vedendo avanzare dietro di lui Ray e Dean. Ognuno di loro trasportava un corpo con le braccia.

Il primo che vide fu quello decapitato di Dana. 

Era uno spettacolo raccapricciante. Con la mano sinistra, il Chimero reggeva la testa staccata, impugnandola dai capelli scuri, e sulla sua spalla vi era il corpo mutilato.

Dean invece, trasportava il corpo flagellato di...Elizabeth.

Nonostante fosse abituato al sangue e alle ferite, quello scenario gli fece stringere la bocca dello stomaco.

Ricordava perfettamente il giorno in cui aveva incontrato le due povere ragazze.

Facevano parte dello stesso orfanotrofio, e per avere un tetto sopra la testa, erano costrette a vivere come sguattere, subendo le violenze del proprietario che alla luce del giorno si fingeva un benevole uomo d'affari, quando di notte era solo uno stupratore.

Costrette persino alla prostituzione, erano reiette della vita.

E ricordava nitidamente, la luce nei loro occhi. Non era quella debole ed impaurita di due giovani vite traumatizzate e perdute. Anzi, erano ardenti di odio e vendetta. 

Per questo le aveva scelte, e loro non avevano avuto il minimo ripensamento ad unirsi a lui.

Un forte moto di tristezza lo investì, e guardò i presenti con afflizione. Dietro di tutti, c'erano Zach, Ryan e Lilith. Ancor più dietro, a sbirciare quanto successo, Adam ed Alyssa.

  << Chi è stato? >> chiese semplicemente, con voce seria.

Non poteva essere stata lei. Non la immaginava capace di una simile strage.

  << Dana è stata uccisa da uno spadaccino del Red Shield... >> cominciò Ray, imperturbabile   << Ed Elizabeth... >>

  << Ci ha pensato la tipa velenosa >> concluse Dean, adagiando il corpo senza vita della compagna su uno dei lettini del laboratorio, macchiando le lenzuola candide ed immacolate di sangue scarlatto.

Fu come una pugnalata. 

Ancora lei. Sempre lei.

Rivolse lo sguardo agli ultimi della fila, che guardavano altrove, con espressioni difficili da decifrare.

  << Anche noi ci siamo fatti valere >> disse poi Ian, come riscosso dal suo trans  << L'uomo biondo e.... >>

Ma non lo stava più ascoltando. Avanzò a passo svelto verso Zach e Ryan, e gli schiaffeggiò entrambi violentemente. I due ragazzi non fecero una piega, ma rimasero composti e dritti, conservando un invidiabile orgoglio.

  << Avevo mandato voi per ogni evenienza! >> urlò adirato, tralasciando volontariamente Lilith   << Avevo fiducia in voi!! Perché non siete intervenuti prima che accadesse l'irreparabile?! >>

Senza lasciar loro il tempo di rispondere, prese Zach per il colletto della giacca e lo strattonò:  << È così che fai il leader, Zach? Lasciando morire i tuoi compagni?! >> gli urlò in faccia.

Il ragazzo non gli rispose, ma si limitava a guardarlo in modo quasi strafottente, con i suoi pozzi neri che sembravano ancora più scuri.   << Non c'è stato modo di intervenire >> disse semplicemente  << Siamo arrivati tardi >>

Senza saperne il perché, quella giustificazione sembrò a Jean una balla colossale. Guardò Ryan, poi Lilith, in cerca di una conferma  << È così? >> le chiese.

La ragazza sussultò, e rivolse un'occhiata ai suoi compagni. Poi, sbattendo le palpebre dalle lunghe ciglia, annuì mestamente  << Si... >> deglutì  << Mi dispiace, padre... >>

L'uomo lasciò la presa di Zach, e dando loro le spalle, cominciò a camminare in modo frenetico nel laboratorio.

Sei una pessima attrice, mia cara Lilith...

Si strofinò il mento, e la corta barba castana gli punzecchiò i polpastrelli.

Bah, chi fa da sè, fa per tre, si disse, mesto. Era da un pò che aveva capito, di non potersi più fidare ciecamente di alcuni dei suoi figli.

Guardò di nuovo il gruppo di ragazzi e sospirò: << Occupatevi del corpo di Dana >> comandò  << Fate come preferite, ma datele una sepoltura dignitosa >>

  << E... Elizabeth? >> osò Ray.

  << Le praticherò un' autopsia >> spiegò, in modo freddo e persino distaccato  << Così studierò con maggio minuziosità i danni della cancrena del veleno di quella ragazza, in modo da capirci di più >>

Mosse il lettino con le rotelle col corpo della ragazza, verso la parte più interna del laboratorio sotto lo guardo dei Chimeri.

  << Padre... >> era Alyssa  << Dobbiamo riorganizzare un altro attacco? >>

  << No >> disse Jean, secco  << Lasciate perdere. Ci penserò io stesso >>

Quell'affermazione colpì tutti quanti. In particolare, Zach sbiancò:  << Tu...? >> ripeté, incredulo.

  << Si, proprio io >> confermò lo scienziato  << Avete fallito per ben due volte consecutive >> ricordò loro con un pizzico di acidità e rimprovero  << Questa volta ci penserò io stesso a portare a termine quello che voi non riuscite a fare >>

  << Dacci un'altra occasione! >>  si fece avanti Adam  << Non ti deluderemo >> 

  << No, non voglio perdere altro tempo >> tagliò corto Jean   << Da adesso in poi, voi preoccupatevi solo di come sterminare lo Scudo Rosso, quando ci attaccheranno >>

Lilith sobbalzò  << Ci attaccheranno...? >>  ripeté confusa.

Jean sorrise enigmatico e Zach fece un passo avanti, interpellandolo con una certa ansietà nella voce, che si ostinava inutilmente a far apparire neutra:  << Cosa hai intenzione di fare? >>
 
 




                                                                                                *************************************
 
 
 


La ragazza era seduta sulla veranda dell'appartamento, guardando fuori dalla finestra, talmente ansiosa che la punta del suo naso toccava il vetro freddo.

Ma non riuscì a vederlo ugualmente, poiché, veloce com'era, fu dentro la casa ancor prima che lei se ne rendesse conto.

Si distrasse dai suoi pensieri quando sentì la porta sbattere, e vide la figura del ragazzo di fianco a lei.   << Finalmente...! >> disse, mentre il battito cardiaco decelerava, dopo l'iniziale spavento.

Il suo interlocutore sbuffò, e poggiò malamente sul tavolo una busta di plastica contenente alcuni cibi in scatola   << Il pranzo >> le disse, avvicinandogliene una. 

Lei continuò a fissarlo, e rispose senza badare al cibo che le aveva messo sotto gli occhi:  << Quando potrò uscire di qui? >> 

L'altro si irrigidì  << Sai che non puoi. Non per ora, almeno >>

La ragazza sbuffò, seccata:  << Ah, certo, tutta quella storia assurda... >> ribatté acida  << Non funzionerà >>

  << Lascia giudicare noi >> fece quello, accomodandosi in una delle sedie di plastica, con fare esausto. 

Anche lei fece lo stesso, e si lasciò cadere sulla poltrona di pelle nera.  Non sapeva nemmeno da quanto tempo era rinchiusa in quelle quattro mura, che nonostante le offrissero tutti i comfort che avrebbe potuto desiderare, la facevano sentire una prigioniera agli arresti domiciliari. Senza contare che ormai nel suo organismo non era più rimasta traccia della droga. 

  << Lui dov'è? >> non riuscì a trattenersi dal chiederglielo.

Il ragazzo tamburellò le nocche delle mani contro il tavolo << Arriverà tra breve >> le spiegò  << Non potevamo assentarci subito entrambi, o avremmo dato nell'occhio >> 

Lei annuì mestamente, e squadrò il giovane davanti a lei:  << Senti... >> si schiarì la voce con un colpetto di tosse prima di continuare:  << Io devo andarmene da qui >> ripeté, più seria  << Lei ha bisogno di me >>

Questa volta, lui si irrigidì come un pezzo di ghiaccio e lei si pentì subito di quella frase.  << Scusa, ma sono preoccupata >> biascicò poi, come se volesse giustificarsi. 

Il ragazzo roteò gli occhi per la stanza, senza trovare pace.  << Lei è forte >> disse ad un certo punto, quando ormai la ragazza si era rassegnata a non ricevere una risposta   << Non si spezzerà >> concluse.

  << Si, lei è forte... >> concordò  << ...Ma non invincibile. A forza di essere piegata da eventi più grande di lei.... alla fine, arriverà con lo spezzarsi... >>  aggiunse con una punta di amarezza nella voce.

Dopo un lungo silenzio, l'altro parlò:  <<  È necessario >> si limitò a dire, alzandosi con uno scatto dalla sua postazione  << Per favore, mangia qualcosa >> aggiunse, cambiando argomento  << Non voglio sentirlo lamentarsi, quello >>

Lei serrò le labbra in una smorfia, come una bambina capricciosa   << Non ho fame >>

  << Vedi di fare uno sforzo. In queste condizioni, non sarai di aiuto a nessuno, tanto meno a lei >>

Anche la ragazza si alzò, e gli si avvicinò  << Senti... è successo qualcosa? >>

  << Cosa te lo fa credere? >> chiese quello, seccato. 

  << Sei più stronzo del solito, oggi >>

Involontariamente, gli scappò un sorriso amaro.  << In un certo senso si >> ammise dopo un lungo silenzio. Infine, alzò gli occhi e la guardò, serio:   << Probabilmente, presto potrai... anzi, dovrai davvero uscire di qui >>






* NOTA: Rebecca Lopez Allen Stain! Lo so che state pensando: "Cazzo che nome lungo che le ha dato"!! xD Lo so, cari miei, sembra persino impronunciabile! ^^'' Però, nonostante tutto, a me piace! <3
  
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