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Autore: Agapanto Blu    18/11/2012    3 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. La storia di Alexandra

 
Daniel bevve con lentezza il vino che gli era stato servito e fissava il tavolo di legno come se avesse potuto trovarvi le parole giuste per spiegarsi.
Nel salone di Chatel-Argent erano in otto: Guillaume de Ponthieu, Ian e Isabeau con i loro figli Marc e Michel e lui, Jodie e Alexandra.
La ragazza era stata aiutata dal giovane Marc a sedersi su uno scranno e conversava con calma con i due giovani Ponthieu chiedendo di tutto e di più.
Michel sembrava decisamente divertito dalla curiosità della giovane mentre Marc era solerte nel risponderle.
Ian aspettava con calma che l’amico fosse pronto a parlare e lanciava occhiate alla giovane Alexandra o alla moglie Isabeau.
La donna prese in mano la situazione e si alzò in piedi attirando su di sé l’attenzione.
“Con permesso, io e madame Jodie ci assenteremmo. Marc, Michel accompagnate mademoiselle Alexandra a visitare il castello così che ci si possa orientare.” ordinò ai figli seppur con voce dolce.
I due ragazzi capirono che non c’era da discutere e che i tre uomini dovevano chiaramente parlare di cose personali.
“Come desideri, madre.” bofonchiò Michel alzandosi.
Marc non fece una piega ma annuì, si alzò e porse il braccio alla giovane.
Alexandra però non si mosse e ammutolì prendendo un’espressione seria.
“Monsieur, io non vedo.” ricordò gentilmente al ragazzo accennando al fatto che, se non si faceva sentire, non poteva certo sapere dov’era né, tanto meno, trovare la mano che le tendeva.
Il ragazzo arrossì un secondo per l’imbarazzo poi le prese gentilmente la mano e la guidò al suo avambraccio avendo cura di farle sfiorare l’angolo del tavolo in modo da non rischiare di sbattervi alzandosi.
Alexandra sorrise e annuì piano mentre si rialzava con grazia.
“Merci…” sussurrò, “Vogliate perdonarmi.” concluse poi inchinandosi al padre e ai due conti prima di seguire il suo accompagnatore fuori dalla sala.
Come la porta si richiuse escludendo i tre giovani e le due dame, Daniel si lasciò andare contro lo scranno con un’espressione desolata.
“Vuoi spiegarmi?” chiese Ian dolcemente mentre il conte Guillaume si spostava davanti all’americano con un’espressione seria.
Daniel rise amaramente.
“Non c’è molto da spiegare: Alexandra è cieca.” rispose con dolore ma Ian non si fece scoraggiare.
“Non era cieca l’ultima volta che l’ho vista!” replicò duro prima di riprendere un tono gentile, “Se non ne vuoi parlare, è un altro discorso…”
Daniel rimase zitto per un attimo poi sospirò e iniziò a far girare la coppa, ancora sul tavolo, tra le mani.
“Alexandra non è cieca di nascita: vedeva benissimo fino a due anni fa…” sussurrò.
 
***
 
Dama Isabeau camminò in silenzio ancora per un po’, fino a raggiungere i giardini del palazzo dove lei e Jodie avrebbero potuto parlare in tranquillità.
L’altra donna camminava altrettanto silenziosa ma evidentemente smaniosa di liberarsi di un peso.
Le due raggiunsero una panchina di pietra argentea e Isabeau si sedette per prima facendo cenno all’altra di sedersi accanto a lei e, quando quella l’ebbe fatto, la abbracciò con complicità.
“Ti ho già vista piangere.” le sussurrò sentendola tirare su per ricacciare le lacrime, “Ora pensa solo a liberarti e raccontami cosa ti sta facendo soffrire.”
Jodie annuì.
“Direi che è una storia lunga…” sussurrò l’americana con dolore mentre iniziava a piangere.
 
***
 
“E, per finire, questa è l’arena.” dichiarò Marc spostando la mano di Alexandra dal suo braccio alla staccionata dello spiazzo per permetterle di farsi un’idea degli spazi.
La ragazza annuì ma Michel intervenne.
“Se non sapessi che vi conoscete da pochi minuti, potrei dire che mio fratello ha perso la testa per voi…” insinuò rivolto alla ragazza, “Visto che è così preso dal farvi da Cicerone che non si rende conto che questa sembra l’unica zona che vi abbia interessato. È forse perché non ne potete più di lui?”
Marc fulminò il fratellino ma Alexandra sorrise.
“Ma cosa dite, signor conte!” esclamò, “La vostra compagnia è molto piacevole!”
Michel sgranò gli occhi e il suo stupore fu palese perfino ad Alexandra dal tono di voce.
“Allora cosa vi attira di questo luogo?” chiese, curioso.
“Un gentiluomo non dovrebbe impicciarsi degli affari di una donna.” commentò Marc con l’intenzione di pungolare il fratello.
Alexandra non sentì la risposta di Michel. Con tristezza, si rese conto di non sapere affatto come fossero d’aspetto i suoi due nuovi amici.
Marc si accorse del suo disagio e intervenne.
“Mademoiselle, abbiamo detto qualcosa che vi ha turbata?” chiese con premura.
“Oh, no! Signor conte, i vostri modi e quelli di vostro fratello sono senz’altro impeccabili! Solo i miei occhi non sono all’altezza della situazione.” replicò la ragazza, “Vorrei poter conoscere il vostro aspetto come voi il mio…”
Marc e Michel si scambiarono uno sguardo all’insaputa della giovane.
“Mademoiselle, se ci fosse un modo per accontentarvi, saremmo felici di…” iniziò Marc ma Alexandra lo interruppe.
“Se mi permetteste di toccarvi il viso, potrei intuire i vostri tratti.” spiegò sentendosi sfacciata solo per quelle parole in un’epoca in cui ogni contatto fisico era regolato.
“Solo questo?” chiese Michel scioccato poi scoppiò a ridere, “Mademoiselle, avreste potuto chiederlo prima! Non avreste dovuto stare in compagnia di due sconosciuti per tutto questo tempo!”
Alexandra sorrise.
“Vi causerebbe dispiacere se fossi così ardita da chiedere ad entrambi il favore di toccare i vostri volti?” si arrischiò a chiedere incoraggiata.
“Certo che no!” fu la decisa risposta di Michel.
“Mademoiselle, mio fratello è senza dubbio più ardito di voi e causa certamente più disagio!” commentò sarcastico Marc facendola sorridere.
“Disagio a chi?” chiese Michel indispettito.
“A me!” replicò il fratello.
Prima che i due iniziassero a litigare, anche per scherzo, Alexandra si avvicinò a Marc.
Il ragazzo si paralizzò e rimase fermo mentre lei portava le mani sul suo petto.
La ragazza aggrottò la fronte.
“Oh!” esclamò risalendo fino alle spalle, “Siete molto alto!” commentò.
“Caratteristica di famiglia.” le spiegò Marc cercando di nasconderle il suo imbarazzo.
Michel gli fece un occhiolino silenzioso e pieno di malizia.
“Cosa vi ha mostrato vostro fratello?” chiese Alexandra innocentemente.
Marc e Michel rimasero sbalorditi e la ragazza lo percepì mentre saliva con le mani fino al mento del maggiore.
“Come…?” chiese Marc incapace di articolare una frase compiuta.
La ragazza sorrise.
“Il vostro cuore ha iniziato a battere più forte e il vostro viso si è scaldato.” spiegò, “Tipici segni di imbarazzo: siete arrossito, forse?”
“No!” rispose Marc troppo velocemente e lei sorrise.
Il giovane sospirò.
“Lasciate perdere mio fratello,” disse, “la sua qualità maggiore è la malizia.”
Michel scoppiò a ridere.
“E sono ben felice che sia così!” replicò piccato.
Alexandra non rispose, il suo sorriso scomparve sostituito da un’espressione assorta.
Le sue dita scivolavano delicate sul viso di Marc, ne esploravano ogni centimetro memorizzandolo e riunendo il tutto con concentrazione mentre i suoi occhi inutili si incatenavano a quelli azzurri del ragazzo come se, per un istante, potessero ancora vedere.
Il giovane si perse in quello sguardo chiaro fino a che la ragazza non lo riportò alla realtà.
“Di che colore sono i vostri occhi?” chiese senza smettere di esaminarlo.
“Come?” chiese Marc sorpreso e preso alla sprovvista.
La risatina soffocata di Michel alle sue spalle, senz’altro udita anche da Alexandra, gli disse che aveva compiuto un passo falso di cui avrebbe dovuto rispondere.
“Posso vedere la forma del vostro viso con le mani ma non i colori: che tonalità hanno i vostri occhi?”
“Azzurri come quelli di mio padre.” sussurrò il ragazzo.
Alexandra sorrise.
“Un cielo terso d’estate riflesso in un fiume limpido.” sussurrò, “Un colore bellissimo…”
“Scusate?” chiese Michel intervenendo per la prima volta.
“Conobbi vostro padre tempo fa e questa era la definizione che diedi per il colore delle sue iridi, è una tonalità particolare: gli altri azzurri non sono né così limpidi né così luminosi.” spiegò la giovane prima di riprendere, “E i vostri capelli?”
“Neri come la pece di notte.” rispose Marc cercando di essere più preciso poi aggiunse in un sospiro: “Identici a quelli di mio padre…”
Alexandra fece una strana espressione ma riprese il controllo di sé: aveva scoperto qualcosa di lui senza volerlo.
Annuì e si spostò verso Michel individuandolo a colpo sicuro.
“Mi avete trovato, mademoiselle!” scherzò il giovane.
“Respirate pesantemente, signor conte, a differenza di vostro fratello che pare un fantasma…” replicò sorridente la ragazza e alzò le mani verso il viso del giovane ma lui la fermò afferrandole i polsi.
“Sono identico a mio fratello, fatta eccezione per gli occhi.” disse cercando di capire se fosse possibile contraddire la giovane.
Lei si fermò ma storse la testa verso sinistra.
“Spesso a chi vede scappano differenze palesi a noi ciechi.” commentò.
“Il respiro, per esempio.” azzardò Marc e la ragazza annuì.
Michel sorrise.
“Allora vi permetterò di toccare anche me, ma ad un patto!” dichiarò ignorando l’occhiataccia del fratello maggiore, “Smettetela sin da ora di chiamarci ‘Signori conti’! I conti sono nostro padre e nostro zio e io sto bene a fare il ragazzo ancora per un po’, senza intrighi e robe varie!”
Alexandra arrossì.
“Sì, ma voi siete comunque un conte mentre io…” tentò ma Marc la interruppe.
“Voi siete la figlia di Sir Daniel Freeland, cavaliere delle terre libere e salvatore del defunto re Filippo Augusto.” disse serio, “Vostro padre ha dato prova del suo coraggio già più e più volte!”
“Come il vostro…” replicò Alexandra grata ma poi sorrise, “E sia! Farò questo sacrificio pur di vedere il bellissimo cavaliere Michel di cui si parla tanto!” scherzò.
Marc e Michel la seguirono a ruota poi la ragazza esplorò anche il viso di Michel e rimase sorpresa.
“Siete molto simili, lo ammetto.” dichiarò, “Ma non del tutto: l’altezza è praticamente la stessa ma la voce è leggermente diversa, la vostra mi ricorda più la melodia insita in quella di vostra madre mentre quella di vostro fratello è leggermente più roca… Però persino per me è difficile notare la differenza!”
“Sono colpito!” ammise Michel e Marc annuì.
“Gli occhi?” chiese Alexandra.
“Del color marrone di quelli dei cerbiatti.” rispose Michel deciso, “Sono l’eredità di mia madre.”
La ragazza sorrise poi sospirò.
“Vi devo qualcosa…” iniziò ma Marc la fermò.
“Mademoiselle, non è stato certo un peso permettervi di…” iniziò ma Alexandra lo fermò con un’occhiata obliata.
“Vorreste farmi credere di non essere curiosi del perché io abbia perso la vista?” chiese tagliente ma Marc le tenne testa.
“No, se questo non è vostro desiderio!” replicò altrettanto duro.
Alexandra sgranò gli occhi, sorpresa, poi si voltò verso Michel ma il ragazzo era pienamente concorde con il fratello.
La giovane fece un sorriso malizioso.
“Sono al cospetto di due veri cavalieri.” commentò, “Altro merito che mi spinge a pensare che dobbiate sapere chi è la disgraziata con cui siete costretti a passare il vostro tempo…”
Marc sospirò e Michel parlò: si completavano a vicenda.
“Vi abbiamo già detto e ripetuto che non è affatto un peso la vostra compagnia, mademoiselle Alexandra!”
La ragazza sorrise ma c’era un fondo di tristezza sia nel suo sorriso che nei suoi occhi spenti.
Alexandra si avvicinò alla staccionata e vi si appoggiò contro.
“Due anni fa uscii di casa e mi diressi fuori dal mio villaggio, nel bosco.” disse correggendo i veri dettagli come concordato, non a una festa quasi in periferia ma in un boschetto, “Verso le nove, aveva appena iniziato a fare buio, mi avviai per tornare a casa,” sorrise amaramente -non proprio alle nove ma verso mezzanotte-, “ero una ragazza giudiziosa, sapete? Volevo fare due passi così mi avviai, casa mia non distava più di dieci minuti a piedi…”
Marc e Michel la affiancarono, uno da un lato uno dall’altro, contro la staccionata e le strapparono un sorriso prima che riprendesse con amarezza.
“Non ricordo bene, la memoria mi tradisce riguardo a quei momenti ma sono certa che non ci fosse molta luce, comunque camminavo rasente ai muri però non mi aiutò. Dal buio sbucò una carrozza con i cavalli lanciati a un galoppo furioso…” Alexandra si interruppe ricordando l’auto grigia che l’aveva investita, “Mi travolse in pieno. So solo che faceva malissimo e mi pareva di aver tutte le ossa rotte poi il buio mi inghiottì e da allora in poi non ricordo nulla di ciò che accadde.”
“Non sapete di chi fosse la carrozza?” chiese Marc con dolcezza nascondendo l’indignazione.
Alexandra scosse la testa.
“Non ricordo nemmeno come fosse fatta, ve l’ho detto: era buio. L’unica cosa che so è che mi risvegliai in un letto con mia madre e mio padre al mio capezzale che piangevano di gioia per il miracolo che fossi ancora viva. Ma io non li vedevo più.” concluse con tristezza, “Mio padre mi disse che mi aveva ritrovato un uomo per caso e che aveva cercato aiuto: chiunque mi abbia travolta, non si fermò ad accertarsi delle mie condizioni ed io rimasi lì in strada a perdere sangue; i medici dissero che ero stato lasciata a terra più o meno per mezzora e che ero stata curata appena in tempo: un minuto di più e sarei potuta morire dissanguata.”
Michel si staccò con violenza dal legno, indignato.
“Non si può essere così vili da non soccorrere una ragazza!” esclamò ma fu fermato da Marc con un’occhiataccia.
“Mi spiace infinitamente.” sussurrò il maggiore cercando di rimediare al comportamento del fratello.
“E cosa me ne faccio del dispiacere degli altri?” chiese Alexandra mantenendo comunque la voce dolce poi sospirò e riprese, “Dall’incidente le cose sono peggiorate…”
 
***
 
Jodie prese un profondo respiro e riprese mentre Isabeau la guardava con tristezza.
“Lasciai il lavoro come medico per stare con Alexandra e Daniel rimase da solo a sostenere la famiglia; lui diceva sempre che non gli importava, che andava bene così e che bastava che nostra figlia mi avesse sempre vicina ma io non gli credevo. Era sempre stanco e pallido, lavorava come un pazzo per le cure speciali per lei e non si prendeva mai un giorno di riposo se non per accompagnarci a fare i controlli.” continuò a raccontare singhiozzando di tanto in tanto, “Siamo andati da ogni medico o guaritore possibile ma tutti ci dicevano che non si poteva far nulla. Poi, un giorno, un uomo ci ha proposto una cura difficile e costosa ma che forse le avrebbe ridato la vista…”
Isabeau scosse la testa.
“Vi ha raggirati?” chiese con serietà.
Jodie scosse la testa.
“Ci aveva detto che la cura poteva non funzionare: si trattava di scambiare il pezzo danneggiato degli occhi di Alexandra con dei pezzi funzionanti mi capisci?” chiese l’americana.
La donna Medioevale fece cenno di no ma la incitò a continuare con gli occhi.
“Qualche giorno fa abbiamo provato la cura, ci avevamo investito quasi tutti i nostri risparmi, però non ha dato i risultati sperati...” ammise l’altra donna riprendendo a piangere.
 
***
 
Daniel sospirò prendendosi la testa tra le mani dopo aver raccontate l’incidente e il disastro della tentata cura a Ian e Guillaume.
“Alexandra non ha retto il colpo.” si costrinse ad ammettere, “O forse non l’ho retto io, non lo so. So solo che, mentre tornavamo a casa, io e lei abbiamo litigato: Alexandra ha iniziato a dire che voleva andarsene, che era colpa sua se io lavoravo tanto e Jodie aveva lasciato il lavoro, che era un peso per noi però…”
Daniel si interruppe incapace di pronunciare altro ma Ian aveva capito.
“Però tu non avevi il coraggio di lasciarla andare.” sussurrò piano.
Daniel annuì.
“Non le ero vicino quando ci fu l’incidente! Se ci fossi stato, forse sarebbe andata diversamente!” esclamò con angoscia.
“Non dite così!” replicò duro Ponthieu, “Non potete darvi colpe a questo modo!”
“Ha ragione.” si intromise Ian più gentilmente, “Non puoi pensare che sia colpa tua solo perché non eri lì!”
Daniel non rispose ma non pareva convinto distolse lo sguardo con tristezza ma Ian vide chiaramente che aveva gli occhi umidi.
Poi, improvvisamente, l’americano iniziò a ridere piano.
Non un suono allegro, ma cupo e disperato.
Uno sberleffo.
“Sai cosa mi ha detto mentre litigavamo?” chiese a bruciapelo a Ian poi si ripose da solo senza lasciarlo intervenire, “Che non c’ero io lì e che quindi non potevo capire il suo odio.”
Ian rimase gelato sul posto da quelle parole.
“Come te.” precisò Daniel ma non per rigirare il coltello nella piaga.
“Perché l’hai portata qui?” gli chiese Ian dopo un lungo silenzio, non con astio ma con sincero stupore e un piccolo dubbio sulla risposta a quella domanda.
Daniel si voltò a guardarlo.
“Il suo odio, una volta, era il tuo.” sussurrò, “Ha ragione: non posso capirla; ma tu sì! Tu ci sei passato e ne sei uscito senza cedere alla vendetta.”
“Lei, invece?” chiese Ian preoccupato.
Daniel scosse la testa.
“Lei no. È furiosa, delusa, desiderosa di vendetta: non prova nemmeno a rifarsi una vita, non vuole rifarsela! Almeno non finché non avrà trovato e si sarà vendicata di chi le ha tolto la vista. E io ho paura di questo.” ammise infine.
Ian scambiò un’occhiata con Guillaume: una supplica.
Guillaume annuì tetro, capiva la ragazza.
È un bene, pensò Ian, mi potrebbe aiutare a farle capire che sta sbagliando.
Stava per rispondere a Daniel quando lui lo interruppe mormorando le parole che si teneva dentro dall’inizio di quel dialogo.
“È stato così improvviso.” mormorò, “Non ero preparato a una cosa simile.”
Ian gli mise una mano sulla spalla in gesto di conforto.
“Restate quanto volete.” gli disse, “Proverò a parlare con Alexandra e chissà che un po’ di lontananza da casa non la aiuti a farsi una ragione di ciò che le è accaduto. Però, Daniel: lei ha diritto alla verità.”
Daniel annuì.
“Verità, non vendetta.” precisò.
Ian annuì.
Guillaume bevve un po’ di vino a dichiarare chiusa la conversazione e i tre uomini si alzarono dal tavolo con facce cupe.




Lo so, lo so, finisce così ed è la cosa più orribile di questo mondo.
Ho voluto provare a saltare da una scena all'altra, lasciando intendere che tutti sanno di Alex.
Adesso, parlando seriamente: mi sono messa la sveglia sul cellulare alle ore 15:30 ogni dieci giorni, così sono sicura di aggiornare (a meno di catastrofi naturali ---> vedi famiglia ;)... ) con regolarità!
Allora, parliamo un secondo del prossimo capitolo?
Il titolo sarà: Consapevolezze
Mettiamo Marc da solo con Mcihel e Alex sola con Ian: i due ragazzi saranno messi di fronte ai fatti, cosa succederà?
Scusate il capitolo pietoso!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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