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Autore: I n o r i    18/11/2012    1 recensioni
"Non capì cosa la portò a fidarsi di lui, a quel tempo. Quella persona avrebbe veramente potuto essere un assassino satanico desideroso di farla a pezzettini, eppure lo seguì con decisione fino a che non raggiunsero le fine del bosco. In mezzo a tutto quel buio, le bastò continuare a sentire il calore di quella mano, per sentirsi più tranquilla."
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Judith ha solamente sedici anni quando si trasferisce a casa del padre, a Buldwick: un paesino estraniato dal resto del mondo, piccolo, dove tutti conoscono tutti. Per quanto possa pensare il contrario, è un'adolescente come tutte le altre: crede di sapere tutto di sé, di conoscere perfettamente se stessa. Ed è convinta di potercela fare benissimo con le sue sole forze in qualsiasi situazione: perché Judith è forte e non si lascia trasportare dai sentimenti come tutte le ragazzine della sua età.
Ma, come in ogni altra banale storia d'amore, tutte le sue convinzioni vengono abbattute nel momento in cui incontra lui, Nathan.
Un lago ad accomunarli, una strana luce che spingerà Judith ad avvicinarsi sempre di più a quel ragazzino così strano e misterioso...ed una leggenda, la leggenda della Divinità del lago di Buldwick.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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<< Non pensi che quello sarebbe più indicato? Secondo me faresti un figurone! >>

Judith voltò lo sguardo in direzione di suo padre, poggiato allo stipite della porta in tutto il suo splendore di uomo quarantaquattrenne, con una tazza di tè in mano e l'altra ad indicare il capo che stava adagiato sul letto: un vestitino color crema che arrivava si e no all'altezza del ginocchio, stretto nella parte che avrebbe dovuto coprire il petto e più largo in quella sottostante.

Rassegnata, dopo aver contemplato l'abito suggeritole per l'ennesima volta da Mark, tornò a guardarlo: era circa più di mezz'ora che se ne stava lì, in quel punto preciso, senza muovere un muscolo, a cercare di farle cambiare idea su ciò che avrebbe dovuto indossare quella stessa sera. La sera della festa di compleanno di Norah.

Parlava come se dovesse andare ad un colloquio di lavoro, come se dovesse essere messa alla prova dagli altri in base a come si sarebbe vestita, a come si sarebbe comportata. Doveva davvero superare qualche prova per essere “accettata” in quel misero paesino? Evidentemente, sì.

Ma non per questo era disposta ad indossare un qualcosa di simile! Non che non le piacesse farsi bella, ogni tanto: quando a Bristol usciva il Sabato sera -cosa che non accadeva poi molte volte, vista la preoccupazione che l'attanagliava ogni qual volta lasciasse sua madre a casa da sola- le piaceva mettersi in ghingheri e magari anche azzardarsi ad indossare qualche minigonna o un vestito un po' più corto del solito. Sempre restando nei limiti della decenza, comunque.

Ma a Bristol era tutto diverso. Le persone erano diverse, l'ambiente. Judith conosceva quella città come le sue tasche e sapeva in che modo comportarsi per non risultare “strana” agli occhi della gente.

Lì, a Buldwick...certo, non era su di un altro pianeta, ma si sentiva comunque a disagio. Fuori posto.

Sospirò: per quanto potesse ostinarsi ad auto-convincersi del contrario, era lei stessa la prima a sentirsi messa alla prova dagli altri. Poteva fare l'indifferente quanto voleva, ma alla fine aveva solamente una fifa pazzesca di poter essere derisa e non accettata.

Aveva deciso di smetterla di avere quell'atteggiamento arrogante e menefreghista che aveva iniziato a portare da quando era arrivata a Buldwick, dato che tutto questo la faceva sentire ancora più sola e patetica.

Però...era davvero pronta ad iniziare la sua nuova vita?

<< Penso sia un po' troppo, e poi non saprei che scarpe abbinarci. >> Rispose convinta della sua scelta, adocchiando all'interno dell'armadio un paio di pantaloni neri.

Con la coda dell'occhio, vide Mark abbassare lo sguardo, forse deluso dalla poca utilità che stava avendo in quel momento. Judith lo sapeva, che stava soltanto cercando di rendersi più partecipe e che era davvero contento che -finalmente- stesse iniziando a farsi degli amici...se così potevano essere chiamati. Insomma, sarebbe tutto dipeso da quella serata. Le persone sarebbero state accoglienti nei confronti della nuova arrivata che non le aveva degnate neanche di uno sguardo, nei pochi giorni in cui aveva frequentato la scuola?

Beh, non che nessuno fosse stato disposto ad aprire per primo un dialogo, ma...che avrebbe dovuto aspettarsi? Neanche lei l'avrebbe fatto, e poi mica tutti erano come Norah!

Già, Norah.

Si portò velocemente il cellulare all'altezza degli occhi: erano le 19.00. Mezz'ora. Aveva solo mezz'ora per scegliere cosa indossare, per asciugarsi i capelli appena lavati e per rendersi almeno un minimo presentabile.

Bene, era nella cacca.

<< Uhm, papà...adesso dovrei cambiarmi. >>

Il volto di Mark, a quell'affermazione, cambiò completamente tonalità. Non poteva dire di non essere rimasto leggermente spiazzato: dopotutto, ai tempi in cui ancora viveva con Rechel e Judith, quest'ultima non era mai stata restia a farsi guardare dal suo papà nel caso non fosse vestita. Ma, adesso che era cresciuta, avrebbe dovuto abituarsi a lasciarle i suoi spazi. Quindi, facendole un cenno con la mano in segno di approvazione, sorseggiò un altro po' di tè e sparì dietro la porta della camera di sua figlia, chiudendosela alle spalle.

Judith, a quel punto, lasciò cadere l'asciugamano che le copriva il corpo per terra, fissando il proprio riflesso nello specchio poggiato al muro.

Era nuda. Si passò una mano sul collo, passando poi per il petto e infine andò ad accarezzarsi il seno: il suo piccolo seno da ragazzina ancora non troppo cresciuta, una seconda che le andava abbastanza bene per il suo fisico e la sua corporatura. Anche se, fino a poco tempo prima, aveva sempre desiderato che quel suo piccolo davanzale crescesse e divenisse prosperoso come quello di sua madre.

Ma ripensandoci, in quel momento le andava benissimo così.

Cominciò ad infilarsi la biancheria intima, per poi provarsi i pantaloni neri che aveva preso poco prima dall'armadio. Forse con una maglietta un po' più lunga e carina e un paio di scarpe alte avrebbe potuto andar bene.

Si mise a cercare ovunque in quell'armadio un qualche capo decente da infilare sopra ai pantaloni e nel mentre si tamponò i capelli bagnati con l'asciugamano per farli smettere di gocciolare, quando sentì il campanello di casa iniziare a suonare insistente. Sussultando, prese con un gesto fulmineo il cellulare riposto sul letto: erano ancora le 19.10, possibile che Norah fosse in anticipo?

Sì, se la immaginava così dannatamente entusiasta da non essere riuscita a tenere i piedi per terra il tempo necessario fino a che non fosse arrivata l'ora stabilita.

Così, uscì di camera non facendo tanto caso al modo in cui ancora era conciata -Norah era pur sempre una ragazza, non le avrebbe fatto né caldo né freddo vederla in reggiseno- e si catapultò ad aprire la porta con l'intenzione di farle una bella ramanzina sul fatto che quando c'è un orario da rispettare non può fare come le pare e piace!

Ma le parole non riuscirono neanche ad uscirle di gola. Rimase difronte alla porta aperta con la mano sul pomello, l'altra ancora a tamponarsi i capelli con l'asciugamano -che cadde inevitabilmente a terra, una volta che ebbe modo di riconoscere la persona che le stava davanti- e la bocca spalancata.

Vide due occhioni verdi scrutarla sorpresi e fermarsi sulle sue curve messe maggiormente in evidenza, prima che lei si portasse le braccia al petto, ancora incapace di proferire una qualsiasi frase di senso compiuto.

Si sentì solamente andare il viso a fuoco e immaginò che le sue guance non dovessero aver più un colorito normale, in quel momento.

Ma poi si rese conto che neanche le sue, di guance, erano rimaste propriamente normali: vide un leggero rossore spuntare su quella parte di pelle, e nel mentre lo vide anche deglutire, evidentemente imbarazzato.

Non avrebbe mai creduto che in tutta la sua vita avrebbe visto sul volto di Nathan un'espressione simile. Sul volto di quel quel ragazzino pieno di sé e che non faceva altro che provocarla per soddisfare il suo piacere personale. La vista del suo seno coperto solo da un reggiseno l'aveva veramente imbarazzato? Senza che neanche se ne accorgesse, sul suo, di viso, spuntò un sorrisino ebete che subito sparì, quando sentì il ragazzo in questione tossicchiare forzatamente per farla riprendere da quello stato di trance.

In men che non si dica aveva già recuperato l'asciugamano caduto a terra e se l'era legato attorno alla parte di corpo che avrebbe dovuto restare coperta fin dall'inizio, continuando a guardare ovunque pur di non spostare lo sguardo su di lui.

<< Ehm... >> La sua voce la colpì come una freccia colpisce il bersaglio: veloce, potente...dolorosa. Si sentì in trappola, come se non avesse più via di scampo. C'era qualcosa che era veramente stato colpito, in lei.

<< Facciamo finta che non sia successo niente? >> Le chiese con discrezione, per la prima volta da quando si erano conosciuti il suo tono apparve meno arrogante e un po' più gentile.

Judith annuì velocemente: non chiedeva altro che quello, ma non si sarebbe mai aspettata che tale richiesta sarebbe provenuta proprio da lui -in realtà credeva che avrebbe dovuto implorarlo in ginocchio per convincerlo a non spiattellare ciò che era accaduto a tutto il paese.

<< Bene. >> Fece, dopo aver ricevuto l'approvazione della diretta interessata, e poggiò per terra, proprio in mezzo a loro, due casse contenenti delle bottiglie di latte.

Possibile che non le avesse neanche minimamente notate, fino a quel momento? Cavolo...ma dove aveva la testa?

Rialzò lo sguardo e di nuovo incontrò il suo viso, i suoi occhi.

Già, ecco dove aveva la testa!

<< Che...perché sei qui? >>

A quella domanda il viso di Nathan cambiò espressione e divenne pressapoco stupito. << Per portarvi queste, no? >>

E Judith di nuovo non capì. Cos'è, era l'addetto al latte? Andava di casa in casa a consegnare bottiglie di latte alla gente?

Non che fosse una cosa strana, avrebbe anche potuto essere, però...dai, non ce lo vedeva proprio a fare il fattorino per ricevere due miseri spiccioli, Nathan era più il tipo che pretendeva denaro in cambio di...niente? Sì, esatto.

<< Ah, forse Mark non te ne ha mai parlato. >> Esclamò poi d'un tratto, sogghignando. << Io abito con mio nonno e lui e tuo padre sono molto amici. Viviamo un po' più lontano da qui e abbiamo un alimentari, per questo vengo spesso a portare qualche pensiero a Mark da parte di mio nonno. Che sia il latte, o qualsiasi altra cosa...mi troverai alla porta di casa tua altre volte dopo di questa, quindi... >> a quel punto fece una breve pausa, nella quale andò a puntare un dito sulla fronte di Judith, spingendola leggermente all'indietro. << Sarei felice se evitassi di mostrarmi le tue tettine la prossima volta, Jud. >>

Il ghigno che si dipinse sul suo volto non aiutò per niente e la poca pazienza di lei si ridusse ad una quantità minima, quasi nulla.

Non si reputava di certo uno schianto, ma mai nessun ragazzo l'aveva derisa in quel modo! Era l'ennesima provocazione o davvero gli era dispiaciuto quel breve contatto visivo? Forse non aveva mai visto un paio di tette in vita sua, oppure era gay! Oppure...semplicemente le sue non erano abbastanza attraenti.

Ridacchiò sotto i baffi, lanciandogli uno sguardo provocatorio.

<< Eppure non sono io quella che è diventata tuuutta rossa alla vista di queste “tettine”. >> Calcò il tono sull'ultima parola, esprimendo il gesto delle virgolette con le mani alzate difronte a lui, facendo un passo avanti.

Nathan sembrò impreparato, forse non si aspettava che questa volta lei non avrebbe lasciato perdere e avrebbe deciso di scendere al suo livello di stupidità.

Si diede della stupida da sola, quando se ne rese conto: si stava veramente mettendo a bisticciare con quello scemo?

E poi, perché l'aveva così tanto infastidita il fatto che lui l'avesse presa in giro sul suo aspetto?

Abbassò lo sguardo. Voleva sentirsi apprezzata solo per soddisfare il suo stupido ego, giusto?

<< Non pensavo fossi così sicura di te! >> Esclamò di rimando, guardandola divertito con il sorriso che era solito usare in momenti come quello. Ma il fatto che la sorprese maggiormente fu che non cercò di negare l'evidenza, tentò solamente di spostare la sua attenzione su un argomento che avrebbe potuto mettere in difficoltà lei e non lui.

Quindi aveva fatto centro: Nathan, quel Nathan, era veramente arrossito!

Non seppe controllare il groppo che andò a crearsi nella sua gola, in quel momento. La prospettiva che Nathan si fosse davvero imbarazzato alla vita del suo corpo e che quindi non fosse affatto vero che la reputasse una tipa poco attraente, la intrigava particolarmente.

Si chiese se fosse davvero vanitosa fino a quel punto, o se fosse soltanto soddisfatta di essere riuscita a far avere una reazione del genere a quello sbruffone.

Ma forse nessuna delle due opzioni aveva centrato il punto.

<< Lasciamo perdere, Nathan. >> Tentò di concludere lì il battibecco appena cominciato quando si rese conto che il tempo stava scorrendo inesorabilmente e che doveva ancora finirsi di preparare, quindi aspettò paziente che lui capisse e se ne andasse. Ma, ovviamente, si stava aspettando un po' troppo da quella mente bacata. Perché, quando si voltò per chiudersi la porta alle spalle dopo averlo salutato con un cenno della mano, si sentì tirare una ciocca di capelli ancora bagnati. Voltò il viso irritata ma, anche quella volta, rimase così imbambolata che faticò persino a parlare per qualche attimo, alla vista di quel sorriso: un sorriso nuovo, diverso, non uno dei ghigni che rendevano il suo un viso da prendere direttamente a schiaffi.

Aveva modo di vedere i suoi denti e gli angoli delle sue labbra abbastanza carnose erano da una parte all'altra del volto. Persino i suoi occhi ridevano.

<< Ci sarai alla festa di Norah, stasera? >>

Judith si ricompose e voltò anche la parte restante del corpo, guardandolo dubbiosa: troppe domande le affollavano la mente. Ma una riecheggiava imponente dentro di lei e le rimbombava nella testa, cattiva, inutile come una sorta di speranza: Nathan voleva che lei andasse a quella festa?

<< Si. >>

I loro sguardi s'incrociarono per qualche attimo e per poco fu convinta di aver visto brillare i suoi occhi.

<< Perfetto! Allora continuerò a prenderti in giro più tardi, ci vediamo dopo Jud! >> Detto ciò, lasciandola basita e con la mascella praticamente per terra da quanto la sua bocca si era spalancata nel sentire quelle parole, corse via alla velocità della luce, scomparendo in lontananza in una manciata di secondi.

Judith sospirò, chiudendo lentamente la porta: cos'è, ora aveva anche delle aspettative? Cosa credeva, che le avrebbe detto che era felicissimo del fatto che avrebbe partecipato alla festa di Norah? E perché avrebbe dovuto?

Lui...lui non avrebbe avuto motivo d'interessarsi ad una tipa come lei, a maggior ragione visto ciò che era successo qualche giorno prima.

Chissà quante altre ragazze punzecchiava in quel modo, quando invece se la stava beatamente spassando con una di cui ancora Judith non conosceva l'identità.

Dopotutto era un tipo abbastanza conosciuto e adorato a scuola, da quel che aveva visto. E vista la sua bellezza, era ovvio che avesse molte ragazzine ai suoi piedi.

Lei, invece, la conosceva da poco appena più di una settimana e per quel poco che avevano parlato erano stati solo in grado di prendersi in giro e bisticciare. Quel ragazzo era veramente in grado di fare un discorso serio?

E se così fosse stato? Doveva ammettere che già la stava mandando in confusione con il suo comportamento da stupido, figuriamoci se avesse iniziato a comportarsi in modo più maturo! Sarebbe divenuta una delle sue tante adoratrici? Mai. Mai, mai e ancora mai!

Questo fu ciò che si disse, prima che una Norah esaltata irrompesse in casa sua e la trascinasse dritta verso la festa, ma non prima di averla convinta ad indossare il vestito color crema che giaceva ancora sul letto in attesa che qualcuno lo degnasse di una qualsiasi attenzione.

 


 

La casa di Norah non si trovava molto lontano dalla sua: avevano percorso la via che Judith percorreva ogni mattina per andare a scuola e si erano fermate poco più avanti, dietro al parco col laghetto difronte al negozio di fiori di suo padre. Norah abitava in una sorta di villetta, Judith era rimasta letteralmente a corto di parole alla vista del grande giardino che circondava l'abitazione. Il cancello si apriva perfino con un telecomando, era tutto troppo avanzato.

Norah le aveva detto che disponevano di un sacco di tempo per mangiare un boccone per cena e per finire di addobbare la casa. A quel pensiero Judith aveva visionato nella sua mente la classica festicciola di compleanno dei bambini di età inferiore agli otto anni: cappellini sulla testa, addobbi colorati e palloncini sparsi per la stanza. Deglutì a fatica, ma le sue speranze tornarono non appena mise piede nel seminterrato della grande casa di Norah: avrebbero festeggiato lì. Quel seminterrato era grande quanto il suo appartamento di Bristol. C'erano un divano in pelle e due poltrone, un grande stereo con tanto di casse gigantesche impiantate al muro e delle luci che davano un'aria confortante ed intima all'intero piano. Per non contare la vasta quantità di alcolici che Norah si era procurata e che aveva disposto su un bancone accanto a qualche pasticcino.

I suoi genitori le avevano permesso tutto questo? O forse non ne sapevano niente? Aveva notato che non erano in casa, dato che appena era entrata aveva visto solamente un Amanda in pigiama salire le scale che conducevano al secondo piano.

<< I tuoi dove sono? >>

Norah si voltò con aria indifferente verso la bionda, intenta a mangiarsi uno dei tanti stuzzichini.

<< Il padre di Amanda è in viaggio per lavoro, come sempre. Mia madre non lo so, ma entro poco arriverà. Forse ha solo accompagnato Henry dalla zia, dormirà lì per stanotte. Peccato, mi ha detto che aveva voglia di conoscerti, vuole trovarsi la ragazza! >>

<< Ma tuo fratello non ha dieci anni? >>

<< Si, ma è un tipo fin troppo sveglio. Potrebbe piacerti! >> Entrambe soffocarono una risata, iniziando a salire al piano di sopra.

Forse non avrebbe dovuto chiederle molto sulla sua famiglia, se Norah gliene avesse voluto parlare l'avrebbe fatto di sua spontanea volontà. Inoltre, anche se si comportava amichevolmente con lei, era certa che non avessero già raggiunto una certa intimità...lei si sarebbe sentita sicura nel confidarsi con Norah? Ancora non lo sapeva. L'unica cosa che sapeva per certo era che, se Norah avesse iniziato a farle domande sulla sua situazione familiare, la cosa non le sarebbe piaciuta per niente. Quindi non fece altro che rispettare uno dei più importanti principi che riteneva giusti e veritieri: non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te.

<< Ehi Nichols...ma tu ce l'hai il ragazzo? >>

L'improvviso cambio di argomento e la domanda scomoda fecero sì che Judith quasi non si affogasse con un pasticcino che aveva preso dal seminterrato poco prima e che si apprestava ad ingurgitare in quel momento.

<< No. Tu? >> Non era poi così curiosa di farsi i fatti altrui, ma dato che erano entrate nell'argomento non si fece scappare l'occasione di spettegolare un po' su qualche ragazzo prima che cominciasse la festa. Quindi le due entrarono in camera di Norah e mentre quest'ultima si affrettava a cambiarsi, parlarono solamente come due sedicenni dovrebbero fare: anche se non aveva intenzione di trovarsi un ragazzo, era sempre divertente discutere su quanto stupida fosse la specie maschile.

Judith si accorse solo in quel momento di quanto le mancassero conversazioni come quella. Di quanto le mancassero le sue amiche, quelle che conosceva da tutta la vita. Chissà come avrebbero reagito se lei le avesse richiamate così, di punto in bianco, dicendo qualcosa del tipo “Oh, mi dispiace per essere scappata senza dire una parola, ma sto bene, mi sono solo trasferita dall'altra parte del paese!”

In realtà lo sapeva, come avrebbero reagito: come avrebbe fatto lei nel caso sua madre fosse tornata dopo essere scappata lasciandole solamente un bigliettino e 150 sterline.

 

Un sospiro. Uno, due, tre. Tanti sospiri che contenevano il senso di tutte quelle parole che non riusciva a pronunciare, di tutte quelle urla di dolore, rassegnazione e rabbia che non riusciva ad esprimere.

 

 

 

 



 



 

 

-Angolo autrice-

'Seeeera! Sono stata assente molto, molto tempo, lo so. E sono tornata con questo capitolo un po' di passaggio che serve ad introdurre la festicciola a cui -adesso lo sapete- parteciperà anche Nate. Che accadrà? Judith finalmente s'integrerà e la finirà di farsi tutte queste pippe mentali -possono essere un po' noiose, ma mi sono basata su ciò che farei io in una situazione del genere...cavolo, altro che pippe mentali!- riuscendo a conoscere qualcuno di nuovo? E il nostro misterioso Nathan?

Ora che ci penso, questa fic si prospetta abbastanza lunga...spero di riuscire ad aggiornare più in fretta d'ora in poi!

Come sempre ringrazio chi ha inserito la storia fra le seguite e chi fra le preferite, chi recensisce e chi legge soltanto. Un bacio graaaaandissimo <3

  
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