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Autore: Darik    19/11/2012    1 recensioni
A volte, un desiderio non corrisposto può attirare le attenzioni di qualcun'altro, che può essere molto, molto pericoloso.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5° Capitolo

Fuori dal portale, il gruppo del Mahora si ritrovò in una sorta di paesaggio bucolico, dominato da una natura verde e rigogliosa, con alberi altissimi.

La luce arrivava attraverso gli spiragli di una fitta rete di rami, e affianco a loro scorreva un piccolo fiume.

“Accidenti, questo posto è davvero bello”, commentò Ku. “Io mi aspettavo una qualche dimensione infernale”.

“Forse lo è, o lo diventerà quando la padrona di casa si accorgerà di noi. A volte il mostruoso si nasconde proprio dietro la bellezza”, chiarì Mana.

“Allora, stando a quanto detto dall’amico del preside, queste dimensioni sono modellate sull’inconscio dello spirito che le ha create. Dobbiamo trovare un elemento che possa condurre alla sorgente di questo posto, e una caratteristica dell’incantesimo che abbiamo usato è proprio quella di far finire vicino a tale elemento”, spiegò Takamichi.

Negi osservò il fiume. “Direi che capita a fagiolo”.

“Precisamente. In marcia”, concluse il professore più grande.

“Resisti, Setsy, stiamo arrivando”, pensò Konoka mostrando grande determinazione.

 

Yuno, che sopra una roccia contemplava quel mondo verde, non stava più nella pelle.

“Che bello, tra non molto, io e Setsy staremo insieme per sempre!”

Improvvisamente la sua espressione di gioia mutò in stupore e dopo in collera.

“Quei maledetti! Come osano venire a disturbare il nostro sogno d’amore?! Glielo impedirò! E c’è anche quella bastarda che ha fatto soffrire la mia amata! Bene, quello che le farò sarà come il mio regalo di nozze!”

 

Negi e i suoi compagni stavano seguendo il fiume passando per un sentiero nell’erba alta e andando in fila indiana.

“Ma quanto tempo ci vorrà per arrivare? Ogni minuto che passa, per Setsuna può essere troppo tardi”, si lamentò Asuna, che chiudeva la fila.

“Non preoccuparti”, le disse Kaede, “guarda all’orizzonte”.

A qualche chilometro di distanza, la foresta che stavano attraversando cessava, sostituita da un ampio prato, e subito dopo c’era un singolo e immenso albero.

Anche gli altri lo scrutarono.

“Sbaglio o quella è una copia gigante dell’albero che sta al Mahora?”, domandò Kotaro.

“Esatto, e se osservate bene, vi accorgerete che anche questo fiume ha origine proprio da lì. Quindi, Asuna, ormai ci siamo. Asuna?”

La ninja guardò dietro di sé: Asuna era scomparsa.

“Attenzione, ci siamo!”, esclamò ai suoi compagni: ma erano spariti anche loro.

“Accidenti, questo sviluppo non era previsto”.

Avvertì qualcosa sotto di sé, e prima ancora di poter capire che si trattava di una strana sensazione, fu come risucchiata nel terreno.

 

Dopo un momento di buio, Kaede si ritrovò sulla cresta di un’alta montagna, completamente ricoperta da erba molto fitta.

Intorno c’erano altre montagne, sopra di loro un cielo bianco: un paesaggio davvero bello e surreale, tutti quei monti, per forma e altezza, sarebbero sembrate alture delle alpi, se non fosse stato per l’assenza di neve.

“Accidenti, ci ha separati”.

Sentì dei rumori provenire da sotto di lei, o meglio, dalla parte nascosta della cresta, tirò fuori i suoi pugnali pronta a colpire, ma ad apparire fu Ku Fei, che nonostante una certa pendenza, stava salendo senza problemi saltando a zig zag.

“Kaede, fortuna che ti ho trovata. Mi stavo preoccupando”.

“Lieta di rivederti. Sei sola?”

“Purtroppo sì. Cosa è successo?”

“Strategia del nemico. Un avversario staccato dai compagni è più vulnerabile”.

“Ci mancava solo questo”, sbuffò la ragazza cinese affiancando la compagna. “Ora che facciamo?”

“Guarda laggiù!”, esclamò la ninja indicando, sul fondo di una vallata che separava la loro montagna da un'altra, un fiume.

“Prima Takamichi ha detto che quel fiume rappresenta l’energia che fluisce dal suo centro in tutto questo mondo. Se ne seguiremo la corrente al rovescio, arriveremo alla copia gigante dell’albero stregato, dove c’è la sorgente”.

“Capito, però…”, Ku scrutò l’orizzonte, “…quanto tempo pensi che ci metteremo?”

Kaede si scurì in volto. “Qui sta il problema. Quel fantasma, Yuno Gasai, ci ha separato proprio per questo. Potrebbe aver messo centinaia di chilometri tra noi e la sorgente, e a Setsuna restano solo alcune ore”.

“Oh no! Allora corriamo, dobbiamo almeno tentare di raggiungerla!”, esclamò Ku iniziando velocemente la discesa verso il fiume, seguita da Kaede.

 

Takamichi e Mana si guardarono intorno: si trovavano sul fianco di una collina con molte grotte.

“E’ riuscita a separarci, e avremmo dovuto aspettarcelo”, commentò duramente l’uomo. “Quello spirito è tutt’uno con questo mondo. Mi chiedo anzi se dovremmo aspettarci qualche attacco”.

“Non penso”, rispose Mana. “Avrebbe attaccato sin da adesso. Quella Yuno non vuole sconfiggerci per forza, ma solo farci perdere tempo. Ci attaccherà solamente se diventeremo una minaccia”.

“Possibilità assai remota, perché di sicuro saremo lontanissimi dalla sorgente”.

“Cerchiamo il fiume e seguiamolo. Forse sarà inutile, ma non rinunceremo così facilmente a Sakurazaki”.

“Puoi contarci”, concluse Takamichi.

Salirono sulla cima della collina per cercare di orientarsi.

 

“Che rabbia! Ci ha sistemati in meno di un attimo! Non lo sopporto!”, esclamò furioso Kotaro.

Lui e Chachamaru si erano ritrovati sopra uno scoglio, al centro di un immenso spazio d’acqua, il ragazzo lo avrebbe persino considerato un mare, se Chachamaru, con i suoi sensori visivi, non avesse scorto delle rive tutto intorno a loro.

“La terraferma dista quarantadue chilometri”, comunicò la ginoide.

“Hai qualche idea su come possiamo ritrovare gli altri?”

“Questo lago deve nascere dal fiume che rappresenta l’energia vitale di questa dimensione. Basterà seguirlo”.

“Parli facile. Quanto tempo manca prima che la spadaccina diventi un fantasma?”

“Otto ore, diciannove minuti e quattro secondi”.

“E pensi che riusciremo a trovarla se non sappiamo neppure dove dobbiamo andare?”

Chachamaru lo prese in braccio, fece uscire dalla schiena dei razzi e decollò.

“Possiamo farcela entro quel tempo, se la sorgente è non oltre i cinquecentoquarantasette chilometri di distanza”.

In posizione verticale, volò a velocità sempre più alta, cercando la foce del fiume che creava il lago.

 

Negi e Asuna stavano velocemente seguendo anche loro il fiume, volando sulla staffa del mago, dopo essersi da poco ritrovati dentro una grotta.

“Meno male che abbiamo rintracciato subito il fiume. Se quella Yuno ci ha trasportato chissà dove, mi chiedo perché non abbia messo almeno un continente tra noi e questa pista”, osservò Asuna.

“Forse è stato l’incantesimo che ci ha portati qui. Takamichi aveva detto che ci avrebbe fatti arrivare vicino alla sorgente, e forse neppure quello spirito possa alterare questa caratteristica”.

“Spero che gli altri stiano bene. C’è soprattutto un dettaglio che mi preoccupa”.

“Quale?”

“Il nostro gruppo era di nove persone, noi siamo in due, e se anche gli altri si sono ritrovati a coppie, forse qualcuno è rimasto completamente solo”.

Negi si girò a guardarla. “Pensi, anzi, temi, che sia…”

“Konoka, esatto. Del resto, Yuno si è follemente innamorata di Setsuna, e potrebbe vedere in Konoka una rivale”.

“Forse hai ragione. Voglio riprovare a contattarla con la carta pactio, forse stavolta risponde”.

Negi tirò fuori il magico oggetto e se lo avvicinò alla fronte.

“Konoka, sono Negi, mi senti?”

 

“Accidenti, non ci arrivo!”

Konoka stava cercando, con una canna, di recuperare la sua carta pactio, che galleggiava a qualche metro da lei.

La sua situazione era certamente la peggiore di tutte, perché all’improvviso si era ritrovata su un grosso sasso al centro di una palude melmosa, la cui atmosfera era permeata da un tanfo di morte e decomposizione, il tutto avvolto da una nebbia fetida che a stento faceva passare un po’ di luce dal cielo.

La giovane si era accorta che la sua carta era finita in quell’acqua nauseabonda, e siccome lì vicino c’era un cespuglio di piccole canne, ne aveva presa una per riprendere l’oggetto.

Invece ogni tentativo di avvicinarlo serviva invece ad allontanarlo sempre di più.

Le restava solo una cosa da fare.

Avrebbe preferito mille volte non agire così, quell’acqua faceva ribrezzo, e probabilmente chissà quali pericoli si nascondevano sotto la sua superficie.

Ma pensando a Setsuna, dimenticò ogni paura e s’immerse lentamente in quel liquame, cercando comunque di respirare il meno possibile col naso per non sentire quegli odori.

Riuscì finalmente a raggiungere la carta, tornò al sasso, uscendo da quell’acqua con gli abiti resi neri dallo sporco, e se la portò alla fronte.

“Negi, mi senti?”

 

“E’ Konoka!”, annunciò Negi.

“Meno male”, rispose Asuna sentendosi più sollevata.

“Konoka, dove sei? Stai bene?”

“Insomma, Negi. Non sono ferita, ma mi trovo da sola al centro di una palude a dir poco schifosa”.

“Sei da sola? Maledizione, allora i timori di Asuna possono essere esatti, lo spirito di Yuno potrebbe prendersela con te. Veniamo a prenderti”.

“No, non dovete! Non avete idea di dove cercarmi, e prima che mi troviate, per Setsuna potrebbe essere troppo tardi. Trovatela e salvatela! Io me la caverò da sola”.

“Konoka… ti prego…”

“No, Negi, io prego te e Asuna di salvare la mia amica, a qualsiasi costo”.

Dall’altra parte arrivò solo silenzio e Konoka poté ben capire il perché.

Improvvisamente percepì qualcosa dietro di sé, e girandosi, si ritrovò davanti ad una bella ragazza con i capelli chiari e indosso un kimono bianco e antico.

La nuova arrivata sorrideva dolcemente.

“Ciao”, esordì.

“Uhm… ciao”.

“Ti sei persa?”

“Penso… penso di sì”.

Konoka si accorse che quella ragazza stava in piedi sopra l’acqua.

“Potresti… potresti dirmi chi sei?”

“Sono Yuno Gasai. Sono il futuro della dolce Setsy…”

Konoka s’irrigidì.

“…e sono anche il tuo futuro”.

Sempre mantenendo quel delizioso sorriso, Yuno afferrò per il collo Konoka e la spinse nell’acqua.

“Solo che saranno molto diversi: per lei felicità eterna, mentre tu meriti di crepare nella putredine”.

Mentre Yuno la spingeva e accompagnava sempre più in profondità, Konoka agitava convulsamente braccia e gambe, intorno a sé vedeva solo acqua nera e marcia, eppure riusciva anche ad intravedere l’espressione della sua assassina: sempre serena e sorridente.

Infine la ragazza del Mahora si sentì venir meno, la vista le si annebbiò, sussultò una o due volte, poi smise di muoversi.

“Setsy, mi dispiace. Tu hai sempre fatto molto per me, mi sei stata affianco di continuo, mentre io non ho fatto altro che metterti nei guai, sin da quando eravamo bambine. Quanti pericoli hai affrontato per una come me… E ora che volevo ripagarti, sono riuscita solo a farmi uccidere. Perdonami, Setsy, perdonami…”

Yuno lasciò il suo collo e indifferente la osservò affondare e sparire.

Lo spirito emerse da quell’acqua senza essere minimamente bagnato e sporco.

Si accorse della carta pactio della sua vittima.

 

“Non mi piace, Konoka non parla più”, disse Negi con una forte ansia.

“Forse la carta le è caduta in acqua…”, ipotizzò Asuna.

“Questo prima”, dichiarò una voce.

Yuno era apparsa proprio affianco a loro, per la sorpresa Negi perse il controllo della staffa, sia lui che Asuna caddero a terra.

Asuna guardò con occhi di fuoco la ragazza fantasma. “Immagino che tu sia Yuno Gasai, col tuo vero aspetto”.

“Quella bastarda che faceva solo soffrire l’adorata Setsy è morta. Siccome voi siete diversi da lei, vi propongo di andarvene in pace. Tanto, essendo questo il mio regno, è la sola cosa che potete fare!”

“Un momento, di che stai parlando? Cosa hai fatto a Konoka?”, domandò gridando Asuna.

Yuno lanciò loro la carta pactio e scomparve.

Lentamente, Asuna la raccolse, le mani le tremavano.

“Non può essere, non ci credo…”, mormorò Negi.

Avrebbe dovuto dire qualcosa alla sua amica, ad esempio che quella carta non era certo una prova inconfutabile, eppure non ci riusciva, il desiderio di piangere era troppo forte.

Asuna, invece, urlò il suo dolore verso il cielo.

  
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