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Autore: Fink    20/11/2012    2 recensioni
Si tratta di un crossover NCIS-Lie to me. Premetto che, nei rapporti tra i personaggi, la vicenda segue la fanfiction in corso d'opera... si lo so è un caos...ma si risolverà tutto appena l'altra sarà completa...
A Quantico viene trovato un marines morto e alcuni file top secret scompaiono, ma il caso non è così semplice e il team di Gibbs dovrà ricorrere all'aiuto di un "vecchio amico"...
Spero di riuscire a mantenermi il più possibile fedele ai personaggi delle du serie creando una collaborazione. Buona lettura e se vi va, esprimete la vostra opinione.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abigail Sciuto, Altro Personaggio, Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Maybe in another life'
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Lo so, anche questa volta è passato moltissimo tempo dall'ultimo aggiornamento, ma questo periodo è parecchio impegnativo a causa degli esami e della tesi da preparare, perciò faccio fatica ad aggiornare con rapidità, però non temete, anche se i tempi saranno un po' lunghi non mancherò di aggiungere i capitoli. Vi chiedo solo un po' di pazienza e intanto...Buona lettura.



CAPITOLO DODICESIMO
 
L’agente speciale Leroy Jethro Gibbs restò in silenzio ad ascoltare il motivo per cui i due collaboratori del dottor Lightman erano venuti a disturbare la sua giornata lavorativa, spostando la sua attenzione ora sull’uno, ora sull’altra e infine sul direttore, nella vana speranza che lei stessa ponesse fine a quella situazione assurda nella quale era stato coinvolto. Lasciare che qualcun altro, per di più un civile, interferisse nelle sua indagine era qualcosa che lo rendeva furioso, ma per l’amore che provava per Jen, era disposto ad ascoltare quei due per qualche altro minuto, prima di esplodere.
“È arrivata questa mattina presto, dicendo di voler parlare con la dottoressa Foster.”
“E a nessuno di voi è venuto in mente di consigliarle di venire al NCIS o addirittura di portarla qui, visto che il caso è di nostra competenza.”
“Non ha voluto, agente Gibbs.” Intervenne Ria “glielo abbiamo detto, o meglio il dottor Lightman le ha detto che doveva venire da voi, ma ha insistito di voler parlare con la dottoressa Foster e di non voler uscire dall’edificio” Ria prese fiato e continuò “tuttavia, agente Gibbs, ha chiesto esplicitamente la sua presenza. Ecco perché siamo qui. Il dottor Lightman ha voluto che la accompagnassimo.”
Gibbs alzò lo sguardo oltre la spalla della ragazza e la sua attenzione fu attirata da una composizione floreale di girasoli e iris di un intenso colore viola, disposta al centro del basso tavolino di vernice nera e si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia con un lieve disappunto, pensando a chi potesse aver regalato quel bouquet a Jen.
“Potete scusarci qualche minuto?” si intromise il direttore “l’agente Gibbs vi raggiungerà subito.”
Torres e Loker acconsentirono con un cenno del capo e uscirono dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
“Vedo che siamo sempre allo stesso punto.” Iniziò il direttore.
“Quella ragazza è testimone di un omicidio. L’accordo era che fosse lasciata a Abby assieme ad una scorta e che le domande venissero fatte qui.”
“Non ha lasciato la scorta…si è fatta accompagnare al Lightman Group dall’agente Steele…”
“Non mi interessa Jen. Doveva portarla qui.” Ringhiò Gibbs.
“L’ultima volta che è stata qui, se ben ricordi, ha avuto un crollo psicologico e…”
“Bene. Allora veniva assieme al dottor Lightman o alla dottoressa Foster, ma veniva qui.” Gibbs diede particolare enfasi all’ultima parola.
“Dannazione Jethro!” Jen fece qualche passo verso di lui ma dovette fermarsi accanto alla scrivania colta da un improvviso giramento di testa, le gambe sembrarono non reggerla più e dovette appoggiare le mani sulla superficie del tavolo per evitare di cadere a terra.
“Jen…Jenny, va tutto bene?” chiese Gibbs scorgendo il volto terreo della sua compagna.
“Sì…sì, tutto bene… è solo colpa del caldo. Ascolta Jethro, non ne voglio fare una questione di autorità” riprese Jen con voce pacata “ma quella ragazza era sotto shock. Non so se Cal sia in grado di fare qualcosa per lei o di aiutarci, ma Gillian è una psicologa e lì sono ben attrezzati, lascia che facciano un tentativo, forse riusciranno a farsi dire qualcosa in più da Rebecca. Magari ricorderà il viso dell’assassino.”
“Credo di averlo già. Mi servirebbe solo la conferma di Rebecca.” Rispose. Una folata di vento caldo entrò nella stanza, attraverso una delle finestre aperte alle spalle di Jennifer, scompigliandole i capelli. Il suo viso stava riprendendo un colore naturale e la tensione si dissolse dalle membra di Gibbs.
“Va bene Jen, andrò dal dottor Lightman e porterò con me Abby. Ma tu fammi un favore…fatti visitare da Ducky… sono giorni che ti vedo strana.”
Gibbs si avvicinò alla porta e prima di uscire rivolse un ultimo sguardo al direttore che gli sorrise, non avrebbe mai chiamato spontaneamente Ducky, perciò decise che avrebbe provveduto lui stesso ad informare il dottore.
Eli e Ria erano seduti sul divanetto di fronte alla scrivania di Cynthia e stavano scambiando qualche parola con la segretaria, ma appena videro l’agente Gibbs si interruppero in attesa di una sua risposta.
“Faccio chiamare la signorina Sciuto e vi raggiungiamo al parcheggio auto qui fuori.” Annunciò passando loro accanto, senza quasi voltarsi.
Non appena sceso nell’open space Gibbs fu raggiunto da Tony “capo. Freeman è in sala interrogatori che ti aspetta, poveretto…ha dovuto farsi il viaggio di ritorno con Ziva alla guida, è un miracolo che io sia qui a raccontartelo…”
“Come posso imparare a vivere qui, se non mi lasci neanche guidare.” Ribattè l’israeliana.
“Tu non guidi, sembra di essere…”
“Ehi! Basta! Ci penserete voi all’interrogatorio, io ho un altro impegno.”
“Dove vai?” chiese Tony non potendosi immaginare un motivo abbastanza importante per allontanare Gibbs dalla sala interrogatori.
“Da Abby” si limitò a dire e sparì  verso gli ascensori.
Tony e Ziva raggiunsero McGee nella stanzetta di osservazione “Cosa fa?”chiese Ziva.
“È rimasto lì seduto tutto il tempo, quasi immobile da quando lo avete portato qui mezz’ora fa.”
“Sarà sotto shock per la guida di Ziva.” Scherzò Tony ricevendo in cambio una gomitata dalla sua collega.
“Forse hai ragione, pivello, credo abbia aspettato abbastanza.”
“Dov’è Gibbs?”
“Da Abby. Ha detto che l’interrogatorio è nostro, anzi…tuo.” Tony passò a McGee il fascicolo sul generale Freeman.
“Vuoi che lo interroghi…io?”
“Devi fare pratica…McInesperto…su, su.” Lo incitò il collega con un movimento della mano.
McGee uscì dalla stanza per comparire poco dopo in quella accanto, sbattendo il fascicolo sul tavolo “lo sa vero che è sospettato di omicidio, generale Freeman?” cominciò McGee.
 
 
Lo squillare incessante del telefono all’ingresso coprì il lento ticchettare dell’orologio sulla parete, svegliando l’uomo appisolato sul divano che si alzò di malavoglia per andare a rispondere.
“Pronto?”
“Ti devo parlare.” Rispose una voce all’altro capo.
“Ti ho detto che non mi devi mai chiamare su questo numero, potrebbero intercettare la telefonata.”
“Lo so, ma ho un compratore, vediamoci tra un’ora al solito posto.”
Riagganciarono entrambi.
Una Mercury grigia svoltò in una stradina laterale non lontano dal porto, l’auto si fermò e l’uomo spense il motore restando in attesa, mentre le prime gocce di una leggera pioggia estiva cadevano sul parabrezza. Un uomo alto, dai capelli castani e con il bavero della giacca sollevato a coprirgli il volto si avvicinò alla vettura e salì, sedendosi sui sedili posteriori.
“Cosa c’è di tanto urgente?” chiese la persona alla guida. Indossava abiti da civile e portava un cappello da baseball calato sulla fronte per evitare di farsi riconoscere,
“Come ti ho già detto, abbiamo un compratore. Ma resterà in città per pochi giorni, dobbiamo concludere l’affare velocemente.”
“Alcuni agenti dell’NCIS sono stati alla base e sono venuti in laboratorio. Hanno dei sospetti e non metterò in circolazione la merce finché questa faccenda non sarà conclusa.”
“Ma io ho bisogno di quei soldi.” Rispose Velles dal retro dell’auto.
“Tu forse non rischi più nulla, ma io ho una carriera, è troppo rischioso per me. E poi quella ragazza ci ha visti..”
“Di questo non ti devi preoccupare, alla ragazza ci penso io. Tra l’altro è una mia vecchia conoscenza.” Sghignazzò.
“Non voglio neanche sapere… mi viene il voltastomaco solo a pensarci. Occupati della ragazza e poi ne riparleremo.”
“Basta che io non debba aspettare troppo, non ci metterei molto ad occuparmi anche di te.”
“Mi stai forse minacciando.” Chiese l’autista girandosi di scatto e piantando gli occhi scuri in quelli grigi del suo interlocutore che si limitò a rispondere con un mezzo sorriso. “Ora scendi da quest’auto e non chiamarmi più a casa.”
Martin Velles scese, chiuse la portiera e guardò la vettura rimpicciolirsi sempre più, a mano a mano che si allontanava da lui, fino a vederla scomparire nelle caotiche strade di Washington, poi si incamminò dalla parte opposto, cercando di ripararsi il meglio possibile dalla pioggia che aveva preso a cadere con maggior violenza.
 
 
“Sai Tony, McGee se la sta cavando molto meglio di te…e soprattutto riesce ad imitare Gibbs meglio di quanto non faccia tu.” Lo schernì Ziva.
“Perché io non cerco di imitare Gibbs, io uso la tecnica DiNozzo, una tecnica infallibile…”
“Spero non sia la stessa che usi con le donne? Forse è per questo che tutte di danno un buco.”
“Danno buca…Ziva…danno buca. Credo proprio che quel dizionario ti sarà utile...” i due agenti rivolsero nuovamente la loro attenzione oltre il vetro, McGee aveva appoggiato entrambi i palmi sul tavolo e stava fissando il suo interlocutore dritto negli occhi.
“Senta, io non ho ucciso nessuno. Non so che prove abbiate ma io non ho mai visto il colonnello all’infuori del lavoro e lì siamo sorvegliati. Non so se l’ha notato ma ci sono telecamere in quasi tutta l’area.” Dichiarò il generale.
“Abbiamo trovato le sue impronte nella casa del colonnello Withmann e lei non ha un alibi per il giorno dell’omicidio.”
“Le mie impronte? Non sono mai entrato nella casa del colonnello. L’unica volta che sono stato a casa sua ero andato per portargli alcuni documenti, ma non c’era e me ne sono andato; sarà stato un mese fa.”
“E questo come lo spiega?” McGee prese una busta all’interno della quale c’era un piccolo bicchiere da liquore e lo appoggiò sul tavolo “È su questo bicchiere che abbiamo trovato le sue impronte. Abbiamo la sua arma, ci basterà confrontare i proiettili.”
Freeman si fece più vicino e osservò con attenzione il bicchierino attraverso l’involucro di plastica, era sicuro di aver già visto qualcosa di simile, era molto particolare, di vetro opaco con una bordura argentata e una piccola incisione a foglia sul fondo.
“Velles era al verde…”
“Chi?”
“Martin Velles, meglio noto come Martin Ventris… Lei non ha famiglia, è vicino alla pensione e un po’di soldi da parte possono far comodo. Ventris le ha proposto di rubare il progetto e di venderlo a qualche suo contatto. Probabilmente avete proposto l’affare anche a Withman, ma lui si è opposto, però avevate bisogno di un modo per entrare, perciò lo avete ucciso e avete fatto un calco delle sue impronte. Probabilmente avete coinvolto anche il caporale Green ma quando non vi è più servito lo avete ucciso.”
“Però… il Pivello ci va giù pesante.”
“Beh, le prove sono tutte a carico di Freeman, aveva i mezzi, le opportunità, abbiamo le sue impronte…”
“Sì, ma il movente…secondo me non regge. Insomma lo stipendio da generale è molto buono e per un uomo che non ha famiglia?”
“Avidità. Ingordigia. Desiderio. Molti uomini non si accontentano di ciò che hanno.” Rispose l’israeliana guardando negli occhi il suo collega.
Tony si guardò attorno nello stanzino, per accertarsi che fossero soli, poi, senza quasi rendersene conto, le parole gli uscirono di bocca fluide “A proposito di desiderio, ti andrebbe di uscire a cena con me, stasera. Vorrei sdebitarmi come si deve per la tua ospitalità.”  
“Mi stai chiedendo un appuntamento, agente DiNozzo?”
“No…non proprio. Una cena tra colleghi per sdebitarmi…allora, accetti?”
“Sì. Va bene, ma non credo che stasera ce ne sarà il tempo” Acconsentì Ziva dopo averci riflettuto per un attimo.
“Ottimo. Allora a caso risolto sei ospite a casa mia. Cucina italiana.” Tony consentì ai polmoni di liberarsi dal fiato che aveva trattenuto fino a quel momento, temendo la reazione della sua collega.
“Quel bicchiere.” Freeman aveva ricominciato a parlare “Non è del colonnello Withman. Era a casa del maggiore, mi aveva offerto qualcosa da bere qualche settimana fa, quando ero passato per un aggiornamento sul progetto.”
“Il maggiore? Sta parlando del maggiore Price?” Chiese McGee.
“Controllate a casa sua, sono sicuro che troverete altri bicchieri così. Io non ho ucciso nessuno.”
 
 
Ducky entrò nella sala d’attesa che precedeva lo studio del direttore, Cynthia, come sempre era alla sua scrivania e stava svolgendo alcune mansioni di cancelleria “la signora Shepard c’è?” chiese rivolto alla segretaria.
“Sì.” Rispose la donna, premendo il pulsante dell’interfono e annunciando il dottor Mallard, senza ottenere risposta.
Ducky battè un paio di colpi alla porta, ma dall’interno della stanza non si sentì alcuna voce, riprovò invano per la seconda volta e decise di entrare.
“O Santo cielo, Jennifer!” esclamò vedendola distesa a terra priva di sensi. Accucciato accanto a lei, il dottore portò istintivamente due dita alla carotide, il battito c’era, apparentemente sembrava solo svenuta.
“Cynthia” chiamò dall’interno “Cynthia, non resti lì impalata, apra una finestra, faccia entrare un po’ d’aria e mi porti anche dell’acqua.” ordinò sollevando le ginocchia a Jennifer per permettere al sangue di fluire meglio.
Aveva iniziato a piovere e la stanza fu presto invasa dall’odore dell’asfalto rovente appena bagnato. Jen rinvenne poco dopo “Ducky. Ducky, cosa ci fai tu qui?” chiese mentre il dottor Mallard la aiutava ad alzarsi e le porgeva il bicchiere di acqua che aveva portato Cynthia.
“Mi manda Jethro, era preoccupato per te, e ora mi accorgo che non aveva poi tutti i torti.”
“Sto bene, Ducky, è stato solo un capogiro, deve essere il caldo di questi giorni. Non è la prima volta che mi succede” Rispose sedendosi al tavolo centrale bevendo qualche sorso di acqua fresca che le stuzzicò piacevolmente la gola riarsa.
“Perciò ti è capitato spesso, ultimamente?”
“Cynthia, potresti scusarci.” Chiese gentilmente Jen.
“Certo direttore, se ha bisogno di qualcosa sa dove trovarmi.”
Quando la donna fu uscita Jennifer riprese a parlare “Ducky, ti ringrazio per il tuo interessamento, ma sto bene…”
“Non ha risposto alla mia domanda direttore.” Incalzò il dottor Mallard, senza prestare attenzione al tentativo di Jennifer di congedarlo.
“Nelle ultime due settimane…sì, mi è capitato alcune volte.”
“E non hai pensato di farti visitare? Di sottoporti a qualche analisi?”
“Sì, l’ho fatto”
“E…”
Jen esitò, indecisa se rivelare la cosa al dottor Mallard, ma in fin dei conti prima o poi lo avrebbero saputo tutti comunque, tanto valeva iniziare con una persona di cui si fidava e che, bene o male era del mestiere; confidarlo a qualcuno l’avrebbe sollevata “Sì, mi è arrivato il responso questa mattina.” Andò verso la scrivania e prese alcuni fogli da un cassetto e li porse al dottore.
Ducky scorse velocemente i risultati delle analisi, poi sollevò la testa “Gibbs lo sa?” Si limitò a chiedere.
Jenny scosse la testa “non ancora… ha già abbastanza pensieri con questo caso, non voglio dargli una preoccupazione ulteriore.”
“Jennifer.” La ammonì il dottore.
“Per favore Ducky. Vorrei che per il momento restasse tra noi.”
“D’accordo direttore.” Promise e uscì dallo studio chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Jenny seduta accanto al tavolo con i referti medici tra le mani.



Immagino che dopo aver letto questo capitolo, vi rifiuterete di leggere i prossimi, vi capisco, per certi versi anche a me stavolta ha convinto poco.
   
 
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