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Autore: Airborne    21/11/2012    3 recensioni
Settembre 1978. Claire Rashbaum, quattordici anni, è innamorata del sedicenne John Bongiovi, il cosiddetto “Casanova del New Jersey”, ed è decisa a farsi notare imparando a suonare le tastiere con l'aiuto del fratello David. Peccato che David sia assolutamente contrario all'idea che sua sorella esca con l'amico, e per impedirlo entra nella sua band in veste di tastierista. Se poi si mette in mezzo anche Dave Sabo, peggior nemico di Claire e braccio destro di John, come andrà avanti la faccenda?
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
[INTERROTTA]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 4

Rabbia

Why you wanna tell me how to live my life?

 

 

Erano passate due settimane dall'inizio del liceo, che non si era rivelato poi tutta questa bellezza. I professori si erano incattiviti dal primo giorno, la Caddle non voleva divagare raccontando le bravate di David e Sarah non mi aveva più rivolto la parola.

Era la cosa peggiore. In un paio di giorni era diventata pappa e ciccia con le tre oche che avevamo avuto in classe alle elementari, e che prendevamo puntualmente in giro. Se ne andava in giro per i corridoi a braccetto con loro, a ridacchiare come una scema, e quando ci incrociavamo lei faceva finta di non vedermi, mentre le altre mi lanciavano occhiate disgustate.

Ma anche io mi ero fatta altri amici. A mensa mi sedevo a volte con alcuni miei compagni di scuola degli anni passati, altre con volte con Fred e la sua compagnia. Ero uscita con loro un paio di volte, e mi ero sempre divertita tantissimo. Però continuavo a sentire la mancanza di Sarah, ed era inevitabile, visto che eravamo amiche praticamente dalla culla. Non volevo credere che la nostra amicizia fosse finita per un motivo così stupido, ma, d'altra parte, non potevo farci niente: non ero io quella in torto, e non avevo nessuna intenzione di supplicare il suo perdono. Era perfettamente in grado di decidere da sola quale fosse la cosa migliore da fare, e se riteneva che quella cosa fosse essere amica delle oche, buon per lei. Non sapeva a cosa andava incontro, e di certo non glielo avrei detto io.

Sabo diventava più insopportabile ogni ora di inglese che passava. Io cercavo di cambiare posto ogni volta, ma lui mi seguiva come un'ombra: aveva sempre trovato divertente e liberatorio mandarmi fuori dai gangheri. Aveva abbandonato l'argomento “tastiere” per gettarsi su “amicizie finite”, ma aveva i giorni contati: di questo passo l'avrei strangolato prima di Halloween.

Già, Halloween, quando John avrebbe cantato alla festa della scuola e David sarebbe stato il suo tastierista. Con una sortita alla prima riunione del club di jazz avevano ingaggiato un batterista e un bassista e avevano cominciato a provare tre volte a settimana nel nostro garage, il che significava che John era diventato un frequentatore assiduo della mia abitazione. Fortunatamente, il coach Redton aveva fissato gli allenamenti proprio contemporaneamente alle prove, perciò non rischiavo di fare figuracce mentre quegli occhi azzurri come il cielo terso mi guardavano. A quanto pare avevano già trovato un nome per la band, ed era evidente la frettolosità con cui l'avevano scelto.

«Atlantic City Expressway? Ma che razza di nome è?»

«Non c'erano altre proposte, e visto che quel rimbambito di Chimney, che organizza la festa di Halloween, ha bisogno di un mese e mezzo per fare tutto, non c'è stato tempo per trovare qualcosa di meglio. Siamo ufficialmente segnati nel programma della serata come Atlantic City Expressway».

Se la tastierista di John fossi stata io, di sicuro sarei riuscita a trovare qualcosa di meglio. Non avrei permesso che una frase trovata leggendo chissà quale cartello in autostrada diventasse il nome della band.

«Mi chiedo da dove sia arrivata l'ispirazione» dissi sarcasticamente.

«È strano che tu lo chieda, in effetti» rispose David. Il suo sorrisetto mi ricordava terribilmente quello di Sabo. «Lo ha proposto John».

«Oh, ma allora è un nome bellissimo» commentai con ironia. John non sarebbe riuscito a farmi rimangiare la parola, nemmeno con uno dei suoi sorrisi.

«Perchè non ne proponi uno tu, visto che sei tanto brava?»

«Ingrato. È solo grazie a me che tu e gli altri capelloni dei tuoi amici siete riusciti a farvi conoscere in questo isolato. O ti devo ricordare ancora una volta che sono stata io a proporre il nome Transition per la tua vecchia band?» Me ne ero sempre vantata.

«Non sono un ingrato. Non vedi come ti sto ripagando?» e indicò la tastiera. «Avanti, suonami qualcosa».

Attaccai Smoke On The Water, l'unica canzone che fossi capace di suonare come si deve. Cominciava ad annoiarmi.

«Insegnami qualcos'altro! Mi sembra di conoscere solo questa da quante volte l'ho suonata...»

«Non sei ancora abbastanza brava» ghignò lui. In realtà si divertiva a mandarmi in bestia, esattamente come Sabo. Che, guarda caso, era il chitarrista degli Atlantic City Expressway. La loro amicizia era deleteria per i miei nervi.

«Certo, è così. In effetti, è proprio perchè non sono brava che il direttore del club d'orchestra si è sorpreso quando gli ho detto che prendo lezioni solo da quattro settimane, e per di più da mio fratello, non da un insegnante serio».

«Non ho detto che non sei brava, ho detto che non lo sei abbastanza».

Era frustrante. «Lascia che te lo dimostri, almeno!»

«Come vuoi. Accetto qualsiasi cosa».

La soluzione arrivò improvvisamente, bella e tremenda come un fulmine a ciel sereno, e fu l'idea più geniale, opportuna e devastante di tutta la mia adolescenza.

Volevo godermi il momento.

«Hai detto qualsiasi cosa, David?» domandai con un'espressione fantastica, di quelle che uno dovrebbe capire al volo, ma che quell'ingenuo di mio fratello non avrebbe capito nemmeno con i sottotitoli.

«Sì, Claire, qualunque cosa. Voglio proprio sentire la tua bravura, visto che il direttore del club d'orchestra tesse le tue lodi...»

Si sarebbe pentito amaramente di tutto quel sarcasmo.

«Come vuoi tu». Cominciai a camminare da un lato all'altro della stanza, guardandomi la punta delle scarpe. «Dal momento che Smoke On The Water è l'unica canzone decente che mi hai insegnato, sceglierò quella».

«Sceglierai per cosa?» domandò con genuina e sommamente ingenua curiosità.

«Per suonarla con i tuoi amici dell'Atlantic City Expressway, ovviamente!»

Poche volte nella vita ho assaporato la sensazione di trionfo che provai in quel momento, quando alzai gli occhi e vidi sorpresa, terrore e inorridimento sul volto di David.

«Scordatelo».

«Hai detto qualsiasi cosa, David, e non credo ci sia bisogno di ricordartelo più di una volta». Mio fratello la pensava come me: piuttosto di non mantenere la parola sarebbe morto.

«Claire, qui non si tratta di imparare a suonare! Te l'ho detto così tante volte che ho perso il conto: non puoi provarci con John!»

«Ma io non voglio provarci con John, fratellone. Io voglio solamente dimostrarti che mi puoi insegnare qualche altra canzone».

Diamine, avrei dovuto fare recitazione.

«Non prendermi per scemo, lo so che non è così! Ti impedirò di invischiarti con lui, dovessi rinchiuderti in soffitta per il resto dei tuoi giorni! Non me ne frega niente, Claire, tu con John non ci starai mai!»

«La vuoi piantare con questa storia? Ne abbiamo già parlato un milione di volte, e a me sembra di aver chiarito la faccenda! Primo, la vita è mia e me la gestisco io, e secondo, e questo l'hai detto tu, caro mio, John non si mette mai con quelle più piccole!»

«Non abbiamo chiarito un bel niente se non hai ancora capito che a John non devi nemmeno rivolgere la parola!»

Persi davvero la pazienza.

«Ma la vuoi smettere di dirmi cosa devo fare e cosa no?»

«Non posso se tu continui a insistere per vedere John! Anch'io sono stufo di tutte queste discussioni, ma evidentemente tu soffri di perdita di memoria a breve termine, dal momento che ti devo ripetere ogni santo giorno che tutte quelle che puntano a lui diventano...»

«Ma hai presente chi sono io, eh? Mi conosci? Secondo te io potrei mai diventare come loro? Lo sai benissimo come sono fatta! Piuttosto di trasformarmi in una di quelle sgualdrine mi faccio suora, e sai benissimo che non sto scherzando!»

«Pensavo la stessa cosa di...»

«Smettila!» urlai con tutta la voce che avevo. Non ero mai stata così arrabbiata. «Smettila con tutti i tuoi esempi di brave ragazze che diventano come nessuno si sarebbe mai aspettato perchè si innamorano di John! Mi mandano in bestia! Non sono più una bambina! So come va il mondo!»

«Ma è proprio questo il punto! Tu non sai come va il mondo!»

«Sì, perchè tu lo sai?»

«Ho due anni di esperienza in più di te!»

«E gli occhi foderati di prosciutto! Sai qual'è la verità? Lo sai?»

«Dimmelo tu qual'è la verità!» Quel suo modo di parlare mi faceva imbestialire ancora di più.

«Che non vuoi che io viva la mia vita come un'adolescente normale, perchè anche se ti atteggi a essere un menefreghista e ad avere tanti amici sei solo uno sfigato, e non vuoi che io lo sia meno di te!»

Mi sentii malissimo, anche con tutta la rabbia che mi ribolliva dentro. Non lo pensavo sul serio, e lui lo sapeva. Il problema era che non ci stavamo prendendo in giro come facevamo di solito, ci stavamo urlando contro di brutto.

David non rispose, e io non volli nemmeno guardarlo negli occhi per paura di vedere qualcosa che mi avrebbe fatta sentire ancora peggio. Mi voltai e uscii dalla camera sbattendo la porta, non perchè se fossi rimasta gli avrei spaccato la faccia con un destro ben assestato, ma perchè non sarei riuscita a sopportare a lungo l'atmosfera che io avevo causato dicendo una cosa che in realtà non mi aveva mai sfiorato la mente. Esplosi, piangendo non solo per la litigata con David, ma anche per Sarah, sentendo tutte le loro accuse rimbombarmi nella testa. Scesi giù per le scale, non risposi a mia mamma che mi chiedeva cosa fosse successo, spalancai la porta, travolsi John e il batterista che erano appena arrivati per provare, raggiunsi la strada e cominciai a correre senza una meta, sperando che prima o poi il dolore alle gambe e il fiato corto avrebbero attenuato tutte le emozioni a cui ero in preda.

 

Note

Salut!! Comment ça va? :)

Ho poche cose da dire riguardo a questo capitolo, se non che è solo di passaggio, e che dal prossimo si entrerà più nel vivo della storia. E non preoccupatevi se Claire sembra messa malissimo e le capitano una disgrazia dietro l'altra...Ribadisco che è una ragazza forte e che ci vuole ben altro per abbatterla...Non per niente è campionessa nazionale di boxe! E poi tutti questi casini le rafforzeranno l'animo :)

Ah, un'altra cosa: non ho la più pallida idea di dove si possa leggere la scritta “Atlantic City Expressway”, o cosa sia, ma così a sentimento mi da la sensazione di qualcosa che si trova in un'autostrada...Quindi perdonatemi per eventuali errori :)

Ringrazio ancora tutti quelli che recensiscono e che inseriscono la mia storia tra le seguite, le preferite e da ricordare :) Alla prossima!!

  
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