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Autore: Miss H_    24/11/2012    10 recensioni
Spoiler Mockingjay!!!!
Ho deciso di raccontare ciò che secondo me avviene tra l'ultimo capitolo capitolo di Mockingjay e l'epilogo. Spero vi piaccia, anche se sono sicura che è un obrobrio con la O maiuscola, visto che è solo la mia seconda FF.
Vi prego recensite in ogni caso, sia che vi sia piaciuta che in caso contrario. Accetto qualsiasi critica costruttiva perché nella vita si può sempre migliorare e questo vale anche per la scrittura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XIII ~ Una paura più antica della vita stessa. 
 
Marzo. E’ Marzo, non mi sembra vero. Osservo le strade dalla finestra e guardo ai loro cigli. Tra la neve che pian piano si scioglie vedo dei piccoli ciuffetti d’erba che cercando di spiccare fuori, come se si sentissero soffocare sotto quello strato di neve bianco, così delicato, così puro come non lo sono mai stata, anche se tutti pensavano il contrario. 
Oltre ai ciuffi d’erba vedo che anche qualche primo fiore sta comparendo. Sposto lo sguardo e vedo dall’altra parte della strada un piccolo fiore giallo. Lo riconosco subito, è un dente di leone. Automaticamente mi accarezzo il ventre di sette mesi.
Dandelion, il nostro piccolo fiorellino, che adesso è qui che cerca di spuntare fuori dalla neve. 
Fino a qualche anno fa non avrei mai pensato di ritrovarmi in una situazione del genere. Non ero pronta, non mi sentivo adatta, avevo paura. Anche se sapevo che Peeta ci sarebbe stato sempre per me pensare anche solo a mettere su famiglia era come un tabù per me. Non volevo avere figli per il semplice motivo di non vederli andare dritto in contro alla morte senza poter far niente, senza poter offrirmi volontaria al posto loro in quegli orrendi giochi. 
Mi scaldo al calore del fuoco, senza però spostarmi dal contemplare il paesaggio che vi è fuori dalla finestra. Mi piace stare in questa posizione, mi rilassa, mi trasmette serenità. 
Rimango lì, immobile, con gli occhi persi nel vuoto. 
Ad un tratto sento una mano poggiarmi sulla mia spalla e sobbalzo leggermente impaurita, mi volto velocemente e vedo davanti a me Peeta. 
Ha in mano un piccolo vassoio dove sono appoggiati una tazzina con del tè alla menta e dei biscotti appena sfornati. Mi sorride dolcemente e mi dice – Ho pensato che avessi fame e ti ho portato un piccolo spuntino. – 
- Oh, grazie. – dico afferrando il vassoio con entrambe le mani e gettando un ultimo sguardo all’ambiente esterno prima di sedermi sulla poltrona vicino al camino. 
Inizio a mordicchiare il bordo di un biscotto alla violetta. La sua fragranza si sparge per tutta la stanza e in bocca sento un trionfo di piacere. Non ero abituata a questo cibo così prelibato, ero abituata a mangiare ciò che cacciavo, a masticare foglie di menta. Mi limitavo ad osservare da lontano quei magnifici dolci esposti nella vetrina della panetteria, così finemente decorati, così deliziosi da vedere e anche così maledettamente troppo costosi per poterceli permettere. Prim a volte mi chiedeva di guardarli insieme a lei, ma a me non piaceva più di tanto. Vedere i suoi occhi così spalancati per la meraviglia e poi osservare le sue guance scavate mi metteva tristezza, mi faceva sentire impotente. Impotente nel vedere la mia sorellina soffrire la fame, impotente sapendo che non potevo offrirgli niente di meglio che della selvaggina.  
Peeta mi dà un lieve bacio sulla fronte e poi si accoccola vicino a me. – Allora, come sta la nostra piccolina? – domanda conservando la sua espressione serena e dolce. – Bene. Si muove ma per ora non dà nessuno fastidio. Oh… – Non riesco a finire la frase che Dandelion inizia ad agitarsi di più, si muove un po’ troppo per i miei gusti. Afferro la mano di Peeta quando sento un movimento e appoggiando la sua mano sul mio ventre dico. – La senti? – Un sorriso sano e genuino compare sul suo volto. E’ semplicemente bellissimo. 
Allarga la bocca affascinato da quello che sta sentendo e poi si avvicina anche con l’orecchio, con la mano mi accarezza la pancia e sussurra alla bambina, come se lei lo potesse sentire – Ehi tesoro, cerca di non dare fastidio alla mamma e calmati un pochino. Va bene? – 
Siamo ancora in questa posizione, io a sedere sulla poltrona con il vassoio in mano e Peeta chinato sulla mia pancia quando sento bussare alla porta. Lui si alza e io lo seguo, abbassa la maniglia e ci troviamo davanti il nostro mentore. 
- Ciao Haymitch! – diciamo con un sorriso accogliente. – Le tue oche stanno bene? – domanda Peeta. Prima di rispondere fa un passo entrando in casa. – Sì, sì benissimo ma io non sono venuto qui da voi per parlare delle mie oche. Dolcezza se permetti, ti vedo un po’ allargata eh?  – dice con il suo solito tono frettoloso ma allo stesso tempo canzonatorio. 
- Oh , che spiritoso che sei! Allora perché sei qui? – domando leggermente irritata dalla sua risposta. Lo vedo deglutire e passarsi una mano tra i capelli. – Ecco, diciamo che qualcuno è venuto a trovarvi e… - non finisce la frase che vedo arrivare Gale sulla soglia di casa. 
Sento Peeta accanto a me irrigidirsi leggermente, senza però darlo a vedere. Solo io che lo tengo per mano, posso percepire la sua tensione. 
Non c’è mai stata rivalità tra lui e Gale, però penso che il mio ex migliore amico non lo abbia del tutto perdonato del fatto di avergli portato via la persona che amava. Ma sono convinta che la colpa non sia sua, sono io che ho deciso di non sceglierlo e quindi se deve essere arrabbiato con qualcuno quella sono io. Anche perché io ho sempre pensato che fosse lui ad aver causato la morte di Prim, ma pian piano anche grazie a Peeta ho capito che l’idea di gettare quella bomba non era di Gale, che lui era stato sfruttato come me dalla Coin, che solo l’arma era la sua ma non l’intenzione. 
Chissà come si sarà sentito una volta tornato a casa, chissà quanto rammarico e dolore sono presenti nel suo cuore a causa di quella bomba devastatrice. 
Nonostante questo però, non posso evitare che mi si geli il sangue nelle vene. L’ultima volta che ci siamo visti è stato il giorno della festa della mia gravidanza, organizzata da Peeta. 
Lui se ne andò quasi subito borbottando qualcosa e facendoci gli auguri. 
Ci fissiamo negli occhi senza dire nulla, poi lui abbassa lo sguardo verso la mia pancia e la fissa attentamente. Questo suo gesto mi mette a disagio, sembra che abbia la capacità di scrutare all’interno del mio grembo, una sensazione di fastidio mi invade, perciò prendo lo scialle che ho sulle spalle e con quello copro il mio ventre. 
Alzo lo sguardo e dico – Ciao Gale. –
– Ciao Catnip, ciao Peeta. – risponde. – Gale. – dice Peeta accennando un saluto con il volto. – Che ci fai qui? – domando subito. – Katniss, abbiamo tempo, prima fallo accomodare in casa, no? – dice Peeta con tono gentile. E’ sempre così buono, così educato con tutti, io sono già nervosa e invece lui è tranquillo come se non fosse successo niente dall’ultima volta che ci siamo visti tutti e tre. – Oh, sì. Grazie. – Gale, entra e si accomoda su una delle due poltrone, sull’altra si siede Haymitch mentre io e Peeta ci sediamo sul divano. Lui voleva sedersi su una sedia lasciando il divano tutto per me, ma non gliel’ho permesso perché lo voglio al mio fianco. 
Rimaniamo per qualche minuto in silenzio poi, come sempre è mio marito a iniziare la conversazione. – Allora Gale, ti trovi bene nel Distretto 2? – domanda. – Oh, sì. C’è ancora un po’ di lavoro da fare nonostante siano già passati quindici anni. Non è facile risistemare tutto ciò che circondava l’Osso. Ogni uomo è fondamentale per i lavori, perciò non posso lamentarmi, gli impegni non mancano. – 
Sono contenta che abbia un posto dove gli piace stare, e spero che abbia anche trovato qualcuno con cui stare. Dopo tutto quello che abbiamo passato si merita di avere un po’ di pace anche lui, però qualcosa continua a ronzarmi nella testa. Come mai è venuto qui, se ha così tanto lavoro da fare nel Distretto 2? Non vorrà ridirmi ancora le stesse cose che mi ha detto il giorno della festa? Spero di no. 
Non posso pi trattenermi, ho bisogno di avere delle risposte perciò domando – Gale perché sei qui? – Lui mi guarda con aria interrogativa, forse sta cercando di capire quale sia il motivo della mia domanda. Ci mette qualche minuto e poi dice – Beh, ecco… mi è stato affidato un lavoro qui nel Distretto 12 per un mese. – Appena sento la sua risposta mi paralizzo. 
Non so con certezza se la notizia mi metta a disagio, mi dia fastidio o se io sia contenta. Niente. 
Non riesco a capire niente. Lo guardo ancora un po’ e poi con aria indifferente dico – Ah, bene allora. E di preciso di cosa di occuperesti? – 
Gale mi spiega per filo e per segno ciò che dovrà fare in questo mese, non è niente di semplice, dovrà fare numerose cose e ripristinare in parte le vecchie funzioni del Distretto. La Paylor l’ha chiamato più volte perché oltre ad essere stato un ottimo soldato è anche un grande lavoratore. 
 
Ormai è pomeriggio inoltrato e Haymitch decide di togliere il disturbo.  Se ne va con la scusa di dover dare da mangiare alle sue oche ma so che in realtà se ne va solo per lasciarci un po’ più di privacy. 
Dopo poco Peeta decide di andare in cucina a preparare qualcosa da mangiare e io e Gale rimaniamo in sala da soli. Dobbiamo ancora chiare sebbene abbiamo passato tutto il pomeriggio a parlare. 
Lo faccio sedere accanto a me sul divano in modo da vederlo bene negli occhi. Lui abbassa nuovamente lo sguardo verso la mia pancia e mentre la fissa il suo sguardo si fa leggermente triste. 
Chissà, forse lui ha immaginato tante volte questa scena, solo che il mio ventre non conteneva la figlia di Peeta ma magari la sua. In fondo fu proprio lui a rivelarmi che avrebbe voluto avere figli prima che mi offrissi volontaria al posto di Prim. Io invece non volevo ed ero convinta che mai avrei cambiato idea. 
Beh, mi sbagliavo perché adesso le cose sono cambiate.
– E quindi… tu e Peeta avete deciso di metter su famiglia eh? – mi domanda dopo un altro momento di silenzio. – Sì. – mormoro. – E… - comincia indicando la mia pancia. – è un maschio o una femmina? – prosegue. – E’ una femmina. – rispondo a spizzichi e bocconi. Non so ma mi mette a disagio il fatto che lui mi chieda di lei. – Avete già scelto il nome? – continua interessato. – Sì, si chiamerà Dandelion, Dandelion Mellark. – Tutte le volte che pronuncio questo nome ad alta voce, esso rimane impresso nella mia mente e vi rimbomba all’infinito. 
- Ci avrei scommesso. – dice più a se stesso che a me. Io lo guardo interrogativa. – Come scusa? – le parole mi escono di bocca senza pensarci perché effettivamente non capisco il motivo della sua frase. – Ci avrei scommesso che l’avresti chiamata così. Ti è sempre piaciuto molto quel fiore. – esclama precisando. – Sì, beh…è un omaggio a mio padre. A lui è sempre piaciuto il dente di leone e spesso lo usava come esempio per rassicurarmi. – ammetto. Poi continuo. – Però mi dispiace per lei. – Ora è il turno di Gale per essere spaesato e infatti la sua domanda non tarda ad arrivare. – Per lei chi? – Sorrido debolmente. – Per lei. – rispondo appoggiando una mano sulla sommità del mio pancione. – Non potrà mai sentire come cantava bene suo nonno. Vedrà sua nonna molto poco perché nonostante il fatto che sia contenta mia madre non verrà molto spesso a trovarci e sono convinta che anche i genitori di Peeta l’avrebbero amata se solo non fossero morti. – La mia voce di spegne e una lacrima comincia a scendere sulla mia guancia. Tiro su col naso e continuo – Avrebbe avuto una zia fantastica e sono sicura che anche i fratelli di Peeta l’avrebbero adorata. Ora invece non ha altro che noi, i suoi genitori, come parenti e il suo nonno adottivo se così possiamo definire Haymitch. – In questo momento sento il bisogno dell’abbraccio di Peeta che caccia via ogni cattivo pensiero, ma lui è in cucina e vuole lasciarmi parlare con Gale perciò non credo che verrà. 
Ma un abbraccio arriva lo stesso, è Gale. 
E mi dice stringendomi – Catnip, io ero il tuo migliore amico e se tu avessi ancora bisogno di me per qualsiasi cosa sappi che puoi contare su di me. Posso sempre essere io… no lasciamo perdere. – inizia a fare un discorso ma poi lo tronca a metà lasciandomi sorpresa. 
– Puoi essere tu cosa? – domando. – No, niente niente. Lascia perdere. – Si stacca da me e allontana le sue braccia. 
Si risiede per bene sul divano appoggiando la schiena ad un bracciolo per poter continuare a vedermi. 
Riappoggio la mano sul mio grembo e sento Dandelion muoversi nuovamente come stamani, troppo velocemente, e troppo spesso.  
Dentro di me penso Su Dandelion,smettila. Stai ferma per l’amor del cielo. Non ce la faccio più!
Ma ahimé le cose vanno troppo velocemente e riesco solo a sentire una grande fitta. Un calcio che mi fa piegare in due, mi fa urlare e poi buio. 
 
 
Mi risveglio sul divano e la prima cosa che vedo sono gli occhi azzurri di Peeta che mi guardano preoccupati. Mi sorregge la testa e vedo Gale che mi tiene le gambe in alto. 
Peeta si avvicina ancora di più e quando vede che apro gli occhi dice – Kat, Kat, stai bene? Che è successo? Hai urlato, io ero in cucina, Gale mi ha chiamato velocemente e tu eri distesa in terra piegata in due con le mani sulla pancia. Che cosa è successo? La bambina sta bene? – Inizia a fare domande a raffica, non rallenta un secondo, la paura e l’ansia dominano i suoi bellissimi occhi. 
Cerco di sistemarmi per bene sul divano e tento di riprendere in mano la situazione ma sembra proprio che la fortuna stavolta non sia a mio favore. Un’altra fitta, più debole di prima, mi colpisce e prima che possa dire – Sto bene. E’ tutto a posto. – Mi ritrovo nuovamente con le mani sul ventre. 
La paura mi invade. Paura. Paura. Solo Paura. 
Nero, nero notte, nero paura, nero come il dolore ecco come mi sento in questo momento, mi sembra che abbiano eliminato qualsiasi colore dal mondo tranne che il nero. 
Mi sento come se mi avessero fatta una doccia con la tempera nera e mi sento spenta, mi sento soffocare da tutti i terrori che ho visto e da tutto quello che sto provano in questo momento.  
Gli ibridi, le rose, gli Hunger Games, niente è paragonabile a quello che provo ora. 
Paura della morte, paura di uccidere nuovamente, paura di non essere in grado di poter dare a mia figlia ciò che gli spetta. 
Paura che qualcuno riesca a portarmela via. Paura che mettendola al mondo io stia facendo solo un grosso sbaglio. 
Paura, paura, solo paura.
Una paura più antica della vita stessa mi invade e io non posso che esserne succube. 

~ Angolo della scrittrice:
Premetto che questo capitolo è stato scritto da un'altra me stessa. (?) 
Ora vi spiego: io odio Gale, davvero non lo sopporto e non volevo che si riappacificasse con Katniss, ma la storia si è praticamente scritta da sola perciò ringraziate il mio subconscio che ha voluto creare questo capitolo. :)
L'ho scritta in due giorni ma ho avuto un po' di difficoltà nel pubblicare. 
Alla fine ce l'ho fatta perciò l'unica cosa che vi dico è: Perdonatemi se è un obrbrio! :3 
Un ringraziamento a tutti coloro che hanno messo la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, siete davvero tanti! :') 
Un bacione,
Miss Hutcherson. 
  
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