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Autore: Ale san    25/11/2012    2 recensioni
Ottantesima edizione degli Hunger Games.
Tratto dal primo capitolo:
“Adesso è arrivato il momento di scegliere il tributo maschio. Vediamo un po' chi è il fortunato.” Ridacchiò.
Fortunato.
Certo, come no: te lo faccio vedere io il fortunato.
Pescò il foglietto e questa volta fui io a sussultare e a stringere con forza la mano della mia migliore amica, questa volta fu lei che dovette assicurarmi.
“Tranquillo, tesoro. Se è andata bene a me, andrà bene pure a te.”
“Sì, hai ragione.” Sussurrai.
La paura scese solo leggermente: nonostante Sally fosse una ragazza che aveva la capacità di rassicurare le persone con poche parole, quella volta proprio non ci riuscii.
Com'era possibile farlo, sapendo che potresti essere scelto per andare a morire?
“Il fortunato tributo maschio è Alwin Mellay.”
Tutto tacque.
Il mio cuore perse un battito e per un attimo crebbi di svenire.
Sally, la quale aveva gli occhi sgranati, e tutti gli altri ragazzi si voltarono verso di me.
Alwin Mellay, Alwin Mellay, Alwin Mellay.
Aveva detto proprio Alwin Mellay, non me l'ero sognato.
Sudai freddo: Alwin Mellay ero io.
(Fanfiction slash, la quale tratta di un rapporto omosessuale fra due ragazzi. Se non vi piace il genere, go away.)
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Until the end


Capitolo uno, La Mietitura





“Tesoro? Tesoro, svegliati.” Sentii la delicata voce di mia madre arrivarmi alle orecchie e subito dopo la sua mano piccola si poggiò delicatamente sulla mia chioma castana e me l'accarezzò dolcemente come faceva sempre da quando ero nato.

“Mmh, che ore sono?” Mormorai infastidito con la voce impastata dal sonno, muovendomi in quell'ammasso di coperte.

“Sono quasi le otto. Fra un'ora ci sarà la Mietitura, ricordi?” Mi chiese con un tono di voce piatto: ero comunque riuscito a sentire una certa nota di preoccupazione nella sua voce.

Ah, giusto. La Mietitura. L'evento che odiavo di più in assoluto insieme a molti altri ragazzi.

“Ah, giusto.”

Mamma mi sorrise tristemente e poi si diresse verso la porta, uscendo dalla mia camera.

Mi stiracchiai e decisi di alzarmi solo pochi minuti dopo: era difficile alzarsi dal letto in inverno e soprattutto con il pensiero che fra un'ora ci sarebbe stata la Mietitura.

Ogni santo giorno mi facevo la stessa domanda: perché esistevano gli Hunger Games?

Qual era il suo fine?

Fare soldi?

Oh, ma c'erano modi e modi di guadagnare denaro: perché essere così cinici ed egoisti, mandando dei poveri ragazzi innocenti a morire?

Odiavo profondamente Capitol City -specialmente tutte le persone che la abitavano- e non ero di certo ad odiarla.

La odiavo così tanto che, se avessi potuto, l'avrei distrutta da cima a fondo: non ero una persona cinica, crudele o spietata come magari penserete... semplicemente bramavo vendetta, vendetta verso tutti coloro che provavano piacere e divertimento a vedere ventiquattro ragazzi morire e uccidersi a vicenda.

Mi vestii velocemente con un paio di jeans comodi ed un maglione e scesi a fare colazione, trovandoci mia madre e mia sorella più piccola.

“Buongiorno, sgorbietto.” Baciai la nuca della mia sorellina Elise, scompigliandola successivamente.

“Ciao, fratellone!” Mi saltò al collo e mi diede un tenero bacino sulla guancia: ringrazio il Dio che aveva sette anni e che per altri cinque anni non avrebbe vissuto l'inferno qual era Hunger Games, il gioco più spietato e crudele mai inventato.

Mi venne spontaneo sorridere a quel gesto d'affetto e mi sedetti a tavola, iniziando a mangiare, anche se in quel momento avevo la testa fra le nuvole: all'esterno non sembrava, ma in realtà avevo una fottuta paura.

La morte mi terrorizzava.

Mi terrorizzava a tal punto che la notte spesso avevo gli incubi -la maggior parte delle volte nei miei sogni morivo per mano degli Hunger Games- per poi risvegliarmi il mattino dopo sudato fradicio dalla testa ai piedi.

“Tesoro,” Mi risvegliò mia madre da quello stato di trance. “Stai bene?”

La guardai e annuii, ma lei sapeva che in realtà non andava bene.

Annuì a sua volta comprensiva e riprendemmo a mangiare in silenzio.


Circa un'ora dopo arrivò il fatidico momento, la tragica Mietitura che tutti noi odiavamo dal profondo del nostro cuore.

Stringevo forte la mano della mia migliore amica Sally come a non volerla lasciare andare.

La guardai e sorrisi: com'era bella.

I biondi capelli ricci le ricadevano dolcemente sulle spalle, mossi dolcemente da quel leggero venticello invernale che incombeva da giorni sul Distretto dodici, gli occhi azzurri come il cielo colmi di paura e preoccupazione si guardavano attorno.

La sentii tremare e le strinsi ancora più forte la mano come per infonderle sicurezza, anche se ci mancava poco che fossi più terrorizzato io di lei.

Poi la vidi: una donna sulla quarantina bassina e leggermente in soprappeso salì sul palco con un sorriso falso ed odioso e afferrò il microfono, scrutando ognuno di noi.

Cathleen Vergas, una delle donne che meno sopportavo: falsa e doppiogiochista come pochi.

“Benvenuti, benvenuti all'ottantesima edizione degli Hunger Games, giovani fanciulli e fanciulle! Io sono Cathleen e da quattro anni, come la maggior parte di voi ben saprete, rappresento il Distretto dodici e sono fiera di ciò.” Fece la sua solita presentazione con un sorriso completamente falso.

Qualche adulto, in fondo, si mise ad applaudire alla presentazione di quella megera.

Strinsi i pugni per la rabbia: come potevano acclamare una donna del genere, il cui unico scopo era quello di avere fama e soldi?

Odio, odio, odio fin sopra i capelli.

“Bene, adesso è arrivato il momento scegliere due giovani fanciulli che quest'anno parteciperanno agli Hunger Games. Tiriamo a sorte, dunque! Prima le fanciulle.” Fece una risatina che mi irritò e girò la mano nel contenitore di plastica dove erano raggruppati tutti i fogli con il nome delle ragazze.

Sally sussultò spaventata ed io le accarezzai la spalla.

“Andrà tutto bene, piccola.” Le sussurrai, sorridendole dolcemente.

Lei mi guardò e ricambiò il mio sorriso, annuendo.

Cathleen lesse il nome della ragazza e tutti attesero trepidamente che lo dicesse ad alta voce.

“Alixias Dalias.” Pronunciò al microfono.

Ci girammo tutti verso la ragazza nominata, la quale stava al centro.

Quest'ultima aveva uno sguardo freddo ed impassibile: non era minimamente preoccupata.

Era davvero una bella ragazza e sembrava anche abbastanza forte e determinata: non tanto alta, capelli castani che le arrivavano fino alla vita, occhi verdi e fisico proporzionato.

Mi chiedevo come facesse a stare così calma.

Alixias andò sul palco e strinse la mano di Cathleen con una calma ed una freddezza innaturali.

Sally tirò un sospiro di sollievo ed io le sorrisi.

“Visto? Che ti avevo detto?”

“L'ho scampata, ma purtroppo l'anno prossimo e quello dopo ancora dovremo subire il solito inferno.”

Già, io e Sally avevamo sedici anni e avremmo finito solo fra due anni.

Era triste, ma purtroppo era la realtà.

La voce squillante della donna mi riportò alla realtà.

Deglutii pesantemente: era arrivato il momento del tributo maschio.

“Adesso, dopo aver scelto la giovane fanciulla fortunata, è arrivato il momento di scegliere il tributo maschio. Vediamo un po' chi è il fortunato.” Ridacchiò.

Fortunato.

Certo, come no: te lo faccio vedere io il fortunato.

Pescò il foglietto e questa volta fui io a sussultare e a stringere con forza la mano della mia migliore amica, questa volta fu lei che dovette assicurarmi.

“Tranquillo, tesoro. Se è andata bene a me, andrà bene pure a te.”

“Sì, hai ragione.” Sussurrai.

La paura scese solo leggermente: nonostante Sally fosse una ragazza che aveva la capacità di rassicurare le persone con poche parole, quella volta proprio non ci riuscii.

Com'era possibile farlo, sapendo che potresti essere scelto per andare a morire?

“Il fortunato tributo maschio è Alwin Mellay.”

Tutto tacque.

Il mio cuore perse un battito e per un attimo crebbi di svenire.

Sally, la quale aveva gli occhi sgranati, e tutti gli altri ragazzi si voltarono verso di me.

Alwin Mellay, Alwin Mellay, Alwin Mellay.

Aveva detto proprio Alwin Mellay, non me l'ero sognato.

Sudai freddo: Alwin Mellay ero io.







Okay, *arrossisce* buon pomeriggio a tutti/e!

Ed eccomi qui con questa storia.

Non sono affatto brava con le note autrice, ma cercherò di sforzarmi un po', dai.

Ad essere sincera, sono un po'... nervosa? Forse.

Non so nemmeno bene come sia nata quest'idea, semplicemente mi è venuta in mente ieri sera ed oggi mi sono messa a scrivere tutto quello che mi passava per la testa.

Questa fanfiction, come ho già detto nell'introduzione e come avrete letto negli avvertimenti, è puramente slash, ovvero parla di rapporti sentimentali fra due ragazzi dello stesso sesso.

Perciò, se non vi piace questo genere, go away!

Probabilmente ci sarà anche un po' di het, ma non ne sono sicura!

Si vedrà con l'andamento della storia! ;)

Inoltre vi avviso che il rating, attualmente arancione, potrei modificarlo andando avanti con la storia!

Uomo avvisato, mezzo salvato. :)

Spero che questo primo capitolo, anche se un po' corto (mi farò perdonare, lo giuro! >.<), vi sia piaciuto! ^^

Alla prossima! <3

Ale san

  
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