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Autore: Holly Rosebane    27/11/2012    28 recensioni
«Ritroveremo la tua ispirazione. E sai che quando mi punto, devo riuscirci» concluse. Scossi la testa, stancamente.
«Non questa volta, riccio. Ti stai imbarcando in qualcosa di troppo grande per te».
«Yasmin, non ho altra scelta. Il mio tempo qui è limitato, e non so con esattezza quanto avrò a disposizione» disse, sedendosi sul tavolo, poggiando i gomiti sulle cosce e fissando il pavimento. «Se non ti sbrighi a scrivere la conclusione del libro e a rimandarmi nel mio mondo… morirò».

~
Pensai di avere le allucinazioni, di essere ancora nel più assurdo dei miei parti onirici.
E invece no.
Perché Harry Styles, il personaggio della storia che stavo scrivendo, era appena uscito fuori dal computer.
Letteralmente.
E mi fissava sorpreso dall’altra parte della stanza.
Iniziai a sentire le vertigini.
Genere: Commedia, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V.

Hyde Park
 








“I poeti cercano l'ispirazione lontano, mentre essa è nel cuore.”
ALPHONSE DE LAMARTINE

 
 

Arrivammo ad Hyde Park, e fortunatamente il tempo non era minaccioso come la notte scorsa. Risplendeva un pallido sole d’ottobre, l’aria fresca scuoteva leggermente le chiome degli alberi, arrossando le guance dei passanti. Quel posto pulsava di vita, ed era un po’ il mio “pensatoio” personale. Quando avevo bisogno di riflettere su un passaggio particolare per una storia, andavo lì. Trovavo una panchina libera, aprivo il blocco appunti e mordicchiavo il cappuccio della penna, lasciando che le idee m’investissero la mente. Non sapevo come potesse accadere, ma ogni volta era come una sorta di magia, le parole uscivano in maniera autonoma dalle mie mani, imprimendosi velocemente sulla carta, riempiendo pagine e pagine senza che io stessa me ne rendessi conto.
Peccato che fossero ormai ben tre mesi che la magia non avveniva più. Mi sentivo persa e tappata. Come se la mia mente non potesse più ospitare altre idee, altri avvenimenti. Non riuscivo più nemmeno a formulare dei banalissimi dialoghi, i miei punti forti. Diedi un calcio ad un sassolino, spedendolo nel verde dei prati circostanti.
«Senti niente? Nessun colpo di genio?» Chiese Harry, speranzoso. Scoppiai a ridere. Trattava la mia ispirazione come fosse una sorta di malattia o scienza infusa. Come se fosse possibile narrare a comando.
«Te l’ho detto, è andata per sempre. Ormai non riesco più a scrivere» risposi, con voce piatta. Lo sentii sospirare.
«Sai cosa, Yasmin? Questo mondo mi piace» esordì, cambiando radicalmente discorso. Alzai lo sguardo verso di lui, osservando il suo profilo. I riccioli gli nascondevano metà del volto, lasciando scoperti solo il naso e le labbra, piegate in un sorrisetto. Camminava con le mani sprofondate nelle tasche del giubbotto di mio fratello, apparentemente spensierato. Lo invidiai. Magari anche io avessi saputo prendere tutto così alla leggera.
«In che senso?» Chiesi, tornando a guardare davanti a me. Gli alberi filtravano l’esile luce solare, creando una sorta di galleria di rami, proprio sopra di noi. Altre persone passeggiavano in tranquillità, chiacchierando fra loro.
«Nel senso che qui è tutto vero, reale» disse. «Se addento una mela, sa di mela. Se immergo un dito nell’acqua fredda, sento l’acqua fredda. Capisci che intendo?»
«Onestamente mi sembra tutto più che ovvio, Harry…» commentai, alzando un sopracciglio e trattenendo un sorriso. Sbuffò, dandomi una spallata amichevole.
«Piantala, secchiona!» Mi prese in giro. «Il punto è che tu scrivi, ma non descrivi. Ecco cosa». Lo guardai, lievemente confusa.
«Che vuoi dire?»
«Ti limiti a riferire le azioni dei personaggi, senza approfondire mai troppo. Come se avessi paura di entrare a fondo nelle loro menti, Yasmin» spiegò. Arrossii lievemente. Non era propriamente vero…
«Quando scrivi “Harry mangiò una mela”, non aggiungi mai nient’altro» commentò, continuando a camminare. E cosa avrei dovuto dire, ancora? Non bastava solo quello?
«Mi fai sempre mangiare mele che sanno di carta» aggiunse, arricciando il naso in una smorfia disgustata. Scoppiai a ridere, mio malgrado.
«Scusami, non volevo!» Lo presi in giro, continuando a ridere. Ridacchiò anche lui, scompigliandosi i riccioli con la mano.
«Prova a descrivere una mela. Bene, però» m’intimò, fermandosi. Mi bloccai a pochi centimetri da lui, e gli lanciai un’occhiata eloquente.
«Stai scherzando…?» Azzardai, sperando di sì. Scosse la testa, sorridendo.
«Avanti, scrittrice. Partorisci una mela che sappia di frutta» disse, con convinzione. Feci un verso sarcastico e chiusi gli occhi. Visualizzai il frutto rosso e lucido e provai ad elencare tutte le cose che notavo via via.
«Piccola, rossa, lucida e profumata».
«Mmm, puoi fare di meglio» commentò Harry. Sospirai, cercando di approfondire la mia analisi. Andiamo, non poteva essere così difficile…
«Dolce e croccante, di un bel rosso scarlatto e dal profumo invitante. Piccola come una mano stretta a pugno. Lucida e liscia al tatto».
«Finalmente, ce l’abbiamo fatta!» Esclamò. Aprii gli occhi, guardandolo in volto. Sorrideva, mettendo in mostra le adorabili fossette, entusiasta. Ridacchiai.
«E adesso che hai la tua mela, cosa abbiamo risolto?» Chiesi, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con noncuranza. Mi lanciò un’occhiata trionfante, dall’alto del suo metro e ottanta.
«Che hai appena formulato una descrizione dettagliata, Yasmin» pronunciò, soddisfatto. «Come vedi, sei ancora capace di scrivere».
Aprii la bocca per rispondere, ma mi bloccai. Aveva… ragione. Quella semplice mela aveva rimesso in moto il mio “istinto da scrittrice”. Le parole per descriverla erano uscite da sole, senza che avessi avuto troppo bisogno di pensarci. Ero… ero davvero capace di scrivere ancora, dunque? Era solo un fattore mentale a creare il mio blocco…? Harry schioccò due dita davanti al mio volto, facendomi riatterrare sul pianeta Vita Reale.
«Non posso crederci, Ragazzo di Carta. Mi hai appena fatto fare una descrizione a malapena decente» constatai, guardandolo negli occhi. Ridacchiò, scompigliandosi i riccioli.
«Visto? Sono magico» rispose, sfiorandomi la punta del naso con un dito. Scossi la testa e lo spinsi leggermente, riprendendo a camminare.
«Ma questo non vuol dire che adesso potrò scrivere di nuovo…» ribadii, iniziando però ad avvertire l’ombra di un’idea farsi strada nella mia mente.
«Io non ne sarei tanto sicuro… e poi, devo ricordarti che ho la data di scadenza stampata dietro la nuca?» Mi ricordò, ironizzando. Sospirai.
«Davvero, Yasmin... impegnati. So che puoi farcela».
Iniziai a protestare, ma la mia attenzione venne catturata da un giovane ragazzo che correva nel senso opposto al nostro. Era come se fosse di fretta, come… se scappasse da qualcosa. E somigliava vagamente ad Harry, avevano gli stessi capelli indisciplinati. Ci superò senza degnarci di un minimo di attenzione, lasciando un fresco spostamento d’aria al suo passaggio.
Mi voltai, seguendo la sua corsa come estasiata. Improvvisamente, il giovane andò a sbattere contro una ragazza, facendo perdere l’equilibrio ad entrambi. Caddero a terra con un tonfo sordo. Lei era bionda, carina e minuta. Occhi da cerbiatta, fisico da copertina di magazines patinati, aria un po’ persa fra le nuvole. Il ragazzo si passò una mano fra i capelli, scusandosi. L’aiutò a rialzarsi, tendendole la mano. E poi accadde. Rividi tutta la scena nella mia mente, ma i loro volti erano capovolti.
Lui era Harry e lei… Allison. Guardai Styles, trasalendo. Lui alzò un sopracciglio e fece per chiedermi se stessi bene, ma io stavo già correndo verso la panchina libera poco distante da noi. Vi crollai sopra, tirando fuori dalla mia enorme borsa il quaderno per gli appunti e la penna. Mordicchiai il cappuccio della Biro per qualche istante, e poi cominciai a scrivere di getto.
Mi sentii immensamente bene, libera, sollevata. La mia mano andava da sola, materializzando i pensieri della mente, registrando scene di un film privato che volevo condividere col mondo intero. Stavo scrivendo di nuovo, come non facevo più da tre lunghi mesi. Mi isolai dal resto del mondo, ebbi solo la percezione del corpo di Harry che si sedeva accanto a me, sporgendo con cautela la testa oltre la mia spalla, per vedere cosa stessi buttando giù.
Passò del tempo, ma non me ne accorsi veramente. Dopo aver riempito la quinta pagina di scritte, posai la penna. Tirai un gran sospiro. Ci ero veramente riuscita di nuovo. Avevo superato quel maledetto “quando”, concludendo finalmente il capitolo e uscendo dall’empasse. Mi sentivo soddisfatta di me stessa. Non di quanto avessi scritto, perché avrei dovuto riprendere la mano con il mio vecchio stile, ma con il fatto di essere riuscita a sbloccarmi sul serio.
«Non credevo che quando scrivessi diventassi… una posseduta» scherzò Harry, occhieggiando me e il blocco degli appunti. Gli feci una smorfia.
«La scrittura è una maledizione, riccio. Non te liberi finché campi».
«Ma se fino a un’ora fa piagnucolavi dicendo che non ci saresti più riuscita?!» Ribatté, prendendomi in giro. Lo fulminai con un’occhiataccia.
«Parlavo della mia ispirazione» dissi, lapidaria. Scoppiò a ridere.
«E adesso ti è tornata, vero?»
«Così pare» concessi. «Per ora», aggiunsi. Mi guardò, malizioso.
«Direi che merito un premio…»
«Un “grazie, Harry” non ti basta?» ironizzai, alzando un sopracciglio. Sbuffò.
«Avrei preferito un bacio» rispose, fingendo di mettere il broncio. Arrossii, ma cercai di dissimulare.
«Da quand’è che senti emozioni fisiche, Harry? Stamattina, in cucina, mi avevi detto di non provarne alcuna…»
«Quelle sì… ma il desiderio posso avvertirlo comunque» disse, alzandosi. Lo guardai, incapace di rispondere.
Si scompigliò i riccioli con la mano, lasciando correre lo sguardo sul verde di Hyde Park, pensando a chissà cosa.
Desiderio di baciare… me? Poteva provare sentimenti veri? E che c’entravo io, quando mi aveva detto di volersi mettere con Allison?
Mi tese la mano, sorridendo furbescamente.
«Direi che potremmo anche tornare a casa… ho una certa fame». Lasciai che mi sollevasse, poi gli lanciai un’occhiata eloquente. Si strinse nelle spalle, alzando le mani in segno di resa.
«Ok, ok, non ho realmente fame… però voglio assaggiare altri cibi umani» si difese. «La carta stanca, dopo un po’».
Scoppiai a ridere, scompigliandogli i riccioli. Morbidi, soffici. Non avevano niente di inumano. Ma dovetti tenere a mente che dentro lui era diverso. E che non era destinato a restare sulla Terra per molto.









Holls' Corner!:

Hey, pipol!
Guess who? Do you miss me??
Hahaha, ok, basta con l'intro alla Eminem! Sono riuscita a trovare un buco di spazio e ne ho approfittato per aggiornare questa storia, dato che so quanto ci teniate a conoscerne il seguito!
Anche in questo capitolo non è successo nulla di eclatante, ma dal prossimo posso assicurarvi che le cose inizieranno a muoversi! Sarò celere anche 'sta volta, la scuola non perdona...!!
Volevo innanzitutto ringraziare chiunque abbia inserito la storia fra le seguite/preferite/ricordate oppure che l'abbia letta e basta, e soprattutto chi ha avuto il buon cuore di recensirla, lasciandomi le proprie opinioni!
Bene, vi lascio con una gif di Hazza imbacuccato, così com'era al parco... e con il mio contatto Twitter, per chi già non l'abbia, e volesse seguirmi anche solo per chiacchierare un po'!
Faccio presente che gradirei moltissimo sapere cosa ne pensiate anche di questo capitolo, se vi sia piaciuto... insomma, le vostre idee, come sempre!! Un bacione a tutti e... alla prossima!







Twitter: CurlyStarlight

   
 
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