“Scendi.” Sentenziò autoritario il rosso, con sguardo truce, dopo essersi parato di fronte alla ragazza dai capelli verdazzurri comodamente seduta sull’altalena. Maki scosse la testa ghignando orgogliosa; “No.” Rispose stringendo maggiormente le catene fredde, “L’ho vista prima io.”

Nagumo sbuffò scocciato, incrociando le braccia al petto. “Maquia, non rompere. Sono stanco,” si lamentò poi, trafiggendo l’altra con i suoi occhi gialli, “ho voglia di sedermi.”

La Sumeragi lo ignorò, cominciando a spingersi lentamente, poi indicò l’altalena di fianco a lei, sussurrando con tono indifferente “Quella è libera. Siediti lì.”

“Io voglio questa.” sbuffò Burn, restando fermo di fronte alla ragazza, per impedirle di dondolarsi. “Non fare il bambino viziato.” Sentenziò allora Maquia; vedendo che il ragazzo non accennava ad allontanarsi da davanti a lei si diede una spinta più forte, tanto da arrivargli addosso e colpirlo con gli stivaletti nello stomaco, facendolo cadere a terra, dolorante. L’attimo dopo Haruya si era rialzato, massaggiandosi la pancia, e sbraitando “Ma sei pazza?! Mi hai fatto malissimo!”

La ragazza alzò le spalle, ridacchiando divertita, e si diede un’altra spinta con le gambe, sussurrando con un leggero tocco di malizia “Ops…”. Prese a dondolarsi sempre più velocemente, guardando di sbieco l’amico e sorridendo, orgogliosa e compiaciuta del suo ultimo colpo. “Così impari a metterti contro di me.” Aggiunse rapidamente, cominciando poi a ridere.

Nagumo sbuffò sonoramente, infastidito; spostò lo sguardo verso l’altalena vicino a quella su cui era seduta Maki, e con rassegnazione ci si andò a sistemare sopra, borbottando. “Sei una stronza.” Aggiunse poi tornando a guardarla.

Maquia intanto continuava a ridere ed a dondolarsi sempre più forte, fino a far cigolare le catene, leggermente arrugginite nelle giunture; improvvisamente però una delle due cedette, e la povera ragazza si ritrovò stesa a terra. E quello fu il turno di Nagumo per ridere.

“Che cazzo ridi?!” piagnucolò Maki tirandosi su, mentre si massaggiava la testa. Il rosso alzò le spalle ghignando, “Così impari a prenderti gioco del sottoscritto.” Disse.

“Sei un bastardo.” Sentenziò rabbiosa, parandoglisi davanti. Lui le prese le mani e se la tirò vicino, facendola sedere sulle sue ginocchia. “Oh, mi spiace.” ridacchiò poi, mentre la ragazza allacciava le braccia dietro al suo collo, con fare consueto, e si stringeva a lui.