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Autore: formerly_known_as_A    27/11/2012    3 recensioni
Islanda ha pensato che un viaggio lontano dal se stesso fisico potesse fargli soltanto del bene. A volte succede. A volte gli sembra che l’isola sia troppo piccola, troppo vuota, persa com’è in mezzo al mare. A volte ha bisogno di allontanarsene per rendersi conto di quanto sia bella.
E non c’è nessun avvenimento che gridi ‘vattene’ come una separazione.

{Personaggi: Islanda, Olanda, Danimarca}
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danimarca, Islanda, Paesi Bassi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduto ad aspettare il proprio volo -ci vogliono cinque ore per tornare a casa, non l'ha mai desiderato più che in quel momento- Islanda si sente immensamente triste.

Guarda la valigia finché non gli bruciano gli occhi e tutti i dolci che sta letteralmente inglobando non lo aiutano per niente a sollevarsi il morale.

Ha cambiato volo all'ultimo minuto, evitando di prendere quello da tre ore, solo per avere l'illusione di stare ancora un po' lì con lui. Allo stesso tempo, ha evitato di incrociarlo in aeroporto. Ha pensato che, se mai avesse deciso di andarlo a salutare -a questo punto gli sembrerebbe un miracolo- avrebbe pensato fosse partito prima e si sarebbe arreso all'evidenza che, sì, anche Eirík considerava la serata precedente un errore.

Torna a fissare la valigia, ricordandosi che dentro c'è una Miffy scelta con cura da lui e la cosa non lo solleva neppure un po' dal suo stato malinconico e depresso. No, vorrebbe tirar fuori il pupazzo e stringerlo, per consolarsi.

No, non è viziato, non è infantile. Sa incassare un rifiuto, se si tratta della solita notte di sesso che può proporre ad una ragazza carina incrociata al bar. Non è... non è affatto questione di sesso.

Il telefono vibra in tasca e lo tira fuori, sospirando quando legge sul display il nome del danese. Non ha voglia di rispondere. Assurdo, perché il telefono è acceso soltanto per ricevere una sua chiamata, sperando davvero che Jan non lo chiami... e, nel contempo, desiderando solo questo.

Manda un sms per comunicargli che è vivo, che sta bene e che non può rispondere al telefono e spegne, senza aspettare una risposta.

Se ne pentirà sicuramente quando, arrivato a casa, troverà un coro di messaggi da parte del fratello e Dan, in un numero non inferiore a venti, tutti pieni di preoccupazione per il suo stato di salute. A volte gli capita di ritrovarsi a pensare che quei due siano davvero fatti l'uno per l'altro, nonostante le differenze.

Non riesce a star fermo sulla sedia scomoda e decide di alzarsi, lasciandosi la sedia scomoda alle spalle e cercando di distrarsi andando ad osservare la vetrina lì accanto, quella in cui sono sistemati modellini di aerei e... un'altra Miffy. Con una divisa da hostess, adorabile, ma che riesce a stringergli qualcosa dentro, pesando come un macigno.

Non è stata una grande idea rimanere lì. Tutto gli ricorda cosa ha vinto e perso in così poco tempo. Tutto, alla fine, anche la sua decisione di rimanere ancora un po', contribuisce a sbeffeggiarlo nel momento in cui pensa che non importa quanto voglia illudersi di poter avere una parte di lui in quel modo, l'ha perso.



A primavera.


È un bacio umido a svegliarlo. Gli si posa sulla guancia come un petalo, seguito da una risatina.

Si guarda intorno, confuso, cercando di capire dove si trovi ed incontra gli occhi verdi della ragazza, il suo sorriso luminoso, la carezza che gli fa, quasi scherzosamente, sulla fronte.

Si è addormentato con la testa sulle sue gambe?

Stanco per il viaggio, eh?” mormora lei, non smettendo di sorridere.

Cerca di ricambiare, ma è ancora un po' confuso. Si mette a sedere e si guarda intorno, respirando piano come per riconoscere il luogo anche dai profumi nell'aria.

Vondelpark?” chiede, facendola ridere.

Qualcuno ha dormito fin troppo bene!” esclama lei, coprendosi le labbra con la mano. “Per tua informazione: siamo ad Amsterdam da ieri sera, perché me ne parli così tanto da sembrare una di quelle fan di Giappone che si vestono tutte colorate e gridano quando vedono i cartoni!” spiega, ma Eirík sa benissimo perché e come sono arrivati fino lì.

Il parco gli ricorda troppe cose. Ha voglia di mangiare un'Hollandse Nieuwe, all'improvviso, ma sa che gli farebbe male. Ecco, si è precluso un ulteriore piacere della vita.

Hajnòwka lo fissa, incuriosita, per poi mordergli il naso, scatenando un movimento di protesta nell'islandese, che finisce per spingerla nell'erba, ridacchiando.


Parlano un linguaggio tutto loro e le persone nel ristorante si fermano a fissarli più volte, un po' per la voce allegra di Haj, un po' perché le lingue in cui si esprimono sono talmente diverse che sembra impossibile riuscire a passare da una all'altra con tanta semplicità.

Eirík lo sa. Oh, se lo sa. L'islandese sarà anche difficile, ma ha impiegato più della ragazza per riuscire a parlare correttamente il polacco.

Ed è probabile che il suo cominciare facendogli ripetere la filastrocca del dannato scarafaggio di Szczebrzeszyn che sussurra tra le canne -unico punto di interesse della città, visto che è proprio famosa per questo- non abbia accelerato il processo di apprendimento.

Lei, poi, aveva anche osato lamentarsi per la poca utilità del dire sono andato per fiordi, al che ovviamente aveva risposto che sapere delle canne dello scarafaggio non era molto più interessante e ne era seguita un'infinita discussione sulle rispettive lingue.

Allora erano discussioni meno delicate, accese, ma scherzose... allora erano semplicemente amici.


La mano della polacca è stretta intorno alla sua, mentre lo guida controcorrente attraverso la folla di persone che escono dal concerto, per recuperare la borsa che stava dimenticando. Una folla disomogenea di persone e parole, una folla che sembra tutta uguale, però, al ragazzo.

Il concerto era bellissimo. L'acustica perfetta come ricordava, le note che lo fanno tremare come la prima volta. Neppure ad Haj piace molto la musica classica, ma fa un'eccezione per Chopin. Dopotutto, è una Łukasiewicz.

Eppure... questa malinconia, questa tristezza... ha l'impressione di essersi svuotato all'improvviso, come se avesse un buco nero nel petto, che assorbe energia ma non da' nulla in cambio e che cresce ogni secondo di più.

Jan. Dire che non ci ha più pensato, da quel giorno in aeroporto di due anni prima, è una bugia enorme. Basta guardare i tulipani che ha in giardino o le Nijntjie che ha cominciato a collezionare per pensarci. Un viaggio che cambia la vita, Eirík l'ha fatto.

Ma non ha avuto il coraggio necessario a cambiarla del tutto ed è rimasto in una sorta di limbo, come qualcuno che sì, ha una famiglia, persone da amare... ma ha perso quell'occasione che avrebbe illuminato ogni cosa.

Per quello, incontrando quel verde familiare, si blocca. La mente che gli dice che è impossibile e, allo stesso tempo, gli supplica di cercarlo ancora, di dare una conferma al cuore che ha smesso di battere per almeno tre secondi.

Jan.

Ci vogliono alcuni lunghi istanti, prima di ritrovarsi di nuovo a quegli occhi. Il taglio da gatto, il verde irreale... solo in quel momento sembra che la mente si decida finalmente a fare il collegamento con la ragazza che gli sta accanto.

Potrebbero essere fratello e sorella, pensa stupidamente, dandosi dell'idiota subito dopo.

Sono solo simili, in fondo, c'è un abisso tra di loro.

Eirík?” lo chiama lei, confusa, ma non riesce a distogliere lo sguardo, la mente invasa dai se e dai ma. Ammettere tutto, all'aeroporto, non dover stringere quel pupazzo per tutto il viaggio di ritorno, pregando le lacrime di starsene al loro posto, per non cedere al rimorso... Allungare una mano verso di lui, adesso, dire il nome che gli sta esplodendo in testa...

Stringe la mano della polacca, abbassando gli occhi e tornando a guardarla. Ma lei sta fissando l'uomo dagli occhi così simili ai propri, senza animosità, solo incuriosita.

Esita. La sua mano si tende, poi si solleva, ma è nascosta dalla folla che li separa. Vede gli occhi verdi dell'uomo posarsi nei propri ancora una volta e non sa cosa fare. Vorrebbe mettersi a gridare cose senza senso, ma non ne ha la forza.

Correre verso di lui e baciarlo, soltanto questo. Stringerlo così forte da fargli male, non lasciarlo andare e non giustificarsi con la paura di esser trascinato via dalla folla.

Ma non può. Non dopo tutto quel silenzio. Non se non c'è stato nulla a parte un bacio infinito ed una delusione.

Eirík.”

Non è sicuro di sentirlo, ma le sue labbra si muovono per pronunciarlo. Fa un passo in avanti, prima di sentire una risatina allegra accanto a lui.

Si volta verso la polacca, che sta ancora ridacchiando, confuso -e, in parte, ferito- dalla sua reazione. Ok, è una Łukasiewicz -ed un'Arlovskaya, quindi è ancora peggio- quindi certe reazioni incomprensibili, folli, a volte stupide, fanno parte della sua stessa natura. Però non si aspettava che...

Bé, certo, se lui non dice nulla, di certo le cose non può intuirle da sola. Non gli legge ancora nel pensiero.

Scemo.” commenta semplicemente, spingendolo verso l'olandese. Riesce a reagire soltanto quando si trovano l'uno davanti all'altro, il cuore nelle orecchie, le mani della ragazza a bloccarlo. Si appoggia alla sua spalla, facendolo ondeggiare.

Ti lascio con il tuo amico! Augurami buona fortuna per la borsa!” esclama lei, saltellando via.

Ma...?! Cos...?!

Resta a fissarla finché non si perde nella folla, basito, prima di tornare a guardare... i bottoni della giacca elegante di Olanda. Allunga le dita e ne sfiora uno, senza quasi accorgersene, prima di ritirare la mano, come se si fosse scottato.

Westwood.”

Alza gli occhi, sorpreso, incontrando lo sguardo perplesso di Jan.

Se ti interessa tanto la mia giacca, è un completo Westwood.” chiarisce, ma l'islandese, se possibile, è ancora più confuso di prima.

Non mi interessa.” ribatte, allontanandosi di un passo. È incredibilmente confuso, come se quello fosse un sogno. Jan non è cambiato. Stesse sopracciglia strane che gli danno un'aria arcigna, stessi occhi meravigliosi, stesse labbra che...

Dici che la tua ragazza tornerà presto?” chiede, costringendolo a distogliere lo sguardo.

Non è la mia ragazza.” riesce a rispondere, con le mani che tremano.

Hanno deciso di non riprovare.

Sì, l'ex ragazzo di Haj -quello nuovo, quello per cui l'ha lasciato, quello che ha quasi sposato- è un bastardo di prima categoria. L'ha lasciata sull'altare e, anche volendo, l'unica cosa che è riuscita a fare è stata tornare da Eirík per un abbraccio.

Ma hanno deciso di convivere come fratello e sorella e a nessuno dei due sembra importare di stare insieme in quel senso.

La notizia passa sul viso dell'olandese in un momento: c'è un muoversi delle sopracciglia, leggermente aggrottate, una smorfia sulle labbra, una luce sorpresa negli occhi verdi.

Sto per baciarti.”

No.” la risposta è secca, diretta, come Eirík si aspetterebbe da Olanda, non da se stesso. Ma gli anni sono trascorsi e, nonostante abbia coltivato quell'amore sui ricordi, sa anche quanto possa far male farsi prendere dal sentimento e ritrovarsi a stringere fumo.

Jan arretra di un passo, il sorrisetto divertito che si spegne, l'incomprensione che tinge i suoi occhi. Deve spiegare, ma non sa se ha le parole. Lui gli posa una mano sul braccio e quella parte sembra bruciare, all'improvviso.

Perché è un contatto così desiderato. Più di un bacio, più dell'amore che ha soffocato nel petto, un semplice tocco lo sconvolge. Sembra fargli capire che sono veramente insieme, che non è un sogno, che...

Non voglio che mi baci per poi far finta di niente. Non voglio rimanere solo ancora a chiedermi cos'abbia sbagliato, non...” questa volta è l'olandese a posargli un dito sulle labbra, un passo di nuovo verso di lui, la mandibola contratta, la mano che trema.

Islanda ha paura che sia rabbia. Ha paura, perché una reazione nervosa riuscirebbe a spezzargli di nuovo il cuore.

Invece l'olandese lo avvolge di slancio, come avrebbe dovuto fare vedendolo, come sarebbe stato più giusto minuti prima. Vorrebbe protestare, ma si rende conto di quanto imbarazzante sia stato, di quanto, incontrarsi due anni dopo, possa averli bloccati.

Ho aspettato che tornassi ed ho finito per pensare che mi avessi dimenticato. Ma mi sei mancato. È assurdo, ma non importa, mi sei mancato.” mormora, tenendolo intrappolato e non allentando la presa neppure quando sente l'islandese appoggiarsi a lui.

Sa ancora di tabacco. Sa ancora di spezie e liquirizia ed Eirík vorrebbe piangere ed urlare per quanto si sente debole, perché sa che non andrà bene, non andrà bene per niente, sarà deluso e litigheranno, lo manderà via, andrà via.

Eppure sembra non importare quando riesce a ricambiare quell'abbraccio, le dita che stringono forte la stoffa della sua giacca elegante e nessuna voce protesta per quella disperazione, la felicità di tornare lì e trovarci un futuro.

Ci sono tante parti di Amsterdam che voglio conoscere. Sei stato crudele a negarmele.” borbotta, ad occhi chiusi, il vociare della folla intorno a loro ben lontano, come se fossero in una bolla protettiva e poco importa se l'illusione ogni tanto si spezza quando qualcuno li scontra.

Ricorda di aver pensato una cosa meravigliosa, bloccato in uno dei suoi rari abbracci. Ricorda di aver pensato ad Amsterdam come al suo cuore. Vuole passare più tempo possibile a conoscere entrambi.

E tu sei freddo e sfuggente, ma voglio conoscere Reykjavík.” confessa l'olandese ed Eirík riesce a sentirlo sorridere.

Non può fare a meno di imitarlo, avvolto tra le sue braccia, in pace, dicendosi che probabilmente non imparerà mai a pronunciarlo bene, ma che vale la pena di provare ad insegnarglielo.



Note dell'autrice


I due scioglilingua sono:

I Szczebrzeszyn z tego słynie.

Ég kom við hjá Nirði niðri í norðfirði nyrðri.


Grazie per aver seguito fino alla fine questa storia, spero che vi abbia fatto venir voglia di visitare Amsterdam o shippare questi due. Questa storia rappresenta una sorta di epilogo finale, se voleste leggerlo.

Amsterdam è giunta alla fine, ma potete portarla avanti e farne parte, oltre a vincere un po' di cose a tema! Per sapere come, andate qui.

Se volete seguirmi ancora, invece e parlottare in compagnia, c'è la mia pagina Facebook gestita insieme a ViolaNera.

Alla prossima!

   
 
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