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Autore: Kimmy_90    16/06/2007    7 recensioni
Philosophi, Custodes: guerrieri e sapienti, condottieri cresciuti ed istruiti, usati, stressati, tirati oltre ogni limite. Bambini sottratti ai genitori per divenire macchine da guerra: Utopia o Distopia?
E se il tutto, che a stento si regge in piedi, crollasse a dispetto dell'uno?
E se l'uno fosse dalla parte del tutto?
Dove trovi la ragione, dal sempre fu o dal nuovo che porta terrore come solo questo sa fare?
E se la routine della guerra divenisse l'isto di una catastrofe?
Siamo in un altro mondo, signori, e qui non v'è magia alcuna: soltanto geni...
Geni e Demoni.
[Storia in revisione] [Revisionata sino al capitolo 10]
Genere: Azione, Guerra, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Nota dell'Autrice:
Finita scuola, dopo il solito rush finale, posso tornare a dedicarmi alla fanfic. Mi spiace tantissimodi avervi fatto attendere così tanto, ma alla fine eccomi qui, come sempre ^_^
In questo capitolo spero si noti come io sto tentando in tutti modi di Non andare OOC [ok, forse Jiraya va tolto, però, se prendete solo il suo lato serio, credo che ci siamo]: ho prego i pg, con tutto quello che avevano, e li ho semplicemente scaraventati in un'altro mondo :P Spero che la mia concezione di AU vada bene anche per voi XD






14. La bestia che parla


Saremo noi a governare
quei noi stessi
che sempre
ci siamo fatti scappare.




“Sasuke!”

Sul campo di battaglia impari a preferire la tua vita a quella degli altri.
Così diventa facile lanciare fiotti di proiettili contro persone delle quali ignori tutto, persino i lineamenti del volto. Ma a te non importa: tu vai avanti. Nella notte che oramai è profonda. Vivi percependo suoni ad esplosione, sfrigolii, ululati: null'altro. E solo quello, e solo grazie a quello sai chi sei, dove sei, cosa sei e perchè sei lì.
Null'altro serve.

“Sasuke!”

Perchè alla fine, pronunciare un nome che non ti è solito, pare quasi inebriante.
Vola.


Sasuke si voltava a scatti rapidi e dosati con precisione inumana: insfiorabile, una volta compreso il funzionamento delle armi nemiche, il suo sangue non toccava più la sabbia della Venti Regio.
Impastata invece da quello di Naruto, che si muoveva rumorosamente nella notte, ma, oh, distruggendo ogni cosa che incontrava.
“Naruto, sulla destra!”
E il biondo scartava, saltava, scivolando si fermava, affannato.
Silenzio.
Affannati respiri, più vicini, più lontani.
Occhi che osservano attraverso la notte buia dell'oramai deserto.
E la meta?
“..Sasuke..”
“Taci, Naruto!.”
E lui, quasi appiattendo le orecchie che non possedeva, nonostante i baffi, taceva.
Ancora silenzio.
“Neji!”
Sasuke si portò la mano dietro la nuca, per sentire bene i rumori proveniente dal bracciale: un frigolìo di sottofondo, silenzio.
Sparo.
“Non risponde?”
Domandò Naruto, con la calibro 45 in mano ancora fumante: il bracico teso e potente, il corpo carico di acido lattico. Qualche metro più in la' un uomo di bianco vestito crollava a terra.
“Mph. Sei solo fortunato, Agricola.”
E nonostante il pesantissimo insulto, Sasuke pareva quasi sorridere.
Non c'è legante migliore della battaglia, dopotutto. Del sangue. Versato o fatto versare.
Tuo o dei tuoi compagni.
“Lo so, lo so.”
Rispose Naruto, tirando l'orecchio verso il proprio bracciale.
“Il segnale è disturbato...”
“Infatti.”
Sasuke fece ricadere il braccio lungo il fianco e con un cenno di capo radunò il proprio gruppo.
“Sarà meglio andare avanti”
Kiba e TenTen annuirono col capo, da qualche decina di metri: nonostante il buio e la distanza riuscivano tutti a vedersi. I Bellatores si riavvicinarono ai gruppi di Custos, tornando tutti a creare un nucleo compatto: l'imboscata sembrava sventata.
Ma, per precauzione, gli sciacalli andavano avanti.
E nessuno osava far domanda riguardo ciò che accadeva: non ce n'era bisogno. Non che sapessero: non volevano sapere.

“Neji!”
“Naruto, rinuncia.”
Il biondino camminava con passo sostenuto, le ginocchia flesse per aver sempre pronta la guardia: la mandritta dietro al capo, con la sua amata che puntava il cielo colmo di stelle, l'orecchio tirato verso il bracciale medesimo. E da questo, solamente confusi suono metallici, tipici dell'elettricità.
Il gruppo percorreva la poca distanza che lo divideva dalla meta sotto lo sguardo attento e vigile della luna, ad irradiare l'aere di luce argentea. Il vento tenue, il caldo incessante: Naruto stava diventando un'unica crosta, dopo aver fatto scolare grandi quantità del proprio sangue, la coagulazione aveva già fatto i primi tappi: la pelle tirava, a volte inafastidendolo. Il tutto peggiorato dalla costante presenza della sabbia.
Oh, la odiava, la sabbia.
E a volte slittava nel suo incedere, nonostante tutti gli altri Custos si fossero rapidamente abituati.
“Neji!”
TenTen, con in mano i pugnali introgolati di sangue nemico, tirava l'orecchio, incuriosita dal continuo richiamo di Naruto verso il compagno cecchino: era inutile continuare a chiamare, se la linea disturbata, pensava.
Il biondo insisteva.
“Hoeey! Neji! Hinata!”
E mentre solo i suoi richiami si estendevano nel buio e nell'oramai freddo deserto, in lontananza si vedeva qualcosa.


***




C'era un uomo che lo osservava.
Questo lui vedeva.
E da dietro quello che nessuno mai capì che fu, che intoccabile si faceva, che chiuso lo teneva, puntava gli occhi suoi sul suo corpo a tratti inesistente.
E se dietro di lui altri due, più giovani, lo osservavano a loro volta, non cambiava.
Tutto ciò che a quei poco graditi spettatori concedeva era una schiena lunga, attraversata da una verticale linea di potenti bozzi e solchi, e qualche tratto orizzontale.
“Rosso, sta giungendo il tuo tempo.”
La voce era giovane, doveva essere del ragazzino robusto dietro all'uomo, accanto alla femmina.
Ma il rosso non voleva. Si strinse nelle spalle incassando ulteriormente il capo, per quanto la cosa gli fosse possibile.
“Ehi, sta parlando con te.”
Voce della ragazzina.
Al che, per sola cortesia verso il gentil sesso, lui voltò lentamente il capo verso quelli.
E lì, immobile, si congelò a guardarli.
Due grandi occhi verde acqua circondati dal più oscuro nero mai notato.
E gli zigomi pronunciati dalla sola pelle che tira, tira sopra la carne, che non c'è.


***



Sasuke e Naruto si misero sull'attenti, al riparo, al sicuro, teoricamente parlando.
Le flebili lucine del campo base, al fronte, si erano lasciate notare solo qualche chilometro prima: e grande era stato lo stupore nel realizzare che non infuriava nessuna battaglia, che i Bellatores già presenti montavano un'annoiata guardia, e che le tende erano montate da anni, probabilmente, dentro fosse a trincea che probabilmente non sarebbero mai serviti.
E tutto era dannatamente calmo, nonostante, per giungere in quel luogo, avessero dovuto dare più di quanto immaginavano: e solo ora ch'eran pronti al peggio, il peggio non si palesava.
Nulla.
Più calma che al Ludus.
Jiraya sedeva su una sedia dietro a un tavolo, largo e baso, invaso da mappe e tomi: lo sguardo, al solito, li studiava uno per uno, sebbene con molto meno interesse di quanto non avesse fatto Kakashi.
Dietro a Jiraya, una figura assai più minuta, dagli occhi affilati ed i lunghi capelli neri.
“Shikamaru!”
E Naruto che, nonostante tutto, non riesce a domare la sua indole.
Shikamaru volse lo sguardo verso il biondo, allineato agli altri Custos: fuori, i Bellatores ad aspettare. La tenda era grande, sì, ma non abbastanza da ospitare duecento di loro.
“Prima che vi intratteniate con i qui presenti, vorrei il resoconto”
Jiraya incrociò le braccia, guardando Naruto scocciato, e dunque Sasuke, come se la domanda fosse stata volta a lui.
“Abbiamo perso di sicuro otto Bellatores.”
E il ragazzo dai capelli Corvini rispose con la sua tipica prontezza.
“Custodes?”
“Nessuno, anche se abbiamo perso i contatti con il gruppo dei cecchini – ma credo sia solo questione d'interferenza.”
“Ok. Avete impiegato sei ore per compiere una strada che noi abbiamo fatto in una.”
“C'è stata un'imboscata.”
“Sono comunque troppe.”
“Troppe?!”
La voce del biondo s'intromise nel discorso spezzando i toni formali, nel suo impeto ingovernato.
“Insomma, eravamo trecento e ne abbiamo persi otto contro.. quanti saranno stati? Tantissimi! Io stesso ne avrò finiti almeno sei!”
“Erano in duecento, circa.”
E alla risposta di Sasuke, il biondino Ammutolì.
“Il solo fatto che tu, in quanto Custos, ne abbia stesi sei, implica che in molti sono stati inattivi.”
“Ma.. non è vero!”
“Vuoi negare i numeri?”
Ammutolito anche da Jiraya, voltò le iridi cerulee verso Shikamaru, domandando aiuto. Sorvolando sul fatto che non avesse idea del motivo per il quale di trovasse lì.
D'altro canto, Shikamaru tacque.
“A questi livelli è più importante arrivare prima che perdere Bellatores.”
Così dicendo, l'altissimo uomo dalla chioma albina si elevò in piedi, mantenendo le braccia incrociate.
“E' ovvio che un'imboscata così squilibrata non è studiata ne' per decimare ne' per debellare, ma semplicemente per rallentare.”
E Naruto chinò il capo vero il basso.
“I Custos sono da proteggere, e questo è compito dei Bellatores. I Bellatores, di per se', non hanno grande importanza, se non nelle grandi armate a fare numero: ma capirai che questo non è il vostro caso, vero?”
E fece come per nascondersi nelle spalle.
L'unica cosa che era cambiata era che Jiraya s'era preso la briga di spiegare la faccenda: per il resto, Naruto rimaneva il solito sciocco che faceva le domande ovvie, e Sasuke quello che, assieme agli altri Custos, lo guardava allibito e scocciato.
“Conclusa questa parentesi, che spero vi sia servita, vi informo che Sasuke prenderà il vostro comando.”

***




Temari si scostò un po' indietro alla vista del suo volto, che, freddo, li abbracciava tutti e tre. Muto, le labbra due sottilissime sporgenze sigillate.
Quello che il rosso vedeva era un uomo con le gote solcate da coppie di triangoli viola; un ragazzino robusto, castano, gli occhi piccoli e il muso dipinto dello stesso colore dell'adulto, sebbene dai tratti assai più complessi; ed infine una ragazzina bionda, che, sconcertata, forse era quella che con più terrore lo guardava.
Nonostante l'appunto ante fattogli.

Il rosso schiuse lievemente le labbra.

***



Sotto i guanti che creavano le sue fila di potere, il Nero pece, scuro e opaco, era mutato in un Grigetto scuro.
E lui, che in teoria doveva dormire, steso al suolo come appena stramazzato manteneva gli occhi vero l'altro, a fessura, mezzo all'erta.
Forse perchè lui non si fidava.
E, d'altro canto, non aveva gran motivo per farlo.
Ne del biondo, ne' di nessun altro. A meno che non fosse un superiore.
Perchè di loro ci si doveva fidare per principio.

Naruto sedeva sulla sedia, all'esterno della tenda, quasi stravaccato. Nella destra l'arma, la sinistra vuota, penzolante verso il vuoto.
Sotto gli stivali sabbia, solo sabbia.
Sopra il capo aria fredda, nero, e lontane masse gassose che brillavano, per quanto fosse loro possibile, a migliaia di chilometri di distanza.
Svacco e Noia.
Ecco.
Il massimo dell'eccitazione era sfumato come era giunto in quel luogo, all'apparenza desolato, controllato da meno di mille soldati: lo sguardo si puntava verso l'orizzonte ondulato, che non mostrava nulla.
Nessuna persona, nessun accampamento.
Jiraya aveva detto loro che la base nemica era giusto giusto oltre quelle dune, e come loro non potevano vedere quelli, quelli non li potevano vedere. E soprattutto, qui non c'era nulla da fare.
Solo stare qui a controllare, ed ogni tanto combattere contro qualche ardita compagnia che si avventurava verso la loro postazione: ma erano sempre piccoli gruppi, e quindi, nulla.
Forse era vero.
Erano solo scaramucce di frontiera.
E la sua prima notte di ronda, fuori dalla tenda, era quanto di più noioso esistesse.

“Ehi, c'è nessuno?”
...
“Pronto?”
...
E da lontano:
“Neji, non sarà..?”
“Sento solo silenzio...”
“.. oh...”
“EHI!”
Naruto si ritirò su di scatto, portando il capo, che prima penzolava dallo schienale, violentemente n avanti: eprdendo un isto l'equilibrio, e, nel trambusto, ritrovandolo, un po' sconcertato.
“Checc'è? Chi è?”
Sguardo a destra, a sinistra.
“Hoei!”
E Silenzio.
E poi di nuovo la voce.
“C'è nessuno?”
Il biondo sollevò ampliamente le sopracciglia nel realizzare che a parlare era il bracciale.
“.. Neji?”
Chinandosi in avanti, tirò l'orecchio
“Sì, sono Neji! Naruto?”
“Naruto?”
Un'altra voce, femminile.
“Hinata! Neji! State bene?”
“Sì, dove siete?”
Felice, felice per svariati motivi, incollò il piccolo altoparlante all'orecchio, portando il braccio verso l'alto, la mano dietro la nuca. Sorridendo.
Sorridendo perchè c'erano.
Completamente noncurante dell'ombra che, mentre lui guardava come sognante l'orizzonte, gli si avvicinava alle spalle.

***


“Abbiamo deciso.”
Il rosso rimaneva in quella posizione, a mostrare metà schiena, girato verso di loro solo col capo, che, torto, mostrava i tendini e la trachea.
Temari e Kankuro, questi i nomi die due giovini, osservavano l'essere senza più sapere che pensare.
Il Rosso mosse quasi impercettibilmente le labbra, in un alito sottile, un sussurro impercettibile.
L'uomo chinò lievemente il capo, come a volergli chiedere di ripetere.
E il Rosso mosse nuovamente le labbra.
“E io cos'ho deciso?”
Domandò, in un sibilo che tagliò l'aria come una lama di diamante.
Temari e Kankuro si tirarono indietro.
Parlava?

La Bestia parlava.

***



“Hwah!”
Intento ad ascoltare le voci dei due ragazzi dagli occhi opachi, Naruto non s'accorse di ciò che gli giungeva da dietro. E al sol contatto, saltò, tendendo i muscoli.
Neji, al sentire il grido, allontanò il braccio dall'orecchio, assieme a Hinata.
“Cos'è stato?”
Domandò la ragazzina al suo simile, mentre, accanto a loro, un manipolo di Bellatores, con qualche altro Custos, attendeva.
“Non lo so.”
Disse Neji, riavvicinandosi all'apparecchio.
“Naruto!”
....
E dunque lei:
“Naruto!”

Solo, sano, silenzio.

***



L'uomo, al dire del Rosso, fece l'opposto dei ragazzini, compiendo un passo avanti, e sporgendosi. Oltre qualcosa di intastabile ed impercettibile, se ne stava il ragazzino smunto, ranicchiato, gli occhioni che domandavano con un'aria quasi di pretesa.
“Tu forse decidi, Rosso?”
Il rosso riuscì a mantenere il contatto visivo solo qualche istante, ricadendo subito dopo a terra.
“No.”
La sua voce era infantile, e sfrecciava nell'aria come un ago invisibile e tagliente, muto ed opprimente, che nel suo stesso silenzio di quale era fatta, il silenzio rompere poteva.
E batto il tono, e inesistente il volume, grave quasi, chi nulla sente per molto tempo solo nel nulla si sa far sentire.
Ma si sente.
Ed i due tendevano i muscoli, per non voler cadere, per non voler cedere a quello che sembrava un canto senza note che portava dritto alla distruzione.
“Tu non decidi, vero?”
“No. Non ne sono capace.”
“Vero?”
“Vero.”
“È giunto il tuo tempo, Arenae Gaara.”

Come la bestia canta.
Come solo un'altra, la stessa melodia, intonare sa.


Mi diedero una lama:
di uccidere mi dissero.
Di me furono catene:
di attendere, mi dissero.
Di me non so che fu
e che ora è, se mai io sono.

Mi diedero una lama:
di uccidermi mi dissero.
Ed io uccisi, ed io attesi,
ed io per loro al mio stesso io mi arresi.


   
 
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