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Autore: Darik    29/11/2012    1 recensioni
A volte, un desiderio non corrisposto può attirare le attenzioni di qualcun'altro, che può essere molto, molto pericoloso.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6° Capitolo

Il bastone sfrecciava velocissimo seguendo il corso del fiume.

“Più veloce! Più veloce!”, esclamò Asuna stringendosi a Negi.

“Sono già al massimo”, le rispose.

“Vedi di superarlo allora!”, replicò duramente lei.

Negi non poteva voltarsi, ma si accorse che la sua amica stava piangendo, quindi capì che era la disperazione a farla parlare.

Del resto anche lui si sentiva in subbuglio: Setsuna stava correndo un rischio mortale, mentre Konoka…

Non riuscì a pensarlo, la sola idea rischiava di farlo accecare dal dolore.

Doveva invece mantenersi lucido, pensare: è la logica gli diceva che non potevano farcela.

Il luogo in cui si trovavano corrispondeva alla mente di Yuno, lì lei era una divinità, capace di plasmare ogni cosa.

Per quanto andassero veloci, non sapevano neppure quanto la loro destinazione fosse distante, era possibilissimo che anche diventando gli esseri più rapidi dell’universo, ci sarebbero voluti comunque giorni perché arrivassero.

Per lo stesso motivo, non potevano neppure tentare un qualche soccorso per Konoka.

Senza supporti esterni, in balia di un mondo che era esso stesso il nemico, con solo alcune ore a disposizione, come avrebbero potuto fare?

Non potevano far altro che cercare di raggiungere la sorgente, mossi più dall’ostinazione di chi è incapace di arrendersi piuttosto che dalla speranza di poter fare qualcosa.

Lo stesso discorso, sicuramente, valeva anche per i loro compagni, e quindi, nonostante la sua determinazione, stavolta a Negi gli venne da piangere.

“Tutto… tutto inutile…”, sussurrò.

Si pentì di aver detto quelle parole, ma Asuna gli poggiò la testa su una spalla.

“Lo so…”, confermò la ragazza.

 

“Gioia! Gioia e tripudio!”, esultò Yuno danzando intorno ad un gruppo di alberi in fiore, i cui petali cadevano e venivano trasportati dal vento, fino a creare una splendida pioggia floreale.

“Il momento sta per arrivare, i ficcanaso sono neutralizzati, la cagna è morta, ed io sto per ricevere l’amore eterno!”

Volse le braccia e lo sguardo verso Setsuna, che giaceva, immersa quasi completamente, all’interno di un enorme albero, riproduzione di quello che stava nel bosco del Mahora.

“Oh, amore mio, cerca di capirmi, ho commesso azioni che alcuni definirebbero malvagie, ma le ho fatte per te, per darti l’unica persona che potrà amarti sinceramente!”

Le prese il volto tra le mani, Setsuna aveva la bocca socchiusa, lo sguardo spento e assente.

“Pensa, ho ucciso quella stupida che ti ha sempre fatto soffrire, senza mai capire i tuoi sentimenti, adesso è un cadavere che giacerà per sempre in fondo ad una palude melmosa, come giustamente merita. Oh, Setsy, stai piangendo? Sono lacrime di gioia, vero? Per il piacere che ti ho fatto. Sì, ovviamente. Sapessi come stanno quelli che chiami amici, li vedo mentre cercano di affannarsi per venire qua a ostacolare la nostra unione. Tutto inutile, per ogni chilometro che avanzano, io ne aggiungo un altro”.

Yuno nascose con la mano una risatina. “Sono buffissimi, mi piacerebbe invitarli qui per assistere alla nostra gioia, ma non capirebbero, e non voglio che i loro schiamazzi rovinino questo momento magico. Ecco, ci siamo!”

Sakurazaki cominciò a essere sempre più assorbita dall’albero.

“Un ultimo bacio, al tuo vecchio corpo, fino a quando non diventerai per sempre come me. Che bello aver trovato il vero amore”.

“Non credo”.

Yuno si girò di scatto, con una faccia sorpresa.

“Chi… chi ha parlato?”

Si allontanò dall’albero guardando in giro, il terreno prese a tremare fortemente, si spaccò, una grande luce arrivò dal sottosuolo, infine ci fu un’esplosione.

Yuno indietreggiò, spaventata e furente, restando di sasso quando vide il colpevole.

“Tu… cagna! Come… come puoi essere sopravvissuta?!”

Konoka Konoe la fissò impassibile, alzò una mano e i suoi abiti cambiarono, diventando come quelli di un sacerdote scintoista.

In mano aveva due enormi ventagli bianchi.

“Non capisco… i suoi occhi sono strani… spenti eppure vivi… non sarà mica guidata da un qualche istinto magico?!”

“Ridammi Setsuna!”, ordinò Konoka implacabile.

“Mai!!”, ringhiò Yuno, passando dalla sorpresa alla rabbia.

Nelle sue mani evocò due spade sottili e lunghissime, l’ambiente circostante cambiò, si misero in piedi mostri fatti di terreno, gli alberi si sradicarono tirando fuori bocche mostruose e braccia con dita lunghe e appuntite.

“Ti ammazzo!”, strillò il fantasma partendo all’attacco insieme a tutto quell’ambiente.

Konoka si sollevò per alcune decine di metri, fermandosi a mezz’aria.

L’altra la raggiunse, tentando degli affondi in ogni direzione: Konoka trasformò uno dei ventagli in un bastone la cui sommità era formata da decine di lunghissime astine, capaci di deviare tutti i colpi.

I mostri provarono ad attaccarla da sotto, ma lei con un solo movimento verso l’alto del ventaglio, generò un’onda di energia che li dissolse.

“No! Setsy è mia!”, gridò Yuno, che aumentò sempre di più la velocità dei suoi attacchi, sferrando decine e decine di colpi in un solo secondo, da ogni direzione.

Konoka, con grande naturalezza e assoluta calma, li parava tutti col suo bastone, finché le astine si avvolsero intorno alle spade e le strapparono all’avversaria in meno di un attimo.

Il movimento del ventaglio fu diretto contro Yuno, una forza invisibile in pratica la sparò contro il suolo, sul quale si schiantò.

“Maledetto mostro! Non ti lascerò vincere!”, esclamò la voce del fantasma.

La terra si mosse per un’area vastissima, si modellò verso l’alto, generando un essere umanoide alto centinaia di metri, largo altrettanto, dal colore marrone e verde, le cui fattezze riproducevano, vagamente e mostruosamente, quelle di Yuno.

Konoka scompariva davanti a quel gigante, che mosse una mano per afferrarla e stritolarla.

La principessa di Kyoto alzò verso l’alto il ventaglio, recitò a bassa voce una strana formula, l’oggetto si trasformò una spada, con la quale tirò un fendente davanti a sé: il colpo diventò sempre più grande, quanto il gigante, lo prese in pieno e lo fece esplodere in una nuvola immensa di detriti.

Quando la pioggia di frammenti cessò, Konoka lievitò fino all’albero in cui era imprigionata Setsuna.

La pianta era incredibilmente rimasta intatta, mentre della ragazza ormai solo il viso emergeva ancora dal tronco.

Konoka alzò una mano, l’albero si aprì, e il corpo nudo di Setsuna finì tra le sue braccia.

Fu allora che l’espressione imperturbabile di Konoe cambiò in un lieve e affettuoso sorriso.

“Lasciala stare!”, gridò Yuno, riemergendo dal suolo distrutto piuttosto malconcia e con gli abiti strappati in più punti.

“Perché?”, continuò. “Maledetta! Perché vuoi ostacolare il nostro amore?”

“Nostro?”

Konoka la scrutò con uno sguardo di ghiaccio. “Tu osi davvero definire tutto quello che hai fatto come amore?”

“C-certo”.

“Non hai la più pallida idea di cosa sia l’amore: amarsi significa donarsi reciprocamente, essere pronti a tutto per il bene dell’altro. Tu invece hai calpestato il bene di questa persona magnifica, hai cercato di averla con la forza, ingannandola sin dall’inizio”.

L’alunna della III A con passo quasi solenne si avvicinò a Yuno e la schiaffeggiò.

“Vergognati!”

“Non è vero! Io… io la amo! E lei ama me!”

“Allora avanti”, disse l’altra tenendo in braccio Setsuna e mettendola davanti a Yuno.

“Coraggio, svegliala e fatti dire che ti ama senza ricorrere ai tuoi trucchi e ai tuoi incantesimi. Se le cose stanno come dici, cosa hai da temere?”

Tremante, Yuno alzò la mano verso la spadaccina.

“Io… io la amo… lei… lei…”

Lacrime iniziarono a scenderle sulle guance.

“Avanti!”, incalzò Konoka.

“Io la amo, lei… lei mi… non…”

Yuno si accasciò al suolo, coprendosi il volto con le mani e piangendo a dirotto, gridò, e proprio nello stesso momento quell’intero mondo iniziò a collassare su se stesso, a frantumarsi.

 

“Che… che succede?”, si domandarono in pratica tutti quelli del Mahora quando videro suolo e cielo riempirsi di crepe e andare in pezzi.

Ci fu un lampo di luce e si ritrovarono davanti al portale da cui erano entrati.

La preoccupazione per quel terrificante terremoto e la sorpresa per il loro ritrovarsi lì, furono superati solo dalla sorpresa di vedere Konoka con in braccio Setsuna.

“Konoka… ma come…”, farfugliò Negi.

“Usciamo da qui”, ordinò la nipote del preside.

 

Evangeline, sempre più preoccupata, tirò un sospiro di sollievo quando vide i suoi compagni uscire dal portale, ma volle nasconderlo.

“Quindi alla fine ce l’avete fatta, idioti. Peccato, se morivate avrei avuto dei seccatori in meno di cui occuparmi”.

“Certo, Evangeline, certo”, le rispose Takamichi ammiccando.

“Cosa vorresti insinuare?”, minacciò lei.

“Guardate!”, esclamò Kotaro.

L’albero iniziò a marcire sempre più velocemente, fino a ridursi in un mucchietto di polvere.

“Lo spirito di Yuno Gasai: dopo che l’ho sconfitta, alla fine è stata lacerata dal conflitto tra una speranza basata su un’illusione e la consapevolezza di ciò”, spiegò Konoka.

“Capisco… un momento! Konoka, ma tu come fai a saperlo? Perché sei vestita in quel modo? Stai bene? Yuno ci aveva detto che eri morta! E perché Setsuna è con te?”, chiese a raffica Asuna.

La sua compagna di stanza sembrò ammiccare con lo sguardo, poi i suoi abiti tornarono quelli di sempre e si afflosciò insieme a Setsuna. Le due ragazze furono afferrate da Takamichi e Mana prima di cadere a terra.

Lentamente Konoka si guardò intorno. “Uhn… cosa… cosa è successo?”

Negi si chinò su di lei. “Non ricordi?”

“Uh? Ricordare cosa? Ma… Setsy?! Dov’è Setsy?”

“Qui”, la tranquillizzò Takamichi, “e sta bene, non preoccuparti”.

“Meno male”, disse allora lasciandosi sfuggire qualche lacrima.

“Ora rientriamo, è stata una notte sicuramente piena”, terminò Kaede.

 

“Questo è tutto, signor preside. Che cosa può essere successo?”

Konoemon si massaggiò la barba. “Be, professor Negi, penso che abbiamo appena assistito a una nuova dimostrazione dell’immenso potere di mia nipote”.

“Ma stavolta è stato del tutto diverso, ci ha recuperato e teletrasportati subito davanti al portale, e ha pure detto di aver sconfitto Yuno. Tuttavia Konoka è una guaritrice, giusto?”

“Oh no, professore. Quella è solo la manifestazione principale del suo potere, che tuttavia può compiere tante altre cose. Eishun non le ha riferito nulla durante la vostra gita a Kyoto?”

A quel punto Negi rammentò le parole dell’amico di suo padre, che gli aveva detto quanto fosse smisurato il potere di Konoka, capace di controllare la magia e superiore anche a quello del leggendario Thousand Master.

Rievocando lo sguardo che aveva visto quella sera, si rese conto di averlo già visto alla città del cinema, quando Konoka aveva salvato Setsuna da una caduta mortale. E l’evocazione di quel demone gigantesco…

“Quindi in determinate situazioni, Konoka è controllata dal suo subconscio e riesce ad accedere interamente al suo potere. Però quello che ha fatto oggi è ancora più incredibile dei fatti di Kyoto. Come mai?”

“Sta crescendo, professore. La mia nipotina sta crescendo, tutto qui”, spiegò semplicemente Konoemon.

“Capisco”.

“Su, non si assilli con tutte queste domande, questa faccenda è finita bene: Sakurazaki è salva, voi tutti state bene e un pericoloso spirito è stato neutralizzato. Ora vada a dormire, domani la attendono le lezioni, professore”.

Negi annuì, fece un inchino e lasciò l’ufficio del preside.

 

“Setsy, ti serve qualcosa?”

“No, davvero, Konoka, non mi serve nulla”.

“Konoka, per favore, smettila. E’ già la nona volta in due minuti che le chiedi se le serve qualcosa”, la riprese Asuna. “Sta bene, deve solo riposare e già da domani potrà tornare a lezione”.

Le tre ragazze erano in una stanza dell’infermeria, Setsuna stava a letto, e Konoka, seduta al suo fianco, non aveva fatto altro che offrirle cibo, bevande, acqua, fumetti, una radiolina per la musica, una console portatile per videogiochi, dei pupazzi con cui giocare e chi più ne ha, più ne metta.

Quando un orologio segnò mezzanotte e mezzo, Setsuna lanciò uno sguardo ad Asuna, che annuì.

“Ora si è fatto tardi, Konoka, e Setsuna deve riposare”.

“Eh? Ma io voglio restare ancora con lei!”

“E’ tutto finito, Konoka, e penso che tu abbia già fatto tantissimo per me, quindi meriti una buona dose di riposo. Vai pure”, le disse la spadaccina.

“Uffa, e va bene. Però domani, voglio che tu sieda al mio banco, Setsy, così ti potrò controllare meglio”.

“Come desideri”.

“Adesso andiamo. Ci vediamo domani, buona notte”.

“Anche a voi, Asuna”.

Una volta che le sue due compagne furono uscite, Setsuna si rilassò sul letto.

“Accidenti, che razza di situazione ho vissuto. Prima Tsukuyomi, ora quella Gasai: ma perché attirò così tanto le maniache? Comunque, per quanto riguarda i miei sentimenti verso la mia principessa, un giorno dovrò confessarglieli, ma solo quando sarò abbastanza maturata, così quel momento non mi spaventerà più e saprò accettare qualunque sua risposta. Per ora, va bene così, mi basta starle vicino”.

Chiuse la luce e si addormentò.

 

Quando Asuna e Konoka rientrarono nella loro stanza, Negi era già a letto, quindi loro, cercando di non fare troppo rumore, iniziarono a spogliarsi per indossare i pigiami.

La vista del letto, unita alla consapevolezza che Setsuna era ormai al sicuro, aveva permesso alla stanchezza e al sonno di prevalere su Konoka, che ora sbadigliava vistosamente.

“Senti, Konoka, ma tu non ricordi nulla di quanto hai fatto contro Yuno?”

“No, però ho una strana sensazione”.

“Quale?”

“Quella di essere stata io il cavaliere questa volta. Buffo, no?”

“Sì, un simpatico rovesciamento dei ruoli”.

Aprendo il cassetto della biancheria, Asuna ci trovò dentro Kamo: lo prese per la coda, andò fino alla porta e lo calciò fuori.

“Maledetto ermellino pervertito! Comunque, considerato cosa ha scatenato tutto il casino di oggi, vorrei proprio chiedere una volta per tutte a Konoka cosa prova per Setsuna”.

Ma quando si girò, vide l’amica a letto e già addormentata.

“Pazienza. Chissà, forse questa faccenda finirà come quelle storie dove i lettori possono vederci quello che vogliono”.

 

  
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