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Autore: gaeshi    30/11/2012    1 recensioni
Tokyo, sera inoltrata; un qualunque vicolo con cassonetti e immondizia sparsa.
“Facciamo una scommessa?”
La bambina comparsa davanti a lui sembrava uscita da un film horror; apparsa dal nulla, capelli lunghi, scarmigliati e decisamente sporchi, vestiti macchiati e dai bordi a tratti lacerati. Qualunque studente avrebbe provato un minimo di timore, inquietudine, o alla peggio fastidio. Yoichi Hiruma, invece, esibì il ghigno che già a quindici anni lo caratterizzava e si fermò.
“Sentiamo”
Il quarterback dei Deimon non la racconta giusta alla sua squadra; ha una sorella, diabolica quasi quanto lui, ma nessuno sa quale sia il legame che li unisce... Forse nemmeno loro. Dal reciproco sfruttamento all'amore il passo non sembra breve... La strada per il Christmas Bowl sarà abbastanza lunga da aiutarli, o porterà solo imprevisti e problemi?
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Deimon Devil Bats, Nuovo personaggio, Youichi Hiruma
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incest
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“Fermati qui, Rui”
Il centauro accostò la moto di fronte ad un chiosco con un polpo col cappello da cuoco sull’insegna.
“Eh? Perché qui?”
“Perché voglio dei dannati takoyaki, ho mangiato per mesi quello schifo che mi davano in ospedale, devo rifarmi la bocca!”
Habashira conosceva la prassi, e con uno sbuffo si tolse il casco e chiese:
“Ok, ok, quanti?”
“Tanti. Paga mio fratello”
-Bambina viziata- pensò l’altro, ma dentro di sé sorrise, e si mise in fila per eseguire l’ordine richiesto. Era contento fosse tornata, saperla in un letto d’ospedale lontano mille miglia non era un pensiero confortante. Si erano sentiti ogni tanto per e-mail, quando l’annoiatissima Yoni cercava contatti col mondo, ma le notizie sulla sua effettiva condizione erano sempre top secret. O meglio, quando Rui aveva provato a chiederle come stesse, o se c’erano miglioramenti, la risposta era stata “Sto benissimo, mi sto solo godendo il clima del Nevada”. Poco credibile data la posizione geografica di Las Vegas, ma sempre più gentile di un “Fatti i cazzi tuoi” nel più perfetto Hiruma style. Segno, questo, che la Principessa Demoniaca stava davvero male.
Il ragazzo tornò pochi minuti dopo con due confezioni da venti di profumatissime palline di polpo; si aspettava che Yoni vi ci si avventasse sopra, ma lei si limitò a prenderle e a dare un secco ordine di partenza. Sempre più perplesso, il leader dei Chameleon ubbidì in silenzio.
 
Quando arrivarono, Yoichi e Agon li avevano preceduti da un pezzo, e li stavano fissando in cagnesco.
“Quanto cazzo ci avete messo? Guidi come una nonnetta, rifiuto in carriola!”
“Non osare offendere la mia moto! Si è voluta fermare, prenditela con lei!”
“Agon, piantala di lamentarti e prendi questi, piuttosto” fece Yoni troncando la discussione, e mollando le scatole all’asso dei Naga “Nii-shit, il mio bolide, grazie”
“L’abbiamo già portato su, spiacente”
“E io come cazzo salgo, volando?”
Hiruma ghignò, si avvicinò alla moto e senza tanti complimenti prese in braccio la sorella.
“Sei un bastardo, Nii-dick”
“E dov’è la novità?”
“Fuck. Ehi, voi due, se vi piacciono i takoyaki potete salire a mangiarne un paio”
L’invito era secco e veloce, ma era una cortesia inaspettata. Istintivamente, i due sentirono puzza di trappola e rifiutarono.
“Nah, grazie, ma il polpo mi fa schifo” fu la scusa di Agon, mentre Habashira si inventò che aveva un allenamento con i suoi compagni e sfrecciò via sulla sua motocicletta.
“Toh, riprenditi questa roba fetida. E fatti sentire, se ti serve qualcosa”
Agon esibì lo splendido sorriso con cui conquistava tutte le ragazze che si portava a letto, poi restituì i takoyaki a Yoni e si rimise alla guida del fuoristrada.
“Bene, dato che ci tieni tanto, portami su”
“Prova a chiedermelo nel modo giusto, Nee-shit”
La ragazza sbuffò, poi appoggiò le labbra contro il collo candido del quarterback, le dischiuse piano… E gli diede un morso. L’altro non si mosse, continuando a sogghignare, finché alla fine fu lei a cedere, brontolando.
“I missed you so fucking bad”
“Kekeke, sei quasi un’americana ora”
Continuava a prenderla in giro, ma era sinceramente preoccupato dalla situazione; Yoni pesava pochissimo, aveva notato quanto fosse dimagrita nonostante indossasse abiti larghi e chiari per mascherare la cosa, ma adesso che la teneva stretta a sé e percepiva tutto il suo scarso peso si rendeva conto di quanto l’ospedale l’avesse debilitata.
Senza aggiungere commenti ulteriori, si infilò in ascensore e raggiunse la porta del loro appartamento.
 
Appoggiò la sorella sul tavolo della cucina, le gambe inerti che sporgevano dal bordo, e, finalmente soli, si concesse il lusso di guardarla negli occhi con la dovuta attenzione.
Quello che vide gli strinse la gola. Cercò di mantenersi impassibile, nonostante lo sguardo sospettoso di Yoni, e le sfiorò una guancia con le dita sottili.
“Cosa c’è, Nii-dick?”
-Nulla, a parte il fatto che ti sei rotta e che non ho potuto fare niente per impedirlo, che ho messo al primo posto me stesso e gli allenamenti, e che non ho considerato l’effetto che nostra madre avrebbe avuto su di te-
“Nulla”
“Perché mi dici balle?”
-Perché la verità è che sono un povero cretino che non ha saputo proteggere l’unica cosa davvero importante, e che adesso non trova niente di meglio da fare che farsi assalire dai sensi di colpa-
“Non lo sto facendo”
Yoni cominciava ad irritarsi. Era finalmente riuscita a tornare a casa, desiderava solo un momento tranquillo tra le sue braccia, e quel fratello idiota si comportava così?
“Nii-dick, dimmi che cazzo hai”
Il quarterback, in risposta, chiuse gli occhi e la abbracciò stretta, stringendola a sé e appoggiando il viso contro i suoi capelli biondi.
“Mi dispiace”
Yoni sgranò gli occhi, chiedendosi se la degenerazione avesse portato ad un indebolimento del canale uditivo, ma quando vide che Yoichi non accennava a spostarsi capì di aver sentito bene. Tuttavia, si trovò a rispondere “Eh?”
“Ti ho lasciato lì. Dovevo riuscire a farti tornare subito in Giappone. Non ho pensato a quanto male ti avrebbe fatto restare tanto a lungo con... Lei”
In silenzio, Yoni gli accarezzava i capelli, quasi distrattamente. Hiruma le stringeva la camicia, continuando ad insultarsi.
“Sono un idiota. Un’emerita testa di cazzo. E...”
“Piantala”
La ragazza gli tirò i capelli e lo fece spostare all’indietro, per guardarlo negli occhi. Era seria, quasi severa, ma il suo tono non riusciva a mascherare una nota di dolcezza.
“Sto bene, scemo. Se non fossi rimasta là, avrei perso l’occasione di essere curata da uno dei migliori medici al mondo. Ho rischiato seriamente di morire, e lei è riuscita a recuperarmi ogni volta. Ad ogni modo, sarebbe riuscita a farsi trasferire in qualunque ospedale fossi andata. Quindi piantala, va bene?”
Appoggiò la fronte contro la sua, sussurrandogli a fior di labbra:
“Mi sono indebolita, sì, lo ammetto. Dammi un po’ di tempo e tornerò più forte di prima... Ma tu stammi vicino, questa volta”
Lo baciò, per togliergli l’imbarazzo di rispondere. Era vero, si era rammollita fin troppo, ma poteva preoccuparsene più tardi; quelle labbra, quel sapore di menta, quel sentire i loro corpi così vicini... Ecco cosa le era mancato davvero. Yoichi che la stringeva a sé e la baciava, facendole dimenticare qualsiasi cosa, sprofondando con lei nel più dolce e desiderato degli oblii.
 
Due giorni dopo, Hiruma, accompagnato da Musashi e il suo furgone, si recò all’ospedale del quartiere –una costruzione di stampo simil-medievale che sembrava essere particolarmente apprezzata dai liceali che giocano a football- per andare a prendere sua sorella dopo la riabilitazione.
“Io vado da mio padre, fammi uno squillo quando volete andare”
“Tranquillo, non dovremmo metterci molto”
Masticando chewing gum alla menta, il quarterback raggiunse la palestra dell’ospedale, dove, attraverso una vetrata, vide sua sorella che si reggeva in piedi grazie ad una specie di manichino pieno di cinghie e maniglie. Era affaticata, era evidente che senza quell’affare sarebbe crollata, ma già il fatto che le gambe la reggessero era una notizia formidabile; significava speranza.
Quando Yoni lo vide entrare gli rivolse un’occhiata di trionfo, come a dire “Te l’avevo detto che non c’era da preoccuparsi!”. Riuscì perfino a staccare una mano dal sostegno per sistemarsi i capelli con noncuranza.
Yoichi sorrise, mascherando subito quel gesto con un ghigno.
“Allora, quando ricominci ad essere autonoma? Sono già stufo di portarti in giro”
“Fuck you, Nii-dick. Vieni più vicino e stai fermo un attimo, così vedo di darti un calcio”
“Ah-ha. Dottore, posso portarla via, vero? Avremmo da fare”
“Uh... Certo. Ci vediamo domani mattina, Yoni-san. Per oggi riposati, mi raccomando, o...”
“…O le capsule sinoviali si rompono e le articolazioni si bloccano, sì, lo so. A domani”
Mentre la accompagnava verso gli spogliatoi, Yoichi commentò sarcasticamente:
“Dev’essere appagante averti come paziente...”
“Ehi, non è colpa mia se ne so più di loro!”
“Quindi, dottoressa, com’è andata oggi?”
“Hai visto anche tu, no? Comincio a riacquistare sensibilità, vuol dire che i nervi stanno ricominciando a lavorare e che la malattia è in decorso. Con un sostegno, riesco a stare in piedi. Per domani voglio muovere le ginocchia”
“Ottimo. Sei più utile in piedi”
“Già, e mi annoio di meno. Ok, mi do una sistemata e possiamo andare, spero tu non sia venuto in autobus”
“Guarda, pensavo di venire a dorso di cammello poi ho scoperto che li avevano finiti”
“Segnati lo struzzo per la prossima volta, è più elegante”
  
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