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Autore: FireMC    30/11/2012    2 recensioni
Ho sempre amato molto la coppia KeixHil e mi dispiace molto non aver più letto fanfiction su loro due. Questa è un'idea che avevo da un po' di anni. Ho preso ispirazione dai libri della Confraternita del Pugnale Nero, la storia parlerà di vampiri ed avrà appunto per protagonisti Kei ed Hilary. Spero possa piacervi.
Genere: Azione, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Capitolo 2


 

Settembre era iniziato e, con esso, anche il periodo scolastico, interroto durante i mesi estivi.

Al Collegio Sant'Anna le lezioni erano state riprese, noiose ed impegnative, fin dai primi giorni, poichè dal lontano 1919, data della fondazione ad opera dell'ormai defunta educatrice Kaori Suzumiya, si occupava dell'istruzione delle rampolle dell'alta società giapponese.

Hilary Tachibana non era una ragazza di buona famiglia, lei nemmeno ne aveva una per quanto ne sapeva. Era nata in quel collegio e da allora aveva sempre vissuto lì, per gentile concessione della direttrice Sanae Minamino.

Tutto ciò di cui era venuta a conoscenza, era il nome di sua madre, Kira Tachibana, dalla quale aveva ereditato il conognome e l'enorme ed elegante stanza in cui alloggiava, che era precedentemente appartenuta a lei, ai tempi in cui frequentava quello stesso istituto.

Hilary aveva spesso fantasticato su di lei, sapeva con sicurezza che le somigliava molto nei tratti del viso e che era di poco più bassa di lei, ma ben proporzionata, come testimoniavano le misure delle divise del collegio che aveva trovato nel grande armadio a quattro ante accostato alla parete.

Aveva una passione sconfinata per la lettura e per la fotografia, nel grosso baule ai piedi del letto erano infatti custoditi vecchi romanzi, libri di psicologia, ritagli di riviste, manuali di fotografie e molti album, tutti contenenti le foto scattate da sua madre. Tra queste, molte mostravano il pancione di sua madre, fotografato da diverse angolazioni, dal primo all'ultimo mese di gravidanza.

Una foto in particolare l'aveva colpita, sua madre si era posizionata davanti allo specchio appeso difronte al letto a baldacchino, dovevano mancare pochissimi giorni al parto, infatti il suo pancione era enorme e sopra, vi aveva disegnato il viso sorridente di un bambino. Il momento in sè non era nulla di speciale pensandoci bene, ma quello era lo scatto che Hilary preferiva perchè era l'unico di lei e sua madre insieme. Il suo volto morbido e roseo splendeva di un sorriso felice e pieno di vita, incorniciato dalle lunghe onde di riccioli castani.

Hilary tante volte si era chiesta, che cosa avesse provato sua madre mentre lei le cresceva dentro, se qualche volta si fosse sentita spaventata, o se l'amore, che fin da subito aveva provato per lei, fosse stato grande a tal punto, da non lasciar il minimo spazio per alcun sentimento negativo.

Le era stato detto molte volte che era figlia del peccato, una vergogna, un mostro, un abominio che non aveva diritto d'esistere, ma lei non si era mai sentita così. Sapeva che sua madre l'aveva amata e desiderata intensamente, fin dal primo momento in cui aveva saputo di essere incinta.

Purtroppo era morta per cause sconosciute poco tempo dopo averla messa al mondo, appena tre giorni dopo il suo diciottesimo compleanno, il tredici giugno.

La direttrice Minamino si era presa l'incarico di accudirla, istruirla ed assicurarle vitto e alloggio all'interno del collegio almeno fino al compimento della maggiore età.

L'anno prima, quando Hilary si era accorta che poco tempo ancora mancava al tredici giugno del suo diciottesimo compleanno, aveva fatto di tutto per trovare un lavoro che potesse aiutarla a mantenersi autonomamente e a pagare l'affitto della stanza alla signorina Minamino, perchè non si sentiva pronta ad abbandonare il luogo dove ancora sentiva forte e viva la presenza di sua madre, se avesse abbandonato il collegio, sentiva che il, già sottile, rapporto che la legava a lei, sarebbe andato inevitabilmente distrutto.

Fino a quel momento la direttrice in persona si era occupata di provvedere dal lato economico ad ogni suo bisogno, poichè i suoi nonni materni, unici parenti che ancora aveva, con lei non avevano mai voluto avere nulla a che fare.

Per quanto riguardava suo padre, la sua identità era sconosciuta.

Non aveva mai saputo nulla su di lui, ma non lo aveva mai visto come un problema, in tutti quegli anni non si era mai presentato per riprenderla e ciò poteva significare solo due cose: o non sapeva della sua esistenza, o più semplicemente non gli interessava; in entrambi i casi però Hilary sentiva, che non avrebbe mai potuto fargliene una colpa.

Tutto sommato non se la passava affatto male, finchè aveva un tetto sulla testa.

In alcuni momenti, sentiva però il bisogno di sapere chi era, dov'era e se magari, qualche volta, pensasse a lei e sua madre, chiedendosi se stessero bene o no.


 

Ryo, nonostante il cattivo esito avuto dalla chiacchierata con Kai, non si era lasciato sorprendere dall'improvviso attacco alle sue spalle, evitò con grazia un dardo contenente una dose di sonnifero sufficiente a stendere un elefante e rapidamente si portò alle spalle del nemico, afferrandolo per il colletto della tuta mimetica, che indossava e sbattendolo con violenza contro il tronco dell'albero, dietro cui si era appostato.

Il Soldato dell'Organizzazione Cacciatori di Tokyo, era un esemplare ben piazzato, alto quasi un metro e novanta, ad occhio e croce in un'età compresa tra i venticinque e i trent'anni.

Aveva i tratti tipici di tutti i membri dell'organizzazione: testa rasata, occhi neri e vacui, simili a quelli di un animale e una mezzaluna impressa a fuoco sulla pelle sensibile del collo, proprio sotto l'orecchio sinistro.

Non era nella natura dei soldati mostrare paura di fronte alla preda, erano addestrati unicamente a combattere ed uccidere, ma ciò di cui non si rendevano conto era che, nel caso si fossero trovati a sfidare uno dei guerrieri della Cofraternita delle Bestie Sacre, i ruoli sarebbero stati irreparabilmente capovolti.

Ryo frugò impaziente tra le tasche della divisa del nemico, recuperando un piccolo telefono cellulare e un biglietto, su cui erano state scritte in modo disordinato le indicazioni per raggiungere il molo.

-Ti diverti senza di me fratello?-

Ryo ghignò lasciando intravedere il bagliore bianco delle zanne, senza però staccare gli occhi di dosso al soldato.

-Non oserei mai Boris.-esclamò ridacchiando, mentre dietro di lui, l'elegante figura del compagno si avvicinava, seguita da quella minuta di Ivan.

-Che cosa abbiamo qui?-chiese entusiasta proprio quest'ultimo, puntando gli occhietti scarlatti sul viso del soldato, mentre con una mano guantata si sistemava i grandi occhialoni da aviatore sopra i lunghi capelli dallo strano colore blu, legati in una coda bassa.

Ryo allentò la presa sul collo della sua vittima, lasciando che questa ricadesse pesantemente a terra ed invitò il piccoletto a farsi avanti.

Ivan non perse tempo e subito estrasse dalla fondina, nascosta sotto il giubbotto marrone, la sua Magnum, sparando al petto del nemico, di cui non rimase altro che un mucchietto di cenere a terra.

-Abbiamo una pista.-comunicò Ryo agli altri due e senza perdere tempo, prese ad avviarsi a grandi passi nel parcheggio dove aveva lasciato la sua Lamborghini Gallardo nera. Sorrise appena, ripensando al fatto, che l'aveva comprata per la sua bambina, come regalo per il suo diciottesimo compleanno.

-Dove si va a fare casino?-chiese Boris incastrandosi di fianco a lui in auto, dovendo obbligatoriamente piegare le gambe troppo lunghe, per poterci stare.

-Al molo.-rispose passandogli il biglietto, sottrato precedentemente al soldato.

Boris esaminò attentamente il piccolo pezzo di carta e con la coda dell'occhio, Ryo potè facilmente notare le sue iridi grigio fumo splendere per l'eccitazione, che solo la lotta ed il sesso erano in grado di provocare nell'amico.

Abbandonaro l'auto prima di arrivare al luogo di incontro, indicato sul biglietto e proseguirono a piedi, stando ben attenti a muoversi con circospezione, per non essere notati, in caso ci fosse stato qualcun'altro lì oltre a loro.

La banchina sembrava deserta e solo il rumore provocato dall'acqua rompeva l'inquietante silenzio di quel luogo.

"Dividiamoci"comunicò Ivan agli altri due, che subito presero direzioni opposte, perlustrando ogni angolo del porto.

Quel luogo era troppo calmo e Ryo aveva uno strano presentimento, mentre si aggirava nei dintorni e si avvicinava sempre più al pontile, dove erano attraccate le barche, tenendo occhi ed orecchie ben aperti.

Troppo tardi si accorse della figura nera che gli era strisciata accanto e non potè fare nulla per evitare il dardo, che aveva colpito la sua coscia destra.

Si voltò furioso, mentre il suo ringhio attirava l'attenzione dei suoi compagni.

Con la mano destra afferrò il dardo, strappandolo dalla carne, per poi utilizzarlo per colpire il nemico in pieno viso, rompendogli molto probabilmente il setto nasale e le ossa della parte sinistra del cranio.

Un secondo ed un terzo soldato arrivarono in aiuto del compagno, assalendo Ryo contemporaneamente, ma entrambi fungevano solo da diversivo, poichè, mentre lui era impegnato a disfarsi di quelle noiose scocciature, una quarta unità ebbe il tempo di sparare un'altro dardo nella sua direzione, colpendolo alla schiena, ma non fu ancora sufficiente a fermarlo.

Nonostante la vista cominciasse a diventare sempre meno nitida e le forze iniziassero ad abbandonarlo, abbattè comunque un pugno sulla testa di uno dei soldati, sfondando le ossa e provocando zampilii di sangue tutto attorno a loro, i tre rimanenti furono costretti ad intervenire contemporaneamente, iniettandogli attraverso una siringa un'ulteriore dose di sonnifero per ridurlo in ginocchio.

Eppure Ryo ancora resisteva, cercando di dare il tempo a Boris e Ivan di raggiungerli, dal momento in cui aveva cercato di richiamarli con il suo grido rabbioso erano passati solo pochi millesimi di secondi, ma non credeva che questi fossero sufficienti, per permettere ai compagni di materializzarsi nel luogo in cui si trovava con i suoi avversari.

Incassò i pugni ed i calci dei soldati, finchè la testa non cominciò a sembrargli insopportabilmente pesante, impedendogli di continuare ad opporsi.

Mentre veniva legato e trasportato sopra ad una delle barche ormeggiate, il suo ultimo pensiero, prima di chiudere gli occhi e sprofondare nel sonno, andò a sua figlia Hilary.


 

Tutto ciò che Boris riuscì a vedere, mentre velocemente compariva a poca distanza dal pontile, seguito in breve tempo da Ivan, era un Ryo privo di conoscenza, che veniva portato al largo sopra ad una barca, con a bordo quattro soldati.

Imprecò sonoramente, mentre al suo fianco il compagno tremava dalla rabbia, ma un sommeso lameto fu in grado di attirare la loro attenzione, catalizzandola sul soldato agonizzante, che nascosto fra gli ormeggi delle barche, tentava di trascinarsi lontano da lì.

Scambiandosi uno sguardo complice, non impiegarono molto tempo a piombare come sciacalli sul nemico.


 

Kai Hiwatari si rifugiò nei suoi appartamenti, tentando di ricercare la serenità perduta pochi istanti prima.

Il colloquio avvenuto con Ryo aveva avuto la capacità di turbarlo non poco e lasciargli l'amaro in bocca, nonchè un fastidioso senso di disagio, che gli stava attanagliando lo stomaco proprio in quel momento.

Ora stava misurando l'intero perimetro delle sue stanze a grandi passi, aggirandosi per quell'enorme spazio come una bestia feroce tenuta in catene.

Lui non era crudele, era di questo che cercava disperatamente di convincersi, da quando aveva lasciato uno sconvolto Ryo al belvedere.

Se gli fosse stata richiesta qualsiasi altra cosa, avrebbe certamente fatto di tutto per aiutare l'amico, ma non poteva pregarlo di guidare una ragazzina ignara attraverso le numerose difficoltà che implicava il momento della mutazione.

Non era mai venuto a conoscenza del fatto che il compagno avesse una figlia, loro erano guerrieri, impegnati in una lotta che da secoli minacciava le loro esistenze e il tempo a loro disposizione per dedicarsi alle donne era sempre stato esiguo per una semplice scopata con qualche sgualdrina e pressochè inesistente per poter avventurarsi in una relazione seria, ma evidentemente si era sbagliato.

Ciò nonostante non poteva fare quello che l'amico gli aveva chiesto; Ryo sapeva, quanto fosse difficile per lui legarsi a qualcuno, figurarsi prendersi cura di una novellina e, cosa ben più importante, la pratica della cessione del suo sangue durante e dopo la mutazione della ragazza, per permetterle di sopravvivere, lo avrebbe inevitabilmente portato ad instaurare un quasi indistruttibile rapporto con lei.

La loro razza era ormai ridotta a poche centinaia di unità isolate, sparse per tutto il mondo.

La difficoltà nel riprodursi naturalmente e il pericolo che si incorreva nel generare nuovi elementi erano alti, per questo un nuovo membro, specialmente se di sesso femminile, sarebbe stato davvero un miracolo per loro, ma a questo lui non avrebbe mai potuto contribuire.

Ryo avrebbe dovuto cavarsela da solo e chiedere ad un altro fratello, di aiutare la sua preziosa figlia.

Si passò svogliatamente una mano tra gli scompigliati capelli corvini striati di grigio, mentre l'insistente squillare del suo telefono cellulare contribuiva a peggiorare il suo umore già nero.

Con uno scatto rabbioso si portò il ricevitore all'orecchiò.

-Che c'è?-ringhiò.

Chiunque fosse all'altro capo dell'apparecchio telefonico, non si lasciò spaventare da quella brusca reazione, evidentemente c'erano questioni ben più importanti da affrontare ed il nervosismo di Kai passava automaticamente in secondo piano.

-Capo, abbiamo un problema al molo.-


 

Quando Ivan e Boris ebbero terminato di raccontargli ciò che era accaduto al molo, del pregiato mobilio con cui era stato arredato il salotto che precedeva la camera da letto, rimaneva ben poco a causa della furia cieca di Kai.

-Non è distruggendo l'arredamento, che risolverai il problema.-commentò pacatamente Yuri, facendo il suo ingresso nella stanza, unendosi agli altri già seduti sull'unico divano, fortunatamente rimasto ancora intatto.

Una lampada di ceramica dipinta passò a pochi millimetri dalla guancia del nuovo arrivato, infrangendosi contro il muro alle sue spalle, ma questo non lo fece scomporre.

Appena Kai si fu calmato, gli altri cinque individui presenti nella stanza si scambiarono sguardi agitati, attendendo ordini.

Intuendo il loro disagio e la loro impazienza, Hiwatari voltò loro le spalle e con voce stanca diede le prime istruzioni.

-Cercate ogni informazione possibile, dobbiamo trovarlo al più presto.-strinse forte i pugni, fino a sbiancarsi del tutto le nocche delle mani.

Se avevano catturato vivo un membro della confraternita, ciò significava guai seri per tutti loro, evidentemente volevano costringere Ryo a parlare riguardo i loro ritrovi, i loro progetti e ogni possibile punto debole dei fratelli, così da poter mettere le basi per un piano atto a distruggerli definitivamente.

Sapeva che Ryo non avrebbe rivelato nulla, meglio la morte della resa.

Sperava solo che il compagno fosse abbastanza scaltro e prudente da evitare di farsi ammazzare subito.

-Questo è tutto?-chiese Rei, già diretto verso l'uscita.

Kai annuì, lui aveva altro da fare.

Quando gli altri lo ebbero lasciato solo, chiamò l'anziano servitore che da diversi decenni si occupava di Ryo.

Il vecchio Jay Kinomiya si affrettò a raggiungere villa Hiwatari, giustamente preoccupato per l'incolumità del suo padrone e dopo aver appreso con rammarico gli ultimi avvenimenti che lo avevano coinvolto, non esitò un solo istante a mettersi a completa disposizione per contribuire alle sue ricerche.

-Gli altri se ne stanno già occupando.-spiegò Kai,-Ho bisogno di un altro favore da te Jay...dove posso trovare la figlia di Ryo?-

  
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