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Autore: Aurelia major    18/06/2007    6 recensioni
Cosa succede quando una persona amabile e amichevole ne incontra una scontrosa e sarcastica ? Guai probabilmente , anche perché c'è chi vuole assolutamente fare amicizia e chi cerca d'impedirglielo a tutti i costi ...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Era una giornata tendente al grigio quella e il tenue bagliore che filtrava dalle nuvole attraversava fioco le finestre e le porte del centro ricreativo cittadino. Tuttavia, sebbene il bel tempo non sorridesse a quella che doveva essere una giornata di festa e di sport, l’andito era imbandierato a dovere e una discreta calca si stava già addensando all’interno. Gruppetti di persone gironzolavano qua e là ingannando l’attesa, poiché c’era ancora un’ora buona d’aspettare prima che l’evento prendesse il via. E c’era chi sostava davanti allo stand degli articoli in vendita e chi si soffermava a leggere le brochure che illustravano ampiamente quali servizi offrisse quella moderna struttura. E man a mano che trascorrevano i minuti e l’affluenza aumentava, l’ingresso si trovò ad essere stipato di gente, cosa che casualmente favorì l’entrata ad effetto di colei che per indole e necessità tendeva sempre a stupire.

In effetti, quando l’imponente figura di Haruka attraversò la soglia, oscurando per un istante con la sua stazza il cono di luce, chi si trovò a volgere lo sguardo in quella direzione restò catturato. Razione che in crescendo contagiò, col progredire del suo avanzare, la totalità dei presenti. Poiché ebbe la fortuna sfacciata di trovarsi ad inoltrarsi tra due ali di folla, ressa, che trovandosi ai fianchi dell’andito, involontariamente divenne spettatrice e claque del suo cammino. In quella marea di figure medie e dalle nere chiome brillava come un faro al buio, attirava l’attenzione e, rendendosene perfettamente conto, con l’istrionismo che le era proprio, fece in modo di dare al popolo ciò che il popolo voleva.

Con molta spontaneità rese il suo incedere più sciolto, quasi dinoccolato, come se in quel modo avesse voluto sottolineare vieppiù l’alta statura e il suo svettare sulla maggior parte di loro. Badò tuttavia ad evidenziare una certa grazia felina nel movimento, allo scopo di non apparire troppo impettita, godendosi al contempo la sensazione incomparabile di abbagliare dei perfetti sconosciuti.

Oggi era qui in veste di semplice spettatrice, ciononostante, memore della faccenda dei diversivi plausibili, oltre che dello scopo secondario che l’aveva condotta in questa sede, le piaceva creare un po’ di scompiglio attraverso la sola magnificenza della sua fisicità. Nondimeno non era semplice vanità la sua, benché ammettesse di esserlo un tantino di troppo, ma obiettivamente era consapevole che c’era dell’altro. La verità era che per anni aveva conosciuto solo l’altra faccia della medaglia, ovvero quella di essere un nessuno, uno zero a cui finanche il diritto dell’apparenza era negato. E ,ora che stava vivendo la situazione all’opposto, adesso che era ad un passo dagli ambiziosi sogni di gloria e di rivalsa che da allora aveva iniziato a covare, tendeva ad amplificare al massimo qualsiasi effetto circostanziale. Fermo restante l’indubbia importanza dei possibili acchiappi femminili che potevano derivarne. Anche se stavano diventando una pericolosa fissa di cui presto o tardi si sarebbe dovuta occupare.

Ad ogni modo non era questo il momento per impensierirsi con simili bazzecole e scrollando le spalle si liberò del problema immettendosi nel varco che s’inoltrava verso il locale della vasca olimpionica. Procedé fendendo il brusio degli astanti e coloro che l’incrociavano, per lo più liceali come lei, sebbene ci fosse anche un certo numero di adulti e quelli che identificò come degli universitari, d’istinto tendevano a farsi da parte per cederle il passo. In un certo senso era un moto spontaneo, ché il dinamismo con il quale camminava e la marziale bellezza del suo aspetto, facevano sì che si fosse portati a scostarsi un po’ più in là sia per la predominanza che emanava, che per poterla ammirare. Aveva tutto quel che poteva calamitare l’interesse altrui e sprigionava il fascino maledetto di un ufficiale nazista, vestita com’era di un lungo cappotto scuro di foggia militare. Impressione vieppiù intensificata dal volto affilato dall’espressione altera e dal biondo scintillante dei capelli.

Accorgendosene, aveva captato infatti alcuni commenti a quel proposito, Haruka rallentò fingendo di fermarsi a considerare il da farsi. Poi, esibendo una cordialità insospettabile per il suo aspetto fiero, che invero allentò la morsa d’apprensione di quanti l’avevano osservata e che li portò a risponderle con uno spontaneo sorriso, con estrema gentilezza chiese indicazioni ad un gruppetto di studentelli. I ragazzi le risposero piuttosto sopraffatti, al contrario delle ragazze che per contro le lanciavano occhiate timide mentre ridacchiavano tra loro.

Haruka non poteva palesare il ghigno che voleva per forza scoprirle i denti, ma, constatare quel che stava creando con una semplice domanda, la riempiva di soddisfazione. Era evidente infatti che non avevano alcun dubbio sulla sua mascolinità e che per quei ragazzi il rispondere alla sua richiesta d’informazioni fu fonte di inspiegabile nervosismo.

Effetto capobranco!

Pensò ironica, poiché nella loro pochezza persino quelle mezze seghe riuscivano immediatamente a captare il sopraggiungere dell’individuo predominante e di conseguenza andavano in tensione vedendo minacciato il loro territorio. Quanto alla frangia femminile, per lo stesso motivo supponeva, si sarebbero a lungo ricordate di lei. E non tanto per il modo in cui si accomiatò, per la cronaca, con un galante ammicco di ringraziamento e un sorriso scintillante, quanto perché lo spirito atavico della donna è portato a cercare il meglio per sé e per la sopravvivenza della specie. Naturalmente quelle non potevano sapere che in questo senso sarebbe stata utile come un frigorifero al Polo Nord, ma, visto che attorno a lei chiunque altro scompariva fino a diventare parte integrante della tappezzeria, non poteva certo biasimarle! Ah, che bello che era svettare sugli altri umiliandoli!

Sogghignando tra sé e sé per quel siparietto ben riuscito e, accompagnata dal rimbombare ritmico dei suoi passi, Haruka si portò nella sala dove si trovava la piscina principale e salì fino all’ultima gradinata per andare a sedersi sugli spalti ancora vuoti. Una volta tanto però il suo non era un volontario isolamento, quanto il desiderio di evitare di aver noia da quanti potessero trovarsi alle sue spalle. Effettivamente era difficile vedere al di là della sua stazza quando si piazzava davanti a qualcuno e, visto che le capitava spesso, di preferenza sostava sempre ultima in qualsiasi fila. Inoltre da quel punto poteva vedere tutto e allo stesso tempo chiunque poteva distinguerla da lontano, l’ideale per i suoi scopi.

Arricciò il naso infastidita, l’odore acre e vagamente chimico del cloro dell’acqua si avvertiva persino da lassù. Si alzava in nuvolette di vapore saturando l’ambiente circostante, sebbene quel posto fosse decisamente ampio e ben areato. Quel giorno si sarebbero tenute le prime gare di nuoto del nuovo anno, al mattino avevano disputato le categorie minori, laddove di lì a poco avrebbero concorso le studentesse dell’ultimo e penultimo anno delle superiori. L’elite agonistica delle migliori scuole di Tokyo e provincia era radunato qui oggi, ché quello che si sarebbe conteso era un banco di prova importante per chi aveva intenzione di andare lontano in quello sport. C’era un non so che nell’aria che dava il sentore della determinazione di quanti si apprestavano a rivaleggiare, un misto di costanza e grinta che fece salire alla bionda un rigurgito di rimpianto autentico.

"Presto prenderà il via il campionato di automobilismo." Pensò risoluta scuotendoselo di dosso. "E allora non avrò più tempo per queste nostalgie inerenti al mio tempo d’atleta."

Mancava poco infatti, ormai si era a fine Gennaio e aveva ripreso a lavorare a tempo pieno al conclusivo completamento dello sviluppo della sua monoposto. Si era agli sgoccioli e la macchina non aveva bisogno di ulteriori rifiniture, bensì di rodarsi finché gomme, motore e telaio non fossero stati tarati a puntino. Tanto che stava impiegando tutto il suo tempo libero dividendosi tra il circuito, dove incessantemente girava a velocità sempre maggiori, accumulando chilometri su pista e nell’apposita galleria del vento, e la palestra. Aveva un programma d’allenamento spietato e dei personal trainer che la seguivano non mancavano mai di stupirsi innanzi alla sua tenacia e a quel corpo che sembrava insensibile alla stanchezza. Ma questi non potevano immaginare che Haruka, volando incontro al suo scopo, tendeva ad ignorare sistematicamente ogni limite e non scorgeva altro che il fine che si era imposta.

Sì, non vedeva l’ora di cominciare e mordeva il freno sempre più impaziente in quell’attesa che stava cominciando a diventarle spasmodica. Era insopportabile e le dava quasi un senso di malessere fisico. Detestava l’inerzia e faceva di tutto per occupare il tempo che non dedicava alle future glorie della sua carriera. Probabilmente anche per questo era qui oggi, oltre che per mettersi in vista e, naturalmente, perché l’aveva promesso a quella rompicoglioni di Michiru. Per la verità la violinista non le aveva dato tregua finché non aveva detto di sì e, non fidandosi completamente della sua parola, quel mattino le aveva fatto pure una ulteriore telefonata per assicurarsi che davvero intervenisse.

Darle il mio numero di cellulare è stato un grosso errore.

Pensò la bionda che ormai aveva perso il conto del volume di chiamate e messaggi che giornalmente riceveva sulla sua utenza privata. Di fatto tra Hitomi, Michiru e Shanaya le sembrava di essere bersagliata come un centralino di un call-center impazzito. Senza contare Setsuna che, puntuale come un orologio, le faceva uno squillo tutte le sere. Ultimamente era diventata molto loquace, Haruka sospettava che fosse dovuto un po’ allo stress causato dalla monumentale mole di studio che stava affrontando in vista degli esami di ammissione all’università e un altro po’ per quel che era accaduto qualche settimana prima. In effetti la sera di Natale, subito dopo essersi accomiatata dalla residenza dei Kaiou, avevano avuto tra loro una conversazione telefonica alquanto singolare, ma inevitabile. Del resto alla luce di quanto era accaduto, era inutile tirarla tanto per le lunghe, per cui si era detta che era meglio riannodare subito quel legame sfilacciato, prima che si spezzasse del tutto.

"Auguri bastarda!" L’aveva apostrofata infatti non appena Setsuna aveva alzato la cornetta e per tutta risposta l’altra si era limitata a riderle in faccia all’altro capo dell’apparecchio.

"Altrettanto, carogna! Tutto risolto allora?" Aveva replicato col solito tono caldo, come se l’aspro battibecco che le aveva viste protagoniste non avesse mai avuto luogo o fosse stato meno rabbioso di quel che entrambe ricordavano.

"Tra noi? O tra me e madama la musicista?" Aveva ribattuto la bionda salendo sul taxi che l’attendeva.

"Tra noi mi sembra ovvio. Sai, conoscendoti, ho immaginato che dopo quel che ti ho detto ti fossi precipitata a cercarla col coltello tra i denti. Ora non so di preciso quel che può essere accaduto ma, visto che è quasi mezzanotte e a meno che tu non abbia avuto un soprassalto di coscienza causato dallo spirito del Natale passato, presente e futuro come Scrooge, presumo che abbia passato la sera con lei. Magari a litigare, altrimenti perché chiamarmi e per giunta a quest’ora? Mi sbaglio?" Le aveva chiesto provocandole un moto genuino d’affettuosa intimità. Non sarebbe cambiata mai, sarebbe sempre stata la sua prediletta, adorata, rompiballe e vecchia Setsuna. Ossia, colei che in caso di bisogno non esitava a far la parte dell’infame, oltre che una straordinaria stratega e una figlia di puttana dall’incomparabile operato.

"Figurati, non dovresti neppure domandarmelo, dato che parrebbe tu l’abbia visto nella sfera di cristallo. Pensa te, mi ha messo a decorare l’abete, ma ti rendi conto?" Le aveva chiesto ironicamente provocandole un ennesimo eccesso di risa e da lì avevano preso a discorrere di tutto e niente, proprio come avevano sempre fatto.

Così, con quella chiacchierata spensierata e che nulla di chiarificatore pretendeva, poiché le due pur senza parlare si erano intese benissimo, si erano gettate di comune e tacita intesa quell’episodio alle spalle e il sereno era immediatamente tornato tra loro. Haruka doveva ammettere che era bello riaverla al suo fianco, poiché per quanto i suoi pensieri negli ultimi tempi fossero stati occupati da ben altre cose, la costante presenza di Setsuna aveva fatto sentire la sua assenza.

Viceversa bella non era stata per niente la strigliata che Hitomi le aveva fatto quando le aveva confessato tout court quel che aveva combinato con la figlia del loro datore di lavoro. In quel momento la bionda aveva temuto seriamente per la sua incolumità, ché la sua manager aveva fatto fuoco e fiamme, inoltre, non l’aveva mai udita dire tutte quelle parolacce in una sola volta. In ogni caso avevano urlato entrambe fino a quando non si erano calmate, il che voleva dire che avevano continuato per un bel pezzo. Dopodichè l’aveva convinta a parlarne civilmente e ponendole davanti ad una pinta di birra, quella che la donna preferiva, le aveva esposto le sue ragioni fino a concluderne che forse era stata un pochino sconsiderata. A quest’ammissione di colpa l’altra non aveva potuto che dirsi d’accordo e avevano continuato a discuterne fino al momento in cui, una Hitomi notevolmente più distesa, non se n’era uscita con una frase che riassumeva concisamente il succo della faccenda.

"Credo che manterrà il segreto, ma ti sei messa in bel casino Haruka… Adesso ti toccherà fartela ogniqualvolta vorrà!" Aveva esclamato con un ghigno arguto provocando nella testa della sua interlocutrice la poco confortante visione di una Shanaya in vesti da padrona che armata di una lunga frusta le intimava di andare verso il talamo e di darsi da fare.

Tra i frizzi e i lazzi le aveva descritto quella boccaccesca rappresentazione e ne avevano riso insieme sganasciandosi, ma ripensandoci dopo Haruka ne aveva convenuto. Ché quella pronunciata da Hitomi non poteva che essere una incontrovertibile verità, anche se fino a questo momento era riuscita grossomodo a tenere a bada la passionale fanciulla. Beh certo, con qualche difficoltà indubbiamente, però vista e considerata la situazione in cui era andata a trovarsi, tutto sommato non era andata troppo male.

Era successo infatti che, in prossimità di San Silvestro, Yamamay senior aveva invitato tutto il team a trascorrere le festività dell’ultimo dell’anno nell’albergo che possedeva presso una rinomata località di montagna. Il che voleva servire quale ulteriore motivo d’aggregazione per i suoi collaboratori, nonché quale premio per i risultati che stavano ottenendo in vista delle corse imminenti. Haruka aveva colto la palla al balzo, adorava sciare e poi l’occasione capitava proprio a proposito. Michiru difatti aveva raggiunto i suoi nonni nella natale isola di Kyushu, cosa che l’aveva fatta incazzare alquanto. Aveva creduto infatti che le sarebbe stato chiesto di seguirla, non ci sarebbe andata, ma tuttavia se l’aspettava e ci era rimasta malissimo quando aveva infine compreso che non era affatto intento della ragazza farlo. E, quando si erano viste per un caffé veloce prima della partenza, poco ci era mancato che le facesse una partaccia. Non che fosse suo desiderio fare la conoscenza di quelli che vagheggiava essere due vecchi imbalsamati e dei loro ospiti altrettanto vetusti. Probabilmente se ci fosse andata sarebbe dovuta sottostare per tutto il tempo ad un rigido protocollo di comportamenti e tradizioni che non conosceva, né capiva. Però il fatto che la violinista se ne stesse andando tutta contenta verso le natie sponde e la stesse lasciando da sola a rompersi i maroni, le aveva dato oltremodo fastidio. Alla fine aveva taciuto, per pudore, soprattutto per orgoglio, preferendo non dirglielo, malgrado fino all’ultimo avesse avuto la tentazione di spararle qualche battutina ad hoc in modo da cancellare la radiosa espressione che mostrava.

Che diavolo aveva da essere così briosa? Vallo a sapere, ma lungi da lei palesare il suo scontento. Se ne stette zitta e le augurò buon viaggio, benché avesse un muso lungo così dopo averla salutata.

Certo avrebbe potuto trascorrere le restanti vacanze in compagnia di Setsuna, peccato però che ritenesse fosse troppo impegnata con le sue incessanti sessioni di studio per disturbarla, quindi aveva optato anche in questo caso per il silenzio e le si prospettava un capodanno parecchio triste. Meditò di sbronzarsi fin dal mattino. Poi, per fortuna, Hitomi le aveva comunicato la bella novità e, approntando la sua attrezzatura sciistica, si era detta che qualche giorno su e giù sulle piste non era poi tanto male. Per non menzionare che quello del suo capo più che un invito era una convocazione, per cui non era troppo saggio rifiutare. Vero che c’era l’incognita rappresentata dalla sua spumeggiante figliola, ma per contro, restarsene a Tokyo a gingillarsi non era affatto una prospettiva piacevole. In definitiva aveva accettato con entusiasmo, ci era andata e si era anche molto divertita. Meglio, aveva avuto addirittura l’opportunità di acquistare ulteriore lustro agli occhi dei membri del suo team, in quanto le evoluzioni che aveva compiuto snowboard ai piedi e sulle moto da neve avevano riscosso l’ammirato plauso di tutti i suoi assistenti. E quando poi di sera, complice l’atmosfera rilassata della sala riscaldata dall’immenso caminetto nell’hotel, tutta la truppa si riuniva e si scherzava sorseggiando brandy fino a tarda notte. In questi momenti Haruka si sprofondava in una poltrona accanto al focolare e oziava, lasciando che tutto le scorresse intorno senza parteciparvi. Insomma una bella parentesi per lei e per loro, utile per quando sarebbero ritornati a lavoro.

Sua instancabile accompagnatrice in questi trascorsi era stata Shanaya, la quale, quantunque avesse perfettamente capito che non era il caso di rischiare di farsi beccare insieme a pomiciare, vista la costante presenza di suo padre, era comunque determinata a passare con lei quanto più tempo possibile. Anche perché, considerando che fino all’ultimo l’uomo era stato piuttosto restio alla sua venuta, ora che l’aveva spuntata non si sa come, voleva abituare un po’ alla volta l’intransigente paparino alla presenza di quello che in un futuro mica troppo lontano sarebbe potuto diventare un papabile genero.

Cosicché Haruka, che di questi maneggi nulla sapeva, il che era una fortuna, altrimenti si sarebbe ritrovata con un travaso di bile, si era ritrovata suo malgrado in sua compagnia. Non che le dispiacesse, anche perché Shanaya, mostrandole una insospettata prestanza fisica, aveva sciato con lei per tutto il tempo, seguendola senza indugio persino sulle piste nere, tracciati che affrontavano fregandosene bellamente dei cartelli di pericolo. Chiaramente la ragazza non poteva starle alla pari quanto a velocità, ma nonostante ciò Haruka doveva ammettere che comunque era molto brava e che tutto sommato il fatto che spesso, approfittando della solitudine, le strappasse qualche appassionato bacio, non fosse poi un gran male.

A dire la verità, nonostante i suoi buoni proposti, ad un certo punto aveva preso a dolersi abbastanza di non poter osare di più, soprattutto quando a cena se la ritrovava innanzi che faceva il suo ingresso nella stanza al braccio del papà con indosso abiti griffati e oltremodo attillati. Era uno schianto e sapeva perfettamente di esserlo, inoltre sembrava addirittura che si divertisse a provocarla, per vedere fino a quando avrebbe resistito. Haruka non aveva abboccato, ma occorsa tutta la sua volontà, nonché i tempestivi e provvidenziali interventi di Hitomi, perché l’inevitabile non si concretizzasse. Sentiva pruderle le mani dalla smania repressa e quando avvertiva che ormai stava lì, lì per scoppiare, quella settimana di distensione, che negli ultimi giorni per lei non lo era stata affatto, era terminata e tutti avevano fatto ritorno alle rispettive case.

Da quel momento in poi non avevano avuto occasione d’incrociarsi, giacché entrambe erano state davvero troppo prese dalle rispettive occupazioni, così tutto era tornato alla normalità e, quando Michiru era rientrata, Haruka le si era presentata come se niente fosse, sentendosi perfettamente a posto con la coscienza. Non aveva nulla da biasimarsi no? Era candida e casta come un giglio, tale e quale come quando si erano separate. Come se poi una scopata in più o in meno avessero potuto fare la differenza per la violinista se avesse saputo. Ma visto che non ne era al corrente, queste erano sottigliezze cui non riteneva fosse appropriato badare.

Ad ogni modo da quel momento in poi i giorni di riposo sembrarono finire in un baleno, la scuola era ricominciata e a poco a poco tutto il tran, tran era rispeso. Salvo che per il fatto che durante il weekend lei e Michiru avevano un appuntamento fisso. Infatti, ancorché i loro fine settimana fossero saturi d’impegni, al pomeriggio oppure a pranzo, o meglio ancora la sera, facevano in modo d’incontrarsi. E man a mano che la loro conoscenza s’infittiva, anche la confidenza prendeva piede sempre più profondamente, tanto che, se per caso capitava di non potersi incontrare, pareva ad entrambe che la settimana non fosse completa e che la successiva non lo sarebbe stata finché non si sarebbero ritrovate faccia a faccia. Nulla di trascendentale capitava durante quegli incontri, eppure non mancavano mai di lasciarle un rotondo senso di buonumore addosso. Erano appaganti, trovava nella violinista un senso di completezza che con chiunque altro mancava e sempre più spesso si stupiva di scoprire in lei una persona che non aveva assolutamente sospettato, celata com’era dall’aspetto composto e dignitoso che Michiru presentava.

E l’occasione data da queste gare di nuoto prometteva di rivelare ad Haruka un lato della ragazza che ancora non conosceva. In effetti era molto curiosa di vederla gareggiare, poiché, sebbene non le riconoscesse la sua medesima frenesia indiavolata, non le sembrava proprio il tipo che lasciasse eccellere impunemente qualcun altro sulla sua stessa ribalta.

Comunque, considerazioni agonistiche a parte, dove accidenti s’era ficcata? Sarebbe stato carino da parte sua accoglierla all’ingresso, fosse stato anche solo per trenta secondi, invece di lasciarla a sbrigarsela da sola alle prese col tabellone che riportava gli orari e varie specialità in programma. Tuttavia non era il caso di piantarle una grana per questo, in effetti era stata lei ad essere arrivata abbastanza presto e gli spalti erano ancora semivuoti, tant’è vero che alcune atlete ne stavano approfittando per fare un ultimo riscaldamento ai bordi della piscina.

Haruka poggiò il soprabito sul sedile accanto al suo, si spaparanzò a gambe larghe e, lasciando scendere gli occhiali da sole sul naso, si godette lo spettacolo gratificando le nuotatrici di un’occhiata circolare e decisamente valutativa.

"Certo che il culo a mandolino dovrebbe essere messo tra le specie estinte. Oppure tra i patrimoni mondiali dell’umanità." Pensò ghignando dopo aver attentamente quotato uno per uno tutti i fondoschiena in bella mostra davanti a sé. Poi notò il sopraggiungere dell’ennesima ragazza in accappatoio e se la squadrò con intenti didattici, ossia, ci mise lo stesso impegno che metteva nel risolvere un problema di geometria quando doveva calcolare all’istante e senza dati apparenti, piano, perimetro e profondità della figura data.

"Oh, oh, bella gnocca inscritta in costume sgambato ad ore nove!" Ne concluse riferendosi alla brunetta ben tornita che or, ora faceva il suo ingresso emergendo dal corridoio degli spogliatoi. "Con quelle boe non avrà certo problemi a restare a galla!"

Rifletté sghignazzando, ma fu interrotta nelle sue valutative divagazioni dal trillo del telefono. Lo pescò dalla tasca dei jeans dove l’aveva ficcato e, leggendo il nome che compariva sul display, gettò uno sguardo circolare al semicerchio dei posti a sedere di fronte a lei. Se non ricordava male infatti Setsuna le aveva detto che avrebbe cercato di trovare il tempo di venire e infatti eccola là, seduta in basso a destra in prossimità del traguardo.

"Non ci credo, sei uscita di casa!" La sfotté non appena attivò la comunicazione.

"Ma tu che diavolo ci fai qui?!" Replicò l’altra con un tono di rimprovero per niente velato.

"Stavo effettuando un controllo. Guarda quelle ragazze, è una vera pietà! La maggior parte ha immediato bisogno di Culo basso Bye-Bye, le mutande che alzano e rimodellano le chiappe!" Esclamò ilare e dall’altro capo della sala Setsuna riconobbe chiaramente l’espressione da impunita nella quale Haruka si stava superbamente producendo. Sospirò levando gli occhi al cielo, invocando l’aiuto divino per scovare uno scampolo di pazienza da poter usare con quella spudorata incorreggibile.

"La tua passione per l’anatomia femminile lasciala da parte un attimo, okay? Hai idea che da qui a breve questo posto sarà invaso da una parte considerevole di tue ex compagne di scuola, nonché delle autorità accademiche alla quali fino a ieri hai fatto strappare tutti i capelli? Certo che volendo scegliere il posto più sbagliato dove andare, hai preferito il più opportuno. Ma che ti sei bevuta il cervello?" Domandò facendo della caustica ironia e guardandola di sbieco nonostante la lontananza.

"Ma ti pare Suna?" Replicò la bionda per nulla impermalita, anzi si stava divertendo un sacco al cospetto dell’apprensione dell’amica. "E’ proprio per questo motivo che sono venuta qui oggi. Tu fammi solo una cortesia, fa’ finta di non conoscermi, senza tralasciare però di lanciarmi di tanto in tanto uno sguardo incredulo."

"Ho paura di chiederti che accidenti hai in mente." Affermò questa rassegnata e la bionda rise ancora di gusto.

"Sta’ a vedere!"

Detto questo riappese e, man a mano che iniziavano ad sopraggiungere i volti che riconosceva e aveva aspettato, Haruka si beò dello stupore di quante l’individuavano e s’affrettavano a comunicare la sua presenza alle altre. In breve diventò il fulcro dell’attenzione di tutta la delegazione del suo vecchio istituto e la totalità di quante lo formavano indiscriminatamente si stava chiedendo se fosse lei e, in caso affermativo, come avesse l'audacia presentarsi lì con una simile faccia di bronzo. Un buon inizio, ma perché il suo piano fosse soddisfacentemente portato a termine ci sarebbe voluta una temeraria che osasse spingersi fino a lei e parlarle. Purtroppo per il momento quelle si stavano limitando a passare la notizia di bocca in bocca restandosene ferme come le belle statuine, cosa che la bloccava in posizione di stallo. Però subito dopo notò con una coda d’occhio l’entrata di una familiare capigliatura, era di uno stravagante e vistoso rosa shocking e poteva appartenere ad una persona sola. Non si sbagliava infatti, era proprio lei, e constatatolo si disse che non c’era da preoccuparsi oltre a questo punto. La osservò per alcuni minuti, concludendone che Elsa era rimasta esattamente come se la ricordava, non era cambiata in nulla, salvo che per il fatto che in quel momento appariva molto più conscia e sicura di sé.

E ti credo, da quando mi sono defilata sta dominando lei la scena!

Pensò calpestando definitivamente l’ultimo avanzo d’umiltà che ancora poteva albergare in lei. Ma va detto che in ogni caso era la sacrosanta verità, ché da quando Haruka si era ritirata, Elsa non aveva perso una sola corsa. In ogni caso quando la ragazza si fermò a salutare le componenti di quella che era stata la squadra di atletica della bionda, queste non ci misero molto ad aggiornarla sulla sua eclisse, nonché della sua odierna e tempistica ricomparsa proprio in quel punto e sotto i loro occhi.

E fu seguendo la parabola dello sguardo della sua interlocutrice che Elsa finalmente la scorse, mentre Haruka ostentava un disinteresse da premio Oscar, sebbene di straforo stesse seguendo attenta tutta la scena. E dovette frenare l’esultanza quando finalmente avvistò che, quella che era stata la sua principale antagonista, si stava dirigendo risolutamente verso di lei e con piglio alquanto deciso.

"Bene!" Si entusiasmò approvando in pieno. "Finalmente una che ha le palle di afferrare il toro per le corna!"

E soffocando per tempo il ghigno soddisfatto che le stava salendo alle labbra, si predispose a quel che le avrebbe detto. Perché era fuori da ogni dubbio che l’ascesa di Elsa si stava compiendo allo scopo di parlarle.

"Salve." Esclamò per l’appunto quest’ultima accomodandosi immediatamente alla sua destra e senza perdere tempo d’avanzo. Haruka a bella posta le gettò un’occhiata incuriosita e fece lampeggiare il suo sorriso più disponibile.

"Ciao. Troppo caldo giù eh?" Chiese con fare casuale e senza tracce residue della burbanza che sempre l’aveva contraddistinta agli occhi della ragazza. E fu una buona mossa, perché la vide subito prenderne nota. Evidentemente Elsa era convintissima che fosse lei e quella cordialità la stava disorientando.

"Abbastanza." Rispose vaga, dopodichè la sua natura franca prese il sopravvento e decise di andare subito al sodo. "Sai che mi ricordi molto una persona che conosco?"

A questa uscita Haruka fece udire una breve risata, avendo cura però di mondarla da qualsiasi traccia della sua abituale tracotanza. Il che stimolò ulteriormente il desiderio di saperne di più della sua interlocutrice.

"Si può sapere cosa c’è di così divertente?" Domandò infatti ravvisando ancora una volta l’impressionante rassomiglianza tra questo sconosciuto e la sua nemesi sportiva. Pure Haruka Tenou che conosceva lei a questo punto già sarebbe stata impegnata a sferzarla con gli strali del suo pungente scherno, mentre questo bel tipo si stava limitando a reagire con una bonaria complicità.

"Nulla." Fece la bionda ricomponendosi, però poi le strizzò l’occhio e continuò: "Ma si da il caso che in genere questo è quel che dico io alle belle ragazze per attaccare bottone!"

A quest’uscita Elsa fu presa in contropiede, di fatto poteva dare l’impressione di un approccio maldestro il suo, e si affrettò a dissipare subito le nascenti velleità che quel tizio poteva star avendo.

"Non è questo il caso amico, casomai ti fosse venuto il dubbio. Ma vedi laggiù?" Continuò indicandole le sue vecchie compagne, le quali tutte, indifferentemente, avevano gli occhi puntati verso di loro. C’era pure parte dei suoi ex professori e, ciliegina sulla torta, c’era pure la vicepreside. Anche lei se ne stava come uno stoccafisso a fissarle a bocca aperta, già, meglio di come stava procedendo, davvero non poteva. Haruka represse di nuovo l’euforia e tornò a concedere tutta la sua attenzione a quanto le stava dicendo Elsa.

"Ebbene amico, pare che tutte quelle persone siano convinte che tu sia una ragazza. Ora, non che voglia screditare la tua virilità, ma siccome anch’io conoscevo una studentessa che ti è simile come una goccia d’acqua, mi è parso il caso di venire a controllare di persona. Senza offesa, naturalmente."

"Figurati." Fece spallucce con adeguato disinteresse, come se fosse una cosa normalissima per un ragazzo essere scambiato per una femmina e non indispettirsene. Poi fece balenare nuovamente il suo fascinoso sorriso e imbastì all’istante una storiella credibile: "Fin da bambino mi hanno spesso ripetuto che sono troppo bellino per essere un ragazzo, come se poi l’essere tale dovesse voler dire per forza avere un aspetto rozzo. O anche tu pensi che in linea di massima l’uomo ha da puzzare?" La provocò usando apposta quello stereotipo che era in genere appannaggio delle persone poco educate e assolutamente grossolane.

"Se è per questo, profumi come tutta una distilleria fratello. E che mi prenda un colpo se paghi per l’acqua di colonia!" Ribatté Elsa tutto sommato divertita da quella scaltra sortita. Forse si stava sbagliando e non erano la stessa persona, eppure questo tizio aveva di quella l’inconfondibile impronta. I suoi sospetti presero di nuovo piede, ché chi le stava davanti cominciava ad apparirle come una versione edulcorata dell’Haruka che ricordava. Poiché, se quella che soleva chiamare la Vichinga, avesse smussato più spesso gli angoli, era esattamente così che sarebbe stata.

Haruka per contro lasciò partire una risata compiacente, anche perché effettivamente pure lei si stava piacevolmente intrattenendo a questo scambio di battute salaci, e piazzò un altro commento molto poco casuale.

"Comunque signorina, a dire il vero la cosa non mi giunge affatto nuova. In effetti anche io e la persona per la quale sono qui abbiamo fatto conoscenza per questo motivo. Ero ad un party natalizio quando uno splendore di ragazza mi si para davanti e mi fa’ : Haruka?

Il che è buffo, perché mi chiamo proprio così. Però non mi ricordavo assolutamente di lei, ben strano evento, giacché di norma una bellezza simile farei fatica a dimenticarla. Poi sa cosa? Viene fuori che non solo io e questa fantomatica damigella per la quale sono stato confuso condividiamo nome e cognome, ma che addirittura ci somigliamo come due gemelli! Dovrò andare a protestare con i miei genitori, a quanto pare uno dei due è stato un po’ birichino!" Concluse affabile accavallando le gambe e riappoggiandosi allo schienale, come in attesa di quel che Elsa avrebbe replicato.

"Uh, e scommetto che questa fantomatica persona, sia una di quelle in gara di qui a breve." Fece quest’ultima fissandola di sbieco con uno sguardo pieno di sottintesi, occhiata che si vide restituire con incredibile trasparenza. O questo tipo era esattamente chi diceva di essere, oppure era talmente scaltro che sarebbe stato oltremodo difficile spingerlo a tradirsi.

"Per l’appunto." Haruka le cedette intenzionalmente un altro po’ di terreno, se Elsa ci cascava era fatta, ma doveva far in modo che calasse nella trappola senza che se ne rendesse conto.

"Non è che magari stiamo parlando di Michiru Kaiou?" Domandò la ragazza più piccola insinuante, calandosi ignara nel trabocchetto che le era stato accuratamente teso. Credeva di essere le a manovrare le pedine, invece era tutto l’opposto. E se quella conversazione fosse stata una partita a scacchi, il suo dire sarebbe stato la mossa dell’alfiere, in diagonale e dritto al cuore della faccenda. Mentre Haruka ne stava curando la regia occulta, pareva non facesse nulla, invece a passi millimetrici la stava chiudendo in un vicolo cieco.

Ora toccava a lei la mossa ed Elsa si stava chiedendo se avrebbe tentato di svincolare di lato come il cavallo, o se avrebbe ceduto come un semplice pedone. Non credeva in ogni caso che avrebbe fatto resistenza come la torre, poiché si aspettava un contrattacco diretto. Restava da vedere solo se l’avrebbe fatto come un maschio o una femmina, da re o da regina insomma. Dipendeva tutto da lì.

"Esattamente. La conosci?" Replicò la bionda di rimando e poi, senza attendere risposta, aggiunse: "Perché in caso affermativo avrei un paio di domande. Sai mi secca proprio essere avvicinato solo perché sono simile a qualcun altro." Mantenne per qualche secondo un’aria dispiaciuta, quindi reputò che fosse arrivato il momento d’inalberare quella tra lo scocciato e l’irritato. "Si può sapere chi accidenti è questa Haruka tenou?!"

Scacco matto.

Elsa era sconcertata e rimase muta per qualche istante, ché in due mosse la situazione le era stata ribaltata sotto il naso. Sì o no? Era lei o non lo era? L’istinto le diceva di sì, ma non sarebbe stato parlandoci che l’avrebbe scoperto. Abbassò il capo vinta e solo allora notò un particolare che fino a quel momento le era sfuggito. Beh, questo cambiava tutto e non c’era altro da dire. Tornò a levare gli occhi alla figura che le sedeva accanto, ma stavolta era lei a ridere maliziosamente. Soffocò l’ilarità e si apprestò a dargli una risposta.

"Chi è?" Fece una pausa e ci pensò un attimo, poi le venne il paragone adatto. "Se hai visto le Cronache di Narnia puoi identificarla nella Strega Bianca, colei che ha assoggettato un intero regno al perenne inverno solo per le sue ambizioni. Glaciale, sprezzante, inarrivabile." Concluse la sequela di aggettivi e si alzò in piedi, ma prima di congedarsi aggiunse: " E’ la persona più scostante, meno affabile e pregna da capo a piedi d’arroganza che puoi immaginare vecchio mio. Ma questi particolari non contano nulla, poiché quella è soprattutto il più grande atleta, maschio o femmina che sia, che abbia mai solcato le piste. Non so che fine abbia fatto, né se corre ancora, ma mi piacerebbe gareggiare ancora una volta contro di lei. Perché solo correndole affianco, anch’io una volta, per un attimo, ho provato la sensazione di volare nell’infinito."

Detto questo le fece un sorrisetto ambiguo e, senza attendere replica, se ne andò. Adagio si riportò dabbasso e sempre con estrema calma tornò lì da dove era partita in avanscoperta. Le si fecero intorno tutte desiderose di sapere, c’erano persino qualche professore e un membro della dirigenza, sebbene stavano avendo la decenza di mantenersi ad una certa distanza. A quanto pareva pure loro erano ansiosi di capire, forse volevano togliersi definitivamente il pensiero, chissà. Ad ogni modo, perché no? Ne avevano il diritto in fondo e fu per farglielo sentire bene che parlò con un tono di voce parecchie ottave sopra il suo solito.

"Quello lì è un uomo ragazze. Statevene tranquille, non vi darà più ombra. Potete scordarvi pure di quella piantagrane."

Elsa restò per assistere all’esibizione di Michiru e ne valse la pena, giacché fu una gara strepitosa. Combattuta, esaltante, sebbene già dalle prime bracciate la violinista impose il suo ritmo e superiorità. Ma il fatto che sovente ridesse tra sé e sé non andava ricercato nella vittoria della vecchia amica, quanto nell’imprevedibilità della moda.

Già, ché se Haruka quel giorno non avesse indossato quei jeans strappati e se uno degli spacchi non si fosse aperto proprio in corrispondenza del suo ginocchio, allora Elsa non avrebbe mai visto e riconosciuto la cicatrice che la bionda si era procurata durante quella famosa corsa che poi lei aveva vinto. E sarebbe rimasta sempre col dubbio. Ma l’aveva vista e i suoi sospetti avevano trovato certezza.

Certo, volendo avrebbe potuto rovinarla, ma perché poi? Del resto correva ancora, anche se in un’altra lega. Sogghignò scorgendo l’allampanata figura che s’avvicinava a quella dell’eterea violinista e le scoccò uno sguardo pieno di rimpianti, ma allo stesso tempo saturo d’ammirazione.

"Và, vola verso il tuo cielo, qualunque esso sia." Mormorò infine dicendole addio.

 

 

 

   
 
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