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Autore: Sarah Collins    01/12/2012    2 recensioni
Mi chiamo Cassidy e vivo in California.
Da bambina avevo un amico immaginario; Misha.
E' stato con me per anni, riempiendo il vuoto lasciato da mio padre.
Credevo in lui ma più passava il tempo più cambiava.
Era diverso, stanco, distante.
Non riuscivo più a guardare i suoi occhi.
Non riuscivo più a toccarlo.
E alla fine mi lasciò sola.
***
Sono passati sei anni e adesso devo ritornare in quella villa.
Il mio primo sguardo fu verso la finestra della mia vecchia camera.
Lo cerco, pregando di non vederlo.
Ma so che è lì.
So che non se ne è mai andato veramente.
So anche che ho paura ma tutto questo è solo l'inizio.
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Hey tu!"
5


Mentre poso la marmellata nella dispensa, sento mia madre urlare.
Spalanco gli occhi e l'unica cosa che mi viene in mente è che possa aver visto Misha, perciò esco dalla stanzetta e corro in cucina, trovandola immobile.
"Mamma?!", le dico con l'affanno. "Chi hai visto?!"
"Oddio."
"Cosa?!"
"Ho dimenticato il pane!" Disse guardandomi, portandosi una mano davanti alla bocca.
"Mi hai spaventato, credevo avessi visto un.. niente.", sospiro, sedendomi al tavolo con le mani sul volto. "Non importa."
"Dài vai a comprarmelo! Sbrigati che chiude!"

Un attimo dopo stò già salendo velocemente le scale.
Entro nella mia camera e la socchiudo ma prima di cambiarmi la maglia e mettermi le scarpe, mi guardo intorno.
"Misha, devo cambiarmi, perciò se ci sei vattene." Dico al vento scegliendo il maglione più caldo possibile.
Riamango con le mani sospese a mezz'aria cercando di udire la sua voce.
"Okay non ci sei, ma se per caso ti dovessi vedere mentre mi cambio, sappi che ti aspirerò con l'aspirapolvere."
Mi vesto senza problemi e non avverto nessuno con me in quella stanza, o in bagno o mentre faccio per uscire di casa.
Vorrei avere la patente per non muovere nemmeno un muscolo ma mi tocca andare a piedi, non è molto distante ma all'ora di pranzo i supermercati chiudono, perciò corro.
Mentre il vento freddo mi taglia il viso penso che avrei dovuto solo chiudere gli occhi e teletrasportarmi, se fossi stata un fantasma.
Ma l'idea di dover morire solo per questo non mi entusiasma e in men che non si dica arrivo alle porte automatiche del negozio.
L'aria è fresca e i pomoni, dopo averli riempiti a fondo, mi ringraziano.
A tratti li sento applaudire quando mi avvicino al banco dei salumi. Anche lo stomaco grida "PRESENTE" e, data l'ora, gli do ragione.
Ho fame, il mio stomaco mi odia, i miei polmoni mi ringraziano e i miei fianchi gridano vendetta.
Cammino per qualche metro lungo la fiancata del bancone di vetro e arrivo davanti al ragazzo del pane.
Non ricordo nemmeno più quanto pane prendere.

*

Alla cassa noto che ci sono solo io; mi sento alquanto stupida e ritardataria ma sento dei passi dietro di me. Allora mi giro ma non vedo nessuno, mi chiedo qualcosa di indefinito, ma okay, metto il pane e delle caramelle sul nastro.
Indirizzo l'udito verso in centro del supermercato e quando la cassiera, visibilmente affamata quanto me, mi dice il prezzo, ritorno da lei.
"Ho cinque dollari, bastano?"
"Le ho appena detto che deve pagare du..."
Più niente.
Ho perso l'attenzione non appena avverto qualcuno camminare tra i vari reparti.
La cassiera prende i soldi dalle mie mani ma non mi interessa perché quella che credo di aver visto, è una figura familiare.
Quando la ragazza schiocca le dita mi volto verso di lei e imbusto tutto, mangiando una caramella.
Prima di uscire però guardo indietro un'ultima volta ma non vedo nessuno, e decido di ritornarmene a casa.
Cammino lentamente mentre ripenso a quella figura. Cioè non l'ho vista ma l'ho avvertita, e c'ero solo io a fare spesa in quel momento ma non posso metterci la mano sul fuoco.
Non so cosa pensare ma quella sensazione era strana, ad esempio: Perché non sono riuscita a vedere quella persona per bene? Poteva essere anche una donna sulla sessantina che ha dimenticato il viagra per suo marito.
Non mi importa ma il fatto è che non ho visto nessuno, inducendomi a pensare a qualcosa di strano.
E cavolo, è un punto importante questo.
Ancora una volta mi ritrovo davanti al portoncino di casa mia senza che me ne accorgessi e, dopo aver posato il pane sul tavolo e sentito le urla di Carol perché avevo comprato anche le caramelle, che c'è crisi e tutta quella roba lì, vado in camera mia.

"Insomma, mi hai seguita?" Sbraito al soffitto.
"Sono qui giù." Mi risponde, seduto a terra spalle al mio letto.
"Insomma, mi hai seguita sì o no?"
"Ma ti si è incantato il disco?", mi dice acido. "Non sono uscito da questa casa e a dire il vero dopo che ci siamo visti non sono più venuto qui."
"Perciò quando ti ho detto di non guardarmi mentre mi.."
"Eh?" Mi fa Misha, completamente ignaro.
Accantono l'idea di litigarci e mi sdraio sul letto di sbieco; i capelli ricadono oltre la fiancata del letto e vanno a svolazzare vicino al viso di Misha.
"E' successa una cosa strana al supermercato." Gli dico pensierosa.
"Sei uscita? Perciò una vita sociale ce l'hai."
"SI CHE CE L'HO." Gli rispondo senza pensare.
Il suo punzecchiarmi in continuazione mi urta; se non fosse già morto l'avrei ucciso con le mie mani.
"Okay, chi se ne frega.", mi sbotta all'improvviso. "Non mi interessa se esci, basta che non provi più a baciarmi."
A quelle parole avvampo come un'aragosta, assumendo lo stesso colore dei miei capelli. Mi ritiro verso la scrivania e mi siedo di spalle, cercando il più possibile di non guardarlo.
"Stavo solo giocando, non l'avrei mai fatto." Gli dico con un tono forse un po' troppo malinconico.
"Comunque non te l'avrei permesso."
Qualcosa in me si accende e mi giro di scatto sulla poltrona, verso di lui.
"Non venire più da me.", attacco subito, stizzita dal suo pessimo e bipolare carattere. "Non mi permetti di fare cosa? Vieni, vai e ritorni. Se ho voglia di baciare qualcuno lo faccio eccome. Sono stata chiara?"
"Non mi fai paura.", afferma alzandosi. "Posso rimanere in silenzio per tutta la tua vita, posso guardarti dormire, mentre ti spogli o ti tocchi sotto le coperte. Posso non sbattere le palpebre per anni in modo da non perdere nessun tuo movimento. Non avrai spazio, non avrai luogo dove rimanere veramente da sola. E posso fare tutto questo senza che tu non te ne accorga nemmeno."
Parola dopo parola, passo dopo passo, mi atterisce. Mi terrorizza e mi dilania lo stomaco.
Misha mi guarda da vicino con le sue pupille grandi e ferme.
Inumane a tal punto da farmi venire i brividi su tutta la schiena.
Adesso mi rendo davvero conto della sua potenza, del suo essere innaturale, vago e tenebroso. La sua bellezza di fronte le sue terribili parole scompare.
"Vattene subito." Riesco a pronunciare con la voce strozzata.
A quelle parole Misha indietreggia e, rimanendo a guardarmi se pur di sbieco, cammina verso la porta e esce, scomparendo.
Quel suo gesto mi impaurisce ancora di più, se fosse sparito davanti a me sarebbe stato meglio ma in questo modo..
Stupidamente mi alzo e chiudo la porta sbattendola, credendo che del legno possa divenire invalicabile per un fantasma.
  
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