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Autore: Gio26    06/12/2012    2 recensioni
Stavamo bene insieme, perché continuare a chiuderci in camerino fra un ciak e l’altro quando potevamo camminare mano nella mano, rendendo tutti gelosi di un sentimento come quello? Così non saremmo stati più "lei e lui", ma "loro". Per quanto lo desiderassimo entrambi, sapevamo benissimo che non potevamo rendere pubblica la nostra “relazione”, sempre che potesse definirsi tale. La regista si era fatta promettere che la relazione sarebbe rimasta solo sullo schermo: ce l’ha fatto giurare su una pila di Bibbie.
Ma io non credevo in Dio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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the only one
Su, dai, lo sai che è per te.

Distance
5540 miglia lontana da te.





Era vicino a me, sentivo il suo respiro caldo sulla guancia.
Aprii un occhio per spiarlo, lui mi guardò, lo richiusi subito; allora doveva essere vero che gli piacevo.
Studiai a memoria la posizione in cui erano i nostri visi, alzai leggermente il mento per avvicinare la mia bocca alla sua; “adesso mi bacia”, pensai.
Aspettavo, ma non succedeva nulla; evidentemente non riusciva a leggermi nel pensiero. Quanto volevo che mi baciasse, credevo che anche lui aspettasse solo quello… Forse mi sbagliavo. Lo spiai di nuovo, ora aveva gli occhi chiusi, si stava riposando dopo una faticosa sessione di riprese. Siamo attori, ci siamo conosciuti su questo set.
Il tempo passava e restavamo così, due corpi seduti ed immobili sul divanetto. La mia voglia di baciarlo aumentava, non riuscivo a pensare ad altro; ma resistetti, perché volevo essere sicura che mi ricambiasse, non volevo rischiare di essere respinta, pensavo con una punta d’orgoglio.
Così un’occasione se n’era andata e mi chiesi il perché; io credevo che anche lui provasse i miei stessi sentimenti. Ma non importava: avremmo creato un’occasione migliore e quella volta non ci sarebbero state scuse, sarebbe stata talmente perfetta che non avrebbe potuto fare a meno di coglierla.

Eccola. Ci trovavamo nel mio camerino, la regista ti aveva mandato a portarmi la nuova parte del copione. Il progetto è davvero interessante, mi è piaciuto fin da subito: un film romantico. Ai provini ci siamo trovati immediatamente con un certo feeling, anche la regista l’ha capito.
Diedi una sfogliata veloce alle pagine del copione finché i miei occhi non caddero su una parola: kiss. La scena del primo bacio. Ammetto che il mio cuore cominciò a battere all'impazzata dall’emozione: non aspettavo altro. Sapevo bene che sarebbe stata solo finzione, ma ero felice ugualmente.
La scena sarebbe stata girata il giorno seguente, intanto dovevo impararla. E allora c’eri tu, lì con me.
Eravamo rimasti da soli, forse per poco, ma questa doveva essere la mia occasione, la nostra occasione. Che importava se sarei stata io a dover fare il primo passo? Non riuscivo ad aspettare il giorno successivo, lo sentivo.
Calò quel silenzio imbarazzante che si vede sempre nei film quando due ragazzini alle prime armi rimangono da soli, noi due non facciamo eccezione; poi alzai lo sguardo, ci guardammo e lo vidi nei suoi occhi, sì, finalmente. Anche lui stava pensando ciò che pensavo io.
Si avvicinò al mio viso, spostando la sguardo dai miei occhi sulla mia bocca per poi riportarlo ai miei occhi e senza che me ne accorga aveva già le sue labbra sulle mie. Chiusi gli occhi.
Non so quanto sia durato, era difficile concentrarmi su qualcosa che non fosse lui, però mi ero accorta che non mi aveva toccata, non mi aveva preso la mano, ne aveva appoggiato la sua sul mio viso; ed io, io che avevo fatto?

Il giorno dopo abbiamo recitato la scena del bacio. È bastato un solo ciak, eravamo perfetti insieme, molto credibili. Lui comprendeva perfettamente i sentimenti del personaggio che interpretava, che amava la protagonista, me, ma non poteva starle vicino senza avere problemi.
Dopo di allora non eravamo più gli stessi di fronte agli altri: ci cercavamo, stavamo sempre vicini, andavamo in giro abbracciati intorno al set; dov’ero io trovavi anche lui e quando non potevo stare con lui lo pensavo.
Quando gli altri membri del cast ci chiedevano “state insieme?” io li guardavo e poi rispondevo subito “no, non stiamo insieme.” E lui mi guardava triste, chiedendosi perché io rispondessi sempre di no; lo facevo perché per me stare insieme significava altro, non è automatico che baciando qualcuno ci stai anche insieme... e poi, da quanto ci conoscevamo, una settimana? Ero stata sempre piuttosto scettica riguardo ai colpi di fulmine; dovevo forse ricredermi?
Okay, non ce la facevamo a nasconderlo. Stavamo bene insieme, perché continuare a chiuderci in camerino fra un ciak e l’altro quando potevamo camminare mano nella mano, rendendo tutti gelosi di un sentimento come quello? Così adesso non saremmo stati più lei e lui, ma loro. Ma per quanto lo desiderassimo entrambi, sapevamo benissimo che non potevamo rendere pubblica la nostra “relazione”, sempre che potesse definirsi tale. Eravamo personaggi pubblici e i paparazzi ci avrebbero assillati. Inoltre, la regista, intuendo immediatamente il nostro feeling, si era fatta promettere che la relazione sarebbe rimasta solo sullo schermo: ce l’ha fatto giurare su una pila di Bibbie. Ma io non credevo in Dio.

Mi sono resa conto in quanto poco tempo era successo tutto e mi sono meravigliata di me stessa: era veramente quello che credevo che fosse? Forse mi ero lasciata trasportare un po’ troppo dalle emozioni, avevo confuso la finzione con la realtà, il personaggio con l'attore. La vita non è un film. Ma ogni volta che appariva alle mie spalle e sentivo le sue mani che delicatamente mi stringevano i fianchi, mi accarezzavano i capelli, dimenticavo ogni domanda, ogni dubbio, ogni sospetto e allora mi voltavo a cercare la sua bocca, per farla incontrare con la mia; nulla aveva più importanza, volevo solo farlo stare bene come mi sentivo io quando lui era accanto a me.
Ogni giorno che passava lo desideravo di più, ogni giorno che passava eravamo sempre più inseparabili, ma soprattutto i giorni passavano e la fine di tutto si stava avvicinando; non me ne sono resa conto fino all’ultimo ciak, fino a che le mie braccia non l’hanno stretto per l’ultima volta e i miei occhi hanno incontrato i suoi per un ultimo saluto. Tu dovevi tornare in Inghilterra. Sapevamo entrambi che non sarebbe più stato così facile incontrarci, che non ci saremmo più visti tutti i giorni.
Mi sono ritrovata improvvisamente sola, sentivo gli altri parlare ma non ascoltavo, non riuscivo seguire e a rispondere alle domande dei giornalisti alle conferenze stampa; avevo come un vuoto dentro al petto, un vuoto che avevo paura non se ne andasse più, come i brutti ricordi, che non importa quanto tu cerchi di non pensarci, ritorneranno sempre nei tuoi incubi.

Poi mi vibra il cellulare. Un messaggio, all’improvviso: “I Love you.
“Ti amo”. Me l’ha detto; o meglio, me l’ha scritto in un sms.
La mia paura era diventata realtà e ormai non potevo più tornare indietro. Ma che mi aspettavo? Dopo che l’avevo tenuto tra le mie braccia la notte, nello stesso letto della stessa stanza dello stesso albergo, con la testa sul mio petto mentre gli accarezzavo i capelli aspettando che si addormentasse con il battito del mio cuore. Cosa potevo fare? Ormai c’ero dentro, dovevo ammetterlo: anch’io avevo voglia di dirgli che lo amavo, ma non potevo farlo. Lo conoscevo da pochi mesi, come potevo esserne sicura? Non sapevo niente di lui e poi non volevo illuderlo, a cosa sarebbe servito dirglielo? Sarebbe servito solo ad accrescere ancora di più la distanza che c’era tra noi e a continuare a stare male, senza riuscire a voltare pagina.
Quindi, crudelmente, non risposi a quell’sms.

Ero a letto, non riuscivo a prendere sonno: “Ti dispiace se tolgo la coperta? Ho caldo.”
Nessuna risposta, allungo la mano e mi accorgo che sono sola, lui non c'era. Avvicino le ginocchia al petto; adesso so dove sono, sono in camera mia, a casa mia, distante più di 5540 miglia, più di 8774 chilometri da lui.
Finalmente – forse sarà stato il sonno, forse il bicchiere di vodka, non so – trovai il coraggio di mandarti un messaggio.
“Mi manchi.”
La risposta non si fece attendere. “Anche tu.”
“Perché non proviamo a trovare un modo per vederci?”

Così un modo lo abbiamo trovato e ancora incredula arrivo in aeroporto, corro fino al gate e ti vedo scendere dall’aereo: non riesco a crederci, sei proprio tu! Ti sorrido, mi sorridi e ti dico di seguirmi, ho il cuore che batte così forte che potrebbe uscirmi dal petto e le mie mani tremano, come succede sempre quando sono nervosa. Ci hanno fotografato mentre camminavamo mano nella mano in aeroporto, le foto sono uscite subito su tutti i giornali di gossip… Ma non importa. Noi avremmo continuato sempre a smentire, avrebbe reso le cose molto più semplici per entrambi. Non potevamo fare altro.
Prima di cena siamo andati a fare una passeggiata, più lo guardavo e meno ci credevo, non riuscivo a realizzare che era proprio affianco a me, che avrei dovuto abbracciarlo, dirgli che mi era mancato, ma non lo facevo perché avevo paura, non dei paparazzi, ma che nel momento in cui lo avrei sfiorato, lui sarebbe sparito come un miraggio.
Ci sediamo in un parco deserto, guardo i suoi splendidi occhi azzurri: sono sempre gli stessi, proprio quelli che volevo rivedere. Finalmente si avvicina per darmi quel bacio che io ho aspettato e che lui ha desiderato darmi per tutti i giorni in cui siamo stati lontani.
Da quel momento ha avuto inizio per me la settimana più bella della mia vita; mi alzavo, gli preparavo la colazione e poi venivo in camera a svegliarlo con un bacio; passavamo l’intera giornata insieme. Eravamo immensamente felici, ma allo stesso tempo tristi perché sapevamo che di lì a poco ci saremmo dovuti separare.

E infatti quel momento arrivò. Avevo gli occhi pieni di lacrime. Lui era lontano, di fronte a me, seduto dietro ad un vetro di un finestrino dell’aereo; se ne stava andando, stava volando via da me, stava permettendo a quel vuoto di tornare dentro di me e di divorarmi. Adesso cosa sarebbe successo, chi mi avrebbe tenuta per mano, chi mi avrebbe fatto ridere, chi mi avrebbe detto “non riesco a resistere lontano da te”?
“Non puoi andartene, devi rimanere qua, con me, è questo il tuo posto; le tue braccia devono continuare a stringermi e la tua bocca a sussurrarmi nell’orecchio che mi ami… Non andartene, ti prego.” Non facevo che pensare queste parole, ma tuttavia non ero riuscita a pronunciare una sola parola.
Così lo vidi allontanare e mi sentii completamente senza forze, persa.

La sera stessa mentre ero a letto, gli occhi gonfi e la testa pesante, realizzai che non era più con me, che il giorno dopo mi sarei alzata e la sua parte di letto sarebbe stata vuota, avrei fatto colazione da sola e poi avrei preso una coperta e mi sarei messa sul divano a guardare un film, magari il nostro film, e sarei stata così tutto il giorno, a ripensare a quando era qui e a quanto lo amo. Si, perché alla fine gliel’ho detto, un attimo prima che lui salisse sull’aereo, la paura d'un tratto se n’è andata: ti amo. Ormai non potevo più continuare a negarlo a me stessa, non potevo più arginare questo sentimento traboccante.

Mi mancava ogni giorno di più e ogni giorno realizzavo che lo amavo di più ed era dura stare lì senza poterlo vedere e dirgli quello che provavo per lui. Ho pensato più volte di mollare, che non sarebbe funzionata, ma alla fine non lo fatto perché, sì, lo pensavo, ma non ci credevo. Sapevo che non se ne sarebbe andato, che avrebbe saputo aspettare il momento giusto ed io avrei dovuto fare lo stesso, perché l’unica cosa che volevo era stare con lui e sapevo che, perché prima o poi si avverasse, dovevo aspettare, anche se ciò avrebbe significato soffrire; e per una come me, che ho bisogno della costante presenza del ragazzo che ama, non era facile, tutt’altro.

La cosa era resa più difficile dal fatto che tutti i miei amici mi raccontavano delle loro relazioni fallite, che le relazioni a distanza non durano e che prima o poi ci lascia. Io ero stufa di sentirmelo dire, perché avevo paura di poter arrivare a crederci. Durante le prime settimane, quando andavo a letto, piangevo come una fontana fino a che non ero esausta e gli occhi mi si chiudevano da soli; poi la situazione migliorò poco a poco, anche grazie alla forza che mi trasmetteva lui attraverso i suoi messaggi e le sue chiamate.

Mi ricordo la sera in cui ero a casa da sola e lui mi chiamò verso mezzanotte; restammo al telefono fino alle quattro di mattina e quando mi addormentai mi sembrò ancora di sentire la sua voce e lo immaginai vicino a me, dove davvero avrebbe dovuto essere.

Abbiamo anche azzardato a parlare di un futuro insieme, che spero ci sia, ma non possiamo esserne sicuri; abbiamo persino comprato una casa insieme. Ormai la nostra relazione è di dominio pubblico, chissà cosa accadrà domani.
Ma intanto noi due pensiamo a vivere al massimo questi momenti e a far crescere sempre di più il nostro amore.
“Grazie per quello che sei e per quello che fai, perché sei perfetto; non cambierei nulla. Quel film è la cosa più bella che mi sia capitata in tutta la vita, perché mi ha permesso di incontrarti; la cosa più bella sei e rimarrai tu. Ti vorrò sempre e non ti lascerò mai andare perché senza di te sarei inghiottita da quel grande vuoto che aspetta dietro l’angolo tutte le persone; ma per fortuna con me ci sei tu e con te so di essere al sicuro.”
Lui è l’unica cosa che possiedo, l’unico uomo che amerò veramente.




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Buonasera! Eccomi qui con questa one-shot. Niente di speciale, ma ce l'avevo in testa da un po' e finalmente ho trovato qualche ora libera per buttarla giù.
Spero vi piaccia, io e il gossip siamo due cose opposte.
Ho voluto comunque provare a immaginare una breve fanfiction su una qualunque coppia di attori.
Fatemi sapere comunque cosa ne pensate, se vi va.
Grazie,
Gio.
P.S.: ho fatto in modo che i due fossero lontani considerando che lui abitasse a Londra e lei a Los Angeles; per questo 5540 miglia di distanza.
  
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