E'
più facile dare un bacio che dimenticarlo.
-
Anonimo.
The (he)art of the streap VIDEO.
Undici.
-
Scusate, vado in bagno un attimo.
Poggiai il tovagliolo di
tessuto rosa molto pallido sul tavolo e mi alzai con gentilezza e
urgenza. Avevo bisogno di cambiare aria per qualche istante
perché,
in tutta sincerità, ero stufa di sentire Carla e Maurizio
parlare di
come la storia dei nostri locali sarebbe cambiata non appena avessero
firmato quel contratto, Pietro fare battute senza senso che
facevano ridere solo quei e,
ancora, ero stanca
di vedere quei due scambiarsi risate e occhiate d'intesa
mentre
l'idiota mi stuzzicava o cercava di attirare la mia
attenzione, rubando gli antipasti dal mio piatto.
Non
avevano ancora portato il primo e già
volevo scappare.
-
Dovevi davvero andare in bagno! – Me lo trovai seduto sul
marmo,
accanto al lavello. - Hai vomitato?
Non gli risposi, anche
perché la sua domanda non aveva senso, e mi avvicinai per
lavarmi le
mani.
- La tua maleducazione mi stupisce sempre di più.
- Sai
che questo è un bagno per donne?
- No, è unisex. - Rispose con
così tanta ovvietà da farmi imbestialire.
- Cavolo, non avevo
visto il cartello per disabili, se lo avessi saputo ti avrei lasciato
entrare per primo.
Mi fu talmente vicino da sovrastarmi con la sua
altezza – Ma che diavolo di problema hai? - Il suo petto
sbatté
contro il mio. - Se sono me stesso, sei una stronza, se provo
a
essere gentile, innalzi il tuo grande muro di cemento e sei
una
stronza lo stesso. Quindi, dimmi che devo fare con te!
Le sue
parole mi colpirono e la sua vicinanza mi stava facendo impazzire,
aveva un profumo talmente buono da farmi desiderare d'assaggiare la
sua pelle; il mio sguardo slittò dai suoi occhi azzurro mare
alle
sue labbra carnose. Deglutii e respirai a fondo per convincermi a non
baciarlo.
Con un po' di pressione sul suo petto lo allontanai dal
mio corpo e sussultai quando sentii il calore della
sua
mano sulla mia: la stava stringendo.
- Cosa. Stai. Facendo? - Lo
vidi avvicinarsi ancora di più e
mi spaventai. - Pietro!
Quello
che doveva essere un rimprovero uscì come una supplica e
senza
neanche rendermene conto chiusi gli occhi nel momento in cui sentii
il suo respiro infrangersi sulle mie labbra. Avevo la gola secca dal
desiderio di quel maledetto bacio: non poteva giocare sporco in quel
modo, era la seconda volta che accadeva.
- Per essere una
che mi odia, hai
la tendenza a baciarmi troppo spesso: è già la
seconda volta che
succede.
Quel sussurro mi fece rabbrividire, ma
spalancai gli occhi e, imbarazzata, lo allontanai;
evitai
di mandarlo a quel paese e di urlare, ma raccolsi quel
briciolo
di dignità femminile mista a orgoglio che mi era
rimasta e
uscii dal bagno.
- Ma dove eravate finiti? - Il sorriso di
Carla mi fece arrossire vergognosamente e avrei voluto prendere a
pugni la faccia da coglione che mi sedeva accanto.
- Ero andato a
controllare che Emily stesse bene; con l'influenza che s'è
presa di
recente, bisogna stare attenti a una ricaduta.
Assottigliai
lo sguardo. - E ce l'avrei avuta in bagno?
- Magari ti serviva una
mano per vomitare o un appoggio per lavare le mani.
Quell'ultima
parte, per fortuna, la sussurrò, perché
se l'avessero sentita
anche gli altri due l'avrei sul serio eliminato dalla faccia del
pianeta. Avevo provato a giudicarlo in modo diverso, a farmelo
piacere caratterialmente, perché era chiaro che mi attraesse
in un
altro senso, ma era più forte di me: quel ragazzo era troppo
insopportabile per poterci andare d'accordo.
Il resto del
pranzo trascorse come mi ero immaginata, con Pietro che continuava a
stuzzicarmi con battute velate sui nostri due baci non dati, con
Carla e Maurizio che non la smettevano di parlare delle spose e del
trio che le avrebbe soddisfatte: avevano in mente tante cose per il
locale e l'agenzia. Ogni tanto l'idiota si intrometteva proponendo
qualcosa o dichiarandosi in disaccordo, io mi limitavo ad annuire,
chiedendomi quando sarebbe finito quello strazio.
-
E' stato davvero piacevole trascorrere queste ore in vostra
compagnia. - Maurizio baciò la mano destra di Carla e fece
un mezzo
sorriso a me che rabbrividii a quel gesto: non mi
piaceva
quell'uomo, mi sapeva di viscido e subdolo.
L'odore di mare
mi investì non appena raggiungemmo il parcheggio,
così come la voce
di Pietro.
- Stai già andando via?
- No, pensavo di rubare una
macchina e giocare agli autoscontri qui dentro.
Rise, sbilanciando
il busto e la testa all'indietro – Sei davvero
divertente, oggi.
- Si appoggiò allo sportello dell'auto ignorando il mio
invito a
sparire e incrociò le braccia al petto – Avevo una
proposta da
farti.
- Oh, anche io. - Sorrisi sarcastica e continuai –
Perché
non vai a...
- Shh, finiresti per essere monotona e ripetitiva. Io
invece voglio proporti un armistizio.
Tolsi l'indice che
aveva posato sulle mie labbra per zittirmi e lo guardai con odio
–
Per favore, te lo chiedo ancora una volta da quando ci conosciamo:
puoi lasciarmi in pace?
- No che non posso Emily. - Sputò quella
frase come se gli costasse fatica. Fece un passo, avvicinandosi
ancora di più. - Puoi tu, invece, ascoltarmi e venire con me?
-
Venire dove?
- Biondina curiosa. – Mi fece
l'occhiolino e sospirai rassegnata. - Signora Carla, mi scuso per
averla fatta aspettare, ma può andarsene.
- Posso andare?
-
Può andare?
Io e Carla lo chiedemmo nello stesso momento e con lo
stesso tono sorpreso, perché se lei fosse andata
via, io come
sarei tornata a casa?
- Certo, accompagnerò io Emily. Scusi
ancora.
Non ebbi il tempo di ribattere o parlare con
Carla, perché
Pietro legò la sua mano alla mia e mi trascinò
lontano dall'auto.
Era caldo e sicuro, arrossii quando mi resi conto che neanche dopo
cinque minuti aveva lasciato la mia mano, anzi, ne lisciava il dorso
con il pollice come se fossimo una coppia innamorata. Avrei dovuto
spostarmi, dirgli di lasciarmi andare in quel momento e per
sempre, ma non ci riuscivo; perciò restai
lì dov'ero in
silenzio, a bearmi del suo tocco e dell'odore del mare che pian piano
si faceva sempre più intenso.
- E' il bello di essere a Ostia:
puoi decidere di passeggiare in spiaggia dopo un pranzo di lavoro
con...
Il vento mi scompigliò i capelli e liberai la mano dalla
sua per sistemarli dietro l'orecchio; si era interrotto mentre
compivo quel gesto, perciò lo esortai a continuare quando
finii, ma
lui non rispose, o meglio, fece il vago e riprese a camminare.
-
Aspetta, questi cosi mi danno fastidio.
Mi fermai per
togliere le scarpe visto che i tacchi affondavano nella sabbia e mi
impedivano di camminare e in pochi secondi Pietro mi
fu
accanto e mi fece da appoggio. Lo ringraziai con lo sguardo e, quando
mi sorrise sincero per poco non caddi per mancanza d'equilibrio:
doveva smetterla di giocare sporco.
- Portavi l'apparecchio per i
denti da piccolo?
- Questa domanda fa tanto “Porti le lenti a
contatto?” di quel film con i vampiri turchini.
- Vampiri
turchini? - Il mio tono stupito lo fece ridere e non potei fare a
meno di notare che, quando rideva di gusto, comparivano due fossette
agli angoli della bocca.
- Quelli che brillano come le fate.
Come si chiama il film? - Schioccò le dita più
volte, come se quel
gesto potesse fargli venire in mente il titolo.
Avevo capito e
aveva ragione. Io avevo visto tutti i film per un matrimonio che
avevo dovuto organizzare, quello che mi aveva portato dritta da lui:
sorrisi al ricordo. - Non so il titolo, però ho capito di
cosa
parli.
Mi sorrise ancora e questa volta fui più furba
e non
lo guardai, tornando a concentrarmi sul mare che, stranamente,
nonostante quel po' di vento, era piuttosto calmo. Amavo il mare e il
potere che aveva di calmarmi: quand'ero piccola i miei
genitori
mi portavano sempre in montagna, perciò non avevo la
possibilità di
tuffarmi e giocare in acqua; ecco perché da quando vivevo a
Roma,
tutte le volte che potevo, mi rifugiavo in spiaggia a osservare le
onde, ad ascoltarne il suono e a meditare.
- A che pensi?
Mi
ero scordata di lui. – A niente.
- Bugia! Avevi uno sguardo
malinconico e assorto: stavi cercando di immaginarmi nudo, come
l'ultima volta?
Risi e lo spinsi con la spalla – Sei un'idiota,
te l'ha mai detto nessuno?
- Tutti, almeno una volta al giorno.
Prova a essere più originale.
Se avesse continuato a farmi quei
mezzi sorrisi che mostravano i denti perfetti e il suo sguardo
malizioso e troppo azzurro, gli sarei saltata addosso, gli
avrei morso le labbra e strappato i capelli, in senso
positivo.
- Ogni volta che ti faccio una domanda, tu non mi
rispondi.
- Perché mi chiedi le cose sbagliate.
- Oppure sono
argomenti scomodi.
Sbuffò – Era un apparecchietto insulso, di
quelli mobili che serviva per correggere la posizione della lingua
mentre parlavo, non i denti. Quelli li ho sempre avuti dritti e
perfetti. - Guardai davanti a me, cercando di nascondere il mio
sguardo. - Soddisfatta?
- Abbastanza.
- Continuo a
pensare che sia una domanda cretina, ma se ti interessava
saperlo...
- Perché è impossibile avere dei denti
così perfetti
e bianchi.
- Ha parlato quella con le tette enormi: ognuno ha i
propri pregi, io ne ho molti. Troppi. Ok, sono un pregio in
persona.
Le sue parole erano state un'allucinazione perché nessun
essere sano di mente avrebbe detto quello che avevo sentito; era
così
vanitoso da mettere i brividi. Nonostante tutto non riuscii a
trattenere una risata, perché quella situazione era davvero
comica e
anche lui, dopo qualche secondo, si unì a me: mi piaceva
quel
momento, così rilassato e tranquillo; parlavamo e
camminavamo senza
litigare e cercavamo un confronto da persone civili. Ma il problema
era: quanto sarebbe durato?
Mi strinsi nel cappottino e
continuammo a camminare, ascoltando il silenzio che ci avvolgeva.
-
Come mai hai deciso di accoppiare le persone? - Mi
chiese, spezzando
quella strana atmosfera. Mi fece sorridere però,
perché io non
“accoppiavo”. Come al solito non aveva capito.
- Non sei la
persona adatta per fare questa domanda.
- Vuoi sapere perché
faccio lo spogliarellista? - I suoi occhi si
illuminarono, divenendo
maliziosi; si voltò,camminando all'indietro come i
gamberi e
non smettendo di guardami. - Sei curiosa! - Mi stuzzicò
ancora e
dovetti cedere.
- Tu non lo saresti?
Il suo sguardo mi
imbarazzò. - In realtà no, ma ne approfitterei.
Vuoi sapere come?
-
No, lo immagino.
- Posso mostrartelo se vuoi.
Mi
bloccai, sbuffando – Non volevi un armistizio? Stava
andando
tutto bene quindi non stuzzicarmi. - Ripresi a camminare, sperando
che capisse e che soddisfacesse la mia richiesta.
- Mi
dispiace per quello che è successo in bagno prima. - Mi fu
di nuovo
accanto, con le mani in tasca e lo sguardo basso. - Per quello che ho
fatto, intendo.
- O non hai fatto. - Mi scappò prima che potessi
accorgermene e mi tappai la bocca; dalla sua risata capii che mi
aveva sentito.
- Lo so che avresti voluto baciarmi. - Lo fulminai.
– Anche io volevo farlo.
Accantonai la sorpresa dovuta a quella
rivelazione e gli risposi – Smettila di prendermi in giro, lo
fai
fin troppo spesso.
- Ero serio. Volevo baciarti in macchina
quella sera e a casa tua, quando stavi male.
Stava
sicuramente scherzando e quella era una trappola per sedurmi e
abbandonarmi: io non volevo essere un pezzo di una sua collezione,
una delle tante che lui si portava a letto, perché per lui
era
facile sceglierne una e TAN scrivere il nome sulla lista; ero
convinta che si stesse comportando in quel modo perché lo
incuriosivo, perché lo respingevo, perché non ero
come le
altre.
Lo spinsi – Smettila. - Un'altra volta. - Smettila
di prendermi in giro. – Ancora una. – E
confondermi.
Quando
lo feci di nuovo mi bloccò le mani e, nell'impatto, perse
l'equilibrio cadendo all'indietro e trascinando me su di lui: era una
situazione imbarazzante ma piacevole. Lo guardai negli occhi, sempre
maliziosi e divertiti e sospirai, dandogli del cretino,
perché
la colpa era sua se eravamo caduti e se c'eravamo sporcati;
ma lui non si scompose, anzi rise,
affondando la testa
nella sabbia. Quando provai ad alzarmi, facendo peso sul suo petto
troppo muscoloso, mi trattenne portando un braccio dietro la mia
schiena e tenendo ben saldi i miei polsi nell'altra sua mano: ero in
trappola.
- Sta' buona.
- Lasciami andare.
-
Assolutamente no. – Strinse la presa ancora di più
– Ascoltami
bene: tu hai un problema di fiducia, l'ho capito ma, ti assicuro che
non voglio farti del male, che vantaggio ne avrei?
Smisi di
ribellarmi – Sii sincero. - Se eravamo in ballo, tanto valeva
ballare. – Cosa vuoi, davvero, da me?
Non mi rispose, ma
lessi nel suo sguardo qualcosa di nuovo, l'ironia e la malizia erano
scomparse, il solito azzurro era diventato più intenso; non
so
quando accadde di preciso, ma mi accorsi troppo tardi che mi
aveva baciata, quando sentii le sue labbra premere sulle mie e il mio
cuore andare giù fino allo stomaco.
Chiusi gli occhi e,
sperando non fosse uno scherzo come quello di prima, mi lasciai
andare approfondendo quel bacio: dischiusi la bocca il giusto per
sentire la sua lingua tracciare il profilo del mio labbro
superiore.
Mi accesi come una miccia.
Liberai le mia mani dalla
sua stretta e le poggiai sul suo viso, sfiorando le sue guance e
giocando con le sue orecchie; la sua mano sinistra poggiava sulla mia
schiena e mi spingeva sempre più verso lui. Il mio stomaco
si era
svuotato e il mio cervello aveva smesso di funzionare: in quel
momento esisteva solo il suo corpo caldo sotto di me, le sue labbra
morbide e carnose, la sua lingua danzante e le sue mani
curiose e, se
tutto il resto fosse sparito, non me ne sarei accorta e forse non mi
sarebbe fregato nulla, avevo lui e mi bastava.
Appoggiò la fronte
al mio mento quando ci staccammo per riprendere fiato, solo allora
riaprii gli occhi, con molta calma,
e mi accorsi che
non ero più sdraiata su di lui, ma seduta e con le gambe
incrociate
al suo bacino: quando avevamo cambiato posizione?
Mi venne da
ridere: com'era possibile che avessi dato il bacio migliore della mia
vita alla persona che più odiavo in quel periodo?
Un brivido di
freddo mi scosse, stavamo lì, fermi e ancora
appiccicati a
cercare di calmare i nostri battiti e regolarizzare il respiro;
personalmente avevo paura di muovermi e parlare, non volevo tornare
alla realtà o affrontarla perché mi imbarazzava e
mi spaventava
sapere come avrebbe reagito lui; come mi avrebbe trattata mi
paralizzava a tal punto da farmi rimanere lì ferma e
immobile.
-
Forse è meglio andare, comincia a fare freddo.
Non gli risposi e,
senza neanche guardarlo, mi staccai da lui, alzandomi e
pulendo
dai vestiti la sabbia che vi si era attaccata, mentre si metteva in
piedi anche lui; quel silenzio era troppo imbarazzante, prima o poi
uno dei due avrebbe dovuto dire o fare qualcosa per migliorare il
momento.
Il tragitto del ritorno, per fortuna, fu più
breve, ma il meglio doveva
ancora venire visto
che doveva accompagnarmi a casa ed eravamo molto lontani: avrei
affrontato il viaggio in macchina più imbarazzante,
silenzioso,
brutto, inopportuno e chi ne ha più ne metta, della mia vita.
-
Che fai? - Si voltò, notando che non ero accanto a
lui, ma
mi ero seduta su una panchina per scrollare la sabbia dai piedi e
mettere le scarpe. Le avrei rovinate all'interno ma non potevo certo
camminare sul cemento a piedi nudi. - Aspetta.
- Ma che…
Si
avvicinò e, con un braccio sotto le ginocchia e l'altro
dietro la
schiena, mi sollevò dalla panchina portandomi fino alla sua
auto non
molto distante.
– Prego Madame. – Disse, facendomi
l'occhiolino. - La carrozza la sta aspettando.
Mi fece ridere –
Sei proprio un cretino.
Mise in moto e partì in prima – Oh, la
signorina Emily ha ricominciato a parlare; credevo avesse perso la
lingua su quella spiaggia anzi, credevo d'averla mangiata io. Stavo
iniziando a sentirmi in colpa...
Lo colpii al braccio, cercando
di nascondere il mio imbarazzo – Chi sei tu e che cosa ne hai
fatto
di Ger... Pietro? Non dovevi baciarmi, non dovevi prendermi in
braccio. Tu non dovresti trattarmi così.
- Gesticolai
per sottolineare meglio quell'ultimo concetto. - Noi due, insieme,
non funzioniamo quindi non dovremmo neanche provarci.
- Puoi
calmarti e mettere la cintura di sicurezza? Non vorrei prendere una
multa.
Lo colpii di nuovo. - Mi stai ascoltando?
- Sì Emily e
tu non sei la mia ragazza. E' stato un bacio come un altro, smettila
di farne un dramma. Neanche t'avessi messo incinta.
Lo sapevo che
sarebbe finita così.
Mi sedetti composta, osservando la
strada dal finestrino com'ero solita fare; non lo guardai
più né
gli rivolsi parola, fin quando fu lui stesso a
parlarmi, quando
riconobbi i quartieri vicino casa: stavamo arrivando, per fortuna.
-
Mi dispiace. - Indifferenza. - Non volevo risponderti in quel modo.
-
Puoi anche accostare qui.
- Ma manca un bel po' prima di
arrivare.
- La faccio a piedi.
- Emily ascolta...
- No
ascoltami tu – Lo fulminai con lo sguardo, puntandogli
l'indice
contro – Mi hai detto di fidarmi, che non mi avresti fatto
del
male, solo per baciarmi? Complimenti, sei come tutti gli altri. -
Respirai per calmarmi, perché se avessi perso la
concentrazione
avrei iniziato a piangere davanti a lui e non volevo. - Hai ragione:
ho grandi problemi di fiducia e non mi aspetto di certo che sia tu a
risolvermeli, che lo pago a fare il Dottor Rossi altrimenti?
-
Chi?
– Sta' zitto. - Forse era meglio restare sul punto e non
dilungarmi - Adesso hai ottenuto quello che volevi, ma sappi che
è
finita qui: scordati il mio nome, se non per fini puramente
lavorativi. Adesso ferma la macchina perché non ho
intenzione di
respirare la tua stessa schifosa aria.
Provò a parlarmi e farmi
ragionare, ma, prima che quella diventasse una tipica scena da
tragedia napoletana, riuscii a convincerlo e accostò a due
incroci
da casa mia. Per fortuna era ancora giorno e arrivai a casa
sana
e salva senza che nessuno avesse cercato di rapirmi o fare del male
viste le mie condizioni: ero vestita fin troppo bene,ma avevo
camminato a piedi nudi.
Che schifo; quel verme me l'avrebbe
pagata.
- Vi siete baciati?
Annuii.
- Non ti ha lasciata a casa?
Negai. Ormai quelle due facevano le stesse domande, insieme: mi
preoccupavano.
- Non vi siete più sentiti?
Parlò solo Giulia, guadagnandosi le occhiatacce da
parte mia e di Mina. Quest'ultima poi decise che doveva dire la
sua.
- Lei ha tutte le buone ragioni per non farlo e, a parer mio, hai fatto
bene a comportarti in quel modo: è stato un grandissimo
stronzo.
- Ma non ha fatto nulla.
- Giulia dicci la verità: ti ha pagata per difenderlo?
Forse avrei fatto meglio a non dire nulla alle mie amiche, dato
che iniziarono a battibeccare su quella situazione, su chi
avesse ragione, su chi avesse esagerato, su lui che era stronzo e io
pazza e, poi scoppiai.
- Ragazze basta, mi è venuto il mal di testa. - Mi accasciai
sulla scrivania – La colpa è solo mia
perché mi sono fidata per quell'istante, lui ha ragione e in
fondo non ha fatto nulla: non mi ha promesso le stelle, non ha detto di
amarmi e mi ha tradita con la prima che passava. E' stato un bacio come
gli altri, devo andare avanti.
Un bacio che non riuscivo a dimenticare, un bacio che aveva lasciato il
segno e mi aveva stravolto completamente. Sentivo ancora bruciare le
labbra e avevo lo stomaco in subbuglio al sol pensiero; com'era
possibile che fossi stata solo io a provare quelle emozioni? Avevo
ancora ben impresse le sue parole ma non riuscivo a farmene una
ragione: non ero pazza, non potevo essere l'unica ad aver avuto la
sensazione di sentire il cuore scoppiare durante quel bacio.
Era lui il bugiardo.
- Maledizione. – Sbottai, lanciando i fogli sulla
scrivania. Non riuscivo a lavorare con tutti quei pensieri per la
testa; neanche dopo due giorni riuscivo a smettere di togliermi
quell'immagine dalla mente, quei discorsi, quel suo sorriso e quello
sguardo mentre mi liquidava in pochi secondi.
- Emily, sei pronta?
Carla entrò nell'ufficio con il cappotto sul braccio e la
borsa nell'altra mano, non ricordavo avessi un appuntamento.
- Per fare cosa, esattamente?
- Dobbiamo andare in quel locale, il Night qualcosa...
Quante probabilità c'erano, in quell'istante, di essere
colpita in testa da un incudine? Probabilmente erano maggiori rispetto
a quelle di non incontrare
Vermetro* al locale. Mi alzai controvoglia e la seguii, testa bassa e
sguardo funereo, salii sulla sua auto, quella che mi avrebbe condotto
al patibolo.
Lo capii solo dopo: io non avevo nulla da temere, era lui ad aver
sbagliato ed era lui che avrebbe pagato. Presi coraggio e, non appena
Carla parcheggiò, scesi a testa alta, pronta ad affrontare
quello che sarebbe stato un incontro di lavoro coi fiocchi e i botti.
******
*
Vermetro: Verme + Pietro. Devo dire che mi diverto tantissimo a
inventare soprannomi per lui. Questo è quello più
riuscito.
LOL
Sventolo bandiere bianche e multicolor; quelle bianche
perché so che dopo questa lite/discussione mi vorrete
uccidere ma
ABBIATE FIDUCIA, Vermetro si farà perdonare (lo spero per
lui).
Quelle multicolor perché durante il bacio e prima li
shippavo che
era una meraviglia e non dovrei. *me si frustra *
Eravate tutte
curiose di sapere cosa succedeva durante questo fatidico pranzo e TA
DAN non è successo nulla di particolare, cioè
sì, Pietro ha fatto
lo stronzo facendo credere a Emily, in bagno, di stare per baciarla;
non so perché l'ha fatto, credo fosse un test ma forse
neanche
quello. Io non capisco questo ragazzo/personaggio perché sta
prendendo una piega tutta sua, sta andando per i fatti suoi e si sta
scrivendo da solo. Io avevo altri progetti per lui e per questo
capitolo ma nessuno dei due me l'ha permesso, erano lì che
urlavano:
BACIO, BACIO. VOGLIAMO BACIARCI. Ed è dovuto succedere. XD
La
scena successiva, quando hanno quella piccola discussione (che mi sa
tanto di tragedia napoletana) non so a cosa sia dovuta, non credo che
Emily se ne sia pentita – perché lo si capisce che
ci pensa ancora
– credo invece abbia paura e che sia arrabbiata con se stessa
per
essersi fidata o forse per aver giudicato male Pietro o ancora per
non aver capito come è fatto questo ragazzo. E' confusa e
arrabbiata.
Mentre lui non è contento di sentirsi accusare di
continuo – penso – perché non credo sia
così stronzo da fare il
carino con lei solo per un misero bacetto.
Sì, penso che entrambi
ci stiano nascondendo qualcosa.
Ringrazio
tutte coloro che hanno recensito la scorsa volta e chi continua ad
aggiungere la storia tra le varie categorie: grazie tanterrimo, mi
fate gongolare tanto. <3 :3
Grazie, ovviamente, a Ellina
e al suo tocco rosa.
Vi ricordo, per chi volesse, l'esistenza del
gruppo facebook
e
del mio canale youtube.
Grazie ancora e che la panna sia con voi.
Alla prossima.