CAPITOLO 3
Quella notte mi sognai.
Vedevo uno spettro di me
stessa in riva al mare ad osservare l’ imminente alba…
Indossavo un vestito da sera
cremisi con i capelli che mi cadevano sul petto liberi.
In sottofondo sentivo ancora
la musica triste che sentivo ogni santissima sera, ma non mi dispiaceva.
Quelle note mi rilassavano e
le onde del mare divennero la mia culla.
Vidi le lacrime solcare
lentamente le mie guance fino ad arrivare ai contorni della bocca.
Mi lasciai andare,
il mio corpo cadde sulla sabbia come devastato, martoriato dalla fatica.
E rimasi lì fino a quando mi destai grazie alla sveglia
a forma di porcellino che avevo sul comodino sinistro.
Che razza
di sogno era mai quello. Chissà se lo avrei mai scoperto.
MI alzai contro voglia, quella notte avevo dormito
soltanto 2 ore e mezza e probabilmente la mia faccia era segnata dalle
occhiaie.
Mi misi una gonna scozzese, e
un maglione nero, mi truccai molto pesantemente legai i capelli e scesi per la
colazione.
Avevo moltissima fame, lo
stomaco aveva cominciato a brontolarmi mentre mi infilavo
le calze.
Cosa molto strana
visto che solitamente non mangiavo mai fino all’ora di pranzo…
Entrai in cucina e salutai
con un cenno del capo mia madre intenta a leggere il programma della giornata.
Non che ci mancassero
i soldi, ma a mia madre piaceva tantissimo lavorare, era un avvocato davvero
molto famoso, e anche molto costoso, infatti chi si rivolgeva a lei lo faceva
soltanto per casi davvero urgenti e pericolosi.
Era per
questo che aveva alzato così tanto
i prezzi.
Presi una tazza dal mobiletto
e la riempii di latte e cereali, mischiati a una
grande quantità di caffè.
Un volta
finita la misi nella lavastoviglie
presi le chiavi della macchina e andai verso la mia bellissima Volvo.
<< Diavolo >>
Esclamai non appena notai un
mazzo di rose blue e un pacchetto sul
sedile posteriore della mia auto.
Non c’era bisogno di leggere
il bigliettino per capire chi fosse l’artefice di
questa sorpresa, ma lo feci ugualmente,
<< ALLA MIA CARA PAZZA
DI FIDUCIA, SPERO CHE I MIEI DONI TI PAICCIANO >> Non volevo
nemmeno sapere di che cosa si trattasse, probabilmente era uno dei suoi regali
idioti.
Lo avrei
aperto più tardi, ora ero già in ritardo.
Riappoggiai il tutto sul
sedile e mi diressi verso la scuola.
Nessuno fece caso a me quando
arrivai visto che il cortile era del tutto vuoto, ero
in ritardassimo, il professore mi avrebbe eliminata.
Corsi per i corridoi,
arrivando davanti alla mia aula, presi un leggero
sospiro e entrai.
<< MI scusi professore.. >> Billy mi guardò torva come se avesse davanti
l’artefice di un delitto.
<< Signorina Paradise,
ieri si è addormentata e oggi arriva con 15 minuti di ritardo? Le sto per caso
antipatico? >>
<< Ma no.. che dice professore… c’era traffico! >>
<< Traffico? Siediti!
>> Mentire era sempre una brutta cosa…
<< Stavo spiegando ai
tuoi compagni il significato dei sacrifici umani di certe tribù indigene >>
<< A bene… >> Non
ne ero molto interessata mio padre mi aveva istruito
con cura su questo argomento.
<< Che
ne dici di darci una risposta dettagliata!? Credo che tu ne sappia molto a
riguardo >>
<< E’ vero… >> In quel momento mi senti una maestrina,
mi piaceva dare dimostrazione della mia educazione, anche se francamente quella
mattina ne avrei fatto a meno.
<< Le più grandi
civiltà che praticavano sacrifici, sia umani che animali, erano senza dubbio
gli Incas, gli Azteki e i Maya… >>
<< E
perché li facevano? >> Io stavo ferma al mio posto, giocavo con la
collana che portavo al collo, anche se sapevo tutto essere interrogata mi
agitava sempre, e descrivere la gente di mio padre come efferati assassini mi
faceva sentire in colpa!
<< Bisogna cominciare
con il dire che non erano assassini, erano solo
fanatici, come milioni di persone a quest’epoca. Loro credevano che per
compiacere e per non far morire i propri dei dovessero sacrificarsi, alcuni ci
andavano di loro spontanea volontà altri invece furono costretti >>
<< Esatto… Discorso un
po’ confuso ma esatto.. >>
Il sole filtrava dai buchi delle tende, illuminandomi il volto.
<< Wow… secondo te
perciò persone che uccidono altre persone non sono assassini? >>
Calloway…
<< Non ho detto questo,
se fossi stato attendo alle mia spiegazione avresti
capito >>
<< Beh… allora nemmeno tu sei un’assassina! >>
<< Io credo proprio di
esserlo mio caro! >> In quel preciso istante notai per la prima volta il
terrore negli occhi di Jason
<< Ragazzi.. >>
La campanella suonò e udì
calloway imprecare contro di me, ma lo ignorai, non avevo nessuna voglia di
controbattere.
Fuori dall’aula vidi Hyden appoggiato al muro davanti alla mia
aula, indossava un paio di bellissimi jeans strappati ovunque, una maglietta
nera e borchie, sulle spalle portava una grande custodia nera, la sua chitarra..
Sembrava il dio della
perfezione.
<< Ciao! >> la
sua voce mi riempiva il cervello, quale divinità di era
sacrificata per dare tutta la sua bellezza a quel ragazzo?
<< Ciao! >> Gli
risposi, pregai alla mia voce di rimanere ferma… cosa mi stava capitando, se
Marik fosse stato li lo avrebbe ucciso all’istante.
<< Allora dov’è il tuo
amico? >>
<< Arriva…
E’ un attimo dentro con il professore! >> gli indicai il ragazzo
appoggiato alla cattedra che implorava Billy
<< Beh… a occhio non è che sembra molto bravo! >>
<< L’apparenza può
ingannare! >>
<< Non sai quanto hai
ragione! >> Detto questo si appoggiò davanti alla porta per aspettare
Mike.
Che cosa aveva voluto dire? Anche
lui nascondeva qualcosa? Qualunque cosa fosse io l’avrei scoperta! Parola mia.
<< Eccolo sta uscendo!
>>
<< Mike…>> lo salutai…<< lui è Hyden… >>
<< Piacere… sono Mike!
>> Gli disse porgendogli educatamente la mano
<< Allora dove andiamo?
>>
<< Sulla terrazza, lì
non c’è mai nessuno! >>
Fui io a raggiungere per
prima il luogo predestinato seguita da Hyden
Mike aveva lasciato
l’amplificatore e il basso nel bagagliaio della macchina, ed era andato a
prenderlo lasciandoci soli.
L’odore degli alberi
muschiati mi attraverso come un onda attraversa
l’oceano.
Io in quel momento mi sentivo come un pesce, con esattezza come Nemo, mi sentivo
persa…
Avevo smarrito la strada di
casa e non sapevo come ritrovarla.
Procedevo a
tentoni verso la mia vita oscura, popolato da mostri con visi d’angelo e
assassini pronti a sbranarmi.
Troppi pensieri aleggiavano la
mia mente, e non era mia intenzioni lasciarli naufragare senza averli degnati
nemmeno di uno sguardo.
Dovevo tenerli ben stretti e prima o poi li avrei analizzati.
<< Che
faccia! A cosa stai pensando?? >>
<< A niente di
particolare! >>
<< Fantastichi? >>
<< No! >>
<< Non ne azzecco una! MI arrendo! >> Il suo sguardo ritornò
fisso su un luogo solo a lui visibile,
ad occhi estranei sembrava che stesse fissando il puro
spazio vuoto, ma probabilmente non era così.
Cercai di capire cosa avesse catturato a tal punto la sua attenzione, ma rinunciai
all’impresa dopo pochi secondi.
<< Da quanto tempo
suoni? >>
<< Praticamente
da sempre! >>
<< Davvero? E suoni solo la chitarra?? >>
<< A dire il vero no!
Diciamo che ho avuto molto tempo libero, e suono parecchie cose! >>
<< Capisco! >> Però il modo in cui aveva pronunciato “Ho avuto
molto tempo libero” mi risultò un po’ strana, come se
nei suoi occhi fosse apparso un velo di tristezza e malinconia, ma non ne ero
sicura, ma qualunque cosa fosse aveva
già abbandonato quegli occhi d’angelo, per lasciare spazio ad una pozza
infinita.
<< Eccomi ragazzi!
>> Dalla soglia della porta apparve Mike leggermente appesantito dalla
chitarra e dall’amplificatore, era uno dei più piccoli che possedeva, ma
sembrava comunque molto pesante.
Il ragazzo che stava di
fianco a me gli andò in contro e lo aiutò con il peso.
<< Avanti ragazzo…
fammi vedere che cosa sai fare! >>
<< Certo..
>> Potevo essere fiera di quel ragazzo, sapeva reggergli lo
sguardo in un modo straordinari, senza esserne intimidito.
Sapevo che ce
l’avrebbe fatta, lui era fantastico con un basso in mano, sapeva fare
miracoli.
Iniziò ad intonare lo
strumento creando un atmosfera magica, non avevo mai
visto Mike con un espressione seria in viso.
Con la coda degli occhi notai
che anche Hyden aveva tirato fuori la sua chitarra, una Gibson Les Paul Deluxe, una delle mie preferita…
Le gambe sotto di me iniziarono a tremare leggermente, l’emozione stava salendo
alle stelle..
<< Cosa
vorresti suonare? >>
<< Tu cosa sai??
>>
<< Angela? Tu cosa
potresti cantare? Così proviamo insieme… >>
<< Beh non saprei! Io
ascolto più che altro musica giapponese… >>
<< A bene… so qualcosa
anche io… e tu Mike? >>
<< Si..
>>
<< Che ne dite se provassimo a suonare Ain’t afraid to die
dei Diru? >>
<< Va bene… Mi ricordo
qualche accordo >> Disse Hyden, mettendosi in posizione
Con la sua chitarra in mano
sembrava semplicemente perfetto!
<< Cominciamo direttamente da metà canzone quando basso e chitarra
suonano insieme… Angela tu devi
entrare dopo 50 secondi va bene?? >>
<< Ve benissimo…
>> ero curiosissima di vedere come se la cavava.
Quando cominciò a muovere le
sue dita sulle corde della sua gibson rimasi
impietrita, mai in vita mia avevo sentito una chitarra urlare in quel modo, e
quando le note del basso di Mike incontrarono quelle della chitarra fui scossa
da una scarica elettrica, come se avessi toccato una filo dell’alta tensione.
La sensazione che provai in
quel momento era simile ad un orgasmo.
Li vedevo li, davanti ai miei
occhi, che suonavano come due angeli, e insieme creavano una melodia dolce con
accordi meravigliosi…
Il minuto era passato, era il
mio turno, le ginocchia mi tremavano, non avrei mai creduti
che avrei avuto il coraggio di aprire la bocca, e se fossero usciti solo
mugolii?? Che figura ci avrei fatto..
Ma ormai anch’essa aveva preso vita, si muoveva da sola,
e la mia voce aveva cominciato a cantare.
kimi no heya ni hitotsu daisuki datta
hana wo ima...
akari wa shizuka ni shiroku some
yuku machi no naka no kisetsu iro
namida wo otoshita genjitsu to wa
zankoku
da ne
kimi ga mita
saigo no kisetsu iro
shiki to kimi no iro yagate
kieru darou
yuki wa tokete
machikado ni hana ga saki
kimi ga mita
"shikisai wa"
sotto tokete yuku
kotoshi saigo no yuki no hi machikado ni
hitotsu no
hana
sora wo miagereba
saigo no yuki ga te no
hira ni koborete
Sopra quella dolce collina la neve cadeva
benevolmente e anche se capisco che non potrò raggiungerti
ora, nella tua stanza, quel fiore che mi piaceva molto...
La luce tingeva quietamente di bianco la città
tu guardavi il colore dell'ultima stagione
La realtà che ci ha fatto piangere è crudele
tu guardavi il colore dell'ultima stagione
Presto negli ultimi momenti il tuo colore svanirà sono sbocciati i fiori
Li hai visti "che bei colori" ti stavi sciogliendo lentamente
l'ultimo giorno di neve di quest'anno, all'angolo della strada un fiore se alzo
gli occhi al cielo l'ultima neve cade nel
palmo della mia mano
Ero felice, sentivo la gioia che mi
cresceva nel cuore, come mai era accaduto prima, sentivo la musica che mi
scorreva nelle vene, come sangue, o ancora meglio…
Nonostante il mio accento occidentale, il giapponese della canzone era meraviglioso, così armonioso e la mia voce danzava con le note create dalla magia degli strumenti dei due ragazzi…
Danzavano e si rincorrevano.
Questa esperienza non la dimenticherò mai, resterà nel mio cuore per tutta la mia vita.
Quando finimmo, restammo a guardarci per diversi secondi, in quei minuti in cui l’aria era stata popolata dalla mostra musica si era creata una magia, che sembrava aver stregato tutto l’ambiente che ci circondava.
I ragazzi presenti nel resto della scuola, probabilmente erano troppo presi nella loro pausa per accorgersi di noi.
<< Devo dire che ci sai fare! >> Fu l’unico commento di Hyden, mentre rinfoderava la sua Gibson Les Paul Delux.
<< Anche tu non sei male… anzi.. devo dire che sei degno per la chitarra che porti! >>
<< Grazie… Allora ti va di entrare nel nostro gruppo?? >>
<< Con questi membri?? Solo un matto si lascerebbe scappare quest’occasione! >>
<< Allora benvenuto! >> Gli disse porgendoli cordialmente la mano, io rimasi lì, ad osservare la scena in silenzio e soprattutto ancora frastornata dalla magia che ora stava mano a mano scomparendo.
Ma ormai quelle note si erano impossessate di me, facendomi la loro schiava perenne…
<< Ragazzi, ora devo andare, degli amici mi stanno aspettando alla macchina! >>
<< Non hai delle lezioni? >>
<< SI… ma oggi mi sento in vena di marinare la scuola. >>
<< A… Capisco… >>
Scendemmo le scale, io ero abbastanza impacciata, avevo il timore che qualcuno
ci avesse sentiti.
Fissazioni personali.
Hyden ci salutò con un cenno di mano e si diresse verso l’atrio principale come se niente fosse.
Probabilmente per lui saltare le ore era un abitudine.
Io andai nella classe adiacente al cortile principale mentre Mike raggiunse la macchina per sistemare gli strumenti e mi raggiunse quando la lezione era ormai cominciata.
Due intere ore di matematica, una delle materie più noiose esistenti al mondo.
Non riuscivo a capire come a dei ragazzi potesse piacere, tutti quei numeri, quei segni mi davano alla testa.
Ma dovevo frequentarla ugualmente.
Presi posto nel banco più lontano e più isolato e iniziai una serie di disegnini.
Fortunatamente la professoressa Caper
mi lasciò isolata dal mondo, non dandomi noia con fastidiose interrogazioni, se
quell’anno avrei avuto qualche insufficienza quella era sicuramente matematica.
La campanella suonò quasi come un miracolo, tutte le campanelle erano dei
miracoli, perché segnavano la fine delle ore più brutte della giornata e in
questo caso il ritorno a casa.
Uscì velocemente dall’aula e mi diressi verso la mia adorata Volvo, posai lo zaino nel sedile vicino al guidatore e misi in moto…
Facendo retromarcia per poco investii un ragazzo, leggermente in soprappeso e con i capelli rossicci, probabilmente uno di quei secchioni a cui piaceva la matematica.
Lo sentii imprecare mentre continuava a camminare verso la fermata dell’autobus più vicina.
Deve essersi preso un bel colpo..
Il tragitto per arrivare a casa fu tranquillo, niente incidenti e niente persone investite ma ero molto tesa ed avevo un bruttissimo presentimento.
Dopo 15 minuti di macchina raggiunsi il cancello di casa ma fui tentata di fare retromarcia e andarmene in qualunque altro posto.
La macchina di Marik era posteggiata davanti al cancellone principale, una seat corolla dai vetri neri.
Da quello che sapevo i vampiri dormivano di giorno, non andavano per case a stressare le persone, ma marik era particolare adorava rompere le palle.
Il cellulare suonò,la musichetta riempì l’abitacolo mettendomi ancora di più in agitazione.
Sapevo perfettamente ci era, e per questo risposi contro voglia.
<< Che diavolo vuoi? >>
<< Ciao anche a te! >>
<< Marik? >>
<< Se mi fai entrare te lo spiego! E’ urgente!
>>
Aveva la voce seriamente preoccupata, cosa che succedeva di rado…
Aprii il cancello e lo feci posteggiare dentro al mio box, in modo tale da evitare la luce solare, anche se la tentazione di lasciarlo li fuori era tanta..
Ciao a tutti, spero che questo capitolo vi piaccia… per
favore non fate caso agli errori grammaticali ^_^
siate clementi…
Grazie a tutti quelli che stanno leggendo la mia ff
Ma un ringraziamento speciale va
a:
Elychan (Grazie ^_^ ), Pluma (Hai
ragione bisogna riuscire a trarre il meglio anche dalle critiche, servono solo
a rendere migliore la ff) Greta (grazie mille.. bacionissimi) Jessy16 (Ahahahhahahaha
cercherò di procurarti qualche appuntamento ^_^ )
BAcioni a tutti ciaoooooooo