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Autore: gaeshi    09/12/2012    1 recensioni
Tokyo, sera inoltrata; un qualunque vicolo con cassonetti e immondizia sparsa.
“Facciamo una scommessa?”
La bambina comparsa davanti a lui sembrava uscita da un film horror; apparsa dal nulla, capelli lunghi, scarmigliati e decisamente sporchi, vestiti macchiati e dai bordi a tratti lacerati. Qualunque studente avrebbe provato un minimo di timore, inquietudine, o alla peggio fastidio. Yoichi Hiruma, invece, esibì il ghigno che già a quindici anni lo caratterizzava e si fermò.
“Sentiamo”
Il quarterback dei Deimon non la racconta giusta alla sua squadra; ha una sorella, diabolica quasi quanto lui, ma nessuno sa quale sia il legame che li unisce... Forse nemmeno loro. Dal reciproco sfruttamento all'amore il passo non sembra breve... La strada per il Christmas Bowl sarà abbastanza lunga da aiutarli, o porterà solo imprevisti e problemi?
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Deimon Devil Bats, Nuovo personaggio, Youichi Hiruma
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Incest
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 Ovviamente, il giorno dopo stavano tutti malissimo. Yoni era brava, ma non poteva fare miracoli; tra la tensione mentale e lo sforzo fisico, era difficile trovare nei membri del Deimon un fascio di muscoli che avesse i livelli di actina e miosina nella norma. Detta in termini meno medici, la squadra intera si lamentava pietosamente ad ogni movimento.
-Fortuna che almeno  Nii-dick è silenzioso- pensò Yoni, circondata dalle altre matricole della squadra che si prodigavano in gemiti e smorfie di dolore. Se anche in casa avesse dovuto ascoltare tali sinfonie, avrebbe dovuto faticare per mantenere l’autocontrollo.
Durante la lezione di inglese il suo cellulare vibrò, portando un sms di suo fratello.
“Nee-shit, ho fatto una scommessa che la manager deve vincere. Dovrebbero farlo spontaneamente, ma se il nano di merda, i fratelli Ha-ha, la scimmia e l’idiota non vengono in sede dopo le lezioni, convincili a farlo”
Aveva parlato abbastanza inglese da non aver bisogno di memorizzare i verbi irregolari che il professore stava scrivendo alla lavagna, quindi si mise a messaggiare indisturbata.
“Tranquillo, avevano già deciso di farlo. Cosa hai scommesso con Mamori?”
“Una delle lattine di cola che Doburoku mi ha dato come parziale risarcimento del prestito”
“Uh, insomma una posta pericolosa. E perché vuoi far vincere la manager?”
“Bastone e carota, Nee-shit”
“Mh-mh. Guarda che non c’è bisogno che tu la faccia innamorare ancora di più, è già sufficientemente persa”
“Ho notato, ma sempre meglio essere sicuri”
“E poi ero io la stronza, vero?”
“Kekekeke”
Dentro di sé Yoni sbuffò. Non poteva rimproverargli niente, lei faceva le stesse cose con Rui e, con più cautela, con Agon, e Yoichi non le aveva mai fatto scenate di gelosia o simili pesantezze. Inoltre, aveva completa fiducia nel fratello e nelle proprie capacità, e sapeva che non sarebbe mai stata rimpiazzata per nessuna “ragazza utile” al mondo.
Ma Mamori era più carina di lei, più gentile, più efficiente ed ubbidiente, perfetta per compensare la personalità di Yoichi. Ed era palesemente invaghita del quarterback. Quindi Yoni era gelosa.
“Io ho la visita di controllo, quindi sull’elicottero non ci vengo. Così non ci sono problemi con la sedia a rotelle”
“Ti porta Agon?”
“Come al solito”
Yoni era abbastanza in sincronia per percepire il brevissimo moto di stizza del fratello dall’altra parte dell’edificio scolastico. Sogghignò, almeno ora erano pari con i momenti di gelosia.
“D’accordo, allora ci vediamo stasera”
“Vai a fare la spesa, sono stufa del ramen istantaneo”
“Proverò a ricordarmelo”
Detta da uno con la memoria edetica, questa frase suonava estremamente strafottente. La campanella suonò in quel momento, e Yoni non si prese la briga di rispondere.
 
Quando Hiruma arrivò a casa la sera, portando le borse della spesa, si stupì nel vedere che Yoni non era ancora arrivata. Le mandò un messaggio, un veloce “Dove sei?”, che non ottenne risposta. Dopo mezz’ora provò a chiamare, ma rispose la segreteria; a metà tra l’irritato e il preoccupato, Yoichi lasciò un “Dove cazzo sei?” e si mise al tavolo della cucina a rielaborare i dati del giorno.
Dopo un’altra mezz’ora era decisamente preoccupato; giusto perché c’era Agon, un elemento che definire altamente instabile era usare un eufemismo di proporzioni epiche.
-Giusto, Agon!-
Il quarterback compose il numero del genio dei Naga; si aspettava di non ricevere risposta, ma stranamente dall’altra parte si sentì un “Yo”
“Rasta di merda, dove cazzo siete?”
“Ancora in ospedale”
Hiruma ascoltò in silenzio per un paio di istanti, riconoscendo i suoni dell’ambiente in cui si trovava Agon. Non stava mentendo.
“Perché cazzo siete ancora lì?”
“Yoni è svenuta mentre la esaminavano, quindi le stanno facendo una fottutissima marea di controlli”
Le labbra di Yoichi articolarono un muto “Fuck”.
“D’accordo, arrivo”
“Non ce n’è bisogno, stiamo bene senza di te. E qui è uno spasso, ci..”
Riagganciò senza lasciargli il tempo di finire la frase, afferrò la giacca e corse a prendere l’autobus.
 
“Ce ne hai messo di tempo, spazzatura”
“Dov’è Yoni?”
“L’hanno portata in sala operatoria un’ora fa”
Si trattenne dal chiedere perché non si fosse preso la briga di avvisarlo; già il concetto di “prendersi la briga” era pressoché sconosciuto al Kongo minore, in più si trattava di lui. Non è che i due fossero in buonissimi rapporti, la cosa più importante che avevano in comune era la ragazza che ora si trovava sotto i ferri dei medici.
“Dimmi cos’è successo” fece secco Hiruma. Agon storse il naso, ma parlò.
“Era in palestra, avevano appena verificato che riusciva a stare in piedi per qualche minuto di seguito. Poi le hanno somministrato dei farmaci, qualcosa di sperimentale credo, mi pareva perplessa. Sono andato a fare un giro, poi dopo una quarantina di minuti sono tornato e ho visto che le porte della sala operatoria si erano appena chiuse. Ho chiesto ad un’infermiera, e mi ha detto che probabilmente si è trattato di un arresto cardiaco, una complicazione di quella malattia del cazzo dal nome impronunciabile che tua sorella si è presa”
Si era tolto gli occhiali, e se li passava tra le mani con fare annoiato. Era nervoso, e probabilmente ad un livello di incazzatura discretamente alto; imprecò ad alta voce, poi si infilò le mani in tasca e guardò Hiruma con la coda dell’occhio.
“Io mi sono rotto le palle di aspettare. Dille che se non si riprende subito, col cazzo che la accompagno di nuovo in questo posto. Ho di meglio da fare, e decine di ragazze pronte a darmela come non fosse loro”
Yoichi rimase impassibile e lo guardò allontanarsi; 10 a 1, sarebbe andato a sfogarsi su qualche povero malcapitato. Il quarterback riprese a fissare le odiose porte chiuse sotto l’insegna rossa “Operazione in corso, non entrare”.
 
Passò altro tempo interminabile; Hiruma faceva di tutto per combattere il sonno, ma era stanco, teso e preoccupato. Non riusciva a pensare lucidamente, quindi si trovò più volte a sbattere le palpebre per recuperare il controllo. Non c’era nemmeno qualcuno di interessante intorno, qualcosa con cui tenersi occupato, e non era nelle condizioni giuste per pensare alla squadra. Quasi non sentì i discorsi di due medici che discutevano di una nuova dottoressa molto sexy, e ignorò completamente l’infermiera schizzata che era venuta per fargli un esorcismo dato che “sentiva una strana aura demoniaca”.
Quando la luce finalmente si spense sobbalzò, e si alzò in piedi pronto a torchiare il giovane chirurgo dall’aria stanca che si stava togliendo in quel momento la mascherina e il camice da operazione.
“Yoni Hiruma. Dov’è? Cos’ha?”
Il pesante accento americano rendeva il suo giapponese quasi incomprensibile, ma il ragazzo riuscì a capire che in pochi minuti l’avrebbero portata fuori, e che avrebbe passato i successivi giorni sotto osservazione. Comunque, pareva fuori pericolo.
 
Quando Yoni finalmente uscì, era sdraiata su una barella, pallida come un morto, con gli occhi chiusi e le labbra livide. Era una scena da far stringere il cuore, ma il capitano dei Devil Bats era abbastanza temprato da non lasciarsi scioccare facilmente.
“Nee-shit, ci sei?”
Gli occhi non si aprirono, ma la bocca articolò uno stanco “No, sono al bar. E il caffè fa schifo”
Leggermente sollevato, Yoichi accompagnò la lettiga fino alla stanza 42; quando il personale sanitario finì la sistemazione, prese una sedia e aspettò che Yoni avesse abbastanza energie per parlare.
 
“Fuck”
“Come stai?”
“Fuck, fuck, fuck, fuck”
Con quello che sembrava un grande sforzo, la ragazza aprì gli occhi. Fissava il soffitto con aria disperata, i denti stretti a lasciar trapelare solo imprecazioni, ma si rilassò un attimo quando Yoichi le strinse una mano con gentilezza.
“Ce l’avevo quasi fatta. Andava meglio. Andava molto meglio. Sarei riuscita a camminare in poco tempo. E invece no. Fuck!”
Si passò una mano sugli occhi, sospirando. Il fratello non parlava, incoraggiandola a spiegarsi un po’ meglio.
“Non so cosa sia successo. Un collasso improvviso. Un arresto cardiaco, ok, ma ho avuto almeno due secondi di cecità. Vedevo tutto bianco. E non so cosa sia, non ho una cazzo di singola idea su che minchia abbia il mio corpo di merda!”
Ok, era meglio calmarla. Yoichi si fece più vicino, le accarezzò i capelli, e pian piano il respiro della ragazza si fece meno affannoso. Rivolse finalmente gli occhi a lui, occhi che portavano uno sconforto e una rabbia enormi, ma anche tanta tristezza.
“Mi dispiace, Nii-dick...”
A quelle parole, il quarterback scoppiò in una risata nervosa.
“Ma che ti scusi a fare, scema? Non mi ero mica preoccupato, so che presto recupererai il controllo. Anche perché sei in ritardo con il tuo lavoro di preparatrice atletica della squadra, quindi ti voglio in forma il prima possibile!”
Un sorriso stanco fu la risposta, seguito da un secco:
“Il chirurgo era un macellaio, so già che mi rimarranno delle cicatrici orribili. Probabilmente avrei fatto un lavoro migliore da sola. Non poteva restarsene nello Utah? Bah...”
Provò a girarsi su un fianco, ma si accorse in fretta di non esserne in grado. Sbuffò –piano perché il petto era stato ricucito da poco- e fissò il fratello con sguardo esasperato.
“Temo ci vorrà un po’, questa volta. Quanto manca alla partita contro l’Ojou?”
“Esattamente due giorni in più di quelli che ti servono per riprenderti. Quindi ora dormi, per stanotte hai fatto abbastanza”
“Ti amo”
“Come, scusa?”
“Mentre stavo per svenire ho pensato che morire così, lontana, senza avertelo detto almeno un’altra volta, era proprio una fine di merda. Quindi non voglio rischiare di nuovo”
Yoichi non la lasciò quasi finire di parlare, chiudendole la bocca con un bacio che aveva del violento.
“Non dire queste stronzate, Yoni. Non le dire”
“Tu dimmi che mi ami, allora” brontolò lei.
“Ti amo. Ti amo, scema d’una sorella senza la quale la mia vita farebbe schifo. Ora piantala di rompere e dormi”
Si sorrisero, mutando subito le espressioni in ghigni gemelli. Erano tornati loro stessi.
  
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