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Autore: Honodetsu    10/12/2012    1 recensioni
"...Le lacrime gli scesero bollenti dagli occhi e, al loro passaggio, la pelle sembrava corrodersi. Sentì una rabbia potentissima, una rabbia repressa da mesi, che lo stava mandando alla pazzia. Si alzò di scatto e con un urlo buttò a terra anche l'ultimo vaso di fiori intatto. Sbatté i pugni contro il muro con forza, facendosi male. Continuò e continuò, finché dalle nocche non sgorgò del sangue. Solo allora si buttò con le spalle contro il muro e guardò con rabbia la foto..."
Molto bene, lo dico subito: la trama inizia lenta. Protrà sembrare una normale storia sentimentale ma con il susseguirsi degli eventi vi posso promettere che ne rimarrete sorpresi. Non voglio anticipare nulla, se vi interessa leggete...
P.s Vi chiedo solo di avere pazienza, è la prima storia che scrivo su EFP ma vi assicuro che non ve ne pentirete. E con questo posso solo dire (a chi legge e chi leggerà):
Buona lettura e grazie :)
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Triangolo
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-”Allora come ti vanno le cose? Il lavoro è sempre tanto?”-

Ecco, forse era quella parte di lui che lo attirava. La parte che faceva domande ed ascoltava con attenzione le risposte, come se ci tenesse molto. Quel suo modo di fare lo tranquillizzava, era come parlare ad un fratello.

-”Diciamo... Non ne posso più.”- si lamentò, portandosi una mano alla nuca, sconsolato.

-”Ma dai, che infondo stare qui ti piace.”- gli disse portandogli un braccio intorno alle spalle ed avvicinandolo a sé-”No, Cenerella?”- ancora un altro sorriso terrificante.

Se c'era una parte che odiava del suo, poco che conosceva, carattere; era quello. Quello dove lo abbracciava e gli sorrideva in quel modo. O quando lo fissava con quei due pozzi rossi. Non riusciva a capirne il motivo ma, quando lo toccava in quel modo, si sentiva come aggredito, invaso. E quando lo fissava si sentiva nudo davanti ai suoi occhi. Era come vedere tante persone differenti in una, e la cosa gli faceva paura. Chissà quante ce ne erano là dentro.

-”...”- abbassò la testa a disagio. Gilbert si accorse del suo lieve rossore. Sorrise tra sé e gli si allontanò un poco.

-”Ah, ho capito, ti manca il tuo “amico”...”- disse guardandolo con malizia. A quelle parole il corpo dell'italiano fu invaso da un brivido.

-”Eh?! Ma che dici?”- fece arrossendo-”E'... E' solo un amico!”-

-”Ah! Sì,sì... Giusto... Un amico...”- lo guardò di sottecchi.

Ci fu un momento in cui si sentì solo il rumore dei loro passi sulla neve.

-”Dai, dimmelo, cos'è che ti piace di lui?”- gli chiese ad un tratto sorridendo. Feliciano fu sorpreso da quel sorriso semplice. Non era come gli altri.

-”Ti dico che è solo un amico...”- insisté, ma poi incontrò lo sguardo scettico dell'altro. Abbassò il capo in completo imbarazzo.

-”Guarda che puoi ammetterlo, non ho nulla contro i...”-

-”I suoi occhi.”- lo interruppe d'un tratto. Gilbert lo guardò sorpreso. Teneva lo sguardo basso, sulla strada. Alzò le sopracciglia e sorrise maligno.

-”I suoi occhi?”-

-”Sì, sono luminosi e belli... Di un azzurro intenso.”-il tono di voce sognante ed il lieve sorriso che gli si era delineato sul volto, stupì il ragazzo biondo platino.

-”Ed i suoi occhi sono solo l'inizio delle tantissime altre cose che adoro di lui. Come i suoi capelli corti e biondi, così morbidi al contatto che sembra, quasi, di poter palpare una nuvola...”-

Gilbert rise un po' sorpreso e confuso, immaginandosi i capelli morbidi di suo fratello.

-”Adoro anche il suo arrossire per le cose più sciocche, per delle cose normalissime, ma che a lui imbarazzano.”- alzò lo sguardo e guardò, per la prima volta, dritto negli occhi di Gilbert.

Il tedesco rimase in un silenzio attonito, ad ascoltare quell'italiano completamente partito di testa. Adesso, Feliciano, lo guardava negli occhi senza più tensione, se ne era accorto, e la cosa lo stupì. Lo sconvolse completamente. Così come lo sconvolsero tutte quelle parole d'amore nei confronti del fratello. Rimase colpito dai suoi rossori, dai suoi sorrisi timidi e carichi d'affetto destinati per Ludwing. Per quell'uomo che una volta aveva ucciso. Per quell'uomo che una volta era solo suo.

Provò tanti sentimenti e tutti contrastanti. Provava attrazione verso Feliciano, imbarazzo, tenerezza, nervosismo. Ma provava anche odio, rancore, rabbia.

Lui era il ragazzo che fino a quel momento aveva tenuto tra le braccia il suo adorato fratellino, lui lo aveva visto piangere, ridere. Aveva persino toccato i suoi capelli, baciato, e chissà che altro.

Era colpa sua se Ludwing ora non era più con lui.

-”Ne sei molto innamorato, eh?”- gli chiese con un accenno di fastidio di cui, Feliciano, non si accorse. Lui gli rispose sorridendo ed annuendo.

-”Sì, moltissimo. Penso sia la persona più buona del mondo.”- sorrise infantile ed alzò le spalle-”Sai, una di quelle persone che non farebbero mai del male a nessuno.”-

Gilbert alzò le sopracciglia sorpreso. Dunque lui non sapeva del loro passato.

-”Siete fidanzati o è un amore non corrisposto?”- per un attimo sperò nella secondo scelta.

-”Stiamo insieme già da un po'... Dalla fine dell'estate.”- fece portandosi le mani nelle tasche del capotto, con un sorriso infantile e bello che colpì nel profondo il prussiano.

Sentì il suo cuore cominciare a battere all'impazzata. Si portò una mano al petto con paura ed imbarazzo. Cos'era quello che sentiva nel petto? Quella strana emozione che gli gridava di stringere a sé quell'italiano sorridente? Non l'aveva mai provata prima. Si sentì a disagio.

L'italiano si voltò verso di lui e lo guardò in silenzio. Sentì le guance andargli in fiamme, il cuore palpitare e le mani cominciare a sudare. Ma cosa diamine gli prendeva?

Per la prima volta sentì il bisogno di sfuggire al suo sguardo. Si tolse i guanti e se li infilò in tasca.

-”Bhè, questo Ludwing deve essere davvero molto fortunato ad aver trovato uno come te.”- disse abbozzando un sorriso, mentre cercava di riprendere fiato.

Feliciano scosse la testa e sorrise.

-”No, sono io quello fortunato. Mi sento davvero amato. E' molto dolce... Ma questa distanza mi uccide.”-disse tristemente-”E poi, non riesco nemmeno a parlargli come si deve al cellulare.”-

Gilbert si fece di nuovo attento, riuscì a riprendere controllo di sé.

-”Come mai?”-

-”E' che... E' che se ci parlo tanto finisco con il non riuscire a lavorare, dopo. Sentirei troppo la sua mancanza e starei male. E poi non voglio distrarlo troppo dal suo lavoro con le mie mancanze di affetto... Insomma, se dipendesse da me, gli telefonerei ogni cinque minuti.”- disse alzando le sopracciglia e sorridendo.

Gilbert alzò le antenne.

-”Che lavoro fa?”- chiese incuriosito.

-”Scrive libri.”- disse tornando a sorridere-”E' molto dotato, ne ho letti alcuni... Se vuoi te ne suggerisco alcuno.”- disse tornando a guardarlo in volto.

Gilbert si sentì infiammare a quel contatto visivo.

-”Eh? Sì, mi farebbe piacere.”-

 

Si lasciò cadere sul letto sfatto e rotto. Le molle cigolarono sotto il suo peso, ma lui le ignorò. Strinse al petto i libri che aveva appena comprato con i pochi soldi che aveva.

Si era sentito uno scemo ma quando erano passati davanti a quella libreria e, proprio sulla vetrina erano esposti dei libri di Ludwing, non riuscì a non comprarli. Feliciano lo aveva guardato con un tale luccichio negli occhi che lo aveva fatto cedere.

Si sentiva uno scemo. Chiuse gli occhi e sospirò. Subito nel buio delle palpebre comparirono tante immagini di quell'italiano. Mentre rideva, mentre arrossiva, mentre era in soggezione.

Di solito, quando chiudeva gli occhi come in quel momento, gli compariva suo fratello; ed adesso? Che cos'era quella novità? Riaprì lentamente gli occhi.

Di nuovo.

Di nuovo i suoi occhi erano cambiati. Come l'altra sera. Si chiese cosa lo attirasse tanto in quel ragazzo calmo ed infantile. Cosa fosse a mandarlo in tilt. Strinse le mani sulla coperta.

Ma che cavolo andava a pensare? Cosa, diamine, stava dicendo? Non glie ne fregava assolutamente nulla di quell'inutile italiano, era solo una pedina.

Lasciò scivolare i libri a terra e si sollevò, mettendosi seduto. Ghignò, ed i suoi occhi tornarono rossi, tornarono crudeli. Presto sarebbe arrivato il momento, presto avrebbe rivisto suo fratello. E Feliciano gli avrebbe dato una mano. Gli venne da ridere al solo pensiero di ritrovare suo fratello trasformato in una donnicciola, proprio come quel ragazzino dal ciuffo buffo.

No, Feliciano era solo una pedina. Faceva parte del piano farselo amico, faceva parte del piano sorridergli e assecondarlo. L'unica cosa che contava era suo fratello. L'unica cosa che importava era Ludwing. Prese uno dei libri a terra e se lo passò tra le mani.

Sì, sapeva che aveva sempre cercato di tarpare le ali al fratello; per quanto riguardava scrivere, ma in quel momento era curioso di vedere se era davvero dotato come gli aveva detto l'italiano.

Lo aprì e cominciò a sfogliare le pagine. Chissà se era cambiato d'aspetto. Chissà se era diventato ancora più alto. Sorrise maligno e si portò il libro al viso. Non poteva credere che fino a quel momento Ludwing, il suo adorato e piccolo fratellino impacciato, potesse aver vissuto per così tanto tempo senza il suo aiuto. Il sorriso morì subito sul suo volto.

Ma certo, c'era quel Feliciano ad aiutarti, vero? Chissà quali cose avete fatto insieme... Mi rifiuto di credere che tu abbia trovato una simile persona, così... Così... Così...

Non seppe come definirla e la cosa fece vacillare, ancora una volta, la sua dannata sicurezza. Strinse i pugni con fastidio.

Così irritante...!

Cominciò a leggere le prime pagine ed in quelle parole non riconobbe subito Ludwing. Bhè, d'altronde, lui non aveva mai letto niente di suo. Non immaginava nemmeno che scrivesse libri.

Sorrise mentre voltava la pagina numero quindici. Non avrebbe mai sospettato che, dopo quello che era successo in quella villa, la sua fuga in vari paesi dell'estero e dopo aver giurato di non farsi mai più trascinare nella vita che lui definiva “sporca”, si mettesse a scrivere libri.

Insomma, fratellino, ti ho detto che non avrei mai smesso di cercarti e tu abbassi la guardia così? E' molto sciocco da parte tua...

Voltò la ventesima pagina. Diamine, era bravo, dovette ammetterlo.

E' incredibile che tu preferisca questo a noi, alla nostra vecchia vita... E'... E' incredibile che tu preferisca quella maledetta vita monotona che quella che avresti qui, con me...

Arrivato alla trentesima si fermò. Ne aveva abbastanza. Come aveva temuto, leggere un qualcosa scritto da lui lo aveva solo fatto arrabbiare. Gli fece ricordare che, nonostante le sue insistenze, aveva disubbidito ad un suo ordine. Chiuse il libro e lo lasciò cadere di nuovo a terra.

Guardò fuori dalla finestra dai vetri rotti, della sua stanza. La luna piena splendeva in un cielo buio, privo di stelle. Si portò una mano ad una gamba, senza staccare gli occhi dalla luna. Incontrò il rialzò della pelle cicatrizzata sotto la stoffa dei pantaloni.

Il ricordo della pistola puntata verso di lui, il ricordo dello sparo, del dolore lancinante. Ma il dolore più grande era il ricordo di chi era a tenerla tra le mani, di chi era a sparare.

Toccò anche l'altra gamba, quella ferita dallo spacciatore. La cicatrice era meno spessa ed evidente rispetto all'altra. Un ghigno si delineò sul volto.

Quel giorno hai dato il meglio di te. Un morto ed un ferito... Peccato che il ferito fosse tuo fratello..

Il sorriso si contorse in una smorfia.

-”Quel bastardo non ha idea di cosa ho dovuto passare per tornare a casa, senza gambe mi sono dovuto trascinare...”- sibilò tra sé.

Chiuse gli occhi e questa volta trovò solo il buio ad attenderlo. La cosa non lo preoccupò, non gli diede fastidio, non voleva vedere nessuno: né suo fratello né Feliciano.

Già, Feliciano. Era irritante.
Ma se lo era, allora, perché continuava a sentire come un maledetto sottofondo il bisogno di rincontrarlo?

 

 

Quella mattina si era svegliato di pessimo umore e ritrovare la casa silenziosa e quieta gli diede ancora più fastidio. Aveva continuato a scrivere il suo libro ed, ovviamente, non era soddisfatto del contenuto. Quella mattina aveva anche ricevuto una chiamata dal suo editore. Risultato? Una bella lavata di capo ed altro tempo per continuare il suo lavoro.

Aveva altri due mesi. Guardò con fastidio il monitor del computer. Sapeva che in due mesi avrebbe finito tutto, anzi avrebbe finito anche prima, ma in quel momento si sentiva irritato, non riusciva a mandare giù nulla.

Oltre allo stress del lavorio, c'era anche la faccenda Feliciano. Una faccenda che sembrava tirarsi per le lunghe e complicarsi. Ieri sera non lo aveva chiamato, gli aveva mandato un maledetto messaggio in cui gli chiedeva scusa, che era impegnato e che si sarebbe fatto sentire l'indomani. E fantastico, ecco l'indomani. Ebbene aspettava la sua chiamata con i nervi a fior di pelle.

Posò il cellulare sulla scrivania, accanto al computer, fissandolo. Piegò le braccia al petto e sospirò. Chissà cosa aveva da fare nella sera. Aveva detto che lavorava solo la mattina. E se lo stesse tradendo? O peggio, se fosse successo qualcosa? Se il suo passato fosse tornato alla carica?

L'ansia lo stava consumando. Forse sarebbe stato meglio parlargliene. Parlargli di suo fratello, spiegargli quello che era successo, il perché di quei momenti difficili che aveva passato.

Probabilmente la loro relazione sarebbe terminata ma almeno lui si sarebbe chiamato fuori. Ma si rese conto che era tardi per farlo. Ormai l'italiano era in Germania, c'era dentro con tutte le scarpe in quella maledetta storia, anche se glie lo avesse detto in quel momento, sarebbe stato anche peggio. Dannazione, e lui che non voleva creargli problemi. E lui che non voleva farglielo sapere per proteggerlo.
Il suo umore passò dal buio al buio pesto. Il cellulare vibrò sul tavolo.

-”Ciao, Lud!”- la voce allegra dell'italiano per poco non lo fece diventare sordo-”Scusa per ieri...”- continuò con senso di colpa.

-”Non...”- cercò di trattenere l'angoscia e la rabbia che lo dilaniava-”Non importa.”- rispose incolore-”Hai dovuto lavorare, ti capisco.”-

-”No, no, ieri sera non stavo lavorando.”- gli occhi del tedesco si spalancarono-”Ho fatto amicizia con un tipo assurdo, qualche giorno fa.”- continuò allegro-”Ieri sera ci siamo rincontrati, è stato divertente. E' un ragazzo strano ma infondo è una brava persona e...”-

-”Perché non me ne hai parlato subito?”- lo interruppe di colpo, con una voce priva d'emozione. Feliciano si zittì all'istante, capì subito che c'era qualcosa che non andava.

-”Non lo avevo ritenuto importante.”-

Cosa?! Non lo avevi ritenuto importante?!

Quelle parole lo colpirono nel profondo. Gli fecero male come se gli avessero lanciato tanti piccolissimi pezzi di carbone ardente adosso.

-”Come hai potuto anche solo pensarlo?”- sbottò-”E' ovvio che è importante, dannazione! Ieri sera ero preoccupatissimo!”-

-”Ludwing, non esagerare, è solo un amico; io...”- tentò di calmarlo.

-”Appunto, lui è solo un amico ed io il tuo ragazzo!”-continuò con rabbia e frustrazione-”Penso che venga prima io di lui, no?”-

-”Ludwing...”-

-”No! Niente Ludwing!”- esplose-”Dannazione, non voglio che tu vada dietro ad altri ragazzi mentre io sono qui a preoccuparmi per te!”-

Silenzio.
Riprese un po' fiato, sentendosi meglio. Finalmente si era svuotato, glie lo aveva detto. Non sentendo risposta si rese conto di aver esagerato. Sospirò.

-”Feliciano... Scusa... E' che il lavoro mi stressa, poi questo...”- fece passandosi una mano sul viso.

-”Se le tue cose vanno male non puoi prendertela con me. Io che centro?”-

Era la prima volta che lo sentiva così arrabbiato.

-”Dannazione, è così maledettamente idiota da parte tua rimproverarmi solo perché esco con degli amici! Gilbert è mio amico e, di certo, non devo avvertirti tutte le volte che usciamo insieme!”-

Quel nome lo fece strasalire.

G... Gilbert?!

-”E poi, Ludwing, non ti tradirei mai! Cominci a diventare paranoico... Mi... Mi... Mi fai davvero incavolare!”- sbottò in fine.

-”Come hai detto che si chiama?”- chiese ignorando le sue parole.

-”Ah...”- rimase stupito a quelle parole, l'altro. Non poteva credere che il tedesco non gli desse retta-”Ah! Dannazione...”- imprecò per poi sospirare stufo-”Si chiama Gilbert, ma io stavo parlando d'altro.”-

No...

Sgranò gli occhi e lasciò cadere la schiena sullo schienale della sedia.

No... Non puoi farmi questo... Non puoi trascinare nel baratro anche lui, non puoi...!

Sentì le lacrime arrivare odiose e un groppo formarglisi nella gola. Maledetto bastardo, stava facendo le prove generali per rovinargli completamente la vita.

-”Ti prego, non lo vedere più!”- esclamò allarmato. Feliciano dall'altro capo aggrottò le sopracciglia

-”Che diamine stai dicendo ora?”-

-”Ti prego! Fallo per me, fallo per noi!”- continuò con il cuore in gola. Feliciano rimase in silenzio, schifato fa quel comportamento.

-”E' così ipocrita mettere in mezzo la nostra relazione solo perché tu sei un paranoico!”- urlò-”Non c'è niente tra me e lui!”-

-”Ho capito, ma ti prego, lascialo perdere!”- continuò supplichevole.

-”Forse... Forse è meglio che riattacco...”- fece arrabbiato.

-”No, ti prego Feliciano!”-

Tak! Tu-tu-tu...

Strinse il cellulare nella mano.

-”Fe... Feliciano...”- sussurrò, sapendo benissimo che la conversazione era chiusa-”No...”- fece lasciando il cellulare sulla scrivania e portandosi le mani sul viso.

-”Dannato bastardo!”-urlò con rabbia mentre si alzò di scatto, facendo cadere la sedia per terra -”Perché lui!? Perché?!”-

Cadde in ginocchio e lasciò le lacrime scivolare.

No! No! No! No! No! No!

Pianse a lungo, senza sapere cosa fare. Si sentì completamente inerme, incapace di intendere e di volere. Sapeva solo che per l'ennesima volta aveva vinto lui, che per l'ennesima volta Gilbert si era preso la sua vita. La sua intera esistenza.

Ma questa volta aveva troppe vite tra le mani, la sua e quella di Feliciano. Non poteva permettergli di rovinare l'unica cosa perfetta che avesse mai avuto. Non poteva permettergli di sporcare anche Feliciano.

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Note

Ed in situazioni come queste... come ci si comporta?

Honodetsu :D

  
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