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Autore: Waanzin    10/12/2012    4 recensioni
Una raccolta di momenti passati, presenti e futuri nella vita di Jake Muller/Wesker, tra riflessioni e rabbia, tristezza ed euforia. Uno sguardo da vicino a cosa significa essere il figlio del più enigmatico e complesso tra i personaggi di Resident Evil.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albert Wesker, Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La sua faccia lo fissava imbronciata dalla scurissima lente. Ma era la sua faccia? Non sempre. A volte fissava quegli occhi azzuri, quella mandibola definita, e fantasticava... e nella pozza nera del riflesso, vedeva apparire un volto del tutto simile, ma più vecchio, più adulto...  forse, più saggio.
Tuttavia, per quanto si sforzasse, quel volto lo fissava e basta, muto, i lineamenti taglienti come il ghiaccio, perfetto come il Mose ma come quest'ultimo incapace di fare ciò che Jake bramava più di ogni altra cosa. Parlargli. Dirgli chi fosse. 
Sono sicura che ti vuole bene e che ti pensa, e so che un giorno voi due vi ritroverete.
Sua madre non era mai riuscita a condannarlo. Neppure su di un letto di morte l'aveva condannato. Era forse quello, suo padre? Un uomo sopraffatto dalle responsabilità, che li aveva lasciati a morire di fame contro la sua volontà? Oppure...
Albert Wesker era un colossale imbecille. Un pazzo, che ha tentato di distruggere il mondo. 
...suo padre era il mostro che tutti ricordavano? Quella folle donna, Chris, Leon, persino Sherry... nessuno aveva un solo ricordo che potesse combaciare con ciò che gli aveva sempre detto sua madre, anche quando lui aveva ormai perso la speranza.
Mentre pensava, si accorse che i riflessi che stava fissando erano in realtà due. Entrambi i volti avevano i suoi stessi lineamenti, entrambi mostravano l'idea che Jake aveva del volto di suo padre. Ma mentre uno dei due restava muto, misterioso e austero al tempo stesso, l'altro cominciò a cambiare, venature scure strisciavano sugli zigomi come sanguisughe, le labbra si assottigliavano in un ghigno, appendici più scure della notte si allungavano dal volto, come a volerlo ghermire dal passato-
«Hey, ragazzo! Tutto bene?»
Jake venne scosso da un brivido mentre alzava lo sguardo verso l'uomo tarchiato davanti a se, che sporco di grasso gli si avvicinava con aria interrogativa.
«Sono ore che te ne stai fermo a fissare quegli occhiali, sicuro di stare bene? Questo maledetto deserto gioca brutti scherzi...» il ragazzo si limitò ad un cenno di diniego e, indossato un ghigno a mascherare l'agitazione di poco prima, si diresse alle spalle dell'uomo, dove una moto nera lasciava intuire la propria silhouette all'ombra di un garage.
«Il motore è a posto, i filtri erano intasati ma gli ho dato una pulita. Attento a non spingerla troppo in una giornata come quest-» prima che l'uomo potesse finire di parlare, Jake gli rifilò un paio di banconote accartocciate in mano, balzò in sella e accese il motore. 
Si fermò solo un secondo mentre lo sguardo indugiava sugli occhiali che ancora teneva in bilico tra le dita della mano destra... poi si decise ad inforcarli sul volto e in un rombo di tuono era già lontano lungo la polverosa strada, con chilometri di deserto a invadere il suo campo visivo da ogni lato. 
Nell'arruginità stazione di servizio, il confuso meccanico lo guardò sparire all'orizzonte sotto il sole cocente, e si strinse nelle spalle. «Bah, i giovani. Ora capisco come doveva sentirsi il mio vecchio...» borbottò tra se e se, tornando alla sua placida vita. 

A circa tre anni dai miei primi tentativi, mi riaffaccio al mondo della fanfiction per lo stesso motivo di tanto tempo fa: Resident Evil e i suoi incredibili personaggi. Dopo tutto questo tempo, dopo l'ufficializzazione della morte di Albert Wesker, mia personalissima ossessione, e la notizia che non sarebbe apparso nella storyline ormai proiettata verso il futuro della serie, pensavo di aver già dato e detto tutto al riguardo, come fan e come autore di fanfiction.

Evidentemente mi sbagliavo. Resident Evil 6, da me considerato un vero e proprio piccolo capolavoro di narrativa, ha tirato in ballo tante, troppe cose per essere ignorato. E lo metto subito in chiaro: da ossessionato quale sono per Albert Wesker, ho adorato suo figlio Jake e il rapporto conflittuale con quel padre che non ha mai realmente conosciuto, se non attraverso le parole (spesso aspre) dei suoi compagni di disavventure. Il modo in cui Jake sembra non sapere come affrontare l'identità di suo padre (afferma più volte di non voler essere come lui e di non approvare le sue azioni, ma viene comunque preso da rabbia cieca di fronte all'uomo che l'ha ucciso) mi ha colpito profondamente.

Da tutto questo nasce l'idea di questa raccolta, "Conseguenze di un padre assente", un mosaico di momenti passati, presenti e futuri (rispetto agli eventi di Resident Evil 6) che approcciano Jake dall'interno della sua mente confusa, per studiare, inventare e assaporare tutti quei conflitti che scaturiscono dall'essere figli di un uomo come Albert Wesker. Ma ora basta, credo di avervi annoiato a morte abbastanza... su il sipario per il primo tassello! 

John. 

Contestualizzazione: "Riflessi" si svolge poco dopo il finale della Campagna di Jake & Sherry in Resident Evil 6, per l'esattezza dopo che Jake, salutata Sherry, si lancia con la sua moto lungo una misteriosa strada nel bel mezzo del deserto. 




Jake Muller 

 CONSEGUENZE DI UN PADRE ASSENTE



Riflessi

La sua faccia lo fissava imbronciata dalla scurissima lente. Ma era la sua faccia? Non sempre. A volte fissava quegli occhi azzuri, quella mandibola definita, e fantasticava... e nella pozza nera del riflesso, vedeva apparire un volto del tutto simile, ma più vecchio, più adulto...  forse, più saggio.Tuttavia, per quanto si sforzasse, quel volto lo fissava e basta, muto, i lineamenti taglienti come il ghiaccio, perfetto come il Mose ma come quest'ultimo incapace di fare ciò che Jake bramava più di ogni altra cosa. Parlargli. Dirgli chi fosse. 

Sono sicura che ti vuole bene e che ti pensa, e so che un giorno voi due vi ritroverete.

Sua madre non era mai riuscita a condannarlo. Neppure su di un letto di morte l'aveva condannato. Era forse quello, suo padre? Un uomo sopraffatto dalle responsabilità, che li aveva lasciati a morire di fame contro la sua volontà? Oppure...

Albert Wesker era un colossale imbecille. Un pazzo, che ha tentato di distruggere il mondo. 

...suo padre era il mostro che tutti ricordavano? Quella folle donna, Chris, Leon, persino Sherry... nessuno aveva un solo ricordo che potesse combaciare con ciò che gli aveva sempre detto sua madre, anche quando lui aveva ormai perso la speranza.

Mentre pensava, si accorse che i riflessi che stava fissando erano in realtà due. Entrambi i volti avevano i suoi stessi lineamenti, entrambi mostravano l'idea che Jake aveva del volto di suo padre. Ma mentre uno dei due restava muto, misterioso e austero al tempo stesso, l'altro cominciò a cambiare, venature scure strisciavano sugli zigomi come sanguisughe, le labbra si assottigliavano in un ghigno, appendici più scure della notte si allungavano dal volto, come a volerlo ghermire dal passato-

«Hey, ragazzo! Tutto bene?»

Jake venne scosso da un brivido mentre alzava lo sguardo verso l'uomo tarchiato davanti a se, che sporco di grasso gli si avvicinava con aria interrogativa.

«Sono ore che te ne stai fermo a fissare quegli occhiali, sicuro di stare bene? Questo maledetto deserto gioca brutti scherzi...» il ragazzo si limitò ad un cenno di diniego e, indossato un ghigno a mascherare l'agitazione di poco prima, si diresse alle spalle dell'uomo, dove una moto nera lasciava intuire la propria silhouette all'ombra di un garage.

«Il motore è a posto, i filtri erano intasati ma gli ho dato una pulita. Attento a non spingerla troppo in una giornata come quest-» prima che l'uomo potesse finire di parlare, Jake gli rifilò un paio di banconote accartocciate in mano, balzò in sella e accese il motore. Si fermò solo un secondo mentre lo sguardo indugiava sugli occhiali che ancora teneva in bilico tra le dita della mano destra... poi si decise ad inforcarli sul volto e in un rombo di tuono era già lontano lungo la polverosa strada, con chilometri di deserto a invadere il suo campo visivo da ogni lato. 

Nell'arruginità stazione di servizio, il confuso meccanico lo guardò sparire all'orizzonte sotto il sole cocente, e si strinse nelle spalle. «Bah, i giovani. Ora capisco come doveva sentirsi il mio vecchio...» borbottò tra se e se, tornando alla sua placida vita. 

 




 

  
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