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Autore: Aranil    12/12/2012    2 recensioni
Francesco Masti è un ragazzo tranquillo che abita nel paese di Bracciano, vicino Roma. La sua vita, dopo un anno dall'essere lasciato dalla ex, scorre ormai tranquilla, ma tutto viene travolto da Serena, una ragazza nerd e carina, e Stella, una neo laureata in psicologia.
Tra una partita ad un gioco di ruolo, un salvataggio in lago e un film con gli amici, questa è la ricerca di una stabilità economica e emotiva di un 24enne di giorni nostri
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Eravamo lì da soli. I suoi sarebbero stati via fino a dopo cena, a causa di un matrimonio. Uno di quelli lunghi, sullo stile meridionale: quei matrimoni pieni di parenti e amici che si vogliono bene e fanno casino tutti assieme fino a quando gli reggono le gambe. Ok, sorvoliamo.
Insomma, eravamo lì con quasi tutto il pomeriggio davanti. Soli. Lei arrossì e iniziò a ciondolare con le mani dietro la schiena. Iniziò a guardare a terra in un misto tra imbarazzo e attesa e… Francesco se ne andò! In senso figurato s’intende: il mio corpo rimase lì, impossessato da una belva.
Senza quasi accorgermene, mi ritrovai su di lei. Con il braccio destro le cinsi la vita, mentre la mano sinistra andò dietro la sua testa, alzandogliela e avvicinandola alla mia. La baciai, ma non con uno dei nostri soliti baci casti e romantici: era un bacio passionale. Lungo, duraturo e passionale. Dopo un attimo d’incertezza (dovuto più che altro al mio scatto repentino), lei corrispose il bacio portando le sue braccia intorno al mio collo. Smettemmo per un po’ e iniziammo a guardarci. Lei era arrossita, ma aveva lo sguardo socchiuso e il sorrisetto di chissà cosa sta succedendo e non vuole interromperlo.
Fu abbastanza naturale: lei era impacciata ed io insicuro. So già cosa vi state chiedendo: Perché un ragazzo deve essere insicuro? L'uomo è maiale di natura e pensa solo a se stesso. A me non capita: il mio pensiero in quel momento andò a Serena, con la paura di farle male, e la voglia di compiacere più lei che me stesso. Ma non scendiamo nei particolari, non sono il tipo.
Voglio invece raccontare il dopo. Rimanemmo nel suo letto, abbracciati e nudi. La sua testa era appoggiata sul mio petto e sentivo il respiro accarezzare la mia pelle ad intervalli scostanti. Mi inebriavo del suo odore, bacandole spesso la fronte o la testa. Ci tenevamo stretti, come se fossimo una cosa sola. Pelle contro pelle, in uno scambio continuo di emozioni. E per fortuna c'era il condizionatore o saremmo morti dal caldo.
Ci staccammo lievemente per guardarci negli occhi. Lei divenne rossa e sorrise. Le risposi al sorriso, per poi baciarla dolcemente sulla fronte e riprenderla tra le mie braccia. E mentre la stringevo a me, mi venne in mente una domanda. Forse era una domanda inadeguata, completamente diversa dal momento romantico che stavamo passando, ma si sa: la curiosità è donna...
 
“Posso farti una domanda?” le chiesi. Lei annuì sussurrando.
“Perché, quando ho detto che mi sto innamorando, hai pianto?” il mio tatto e la mia delicatezza a volte mi sorprendono. Lei si strinse di più addosso a me come se nascondersi tra le mie braccia le avrebbe evitato di rispondere. Le presi il viso per guardarla negli occhi. Era più rossa di quando mi venne a trovare al lago. Provai a rifarle la domanda, con parole più suadenti e lei cedette.
“Ti ricordi quando ci siamo incontrati la prima volta?” Mi chiese in risposta.
 
Certo che mi ricordavo. Era circa un anno e mezzo prima, una delle due fiere annuali del fumetto che si svolgono a Roma. Io ero un cosplay e anche lei, ma ciò non significa che ci conoscessimo. In realtà, la mia prima parola che le dissi fu un “Scusa!” per averla urtata. Mi ero voltato e le ero andato addosso senza notarla. A lei cadde il casco del costume e mi chinai per raccoglierlo. Mentre glielo porgevo, alcune persone ci chiesero di fare una foto insieme, anche se i nostri personaggi non facevano parte dello stesso anime o gioco.
La cosa ci fece un ridere a entrambi e così iniziamo a parlare. Eravamo due ragazzi con la stessa passione nel luogo dove la si festeggiava, quindi trovammo molto di cui parlare, anche se lo scambio di battute fu semplice e banale. “Bello il tuo costume” “Mi piace molto il tuo personaggio!”“Da quant'è che fai cosplay?”. Le classiche domande che si fanno di rito, più osservazioni su giochi e manga in comune. Poi sopraggiunsero i miei amici e le sue amiche. Mi feci fare una foto con lei da Paolo (il mio fotografo di fiducia, in quelle occasioni) e ci scambiammo i nomi per aggiungerci su Facebook e scambiarci le foto. Poi ci salutammo e continuammo le nostre giornate separatamente, scambiandoci solo qualche sorriso quando ci incrociavamo.
La sera stessa, lei mi aggiunse su Facebook come amico e io l’accettai. Ci scambiammo le foto e poi, tranne rare occasioni in cui ci commentavamo qualche foto o link, non parlammo più.
 
“Sì che mi ricordo. Ti urtai i facendoti cadere il casco.” le dissi “Sono sempre stato un imbranato!”
“Ecco in realtà...” prese una lunga pausa dettata dall’imbarazzo “...non fu colpa tua. Fui io a venirti addosso.”
“Te? E perché?” chiesi basito.
“Volevo conoscerti già da qualche tempo.” mi rispose, senza riuscire a guardarmi negli occhi “Ti avevo già notato alla fiera prima e poi, il giorno prima dello scontro, cercavo un modo per conoscerti. Mi sei piaciuto subito. Con le amiche, inventai un piano per conoscerti senza sembrare la classica ragazzina che ha una cotta e decidemmo di optare per lo scontro fortuito!”
La guardai sbalordito. Mai una ragazza aveva fatto tanto per me. Cioè, sì: avevano fatto qualcosa di strano, ma erano state le mie due ex. Ma la cosa che mi sbalordì di più, è che lei si fosse presa una cotta di me senza nemmeno conoscermi, solo vedendomi due volte ad una fiera. Lei si era talmente imbarazzata della confessione, che si strinse a me. Mi sembrò anche di sentire il rossore delle sue guance sul mio petto.
“Sono in pratica circa due anni che cerco in qualche modo di conoscerti. Due anni in cui, ogni giorno, guardavo le tue foto, sognando un giorno di sentirti dire Ti amo Serena. In più, quando ti aggiunsi come amico, vidi i tuoi post, scrutai i tuoi messaggi e carpii il tuo carattere. E mi piacevi sempre più, ma non ho mai trovato il coraggio di contattarti. Anche quando lessi che ti ha rilasciato, non riuscii a farmi forza e scriverti. Poi mi hai contattata te e per me fu un colpo. Era come se un desiderio si fosse avverato. Allora ti ho invitato a giocare con noi, sia per trovare una scusa per vederti, che per farti vedere ad Alan. E quando mi disse che secondo lui ti piacevo, cercai il coraggio di venire a trovarti al lago!” Si fermò per un po’, poi si lamentò “Ora penserai di me che sono una stupida!”
In realtà l’unica cosa che pensavo è di come la cosa mi risultasse assurda. Una ragazza carina che mi viene dietro per due anni a mia insaputa. La stessa ragazza che io ho contattato e che io ho provato a conquistare, era già mia sotto tutti gli effetti. E poi Alan che sa tutto e risolve tutto… iniziavo a essere felice d’avere un nuovo amico gay.
Lei continuava ad abbracciarmi senza incrociare il mio sguardo, chiamandosi stupida. Non era stupida, lo stupido ero io. Poi, con la mia ex, io feci circa lo stesso: le andai dietro per tre anni, prima che lei si accorgesse di me. Quando fu lei a venirmi dietro, aveva la strada spianata: io ero già cotto a puntino.
La baciai sulla fronte, poi sulle guance, con tanti piccoli baci. Lei, pian piano, smorzò le sue lamentele e alzò il viso. Ci baciammo di nuovo. Non volevo altro che essere lì con lei. Non volevo altro che renderla felice. Non volevo essere da nessun’altra parte Ci baciammo ancora e ancora. E fu mia per una seconda volta.
   
 
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