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Autore: Waanzin    16/12/2012    2 recensioni
Una raccolta di momenti passati, presenti e futuri nella vita di Jake Muller/Wesker, tra riflessioni e rabbia, tristezza ed euforia. Uno sguardo da vicino a cosa significa essere il figlio del più enigmatico e complesso tra i personaggi di Resident Evil.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albert Wesker, Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Con questo capitolo, inauguro un nuovo tipo di sperimentazione da parte mia: una "storia nella storia". Questa raccolta continuerà, come previsto, a raccogliere momenti nella vita di Jake come parte di un variopinto "mosaico", ma in questo preciso caso mi sono reso conto che un semplice tassello non sarebbe bastato. Così, i capitoli 3, 4 e 5 faranno in realtà parte di una piccola "trilogia" di brevi flashfic (ribattezzata "L'Uomo che Annega" dall'omonima canzone dei Cure) che andrà a narrare alcuni degli eventi che hanno trasformato Jake nell'uomo privo di scrupoli (e ossessionato dal denaro) che Sherry finirà per incontrare e "salvare" in Resident Evil 6. 

Ancora una volta, prima di cominciare i miei ringraziamenti vanno ad astarte90 per la sua utilissima recensione al capitolo 2, recensione dalla quale ovviamente ho cercato di apprendere il più possibile per migliorare il mio stile in vista di questa nuova fatica.

Piccola nota: ho strutturato la storia utilizzando i flashback, uno stile che mi è molto caro ma complesso da gestire. Spero di essere stato all'altezza del compito. Sperando che questa storia possa piacervi ed appassionarvi tutti... e magari spingervi ad aspettare la seconda e la terza parte di questa trilogia. Detto questo, bando alle ciance, e buona lettura!

Contestualizzazione: a pochi anni dalla maggiore età, Jake Muller comprende che senza i soldi per le cure adeguate, sua madre non sopravvivrà a lungo. Impossibilitato a trovare lavoro come un qualunque ragazzo a causa della povertà, segue l'unica strada possibile: quella del mercenario. Ma le cose non vanno affatto bene... 



Jake Muller

CONSEGUENZE DI UN PADRE ASSENTE


L'UOMO CHE ANNEGA, parte prima:

In ginocchio. 

Pensava che il cuore stesse per spuntarlgi dalla trachea. Lo vedeva già li, le grosse arterie penzolanti dalle sue labbra, che ciondolava inerme mentre la vita lo abbandonava, risparmiandogli quell'agonia. 

 
Purtroppo, così non fu e il conato successivo non fece altro che scatenargli di nuovo dolore in tutto il corpo, partendo dalla bocca dello stomaco fino al petto che sembrava voler strappare la pelle e spalancare le costole, mentre le mani scivolavano cercando di appigliarsi alla squallida tazza di ceramica come  fosse una dorata ancora di salvezza.
 
Finito di vomitare ancora una volta, Jake si lasciò cadere all'indietro con un , spalancando le braccia e lasciando che il gelido pavimento in piastrelle del bagno asciugasse il sudore che ne imperlava tutto il torso e infradiciava la vecchia canottiera sgualcita. Si voltò tentando di riprendere fiato, solo per scoprire il suo stesso volto che lo fissava dalla superficie riflettente di una bottiglia di Vodka completamente vuota: notò che la grossa ferita sulla guancia aveva ripreso a sanguinare, ed imprecò sottovoce mentre spingeva via il contenitore. 
 
Nella sua testa, un uragano di sensazioni lo tormentava, un fiume di ricordi che beffardamente gli dimostrava quanto vano fosse stato il suo tentativo di dimenticare gli eventi di pochi giorni prima...

Due mesi prima.
 
Nessuno sapeva perché quell'uomo dallo sguardo impenetrabile e il volto segnato da mille battaglie avesse deciso di organizzare un team di mercenari. Le leggende urbane abbondavano nelle bettole della periferia Edone, ma solo una cosa era certa, e solo quella contava nel giro: se volevi fare soldi, dovevi unirti alla compagnia di Shaw, l'uomo con un occhio solo.
 
Tutto questo non importava però a Jake, quando si trovò il volantino di reclutamento tra le mani, dirigendosi a passo deciso verso l'acciaieria abbandonata: tutto quello che contava era sua madre che ancora una volta sputava sangue nel lavandino, e lo sguardo schivo del dottore mentre gli riferiva il prezzo del trattamento necessario...
 
I contendenti al posto non erano molti, un pugno di giovani arroganti e avidi, tutt'in fila ad aspettare l'occasione della loro vita. Quando l'uomo apparve, il grosso capannone si fece silenzioso mentre i giovani scattavano sull'attenti. Si portava dietro un membro della sua squadra armato di tutto punto, ma lui stesso ad attrarre tutta l'attenzione: il volto, reso inquietante dalla benda nera e dalla barba incolta, sormontava un fisico scolpito nella roccia, forgiato sul campo di battaglia... Jake non lo degnò nemmeno di uno sguardo, limitandosi a fissare dritto davanti a se.
 
Passeggiò avanti e indietro di fronte ai soldati, guardandoli da vicino... incrociò un paio di sguardi, ma non disse nulla. Il ticchettio dei suoi anfibi era quasi insopportabile, nel silenzio tombale che avvolgeva il posto... infine, si fermò definitivamente davanti a Jake. Il ragazzo lo guardò di rimando, notando l'unico occhio buono dell'uomo che lo scrutava. Non aveva paura, ne sentiva la stessa soggezione dei suoi coetanei... a soli sedici anni, gli occhi di Jake mostravano l'anima provata di un uomo, e Shaw se ne accorse, mentre scrutava in quelle iridi celesti.

THUD.
 
Senza preavviso, un pugno impattò la nuca di Jake che, frastornato, barcollò per qualche secondo chinandosi in avanti.

«Avanti ragazzo, è la tua occasione! Sopravvivi e il posto è tuo!»
 
Esclamò la voce tonante del suo aggressore, mentre il resto degli occupanti del capannone andavano a posizionarsi in cerchio intorno a loro, trasformando in pochi secondi l'acciaieria in una vera e propria Arena. Jake non ebbe il tempo di capire cosa stava succedendo realmente, prima che un anfibio gli stampò sul volto la suola e lo mandò a sbattere contro il pavimento.
 
«ARGH!!»
 
Senza perdere tempo, schivò il colpo successivo rotolando di lato, scattando in piedi come una molla. Ora che aveva riacquistato la posizione eretta finalmente poteva vedere l'uomo torreggiare su di lui in posizione di guardia, cosa che gli permise di scartare di lato giusto in tempo per evitare un pugno forte come un maglio.
 
Intorno, si stava scatenando l'inferno. Gli altri soldati sapevano che qualora Jake avesse perso sarebbe stata la loro occasione, e si scagliavano verbalmente contro di lui con tutta l'aria che avevano nei polmoni. Circondato da epiteti volgari e grida, non trascorsero che pochi secondi prima che una distrazione permise alle nocche di Shaw di spaccargli le labbra, rilasciando un fiotto di sangue mentre il ragazzo cascava di nuovo in ginocchio.
 
«Tutto qui?»
 
Affermò l'uomo, deluso. Jake vide il sangue macchiare il suolo sotto di lui, e ricordò suo madre, china nella sua stessa posizione mentre cercava di fermare l'ennesimo attacco. Balzò in piedi più velocemente di quanto chiunque potesse aspettarsi, e per una frazione di secondo chiuse gli occhi. Mesi di allenamento tornarono alla mente, libri di tecniche antiche quanto letali imparati a memoria, esercizi, giorni passati al gelo con indosso solo un paio di pantaloni logori, a forgiare la mente e il corpo. Sapeva di potercela fare. Sapeva di doverlo fare... riaprì gli occhi mentre il secondo calcio di Shaw stava puntando dritto al suo plesso solare.
 
Zanna di pantera.

Scartò di lato, vide l'avversario sbilanciarsi come se il tempo stesse rallentando e, a palmo aperto, lo colpì con un gancio sotto la mandibola. L'esecuzione era rozza, pressapochista, ma colpì con la forza della rabbia e fece tentennare l'avversario. Non aspettò che l'espressione sorpresa dell'uomo lo distraesse, ma fece un lieve passo indietro, irrigidendo tutto il corpo.
 
Colpo del Cobra.

La fabbrica di nuovo cadde nel silenzio all'improvviso, mentre Shaw, colui che tutta Edonia aveva imparato a temere e rispettare sul campo di battaglia, cadeva schiena al suolo di fronte a quel ragazzo di sedici anni. Momenti pesanti come il piombo passarono mentre il soldato si rialzava e Jake, insicuro sul da farsi, rimase in guardia... fino a quando lui non ruppe il silenzio.
 
«Bene ragazzo...» disse sputando una goccia di sangue a terra e offrendogli una ruvida mano da stringere  «...credo di doverti un lavoro.»
 
Oggi.

Il motel in cui alloggiava faceva schifo. Si costrinse a concentrare la sua attenzione sulle macchie della sudicia moquette, mentre barcollando usciva dal bagno, ancora madido di sudore e pallido come un fantasma. Tuttavia, non era chiaramente abbastanza.

 
Un rivolo di sangue scendeva dalla guancia ferita e cercava la propria strada tra i lineamenti dei suoi pettorali, allargandosi a formare una grossa macchia rossa sulla già sudicia canotta bianca. Senza neanche farci caso, Jake raggiunse il margine dell'unico elemento di mobilia della stanza: un letto vecchio intriso di odori poco piacevoli, sulle cui coperte sfilacciate giaceva sfatta una giacca verde militare.
 
Frugando tra le tasche, il ragazzo ne estrasse un solido portafogli di pelle. Lo aprì e ne rovesciò il contenuto, riempiendo metà della superficie del letto di dollari americani, come una costosa sovracoperta di carta verde. Quando l'ultimo dollaro cadde, un piccolo bigliettino bianco e sgualcito lo seguì, posandosi sopra la costosa catasta. Jake fissò per qualche secondo il biglietto e la calligrafia incerta con le quali su di esso erano state scritte poche, dolenti note, poi cadde in ginocchio al bordo del letto. Strinse con entrambi le mani i soldi, accartocciandoli, poi stracciandoli con aria convulsa e rabbiosa... infine, si gettò il volto tra le mani e si lasciò andare in un pianto lungo e doloroso.
 
Mentre i singhiozzi scuotevano il suo corpo già provato, cadde al suolo e finalmente il peso delle ultime ore fece il proprio corso: il ragazzo svenne in una pozza di sudore, lacrime e sangue, andando in contro ad un tanto agognato sonno senza sogni. 


  
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