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Autore: Notthyrr    18/12/2012    2 recensioni
[Váli; Narfi; Moði; Magni]
I figli di Thor e i figli di Loki in missione a Midgard. Sono all’altezza della fama dei padri?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fables of Asgard'
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Il ragazzino si era avvicinato di soppiatto alla villa e l’aveva aggirata sino ad appostarsi di fronte alla facciata rivolta a ovest.
Cominciò a considerarne la struttura, impegnando tutto se stesso in quello che credeva necessario per la buona riuscita della missione.
Era talmente assorto che nemmeno si accorse dei suoi compagni che gli si stavano avvicinando, prima invocando a sussurri il suo nome, poi rimproverandolo per essersi allontanato da solo e senza avvertire.
«Gl’ingressi sono solo due.» disse senza distogliere lo sguardo dalla villa, sperando che quella sua scoperta valesse a giustificarlo. «O, almeno… come direbbero gli umani… esiste un ingresso non-conventional situato proprio…» Indicò un punto al penultimo piano: «…là.»
Moði, a capo di quella missione, lo guardò interrogativo: «Sarebbe?»
«È un condotto di aerazione: permette all’aria calda e a quella fredda di muoversi verso l’esterno per non concentrarsi all’interno dell’abitazione, soffocando o congelando i suoi inquilini. Non ne esistono più, di questi tempi, ma in questa casa, essendo dotata di camini…» indicò le canne fumarie sul tetto. «… sembra essere necessaria, per nostra fortuna. Ci basterà divellere la grata e saremo dentro.»
Moði guardò prima il condotto, poi il giovane Váli, compiaciuto: «Meno male che hai il cervello di tuo padre…» commentò prima di sgusciare fuori dal suo nascondiglio, diretto all’albero più vicino.
I quattro ragazzi si arrampicarono sui rami della pianta, cercando di raggiungere in quel modo un punto abbastanza vicino alla casa per saltare o per scardinare direttamente la grata a protezione del condotto.
«È troppo stretto.» notò Magni, balzando sul balcone e, di seguito, su una sporgenza della grondaia. «Io non ci passo.»
Narfi, sostenuto da una corrente d’aria evocata grazie al seiðr, la magia, si spostò in volo sino al punto indicato dal fratello: «Nemmeno io.»
«C’è sempre la fregatura…» sospirò Moði constatando che nemmeno lui sarebbe riuscito a passare in quell’angusto condotto. «Però…» Lanciò un’occhiata al giovane e inesperto ragazzo che ancora stava scalando l’albero. Attese che si fosse appostato al suo fianco, sul piccolo balcone, prima di valutarne con precisione le dimensioni: «Tu sei il più piccolo tra noi.» osservò. «Se non ci passi tu…»
Váli, affaticato per l’arrampicata, si sporse dalla ringhiera per osservare il passaggio: forse per la distanza, lo aveva creduto molto più ampio. Tese le mani verso la grata e lasciò che queste s’illuminassero di una luce argentea. Dopo pochi secondi, la grata fu attratta magneticamente verso di esse.
«È sempre fantastico vederglielo fare…» commentò Moði colpendo con un gomito la gamba del fratello, a cavalcioni sulla grondaia.
«Sarebbe figo essere magnetici…» commentò ingenuamente Magni.
«Non sono magnetico.» replicò Váli posando la grata accanto ai suoi piedi. «Sfrutto un particolare principio di gravità che mi permette di attirare verso di me e a mia discrezione oggetti di qualsiasi materiale, forma e peso.» Si mise in piedi sulla ringhiera del balcone: «Non è che mi daresti un passaggio, fratello?» domandò poi puntando l’indice verso la corrente che sosteneva Narfi.
Il giovane balzò su di essa e s’aggrappò all’apertura lasciata dalla grata divelta, per poi issarsi al suo interno. Era davvero molto stretta e si trovò costretto a procedere con estenuante lentezza, muovendo prima una spalla poi l’altra e aiutandosi con il bacino.
Dopo lunghi minuti nei quali si sentì soffocare per il caldo, s’accorse che il condotto procedeva quasi verticalmente verso il basso. Imprecò: il passaggio era stretto e non avrebbe avuto modo di girarsi per scendere prima con i piedi. Infilò la testa nel condotto perpendicolare e guardò in basso: ne proveniva una soffusa luce biancastra. Con un sospiro e continuando a maledire suo fratello, i suoi cugini, gli elfi e sé, per la sua corporatura minuta, il ragazzo posò entrambe le mani sulle pareti del cunicolo verticale e vi entrò col resto del corpo, riuscendo a rimanere sospeso grazie al suo potere gravitazionale.
Riprese a scendere, una mano dopo l’altra, sino ad accorgersi che, come tanto aveva sperato che non fosse, il cunicolo ritornava su se stesso. Fu costretto a entrare nel nuovo condotto strisciando supino, per poi riuscire a tornare prono in una lotta contro lo spazio e il suo corpo.
Fortuna che sono piccolo…Pensò ritirando le precedenti maledizioni.
Finalmente, una seconda grata gli si presentò dinnanzi, rivelando l’origine della luce bianca: un corridoio dalle pareti in marmo.
Non ebbe nemmeno bisogno di appellarsi ai suoi poteri: la grata fu facile da rimuovere e il giovane, dopo essersi assicurato che nel salone dove sarebbe sbucato non ci fossero nemici, la lasciò cadere sul pavimento, per poi seguirla, atterrando sul ginocchio sinistro.
Si guardò attorno: non aveva la minima idea di dove si trovasse, ma, dal suono che la caduta del proprio corpo aveva provocato, poté intuire di essere giunto al pian terreno. Si ritenne fortunato.
Preparato il pugnale nella mano destra, corse a passi silenziosi verso una porta dalle rifiniture dorate e la socchiuse, rivelando l’interno di un salone sfarzoso dal cui soffitto pendeva un lampadario favoloso. Váli lo fissò incantato: l’interno di quella villa era tutto il contrario di quanto si potesse pensare vedendola dall’esterno.
Il ragazzo entrò nella nuova stanza e si chiuse la porta alle spalle. Sopra di sé, s’accorse di avere un balcone enorme che dava sul centro del salone. Ad esso conducevano due rampe di scale color del sangue. Ne restò affascinato. Poi, individuò il portone in fondo alla stanza e, nascondendosi di colonna in colonna, si avvicinò il più possibile. Una guardia era appostata alla sua sinistra.
Era il classico elfo scuro: alto e slanciato, dai lineamenti delicati ma, al contempo, duri e determinati. Aveva la pelle nera come il cielo notturno e la luce del lampadario vi lanciava particolari riflessi dorati. I capelli bianchi, completamente in contrasto con la pelle, erano legati dietro la nuca. Altre ciocche candide gli scendevano sulle spalle e sulla schiena, coprendo appena la leggera armatura argentea, come la lancia che reggeva nella mano destra.
Mi tocca combattere…Si disse Váli soppesando il pugnale. Lo rinfoderò e, fulmineo, sfilò dalla tracolla un coltello da lancio che, senza esitare, finendo come al solito per pentirsi di quanto stava per fare, lanciò in direzione dell’elfo. L’arma sibilò nell’aria e, prima che lo Svartálfr se ne rendesse conto, la lama gli penetrò la carne del petto, lasciandolo accasciare su se stesso senza un lamento.
Váli esultò e uscì allo scoperto, aprendo il portone  per i propri compagni.






Note: Bene, essendo questo capitolo una sorta di "passaggio-collegamento" per il quarto - che avrei proprio preferito mettere assieme a questo, ma che sarebbe risultato troppo lungo - non credo ci sia molto da dire a riguardo.  Un po' mi è dispiaciuto tagliare così, quindi credo aggiornerò sabato, visto che solitamente aggiungo capitoli il martedì, ma il prossimo è Natale ; )
Grazie per l'attenzione e spero di non essere risultata noiosa.
Ora che avete letto fin qui, immagino non vi prenda molto tempo lasciare un piccolo commento scritto che possa farmi capire che avete apprezzato. Una recensione è sempre, sempre, sempre gradita e ben accetta.
Ancora un grazie,
Notthyrr

  
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