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Autore: EmaEspo96    19/12/2012    5 recensioni
[ STORIA INCOMPLETA ] Le aveva promesso di dimenticarla, di non trasformarla e di seguire suo fratello Niklaus pur non accettando quanto egli avesse fatto in passato. E lui l'aveva fatto, cercando di seppellire l'insopportabile ricordo di quella notte fresca e cupa in cui l'aveva vista morire. Ma lei non è morta, lei è tornata e non potrà mai più morire.
Dal secondo capitolo:
– Il mio nome è Sofia. – gli disse improvvisamente mentre avanzava lungo quel marciapiede di Firenze al fianco di quell’individuo. Indossava vecchi abiti risalenti agli anni ‘70 che le davano l’aria di una bambola di porcellana. Il vampiro volse lo sguardo verso di lei notando il suo tentativo di rompere il silenzio, un tentativo che era andato piuttosto bene.
– Elijah. – le rispose freddo, guardandola di sottecchi. Lei sorrise piegando le labbra di quel rosso acceso e socchiudendo gli occhi per pochi istanti.
[...]
– Trovo che Sofia sia uno splendido nome. – affermò il vampiro, complimentandosi con lei.
Lei sorrise divertita ed abbassò timidamente lo sguardo – Io invece penso che Elijah sia un nome davvero strano. – commentò, offendendolo.

- E' la mia seconda fanfiction. Spero di vedervi presto leggere e/o recensire. :) -
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Sofia girò lentamente su sé stessa ammirando la stanza del piccolo Gilbert. Aveva spesso passato intere giornate in quel posto eppure non aveva mai messo piede all’interno della camera di Jeremy. Sollevò lo sguardo curioso verso l’alto prima di accomodarsi elegantemente sul bordo del letto di lui. Jeremy la guardò sorridendo, ammirando quel tenero sorriso che lei portava disegnato sul suo viso.
– Sembri una bambina in un parco giochi. – affermò il ragazzo riponendo il libro che aveva tra le mani su di uno scaffale della stanza, prima di avvicinarsi a lei ed accomodarsi al suo fianco. Lei rise leggermente e lui si deliziò di quella risata così perfetta. La guardò attentamente e Sofia ricambiò il suo sguardo. A Jeremy parve di perdersi nel verde intenso di quegli occhi e schiuse le labbra incantato, prima che lei spostasse lo sguardo.
– Jeremy, una volta hai detto di volermi conoscere per quella che sono veramente, giusto? – domandò lei calando leggermente lo sguardo imbarazzata. Il piccolo Gilbert sussultò a quelle parole rammentando il giorno in cui si era fatto mordere da lei, in quello sgabuzzino.
– Si, Sofia. – rispose in un sussurro. Solo in quel momento la bionda sollevò nuovamente lo sguardo verso il ragazzo. L’espressione era seria, incredibilmente seria, ma macchiata di una certa dolcezza mentre scrutava gli occhi scuri del Gilbert. Un’esile mano della vampira si sollevò a raccogliere il viso di lui smuovendo le dita contro la sua guancia nell’intento di carezzargli morbidamente la pelle. Jeremy rabbrividì a quel tocco. La situazione stava prendendo una strana ed inspiegabile piega e lui corrugò la fronte incredulo, ma non ebbe il coraggio di spostarsi. Lei piegò le labbra rosse in un sorriso gentile prima che le mani del Gilbert l’afferrassero per le spalle tenendola ferma. Lei sgranò appena gli occhi stupita da quel gesto.
– Stavolta non spostarti, Sofia. – mormorò lui a due passi dalle labbra carnose di lei. Sofia lo fissò avvertendo un leggero tremolio nelle labbra mentre alternava gli occhi verdi tra quelli di lui e le labbra del ragazzo che sembravano sempre più vicine a quelle di lei. Ma non si spostò. Jeremy raggiunse le labbra della vampira raccogliendo il suo volto tra le mani e sostenendolo in alto verso il proprio, socchiuse gli occhi al tocco con lei. Rabbrividì, ancora una volta, ed inevitabilmente sentì il cuore iniziare a battere con molta più intensità all’interno del petto. Fu lei a schiudere le labbra rendendo quel contatto maggiormente intenso, maggiormente passionale nel mentre gli occhi venivano tenuti chiusi per gustarsi maggiormente quel momento. Afferrò Jeremy con una velocità ed una forza vampirica distendendolo del tutto sul letto e portandosi sopra di lui, senza mai interrompere quel bacio. Jeremy spostò le sue mani afferrando dolcemente i fianchi della vampira. Sentì lentamente le labbra di lei andare distaccandosi riaprendo gli occhi per ammirare i suoi perfettamente verdi. Non vi fu parola in quell’istante, Sofia si chinò su di lui percorrendo con le sue labbra carnose il profilo del viso del ragazzo sino a discendere verso il suo collo strappandogli un altro brivido, un brivido che sembrava aver compreso chiaramente le intenzioni della ragazza. Socchiuse gli occhi, non accennava a voler impedirglielo. Lo avrebbe fatto, solo per lei, ogni volta che glielo avrebbe chiesto. Strinse i denti quando sentì quella fitta lancinante al collo trattenendo dolorosamente un gemito di dolore. Eppure, sebbene avesse donato il suo sangue a Sofia già una volta prima di quel momento, quel morso era doloroso, tremendamente doloroso, e privo della gentilezza da lei usata la prima volta. Le toccò timorosamente le spalle, come se temesse di spezzarla.
– Sofia, aspetta, mi fai male. – ringhiò Jeremy sommessamente avvertendo la fitta lancinante al collo sotto i canini dalla ragazza.
– Sofia! – esclamò. L’afferrò bruscamente per le spalle e la tirò indietro allontanandola dal suo collo, ma quando riaprì gli occhi ad incrociare quelli della ragazza sembrò perplesso. Quegli occhi iniettati di sangue non appartenevano a lei. Quello sguardo minaccioso e ferale non faceva parte della personalità della bionda. Il sorriso distorto dai canini e quei capelli corvini e lisci non appartenevano a lei.
– Anna. – Jeremy dette voce ai suoi pensieri confusi davanti alla visione di Anna, sopra di lui.
– Sei un traditore, Jeremy. – il sorriso dalle labbra della ragazza svanì nel pronunciare quelle parole. A velocità vampirica la bocca ed i canini della ragazza gli perforarono di nuovo il collo strappandogli uno straziante e sonoro urlo.
Lui spalancò gli occhi alzando il busto e sedendosi nel letto fissando il buio della stanza. Una mano di Jeremy scattò sul suo stesso collo ritrovandolo liscio e privo di segni mentre il suo cuore batteva nel petto in maniera decisamente veloce. Si passò una mano sulla fronte impregnata dal sudore prima di rendersi effettivamente conto di aver sognato. E non riuscì più a prendere sonno per quella notte, con le parole di Anna che gli rimbombavano sonoramente nella testa.
 
– Si è trasferito a casa loro, come se nulla fosse. – stava dicendo Sofia mentre riponeva i libri dell’ultima lezione all’interno dell’armadietto. Caroline, Elena e Bonnie erano proprio a due passi da lei intente a guardarla e ad ascoltarla.
– Vuole rimettere le cose apposto con la sua famiglia, rimediare ai suoi errori. – aggiunse richiudendo l’armadietto e guardando le altre tre incuriosite dalle sue parole. Caroline sospirò.
– Ma mi chiedo perché questo Mikael sia venuto proprio a confidarsi con te. – ammise appoggiandosi con una spalla all’armadietto accanto a quello di Sofia. La bionda scrollò le spalle.
– Forse perché voleva che io lo facessi sapere ad Elijah, quindi a tutta la famiglia. Magari è troppo orgoglioso per ammetterlo così su due piedi. – ipotizzò guardando le altre tre dubbiosa. Bonnie sbuffò pesantemente.
– Quasi quasi, sto rimpiangendo l’estate. Sto rimpiangendo quel bel periodo che abbiamo trascorso. – ammise la strega sistemandosi la borsa sulla spalla. Sofia abbassò appena lo sguardo mentre Caroline portò sulla streghetta lo sguardo prima di guardare Elena e sorridere maliziosamente.
– Beh, possiamo staccare la spina per una bella serata, non pensi? – domandò Caroline a Bonnie nonostante quelle parole fossero rivolte anche a Sofia che sollevò incuriosita lo sguardo verso la bionda e la Gilbert.
– In che senso? – chiese Bonnie. Elena sorrise maggiormente.
– Io e Caroline stavamo organizzando un pigiama party per stasera. Noi quattro insieme a casa Salvatore. – affermò la Gilbert guardando anche l’altra bionda presente e cercandone una possibile risposta nello sguardo. Sofia parve sorpresa a quelle parole, tanto che le labbra rosso acceso si schiusero leggermente.
– Perché proprio a casa Salvatore? – domandò Bonnie.
– Perché a casa mia c’è mia madre, che è una guastafeste. A casa di Elena ci sono Jeremy ed Alaric, quindi abbiamo scelto il pensionato Salvatore. Grande, ospitale e adatto a una festa tra ragazze, possiamo cacciare fuori a calci i due fratelli e tenere la casa tutta per noi. – ammise Caroline scrollando delicatamente le spalle.
– Aspetta, non saremo un disturbo, no? – domandò Sofia improvvisamente. L’ultima cosa che voleva era disturbare i due fratelli. Elena scosse prontamente il capo.
– Avevo già accennato una cosa del genere a Stefan, e Damon non si lamenterà di certo. – rispose la ragazza guardandola con un sorriso rassicurante. Sofia si sistemò la borsa sulla spalla guardando Bonnie che aveva accennato un sorriso proprio sul volto.
– Per quanto mi riguarda, ci sto. – confermò la strega. Sofia piegò le labbra in un carnoso e rosso sorriso.
– Verrò anch’io, allora. – rispose, iniziando a spostarsi dall’armadietto.
– Dove vai? – le domandò Caroline vedendola intenzionata ad allontanarsi.
– Volevo passare a casa di Elijah. Non preoccupatevi, ci vedremo direttamente lì. – affermò Sofia salutandole con un cenno della mano ed avviandosi verso l’uscita della scuola. Mentre le tre la guardavano, Caroline sorrise maliziosamente, ma non proferì parola.
 
Sofia raggiunse lentamente la porta d’ingresso della maestosa casa che i Mikaelson si ritrovavano. Le palpebre socchiuse a causa del troppo sole si rilassarono quando venne investita dall’ombra che la grande casa emanava. Sollevò una mano bussando con calma. Corrugò la fronte quando s’accorse che nessuno sembrava aprirle ma, soprattutto, restò stupita quando la porta scricchiolò aprendosi leggermente da sola. La aprì del tutto inoltrandosi lentamente nella casa.
– Permesso? – domandò educatamente ritrovandosi in un ingresso enorme e perfettamente pulito. L’ultima volta che aveva ammirato la bellezza e l’eleganza di quella dimora, aveva poi sparso sangue. E la cosa ancora la feriva. Si richiuse la porta alle spalle avanzando verso l’interno mentre si guardava intorno.
– Elijah? – lo chiamò quando all’improvviso sentì un odore minacciosamente vicino a lei. Si voltò di scatto ritrovandosi davanti il sorriso elegante di Elijah. Lei indietreggiò di un paio di passi prima di piegare le labbra in un sorriso.
– Nessuno era venuto ad aprirmi quindi… – stava cercando di giustificarsi ma l’Originale scosse debolmente il capo.
– Non ti preoccupare. – la rassicurò il vampiro. Ma in pochissimo tempo l’espressione di lui divenne più seria.
– Cosa ci fai qui? – le chiese. Lei sembrò sorpresa da quel repentino cambio di atteggiamento e si guardò intorno incuriosita, prima di ritornare a guardarlo.
– Volevo dirti una cosa. Ma, c’è qualcosa che non va? – domandò la vampira vagamente preoccupata. Elijah scosse prontamente il capo.
– Nulla. Cosa volevi dirmi? – le chiese, con un tono macchiato della sua solita freddezza.
– Le ragazze hanno organizzato un pigiama party stasera. Dormirò con loro. – gli disse, col tono di voce di una bambina contenta. E lui sorrise per questo, avvertendo la palpabile felicità ch’ella emanava da ogni poro.
– Invaderanno casa tua? – domandò lui, lasciando sfumare appena il sorriso mentre parlava. Sofia scosse il capo.
– In realtà staremo dai Salvatore. – gli rispose. E l’espressione del vampiro divenne nuovamente una lastra di ghiaccio.
– Parteciperanno anche i Salvatore? – domandò con tono di voce glaciale. L’espressione ancor più stupita di lei non si fece attendere.
– Oh, no! Ci saremo solo io, Elena, Caroline e Bonnie. – si accinse a rispondere prontamente la vampira. Elijah strinse le labbra annuendo debolmente col capo.
– Posso offrirti qualcosa? – le domandò allargando un braccio per indicare l’ampio salone proprio al fianco dell’entrata. Sofia piegò le labbra in un sorriso ancor più ampio.
– Non preoccuparti, non voglio recarti altro disturbo. – ammise lei in un tono gentile ed educato. Elijah sollevò una mano carezzandole leggermente il viso. La sentì sussultare a quel tocco.
– Tu non disturbi mai. – ammise, facendole cenno di seguirlo. Raggiunsero il salone e lui le versò un bicchiere di tea ancora caldo, segno che era stato preparato da poco.
– Sei solo in casa? – domandò la vampira curiosamente, affiancandolo.
– Niklaus cerca di essere poco presente da quando anche nostro padre ha deciso di vivere qui. E Rebekah e mio padre sono usciti presto oggi. – rispose il vampiro raccogliendo la raffinata tazza di tea appena versato e gliela porse. Le piccole dita di lei la raccolsero ringraziandolo con un tono di voce basso e accostò il vetro alle labbra strappandone un caldo sorso. In poco tempo il sapore del tea le invase la bocca, deliziandola. Quando lo scostò finì per guardare il vampiro.
– E’ buonissimo. – si complimentò ed Elijah sorrise appena.
– Ehi, Elijah. – lo chiamò lei, attirando maggiormente la sua attenzione.
– Sai benissimo che qualsiasi cosa ti turbi, puoi dirla a me. – lo rassicurò. Per un attimo Elijah parve ritrovarsi nel 1973, quando le aveva confessato la sua natura di vampiro. Spostò lo sguardo osservando la casa vuota e silenziosa e sentendo il rumore del vetro della tazza di lei che veniva appoggiato sul bancone proprio lì di fianco.
– Ho una brutta sensazione. – ammise l’Originale. Lei annuì, comprensiva.
– Mio padre è strano. Troppo apprensivo. Nemmeno da umano si comportava in questo modo. – continuò il vampiro ritornando a guardarla. Si perse in quegli occhi verdi che lo scrutavano attentamente.
– Pensi che tuo padre stia nascondendo qualcosa? – domandò lei.
– Se non è così, non so cos’altro pensare. – le rispose il vampiro. Dopodichè sorrise.
– Ma non c’è bisogno che te ne preoccupi. Qualsiasi cosa stia accadendo, io lo scoprirò. – commentò sicuro. La vampira lo guardò a lungo.
– Cerca solo di non metterti nei guai. – gli chiese lei. Sentì una mano di Elijah sfiorare ancora una volta una propria gote con quel suo tocco freddo, elegante e delicato.
– Divertiti stasera con le tue amiche. – le sussurrò il vampiro, sorridendole.
– A proposito, forse dovrei iniziare ad andare. – commentò lei sorridendogli gentilmente. Lui annuì più volte e l’accompagnò alla porta.
– Vuoi che ti accompagni? – le chiese, aprendole la porta ma lei scosse il capo.
– Non ce n’è bisogno, tranquillo. Passa una bella giornata, Elijah. – gli disse, sorridendogli ed iniziando ad uscire. Lui le sorrise elegantemente e la guardò mentre avanzava per raggiungere nuovamente la strada.
 
Caroline lanciò a Bonnie uno dei pacchetti di patatine che lei stessa aveva recuperato e la strega l’afferrò. Elena si lasciò cadere sul grande divano nel salone del pensionato Salvatore proprio al fianco di Sofia che sgranocchiava dei salatini con un’aria tranquilla.
– Oppure, Elena, ti ricordi di quella volta in cui Bonnie si era presa una cotta per Chris, quello che veniva dalle Hawaii? – chiese Caroline intenta a raccontare aneddoti passati per rendere l’atmosfera maggiormente tranquilla e rilassante. Elena rise al ricordo e Bonnie gonfiò le guance.
– Era prima del liceo! – esclamò la strega. Anche Caroline rise e si voltò verso Sofia.
– Avresti dovuto vederla, Sofia. Era davvero troppo buffa. – esclamò la Forbes con un tono assolutamente divertito mentre la strega consumava le patatine ancor più offesa.
– E tu, Sofia? Hai mai avuto cotte adolescenziali? – domandò Elena guardandola maliziosamente. Sofia sollevò lo sguardo di scatto verso la Gilbert imbarazzandosi al silenzio che si era creato nella stanza e agli sguardi indagatori delle altre due.
– Beh… – iniziò a dire con tono imbarazzato. Caroline rise cristallina.
– Andiamo! Hai sentito praticamente tutte le nostre cotte, ora vorremmo conoscerne di tue. – affermò estremamente curiosa. Sofia deglutì giocherellando timidamente con la bustina dei salatini.
– Mai avute, in realtà. Non mi sono mai relazionata con le persone, o almeno non così tanto. – rispose, tenendo lo sguardo chino, ancora imbarazzata.
– Uhm, allora mi sa che dovremo rimediare. – commentò Caroline portandosi in piedi. Si avvicinò ad una mensola del salone dei Salvatore raccogliendo una bottiglia di tequila.
– Intanto penso che dovremo divertirci un po’. – mormorò la bionda, voltandosi verso le altre. Elena scosse prontamente il capo.
– Non credo che Damon gradirà se tocchi i suoi alcolici. – disse la Gilbert alzandosi in piedi. Ma sorrideva, nonostante quelle parole.
– Ne prenderemo solo una. E poi hanno deciso di prestarci la casa, quindi non vedo perché dovrebbero lamentarsi se prendessimo in presto anche una di queste. – commentò ulteriormente la bionda. Sofia sorrise divertita dalla situazione. C’era da ammettere che la compagnia di quelle tre alleviava qualsiasi tipo di tensione. Bonnie scosse il capo ridacchiando e si avviò a prendere dei bicchieri.
– Ah, per me no. Io non bevo. – commentò Sofia. Caroline la fulminò giocosamente con lo sguardo.
– Andiamo, c’è sempre una prima volta! Mi tocca rimediare anche su questo. – continuò a dire Caroline mostrando quanto fosse, in effetti, loquace. Bonnie raccolse i bicchieri e li distribuì ad ognuna di loro prima che Caroline passasse a versare un po’ di tequila. Sollevarono i bicchieri in alto e Sofia le seguì impacciata.
– Alle cotte del liceo. – disse Caroline, sorridendo. Le altre la seguirono e quando i bicchieri batterono tra loro, tutte accostarono i vetri alle labbra sorseggiando l’alcolico mentre Sofia esitò duramente. Non aveva mai bevuto alcolici in tutta la sua breve ed innocente vita. Ma si trattava di loro, si trattava delle sue amiche e del fatto che potesse essere davvero rilassata in quel momento. Avvicinò il bicchiere alle labbra macchiandosele col sapore della tequila. Era molto più buona di quanto s’aspettasse e strappò un altro sorso che le riscaldò la gola. Le guardò e sorrise. Arrivò un momento in cui la vivacità di Caroline era davvero palese, quando si ritornò sull’argomento degli amori. Parlare riusciva bene a tutte. Rilassava tutte. Sembravano il classico gruppo di ragazze che non avevano altri problemi per la testa se non quale borsa abbinare ai loro abiti. E lei si sentì incredibilmente a suo agio, dopo tanto tempo. Ripose il bicchiere dimezzato della sua tequila sul tavolo davanti a sé mentre le altre parlavano, finché non venne tirata nuovamente in causa.
– Dunque, Sofia, come va la pratica con Elijah? – domandò la bionda maliziosamente. Le altre due sorrisero.
– La pratica? – domandò Sofia incuriosita e confusa.
– Si ovvio. Insomma, sembrate così intimi. E non credo di aver mai visto Elijah così da quando lo conosco. Andiamo, hai detto che non hai mai avuto una cotta adolescenziale. Sarà perché sei finita direttamente alla parte dell’amore epico con il vampiro Originale? – domandò ancora Caroline dando sfogo a tutta la sua personalità invadente. Bonnie rise all’unisono con Elena.
– Andiamo Caroline! – esclamò la Gilbert, ma non sembrava ammonirla in maniera severa. Sofia rise seppur fosse imbarazzata.
– Ma non c’è niente da dire. – ammise, stringendo la testa nelle spalle. Caroline strabuzzò gli occhi.
– Vorresti dirmi che non c’è mai stato nessun bacio tenero al chiaro di luna o una toccatina veloce in tutti questi anni? – domandò perplessa. Sofia schiuse le labbra sorpresa da quella domanda.
– Caroline! – la ammonì Bonnie.
– No, davvero. Nemmeno un bacetto veloce veloce? – chiese ulteriormente la bionda fissandola incuriosita. Sofia deglutì.
– Non abbiamo mai messo il nostro rapporto su quel piano. – ammise la vampira sinceramente, nonostante restasse imbarazzata. Elena la guardò.
– Beh, non è obbligatorio che dobbiate farlo. Insomma, capisco che siano passati davvero tanti anni ma se non siete pronti o proprio non ne avete intenzione, non vedo perché dobbiate forzare le cose. – commentò la Gilbert sorridendole. Ma l’improvviso suono del cellulare di Sofia attirò l’attenzione di tutte facendo crollare il silenzio nella stanza.
– Scusatemi. – mormorò la ragazza. Sembrò confusa, dopotutto non aspettava alcuna telefonata in quel momento. Si portò in piedi raccogliendo il cellulare ed allontanandosi appena da lì per non recare disturbo alle altre.
– Pronto? – domandò una volta portatasi il cellulare all’orecchio. Dall’altro lato, però, non riuscì a sentire nulla. Il tipico rumore di una chiamata disturbata la lasciò incredula.
– Chi è? – domandò ulteriormente. Nel disturbo ed i fischi che sentiva dall’altro capo del telefono, riuscì a percepire il vano tentativo di qualcuno di riuscire a farsi sentire, ma non ne riconobbe la voce. Corrugò la fronte maggiormente confusa e senza che se ne rendesse conto venne attraversata da un brivido. D’un tratto la voce dall’altro capo del telefono divenne più nitida fino ad essere perfettamente chiara.
– Sono io, Sofia. Sono Molly. – sentì. La voce era quella di una bambina di poco più di cinque anni, teneramente macchiata dalla giovane età, non sembrava contenere il tono vivace e contento che caratterizzava la voce di una bambina. Sembrava morta. Sofia si paralizzò strabuzzando gli occhi. Non poteva essere quella bambina, non poteva essere la Molly che conosceva. Quella Molly era morta. Le labbra si schiusero come volessero pronunciare delle parole, ma riuscì a stento ad emettere versi insensati e spaventati. Perse ogni presa sul cellulare che cadde al suolo provocando un rumore che venne udito anche dalle altre nel salone.
– Sofia, va tutto bene? – domandò Elena sporgendosi improvvisamente col viso verso di lei. La vedeva di spalle, con una mano sollevata ad altezza del viso ed il cellulare ai suoi piedi, ancora aperto. Gli occhi verdi e sgranati puntavano un punto vuoto della stanza. Elena le si avvicinò e la sentì sussultare. La vampira si voltò di scatto chiudendo definitivamente le labbra tremolanti. Quando incrociò lo sguardo della Gilbert piegò le labbra in un sorriso teso e si chinò a raccogliere titubante il cellulare. Ridacchiò nervosa.
– Non avrei dovuto bere quella tequila. – mormorò, cercando di giustificarsi. Tremò di nuovo conducendo i suoi pensieri alla voce che aveva sentito. Era lei, non poteva metterlo in dubbio, era Molly.
 
La porta in legno scuro della stanza si aprì lentamente. Lo sguardo verde di Sofia si sollevò a incrociare gli occhi chiari e tondi della bambina che stava facendo il suo ingresso. Lei era distesa in un letto con aria assente. Accennò un sorriso quando vide quello radioso della bambina avvicinarsi al letto abbracciata ad un peluche. Aveva una cascata di capelli lisci e rossastri che le arrivavano fino alla fine della schiena, guance tonde distorte dal sorriso che osava regalare alla vampira nel letto. Si accostò alle lenzuola e ci si appoggiò lentamente guardandola con quegli occhioni azzurri e chiari.
– Stai bene, Sofia? – domandò la bambina con la sua candida voce infantile. Sofia forzò un sorriso e spostò lo sguardo.
– Si, Molly, sto bene. – le rispose. Molly sorrise ulteriormente appoggiando l’orsacchiotto in piedi al fianco della bionda.
– La mamma ha detto che ti porterà presto da mangiare. Hai fame? – domandò la bambina. Solo in quel momento Sofia ritornò a guardarla con un’espressione persa. Il labbro inferiore le tremò ma cercò di nasconderlo stringendolo all’altro. Aveva sempre fame da quando si era risvegliata, perfino in quel momento. Perfino mentre guardava Molly giocare col suo orsacchiotto in maniera totalmente pura ed innocente. Al suo silenzio, la bambina sollevò lo sguardo verso il viso della vampira e la guardò incuriosita.
– Non hai fame? – le domandò ulteriormente la bambina, con un tono di voce leggermente stupito. Sofia forzò un sorriso tenue ma ancor prima che potesse rispondere la porta della stanza in cui l’avevano messa a riposare si aprì di scatto. Margaret, la madre di Molly, era una donna alta dagli occhi chiari come la figlia ed i capelli scuri.
– Molly! Ti avevo detto di non disturbarla! – l’ammonì severamente la madre che le si avvicinò frettolosamente scostandola con delicatezza dal letto. Solo in quel momento Sofia sollevò una mano incitandola a calmarsi.
– Oh no, Margaret, tranquilla. Non stava facendo nulla di male. – le disse con tono lieve e Margaret alleviò le sue prese sulla bimba che, dal canto suo, sorrideva tranquilla. La donna si accovacciò al fianco del letto e guardò la bionda.
– Sei sicura? Ti senti bene adesso, Sofia? – domandò e Sofia annuì, o almeno si sforzò a farlo.
– Sto bene. – disse. Margaret sorrise sinceramente contenta.
– Ne sono felice. Sappi che potrai restare a casa nostra fino a quando ne avrai bisogno. Non è vero Molly? – domandò Margaret finendo per guardare il sorriso radioso della figlia. Molly annuì platealmente stringendo al petto il suo pupazzo. Sofia sorrise e calò appena lo sguardo. Ma quel sorriso si perse quando sentì qualcosa premere all’interno della bocca, quando sentì quel qualcosa che reclamava il cibo più di qualsiasi altra cosa esistesse. Strinse i denti cercando di trattenersi, non avrebbe strappato altre vite, non voleva più farlo.
– Stai bene, Sofia? – le domandò Margaret, appoggiandole una mano su una spalla. Sofia annuì bruscamente facendo oscillare quei boccoli biondo platino e la donna si sollevò in piedi.
– E’ meglio se la lasciamo riposare. Vieni, Molly. E’ ora che vada a letto anche tu. – le disse premurosamente la madre prendendo la mano della figlia e trascinandosela verso l’esterno. Quando Sofia sollevò nuovamente lo sguardo, quegli occhi iniettati di sangue puntarono famelici la porta d’ingresso della stanza ormai chiusa dalla stessa Margaret. Aveva fame, troppa fame. Le labbra finirono per piegarsi in una smorfia sofferente mentre cercava con forza di trattenere il suo istinto. Ma quando fu sul punto di farcela, scostò bruscamente le coperte e si portò in piedi. Si avviò a piedi nudi verso la porta della stanza e la aprì, ritrovandosi nel corridoio. Sentiva il loro odore, sentiva i loro cuori pulsare nuovo sangue, sentiva le loro voci perdersi nel silenzio della casa. Camminò lungo il corridoio appoggiandosi con una mano al muro adiacente alla ricerca di un sostegno che l’aiutasse a tenersi in piedi. Si fermò quando sentì la porta di una stanza aprirsi e sollevò lo sguardo incrociando Margaret che la guardò sbigottita.
– Dovresti riposare. – le sussurrò richiudendo silenziosamente la porta, attenta a non far troppo rumore così da evitare di svegliare la bambina.
– Si è addormentata? – domandò la bionda e la donna annuì sorridendo.
– Ho fame. – ammise la vampira, premendo le dita contro la parete. Margaret sorrise premurosamente e le fece segno di seguirla mentre si avviava verso la cucina della casa. Sofia la seguì in silenzio sino a quando si ritrovò in quella stanza rettangolare e silenziosa in cui l’odore del cibo albergava indisturbato.
– Adesso ti preparo qualcosa da mangiare. – commentò la donna. Sofia si appoggiò al tavolo al centro nella stanza come se davvero faticasse a tenersi in piedi. Fissava la donna di spalle intenta a preparare del cibo che non l’avrebbe saziata e più volte si soffermò sui lineamenti del collo di lei. Schiuse le labbra perdendosi un sospiro che sembrava molto più un ringhio affamato, sommesso.
– Ancora mi chiedo come mai ti trovassi sul ciglio della strada, quella notte. – disse la donna continuando a darle le spalle.
– E per giunta semi-nuda con questo freddo. – continuò, lanciandole un’occhiata fugace. Sofia era lì in piedi a guardarla con aria assente, molto più concentrata alla brama di sangue che sentiva accrescere sempre di più dentro di sé.
– Ti ringrazio per avermi ospitata, Margaret. – quasi ringhiò, invogliando la donna a voltarsi totalmente verso di lei. Stava sorridendo permettendo a Sofia di scorgere la bontà del suo animo.
– Sei una ragazzina, Sofia. Eri sola per strada quella notte. Non hai un posto dove stare, non hai più nessuno con cui stare. Il minimo che io possa fare, è questo. – commentò Margaret allargando platealmente le braccia ad indicare tutto ciò che la circondava. Sofia sorrise ma il suo sorriso durò davvero poco. Le labbra si contorsero in una smorfia dolorante mentre sollevava una mano a coprirle. I canini reclamavano il cibo con violenza e lei sentiva l’intera bocca invasa dal dolore. Sentì la voce della donna ed i suoi passi farsi sempre più vicini e quando sollevò lo sguardo verso di lei, Margaret sembrò stupita da quegli occhi verdi gonfi dalle lacrime. Lacrime che vennero sostituite dall’oscurità della sua anima ormai corrotta, dalle venature che si fecero spazio sulle gote e dal sangue che riempì il verde.
– Oh mio Dio, perdonami. – mormorò Sofia, con la voce strozzata dalle lacrime e dalla fame che aveva. La donna strabuzzò gli occhi impreparata, spaventata e confusa. Eppure, ancor prima che potesse dire anche solo una parola, la bionda l’aveva afferrata bruscamente piegandole il viso e piantando quei lunghi ed affamati canini nella sua carne. Il sangue di Margaret le invase la bocca e le strappò un lungo e sonoro mugolio di piacere che venne coperto dalle urla strazianti della donna alla quale stava velocemente strappando la vita. Sentì le mani di Margaret batterle contro la schiena con una forza che andò sempre più alleviandosi sino a quando le gambe della donna non finirono con l’afflosciarsi. L’accompagnò al suolo restando chinata sul suo collo a nutrirsi delle ultime gocce di sangue rimaste nel corpo di lei. Si sollevò, con ancora quegli occhi scuri dalla mostruosità che era diventata, guardando quella donna ormai priva di vita distesa al suolo in maniera scomposta.
– No… – sussurrò, scuotendo Margaret debolmente. Ma non rispondeva, non poteva farlo. Strinse gli occhi permettendo ad un paio di lacrime calde di rigarle le guance ma non ebbe il tempo di continuare che un improvviso profumo la destò. Si sollevò in piedi lentamente voltandosi con ancora quegli occhi iniettati di sangue ed affamati, incontrando lo sguardo shockato di Molly.
– Molly... – mormorò guardandola. La bambina strinse al suo petto l’orsacchiotto.
– Mamma… – la chiamò con voce debole sotto lo sguardo sconvolto e colpevole della bionda. Sofia scosse ripetutamente il capo come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena fatto. Una scena del genere era troppo per una bambina di poco più di cinque anni e dall’espressione che Molly aveva stampato sul viso, lo capiva. Le si avvicinò con passi lenti e la bambina sembrò paralizzata mentre la guardava spaventata. Le lacrime avevano solcato il suo viso e gli occhi si erano arrossati e gonfiati sotto le lacrime. Non si preoccupava di quel sangue che ancora le stava macchiando le labbra. Si accovacciò davanti alla bambina la quale avrebbe voluto allontanarsi, ma era letteralmente paralizzata dal terrore. Le scostò una ciocca di capelli rossi impedendo alle lacrime della bimba di bagnarli.
– Mi dispiace, Molly. Davvero. Mi dispiace tantissimo. – singhiozzò Sofia mentre la guardava.
– Ma adesso andrà tutto bene. Non sentirai il dolore. – pronunciò quelle parole in sommessi singulti, ma nonostante quelle lacrime le stessero colpevolmente bagnando il viso, gli occhi erano fissi in quelli chiari della bambina raggiungendo la sua mente giovane e soggiogandola. La bambina annuì stringendo le labbra e asciugandosi le lacrime con i polsi. L’orsacchiotto cadde al suolo ormai privo di sostegno. Sofia la guardò, ma quei denti reclamavano ancora cibo. Non era sazia, non sarebbe mai stata sazia come il suo corpo voleva.
– Non farà male. Andrai dalla mamma, adesso. – continuò e la bambina ancora una volta annuì, ripetendo sistematicamente le sue parole. Fu in quel momento che gli occhi della bionda si iniettarono nuovamente di sangue e, senza la minima pietà apparente, lei si avventò sul collo della bambina perforandolo coi suoi stessi canini. Ma Molly non urlò o si agitò, s’irrigidì semplicemente tra le braccia di lei mentre il sangue le veniva portato via con forza. Pian piano quel piccolo corpo perse la sua vitalità, e il suo cuore si spense.

 
Una voce le risuonava morbidamente nella testa. Bonnie aprì lentamente gli occhi ritrovandosi nel salone di casa sua, distesa al suolo. Fissò il soffitto per brevi istanti prima di portarsi in piedi. La voce offuscata, tenue e irriconoscibile continuava a chiamarla con decisione. Quando la strega si ritrovò in piedi, si guardò intorno confusa. La voce si fece sempre più nitida fino a diventare perfettamente comprensibile, palesando infine la figura di una donna alta e dalla pelle scura, dalla testa tempestata da riccioli morbidi. Bonnie sgranò gli occhi indietreggiando di un unico passo, per la sorpresa.
– Nonna? – la chiamò, e la donna sorrise.
– Tesoro. – le rispose, prima che la sua espressione diventasse nuovamente di una serietà palpabile.
– Stai attenta, tesoro. Sta per accadere qualcosa di spiacevole a Mystic Falls. – le sussurrò con tono cupo e Bonnie sussultò, nella consapevolezza che quella cittadina mai sarebbe potuta essere tranquilla.
– Cosa sta accadendo, nonna? – le domandò la streghetta restando in piedi davanti a lei.
– Qualcosa ha aperto i cancelli che dividono il mondo dei vivi dall’altra parte. – affermò la donna continuando a fissarla.
– Gli spiriti delle streghe non faranno niente al riguardo ma, soprattutto, i fantasmi delle persone morte che erano dall’altra parte hanno deciso di scendere sulla terra. – continuò, scorgendo la confusione che era nata sul volto della nipote.
– Perché? – domandò Bonnie in un sussurro sconvolto ed incredulo.
– Per vendetta. – terminò la donna. All’improvviso Bonnie si ritrovò a sgranare gli occhi ammirando il soffitto del salone del pensionato Salvatore. Era distesa su quel letto improvvisato che lei e le sue amiche avevano fatto, accampandosi nell’enorme salone in cui avevano parlato tutta la sera. Gli occhi sgranati fissavano il vuoto. Si portò seduta guardandosi intorno confusa ed intimorita. Volse lo sguardo verso le ragazze che dormivano al suo fianco. Elena era stretta alle sue lenzuola e dormiva profondamente così come Caroline, eppure il posto che avrebbe dovuto occupare Sofia, era vuoto.
– Elena. Caroline. Svegliatevi, forza! – esclamò improvvisamente la strega, balzando in piedi.
 

La serata con la famiglia era stata stancante. Mikael sembrava tranquillo, Klaus eternamente irritato dalla presenza del padre e la ciliegina sulla torta era dovuta dagli strani comportamenti di Rebekah. Sospirò, mentre apriva la porta della camera che gli era stata offerta nella dimora dei Mikaelson ed entrò lentamente, con lo sguardo chino e stanco. La richiuse delicatamente e quando sollevò lo sguardo restò stupito e confuso nel vedere quella esile figura in camicia da notte seduta rigidamente sul suo letto.
– Sofia? – la chiamò Elijah, corrugando la fronte. Lei sollevò lo sguardo lentamente perdendosi negli occhi scuri dell’Originale. Non sorrise, l’espressione della ragazza sembrava affranta e lui ne fu sinceramente colpito.
– Va tutto bene? Non dovresti essere al pigiama party con le tue amiche? – le domandò avvicinandosi con passi veloci. Lei si sollevò in piedi sistemandosi la camicia da notte lungo le gambe e sorrise debolmente.
– Stavano dormendo. – mormorò in un sussurro. Elijah era a pochissimi passi da lei intento a guardarla sempre più confuso.
– Va tutto bene, Sofia? – le domandò ancora una volta. Sofia strinse le labbra annuendo più volte, ma nessuna di quelle la fece apparire convinta. Non stava bene, non quando i ricordi erano riemersi prepotentemente nella sua testa distruggendola.
– Avevo bisogno di te, Elijah. – gli disse con voce strozzata sollevando lo sguardo verso di lui. Si perse nell’oscurità degli occhi dell’Originale, scorgendo la sua fronte corrugata. Quelle parole l’avevano lasciato spiazzato.
– Avevo paura che se avessi pianto davanti a loro, avrei dovuto spiegare tutto quanto. Ma io non voglio spiegare niente, Elijah. Non voglio che conoscano questa parte di me. – continuò a dirgli fermandosi nel parlare per lasciare spazio ad un singhiozzo. Gli occhi lucidi vennero nascosti dalle palpebre che una volta riapertesi lasciarono spazio a lacrime amare e colpevoli che le rigarono le guance. Lei sollevò le mani portandole davanti al viso, come volesse nasconderlo, ma quando le vide le sembrarono sporche, sporche della vita che aveva strappato a persone innocenti.
– Loro non c’entravano niente, volevano solo ospitarmi. Ma allora perché, perché le ho uccise Elijah? Io non volevo farlo, non volevo il loro sangue, ma non sono riuscita a fermarmi. – sussurrò, sollevando lo sguardo verso l’Originale e non vergognandosi del pianto che le stava bagnando il viso. Elijah sembrò distrutto a quella visione, come se quelle lacrime avessero minato ogni cosa dentro di lui. Le si avvicinò ulteriormente allargando le braccia e stringendola a sé, costringendola ad appoggiare il viso contro una sua spalla. Una mano s’inoltrò tra i suoi capelli biondi carezzandola con delicatezza, nel tentativo di confortarla. Quei sibili che fuoriuscivano dalle labbra del vampiro sembravano invogliarla a non parlare, eppure il pianto di lei si ruppe immediatamente in singhiozzi sempre più sonori.
– Non volevo farlo, non volevo ucciderle. – continuava lei ovattando la sua voce contro la spalla spessa e rigida del vampiro.
– Ho ucciso una bambina, Elijah. Sono un mostro. – piagnucolò ulteriormente. Lui riusciva a sentire le piccole spalle della ragazza tremare sotto i singhiozzi sempre più forti e frequenti. La scostò dalla sua spalla improvvisamente afferrandola con delicatezza per le spalle e guardandola negli occhi. Il suo sguardo gelido, era macchiato da un incredibile dispiacere.
– Non è così, Sofia. Guardami. – le disse, costringendola ad alzare quegli occhi arrossati dalle lacrime sul suo viso.
– Hai solo fatto quello che la tua natura ti diceva di fare, non è colpa tua. – continuò il vampiro, riuscendo facilmente a comprendere di cosa lei stesse parlando. Trenta lunghi anni di solitudine per un vampiro novello equivalevano ad anni di morte per gli umani e comprendeva l’inferno che lei stava sentendo. Lei lo guardava con quelle labbra schiuse e bagnate dalle sue stesse lacrime, le mani tremolanti sollevate a mezz’aria.
– Io non volevo essere così. Non volevo… – sussurrò lei singhiozzando ed Elijah annuì, stringendosela nuovamente al petto.
– Lo so. So anche che il senso di colpa è difficile da sopportare. Ma adesso ci sono io qui, Sofia, non permetterò che ricapitino cose del genere. – le mormorò lui, socchiudendo gli occhi. Sapeva quanto potessero essere forti i sensi di colpa e conosceva lei, conosceva la sua anima limpida ed innocente, riusciva ad immaginare cosa lei stesse provando in quel momento.
– Va tutto bene. – continuò a dirle accarezzandole i boccoli biondi. Se la tenne premurosamente al petto lasciandola sfogare quelle lacrime di dispiacere contro di lui. Era pronto sin dal momento in cui l’aveva incontrata da vampira, era pronto ad affrontare la fragilità dell’animo troppo buono che lei portava dentro di sé. Era pronto a vedere le conseguenze della trasformazione.


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Note dell'autrice:
Ecco qui il nuovo capitolo! Ho deciso che pubblicherò un capitolo ogni mercoledì.
E' il giorno in cui so per certo di essere libera ed, inoltre, è il giorno in cui trasmettono
la seconda stagione di The vampire diaries su Italia 1 *-*
Poi ho deciso che i flashback li metto in corsivo, così risultano più chiari (credo) o.ò
Detto questo, penso che le cose siano abbastanza comprensibili in questo capitolo ma qualsiasi cosa, chiedete pure!
Passiamo ai ringraziamenti:
Ringrazio immensamente Iansom, elyforgotten e Pipia per aver recensito il capitolo precedente. Inoltre ringrazio meiousetsuna che, nonostante non abbia tanto tempo, sta leggendo e recensendo poco alla volta tutti i capitoli <3
Ringrazio, poi, elyforgotten, iansblueyes, ladyselena15, morgan_le_faye e SaraIS per aver aggiunto la storia nelle preferite ed, infine, ringrazio tutti coloro che l'hanno aggiunta tra le seguite. **

Passando alle storie che vi consiglio, di leggere, invece eccole qui:
This love never dies ... di morgansglasses.
Blue Moon ... di S u n s e t.
Segreti pericolosi ... di penelope07
Half-Blood ... di Pipia
My story with an Original...with Elijah! ... di elyforgotten.
Over The Deception Of Life ... di elyforgotten

--- Detto questo, sono in un periodo in cui tutto quello che scrivo è assolutamente sbagliato ed orribile v.v'' La mia migliore amica lo chiama "periodo della scrittrice depressa"(?). Non vi nascondo che sarei felicissima di leggere vostri commenti su questo capitolo, positivi o negativi che siano. >///< Per il prossimo, ci vediamo il 26. :D

   
 
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