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Autore: Diomache    10/07/2007    22 recensioni
Molti si chiedono se Jack abbia mai amato.
Parliamo dell’amore vero, quello che sconvolge ed annienta, l’amore che affanna, che ossessiona, non un’avvenuta di una notte. Certo, se lo chiedete a Jack, lui vi risponderà che l’unica cosa che ami è il mare.
Ma non è sempre stato così.
La verità è che prima delle disavventure legate a Davy Jones, prima di tutto quello che conosciamo è avvenuto ben altro.
Prima di tutto Jack ha amato. Non solo il mare.
Ha amato Lei.
Genere: Romantico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hector Barbossa, Jack Sparrow, Nuovo Personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti

[ Ciao a tutti eccomi tornata! Vi avevo promesso delle modifiche a questo settimo capitolo in merito alla morte di Charles che ricordava molto uno sceneggiato della Tv. Vi giuro che c’ho lavorato molto e questo spiega la mia lunga assenza ma non sono riuscita a trovare una soluzione che non mi permettesse di sconvolgere tutto quanto, mi dispiace.

La verità è che avevo immaginato quella scena – o qualcosa di simile.- sin dall’inizio della mia storia e cambiarla è risultato impossibile.

Le vostre recensioni mi hanno però convinto – e qui è stato semplicissimo.- a modificare il finale dove descrivevo il Jack commosso. Rimuginandoci su ho pensato che forse era poco appropriato e così ho apportato delle modifiche.

Se vi va fatemi sapere che questa conclusione è più idonea al personaggio.

Sto lavorando al prossimo capitolo e vi giuro che non si farà attendere ancora per molto!

Grazie a tutti per le vostre recensioni, vi ringrazierò personalmente nel prossimo aggiornamento!

Un bacio!

Diomache.]

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao a tutti… eccomi qui con il settimo capitolo della storia. Mi spiace per il ritardo ma questo è un capitolo importante e ci tenevo a scriverlo bene.. spero d’ave fatto un buon lavoro naturalmente il giudizio finale sta a voi!

Grazie mille a tutti coloro che hanno letto la storia e in particolare a chi ha recensito:

 

Gaki: grazie mille dei complimenti sono contenta che la storia ti sia piaciuta! È vero a Jack &CO ne capitano sempre di tutti i colori… ma io ho un cuore tenero.. com’è gliela faccio sempre scampare!!!^^ ciao alla prossima!

 

Sisya:ciao! Grazie per i complimenti, sempre troppo buona! Io adoro Barbossa tuttavia questa volta non ho potuto proprio fare a meno di fargli fare la parte del cattivane.. spero non si arrabbi troppo ;) grazie di nuovo spero che il capitolo ti piaccia!

 

Johnny Jack: grazie! La mia storia in libreria?! Mio Dio, non credo di meritare tanto!J grazie davvero a presto!

 

Blak_Kisses: come sempre sei troppo gentile!! no non ti preoccupare i complimenti non stancano mai, anzi!^^ solo spero di meritarli! Sono straultrafelice che la storia ti piaccia e spero che questo capitolo non faccia eccezione.. grazie davvero.. ti auguro buone vacanze e spero che quando tornerai mi lascerai un commentino! Alla prossima!

 

DJKela: ciao Capitana! Te l’ho detto che le tue recensioni mi fanno morir dal ridere?! Sei mitica.. grazie per i complimenti, me contenta che il cap ti sia piaciuto.. finalmente in questo troveremo le risposte riguardo Evelyne e riguardo il nostro Charles che finalmente troverà una sua ragione d’esistere! Spero che ti piaccia!^^

 

MellyVegeta: grazie! Si Evelyne ormai è proprio persa di Jack e ne avremo le prove anche qui quando per lui romperà il suo giuramento.. spero che il chap ti piaccia a presto!^^

 

Christy: ciao! E io non finirò mai di ringraziarti Christy!  Sei troppo gentile, spero che la storia continui a piacerti!

 

Kadma32: ciao! Grazie sono contenta che Evelyne ti piaccia, io sono sempre stata un po’ titubante nei suoi confronti perché trovare una donna a Jack- nel senso una donna che Jack possa amare.- non è affatto facile.. ma alla fine mi ci sono affezionata anch’io, pensa un po’! ciao alla prossima!

 

Laura Sparrow: Innanzitutto Laura grazie davvero per la recensione e per i tuoi apprezzamenti riguardo la storia; mi hanno fatto molto piacere. Passando alla parte destruens (è una battuta^^): ti ringrazio di avermi fatto quelle annotazioni, riguardo alla grammatica posso dire solo che mi dispiace, io leggo sempre due volte i capitoli (a lavoro concluso intendo) prima di pubblicarli però qualcosa tanto sfugge sempre^^.

Per quanto riguardano le vele tigrate, si lo so che è una sciocchezza, anch’io quando l’ho scritto mi sono messa a ridere. Pensavo di cambiarlo invece poi mi sono detta lasciamolo, la gente si farà una risata con me! Parlando dell’avvicinamento tra Evelyne e Jack invece (ammetto che l’espediente era scontato, ma ero al primo capitolo ancora non sapevo bene come dirigere la storia) io ho voluto che tra i due s’insinuasse subito –o quasi- un rapporto di tipo fisico. Jack è abituato a trattare fisicamente con una donna ed Evelyne in quel frangente non si sarebbe tirata indietro. Il problema per entrambi sarebbe stato il dopo infatti scrivendo i capitoli seguenti ho voluto che entrambi sentissero confusione, percepissero (soprattutto Jack) che quella non era stata solo un’avventura ma che piano piano c’era di più.

Non si è parlato mai d’amore, perlomeno non apertamente. Non so se magari scrivendo non sono riuscita a renderlo a pieno, però il mio intento principale era quello.

Evelyne Mary Sue: rileggendo i capitoli mi sono accorta che hai ragione. Forse descrivendola l’ho elogiata troppo nel senso che sul suo aspetto fisico ho calcato un po’ la mano.. in questo cap ho cercato di essere più avara di complimenti… Per il fatto poi che se la sa cavare un po’ troppo quello l’ho voluto inserire perché a seguito della vita che ha fatto, sempre dietro al padre in un ambiente totalmente maschile, immaginavo che un po’ di denti e unghie dovesse esserseli fatti. Ma se anche qui ho esagerato mi dispiace, cercherò di migliorarmi. Beh, spero di essere stata esauriente, ci tengo a dirti che sei stata davvero utile e spero che mi dirai le tue impressioni per questo capitolo! A presto!^^

 

Lily Sparrow: Ciao Lily grazie mille per i complimenti.. ma certo che voglio pareri sinceri, scherzi?! Ti rispondo subito: io l’ho fatto perché mi piaceva creare una specie di continuità tra il mio scritto e il film, come se fosse un prequel in piena regola (perdonami so che è banale..) non perché volevo copiare il film.. insomma mi sembrava di dare ai miei personaggi uno spessore più realistico rispetto quello che abbiamo visto al cinema.. ho pensato: l’ha detto con Will, perché non anche con Evelyne? Grazie mille per la tua annotazione, sei stata preziosa.. prometto di fare di tutto per migliorarmi! A presto!^^

 

Apple: amica mia, bentornata! Sono contenta che i capitoli ti siano piaciuti, sai quanto tengo al tuo parere! Spero che anche questo chap ti piaccia.. a presto!^^

 

 

Chantal: ciao Chantal! Ma no, non mi hai affatto offesa, anzi, mi ha fatto molto piacere sapere il tuo punto di vista a riguardo.. mi dispiace per le ripetizioni cercherò di correggermi e farò del mio meglio anche per non far sembrare Evelyne una super donna.. sì, in effetti il mio intento era di renderla forte per via del suo difficile passato però non volevo affatto esagerare e mi dispiace se ne sia uscito fuori un ritratto un po’ troppo irreale! Spero di essermi rifatta in questo capitolo, grazie di nuovo!^^

 

Pure plastic: ciao! Grazie per i complimenti spero che questo capitolo ti piaccia!^^

 

Isobel: ciao Isobel e grazie mille per i complimenti, fanno sempre così piacere! Naturalmente spero di meritarmeli anche per questo nuovo capitolo, fammi sapere!!^^

 

Eleuthera: ciao Ele, mi spiace per il ritardo.. ma alla fine eccoci qui. Grazie per i complimenti, davvero, non so come farei senza di voi! Spero di non deluderti e che la storia continui a piacerti io ci sto mettendo molto impegno, grazie ancora!

 

Luluzza: ciao!non preoccuparti se ti sei sbagliata a me pure capita un centinaio di volte!  ma no, voglio troppo bene ad Evelyne per farlsa finire male, tranquilla, e poi dopo Jack chi lo sente se gli faccio morire la compagna! Mi dispiace se i personaggi risultano frettolosi, io a volte ho paura di descriverli troppo! Grazie mille, spero che recensirai anche questo capitolo.. a presto!

 

 

Un bacio

 

Buona Lettura

 

Diomache.

 

 

 

 

 

 

Capitolo VII: My Past.

 

 

 

 

 

 

 

Era buia quella grotta, più oscura di quanto tutti e tre potessero solo immaginare e piena di fango. Più che fango avrebbero detto che si trattava di una sorta di fiume sotterraneo che passava all’interno di quella cavità rocciosa, un fiume melmoso che ritardava i loro movimenti, stancava le gambe di Evelyne ed innervosiva  non poco i due pirati che vedevano così ridotte le loro possibilità di reazione in caso di aggressione.

Jack apriva la fila ed avanzava con la spada sguainata e gli occhi stretti, intenti a catturare ogni minimo barlume di luce per poterlo utilizzare e rischiarare il buio di quel luogo. I suoi occhi trovavano difficoltà ad ambientarsi e malgrado non avesse per niente l’intenzione di dirlo,  guidava il piccolo gruppo completamente alla cieca.

Anche Evelyne, dietro di lui, avanzava in netta difficoltà. La verità era che non era affatto abituata a viaggi e a fatiche di quel genere ma era altrettanto vero che era troppo orgogliosa per ammettere di essere esausta e chiedere al gruppo un attimo di break. Così trascinava le gambe nel fango ormai giuntole all’altezza delle ginocchia e tratteneva il fiato così che nessuno a parte lei sentisse il suo respiro corto ed affaticato. Grazie a Dio era buio e non parlava nessuno, così non si sarebbero notate le sue guance rosse dallo sforzo, né la sua voce rotta.

Era talmente concentrata nella sua marcia forzata che quando Jack interruppe improvvisamente la camminata, gli andò sopra e ci mancò poco che non caddero entrambi.

L’avvenimento suscitò le reazioni di entrambi gli uomini: Barbossa alzò gli occhi al cielo, scocciato, Jack sorrise, maliziosamente.  “Tesoro.- mormorò .- non mi pare il momento!” la prese in giro, godendo nell’intravederla mentre girava lo sguardo da un’altra parte e si schiariva la voce, in imbarazzo. Certo che quando voleva, sapeva proprio essere adorabile.

“Deficiente.”

.. in effetti.. solo quando lo voleva sul serio..

“Beh, che cosa c’è?” domandò Barbossa, inquieto, puntando la spada su un punto imprecisato davanti a lui. “Perché ci siamo fermati?” ma la voce gli si fermò in gola quando vide che l’oscurità si stava finalmente facendo meno fitta ed incominciavano ad intravedere il fondo della caverna e le sue pareti rocciose.

“Allora.- iniziò Jack con un sorriso.- dato che siamo ad un tanto così dal raggiungimento del nostro diamantino, mi aspetto che ognuno di voi faccia il possibile affinché il suddetto raggiungimento risulti raggiungibile.- i suoi occhi cioccolato si puntarono specialmente su Evelyne.- comprendi?”

Lei provò a protestare ma lui le diede la sua spada. “Guardaci le spalle. Io e Barbossa andiamo avanti.”

“Io..- sospirò.- io non so maneggiare la spada.” Confessò la giovane con un’aria un po’ colpevole.

Barbossa sorrise, come se avesse ottenuto una sorta di rivincita e, rintraccialo lo sguardo di Jack sembrò dirgli. “ L’avevo detto io.”

Sparrow fece un sorriso un po’ tirato e si riprese la spada. “Il pugnale allora.- lei negò, di nuovo.- il fucile?”

Se era stata sincera e dispiaciuta fino a quel momento, qui arrivò invece il momento della menzogna. “Nemmeno. Mi spiace.”

Se l’avesse sentita suo padre sarebbe scoppiato a ridere.

Evelyne Smith che non sapeva sparare?

Sentirono improvvisamente un rumore strano, dal fondo della grotta, una sorta di rantolo, un ruggito cupo ed agghiacciante che gelò il sangue nelle vene anche ad un duro come Barbossa.  Fu proprio quest’ultimo ad intervenire, con un accento palesemente acido e sbrigativo.

“Bene, Miss, dato che non siete di utilità alcuna, aspettate buona qui- rise.- se ci siete ancora, al nostro ritorno vi unirete a noi.”

La ragazza sbiancò e cercò rifugio nello sguardo di Jack che borbottò. “Certo che ci sarà ancora.- si guardò intorno, come in cerca di qualcosa, poi finalmente trovò ciò che gli serviva in quella melma fangosa dove galleggiavano decine di oggetti- tieni. Colpisci forte.”

La giovane osservò il vecchio remo che il pirata gli aveva tirato tra le braccia. Quest’ultimo gli fece segno d’accovacciarsi ad un lato del fiume ed Evelyne obbedì, seppur incerta, e si inginocchiò a lato, dove, coperta dal fango e dall’oscurità, sarebbe stata più al sicuro.

Tuttavia, mentre i due pirati avanzavano, si sentì prendere dalla paura e tentò di chiamarlo. Ma lui non la sentì e non si voltò come invece lei avrebbe voluto, scomparendo  in pochissimo tempo dalla sua visuale.

 

 

-o-

 

 

Barbossa e Jack avanzavano da diversi minuti con la spada sguainata e i volti concentrati quando sentirono di nuovo quello strano rantolo, dal fondo della caverna. Si fermarono in contemporanea e incrociarono i loro sguardi, attoniti. Poi, simultaneamente , ripartirono con la destra e, parallelamente, continuarono la loro marcia verso l’ignoto e quel rantolo spaventoso che faceva rizzare la pelle d’oca ad entrambi. Piano piano la grotta diventava sempre più luminosa a causa della presenza di sporadiche torce che bruciavano ai lati rocciosi dell’ambiente e che rischiaravano ai due il cammino.

Giunsero in breve al capolinea.

La grotta finiva lì, con un’enorme parete di roccia bianca, liscia come marmo. “Ah eccolo qui..” mormorò Jack  con un tono divertito ed intenerito che s’utilizzerebbe più appropriatamente con un bambino, più che con un diamante.

E infatti il diamante di cui Tia Dalma gli aveva parlato era lì, davanti a loro, in una piccola bacheca di vetro incastonata nella roccia. “E allora che aspettiamo?” domandò arrogantemente l’altro. “prendete il diamante ed andiamocene, abbiamo perso fin troppo tempo.”

“Non mi sembra una grande idea, Barbossa.- protestò Jack lisciandosi i baffi.- prima quel ‘rumorino’ non l’ha certo fatto un gattino che dorme nel cesto di vimini.”

“Un motivo in più per prendere celermente il diamante e tagliare la corda, no?”

Poco convinto Jack mosse passi insicuri verso il diamante, tendendo l’orecchio alla ricerca di qualsiasi rumore sospetto.

Niente.

Tutto sembrava tacere e nella grande grotta non vi era altro rumore se non quello dei loro respiri e dei loro passi lenti, trascinati nel fango.

Giunse alla bacheca e vide finalmente da vicino il diamante di Tia Dalma. Era grande, tanto che un pugno lo avrebbe occupato a fatica e di un colore davvero abbagliante. Era protetto da una piccola bacheca di vetro ma incastonato nella roccia. Jack mise mano alla piccola bacheca, cercando di tirarla via. Ma i suoi primi sforzi furono vani, non sembrava affatto volersi muovere da lì. Sorrise  e con un sguardo determinato si mise a tirarla velocemente con scatti in successione, senza ottenere nient’altro se non gli sbuffi e gli sguardi ironici di Barbossa.

“E va bene.- borbottò quindi il capitano.- vuoi le maniere forti, eh?” estrasse la pistola e dopo essersi coperto il volto con un braccio sparò sul piccolo contenitore che andò in frantumi.

“Les voilà.” Disse poi contemplando quella meraviglia di diamante, incastrato nella roccia.

Ah, sarebbe stata una parola prenderlo, adesso.

Allungò la mano verso il diamante ma la fermò prima ancora di toccarlo, notando che intorno al gioiello c’erano delle crepe sulla roccia, come se la parete si fosse mossa.

Crepe che non c’erano prima.

“Che diavolo succede ora?” domandò prepotentemente l’altro incrociando le braccia.

“Il diamante si è mosso.” Rispose Jack, concentrato sul gioiello dalle sfumature azzurre.

“Oh e allora qual è il problema? Sarà più facile da togliere.”

Sparrow si voltò verso di lui, scettico. “Da che mondo è mondo, i diamanti non si muovono. Non è normale.”

Barbossa sospirò, mani ai fianchi. “Da che mondo è mondo, tutto ciò che riguarda Tia Dalma, non è mai stato normale.”

Anche questo è vero, pensò Jack ritornando a fissare il diamante, avanzato notevolmente verso l’alto, lasciando una profonda spaccatura nella roccia. Si voltò di nuovo verso Barbossa. “Visto?”

Quest’ultimò roteò gli occhi. “Vogliamo prenderlo prima che continui la sua passeggiata verso il soffitto??”

Jack, per nulla convito ma costretto dalle circostanze, allungò la mano per prenderlo. Ma non appena le sue dita incontrarono la superficie dura e liscia del diamante accadde l’impensabile.

Lì, proprio sotto al gioiello la pietra si spaccò e dal muro fecero capolino due occhi grandi e violacei puntati dritti dritti sull’uomo che aveva osato commettere il sacrilegio.

“Oh mannaggia.” Mormorò l’uomo mentre la parete piano piano si sgretolava ed emergevano, sotto gli occhi attoniti di entrambi le fattezze di un’enorme Idra a nove teste  che ruggiva nello stesso terrificante modo che avevano già avuto occasione di ascoltare, arrivando.

I due si gettarono a terra per ripararsi dalle pietre e solo quando sentirono il mostro ruggire di nuovo ebbero il coraggio di alzare lo sguardo, per osservarlo di nuovo.

“Lo sapevo.- mormorò Jack.- lo sapevo che non era un gattino.”

“Odio la mitologia.” Ghignò Hector Barbossa mentre i suoi occhi incontravano lo sguardo famelico di solo una delle nove teste del mostro. Era enorme, grande quasi tutta la volta e, almeno dal modo in cui ruggiva, si, doveva essere davvero molto affamata.

“Ehilà, bestiolina.” Sorrise Jack con uno sguardo poco convinto notando che il diamante era incastrato nella fronte della testa centrale. “ Se c’è qualcos’altro che dovremo sapere sulla mitologia greca, Barbossa, questo è il momento per rendercene partecipi.” esclamò il capitano verso il primo ufficiale.

Questi alzò le spalle. “La testa centrale dovrebbe essere immortale.” Disse sguainando la spada.

“Dovrebbe?”

L’uomo rise mentre una delle teste avanzava verso di loro con le fauci aperte. “ Lo proviamo subito, arr!”

Un movimento veloce, secco e la settima testa crollò nell’acqua davanti ai piedi del pirata e poi la stessa sorte toccò alla sesta, avanzata in avanti verso Jack. Il mostro sembrò placarsi, fece due passi all’indietro,  sotto lo sguardo fiero dei due uomini che fissavano i due colli monchi.

“Questo è il piano.- iniziò il capitano.- taglio delle teste. Anche quella immortale. Tanto le tue notizie non sono attendibili.”

Barbossa non fece nemmeno in tempo a replicare che un nuovo, preoccupante, ruggito dell’Idra lo costrinse a voltarsi. I due colli monchi si stavano muovendo convulsamente, impazziti, e così fecero finché, sotto i loro occhi, non spuntarono fuori due nuove teste, una più agguerrita dell’altra, per ogni collo. In tutto quattro.  Quindi undici.

Ruggirono tutte insieme, rinvigorite, provocando talmente tanto vento che mossero i vestiti dei due uomini e fecero volar via il cappello del capitano. “Ah vuoi il gioco, duro, eh, dannato mostro..” rimbrottò questo, voltandosi un macrosecondo all’indietro.

“Penso che il piano sia da rivedere, capitano” sussurrò Barbossa tenendo gli occhi puntati sul mostro.

 “Concordo.”

L’Idra attaccò di nuovo.

 

 

-o-

 

Quell’ennesimo enorme ruggito fece sobbalzare Evelyne Smith, rannicchiata ancora nel buio, con un fucile ed un remo in mano, spaventata, sola e a mollo in quell’acqua putrida. Si coprì le orecchie con le mani per evitare di sentirlo di nuovo ma nulla, quel rumore straziante sembrava superare ogni barriera ed infilarsi nel suo animo, facendola vibrare di terrore.

Piano aprì gli occhi, sospirando e chiedendosi che fine avessero fatto Jack e Barbossa e se magari avevano bisogno di lei. Le venne quasi da ridere. Due pirati che avevano bisogno di una ragazzina viziata che non sapeva nemmeno tenere in mano una spada?

Si portò una mano tra i capelli bagnati da un’onda che prima l’aveva travolta quasi completamente. Non solo non sapeva tenere in mano una spada ma ciò che sapeva meglio fare, come sparare, s’impediva di compierlo, bloccata dal suo passato e da quel giuramento, tempo fa.

Un nuovo spaventosissimo fragore la fece sobbalzare ancora. Perse l’equilibrio e cadde in avanti, in quella schifosissima acqua scura. Si puntellò con le braccia al suolo del fiume, sospirando. Alzò lo sguardo. Non poteva stare ancora lì, a fare niente.

Infondo aveva comunque il remo, no?

Si alzò di scatto, lasciando tuttavia il fucile in spalla e corse in avanti, lottando contro la propria stanchezza e contro il fango che minimizzava tutti i suoi  sforzi. Giunse finalmente nel fondo della grotta e si fermò di scatto, incredula di fronte allo spettacolo che le si parava di fronte.

Mio Dio, non poteva essere vero.

Un’enorme Idra con decine e decine di teste fameliche combattevano contro Jack e Barbossa i quali si difendevano dai loro continui attacchi a colpi di spada che si infrangevano contro quegli enormi denti aguzzi.

“JACK!” urlò, in preda al panico, stringendo febbrilmente il remo tra le mani e facendosi piccola piccola di fronte a quel mostro immane che pensava potesse esistere solo nell’universo ristretto delle pagine di un libro.

Il capitano si voltò verso di lei con un sorriso che si sforzava di essere rasserenante. “Tutto bene tesoro.- disse parando il morso di una testa e sventando l’attacco di un’altra.- è tutto perfettamente sotto controllo!”

“S..sicuro?” mormorò lei, impaurita.

“Miss, mancavate giusto voi!- la voce ironica di Barbossa gli giunse un po’ affaticata in realtà. Anche lui era molto impegnato.- sapete essere più fastidiosa di un’Idra greca.”

Lei inclinò il volto di lato. “Ma non dovevano essere nove le teste?”

“Sì. Ditelo al vostro capitano.- protestò Hector, furioso.- non ha fatto altro che decapitare da mezz’ora a questa parte.”

“Io???- esclamò l’altro, inorridito.- ci sto attentissimo, io.” Ma non aveva nemmeno finito di parlare che sbagliò un colpo e ne troncò un’altra da cui spuntarono subito due nuove teste assetate di sangue.

Tutti e tre ammutolirono.

“ottimo lavoro.” disse quindi Evelyne con una buona dose di sarcasmo. Ma la sua ironia durò ben poco. Non passò molto infatti prima che l’Idra s’accorgesse anche di lei. Una delle trenta teste la scrutò con i suoi occhi biechi prima ancora che potesse anche solo pensare di nascondersi. Se la vide arrivare ad un centimetro dal naso fino quasi sentirne l’alito putrido e Dio solo sa quanto deve ringraziare suo padre, se ebbe la prontezza di colpirla con il remo prima che s’avvicinasse di più. Tutti i suoi esercizi per evitare gli schiaffi erano serviti dunque.

“Dov’è il diamante?” domandò poco dopo mentre giostrava con un paio di testoline.

“Al centro della testa centrale.- urlò Jack per farsi sentire.- oops.” Disse notando l’ennesimo collo fumante che faceva un tuffetto in acqua.

Trentadue..

“Ah, sant’Iddio.”

Evelyne intanto diede l’ennesimo duro colpo alla bestia poi, individuato un angolo della grotta che rimaneva lontano e piuttosto isolato, corse a perdifiato verso quello, rannicchiandosi in ginocchio e chiudendo gli occhi. Controllò che l’Idra non l’avesse scoperta ed iniziò a pensare ad un modo per togliersi da quella situazione. I suoi occhi scrutarono bene il diamante al centro della fronte spavalda della belva.

Le sue riflessioni furono interrotte dalla voce di Jack che urlava a Barbossa. “Proviamo a spararle in mezzo alla fronte!”

“E come, di grazia?- rispondeva l’alto, furente.- mi sembra che siano sufficientemente occupati!”

La ragazza sospirò fissando il fucile.

Sparare.

Sparare era l’unica cosa che l’aveva sempre avvicinata a suo padre, l’unico argomento di cui potessero discutere insieme. Aveva provato ad insegnarle tantissime cosa ma l’unica che lei avesse imparato sul serio era proprio quello. Era un tiratore ormai e c’aveva preso un certo gusto nel fare sempre centro anche se a tanti metri di distanza.

Ma da quel giorno, quando aveva deciso di fare centro nel petto di un uomo, di quell’uomo­, da quando aveva visto il corpo di Kevin Miller cadere giù, sotto il suo colpo, aveva giurato a se stessa che non sarebbe ricapitato più per nulla al mondo. Aveva giurato che MAI avrebbe sparato di nuovo.

Mai giurare in eterno, sugli angeli del paradiso o su qualsiasi altra cosa.

Perché i giuramenti si interrompono.

Non importa con quanta devozione li facciamo, non importa quanto siamo determinati.

Arriva un momento in cui capiamo che continuarli non ha senso.

E in quel momento accadde.

Evelyne alzò lo sguardo, indecisa, confusa e capì quello che doveva fare. Lo capì con certezza quando vide Jack a terra, nella melma e tre bocche davanti a lui con le fauci aperte. Si scansava di scatto per evitare i loro attacchi con la spada ridotta a metà a causa probabilmente di un morso troppo violento.

E lì Evelyne capì. Capì che continuarlo non solo non aveva senso ma che avrebbe costituito per lei un nuovo dolore. Non poteva permettere che facessero del male a Jack, non poteva.

Staccò la spina del cervello e prese convulsamente il fucile, lo impugnò come tante volte aveva fatto e mirò sulla testa centrale quella dove brillava quel dannato diamante. Sentiva il cuore fremere nel petto e si stupiva nel sentire parallelamente le sue mani invece così rigide, così ferme.. lucide.. come quelle di un’esperta. Come quelle di un’assassina.

La testa si muoveva, ringhiava ed era parecchio lontana non solo molto alta.

Serrò forte il fucile e restò in apnea, come faceva sempre, quindi strinse le labbra e premette forte il grilletto. Lo sparo arrivò preciso come mai aveva fatto.

L’Idra iniziò ad avvinghiarsi su se stessa, le teste lasciarono stare Jack e Barbossa e iniziarono ad agitarsi. In quel muoversi convulso Evelyne vide bene qualcosa precipitare dall’alto, come un proiettile ed affondare nel fango a pochi metri da lei.

Corse e affondò il braccio. Con la sua mano riemerse il famoso diamante di Idra. Non riuscì a tenerlo in mano che pochi istanti perché, incredibilmente, era bollente. Con un piccolo sforzo riuscì a metterlo in tasca.

Non fece in tempo ad alzare lo sguardo che si sentì prendere per un braccio. “Muoviti!” era Jack che la trascinava in piedi. “Avanti!” le ringhiò contro Barbossa precedendola. Lei non ci pensò due volte anche perché l’Idra, impazzita dal dolore, aveva preso a correre vorticosamente verso di loro con tutte e trentadue le teste assetate del loro sangue.

Tirando fuori tutta la grinta di cui erano in possesso giunsero fuori dalla caverna e poi fino alla loro barchetta di legno e benché ormai la belva non li inseguisse più, Barbossa remò come un dannato senza riprendere fiato, almeno non finché non giunsero davanti alla catapecchia di Tia Dalma.

E fu lì, con il fiato ancora corto e davanti alla porta invecchiata di quella capanna che lei e Jack trovarono il tempo e il coraggio di lanciarsi un lungo sguardo. Uno sguardo intenso e carico quasi d’attesa. Barbossa spinse la porta ma lei fece un passo indietro ancora scossa per quello che era successo, per quello che aveva fatto.

Infilò una mano nella tasca ed estrasse il gioiello ancora molto caldo, consegnandolo a Jack. “Io vi aspetto fuori.”

Jack avrebbe voluto replicare ma vide bene lo scompiglio negli occhi di lei e non disse nulla. Annuì e, accompagnato da Barbossa, entrò.

 

-o-

 

 

Ce l’aveva fatta. Finalmente.

Era sua. La sua adoratissima bussola finalmente era sua, finalmente poteva osservarla nel palmo della sua mano, con il suo ago magico che l’avrebbe guidato ovunque avrebbe desiderato andare.. per cominciare  all’isola introvabile se non per chiunque non sappia già dove sia. All’Isla de Muerta e al tesoro di Cortes.

Avevano già stabilito la rotta e adesso la Perla dormiva della grossa anche perché l’ultima impresa era stata faticosa e i suoi uomini, lui compreso, si erano presi una buona nottata di sonno, senza nemmeno il consueto appuntamento con il rum.

Saliva le scale con un sorriso sornione dipinto sul viso mentre i suoi occhi fissavano quell’adorabile magico pezzo di metallo. Decise di fare una prova e mentre il fresco vento notturno agitava i suoi abiti da pirata, osservò che dopo un buon giro l’ago incantato di quella bussola stregata puntava dritto davanti a lui e non più a nord, come prima.

Alzò lo sguardo.

Evelyne.

Era appoggiata al bordo della nave con i capelli sciolti e sconvolti dal vento, aggrappata al legno e silenziosa nel deserto ponte della Perla. Mise la bussola al proprio posto sebbene la voglia di giocarci ancora fosse forte e si avvicinò a lei, ricordando il suo sconvolgimento poco prima. In quel momento, come in molti altri, aveva dovuto fare il capitano, lasciarla un po’ da parte e fare il suo dovere.

Ma adesso non era necessario. Si appoggiò alla ringhiera accanto a lei e la trovò con le guance lucide di pianto ed ancora un po’ tremante. Sorrise e le porse la bottiglia di rum che aveva- come sempre.- nella sinistra. Evelyne girò gli occhi verso di lui passando lo sguardo da lui alla bottiglia.

Poi la prese.

Sotto lo sguardo stupito del pirata ne fece un buon sorso, tossendo per diversi minuti subito dopo. “ Niente paura.- la tranquillizzò lui.- è normale la prima volta. Basta un altro sorso per stare subito meglio.”

La giovane lo prese subito in parola avvicinando di nuovo la bottiglia alle labbra.

Fece per fare un terzo sorso ma questa volta, un po’ preoccupato, Jack la fermò. “ Evy.- sussurrò.- non eri tu quella che odiava il rum?”

Lei lo fissò, gli occhi ancora traboccanti di lacrime. “Evy- ripeté-  carino Evy.- sorrise.- dammene un altro po’.”

“Ti piace allora.” Riprese, pieno d’orgoglio.

“è la cosa più orrenda che abbia mai bevuto.- confessò.- ma voglio ubriacarmi questa sera. Non riuscirei a dormire adesso.” si asciugò le guance con il palmo della mano e tirò su con il naso. Lui sorrise, intenerito, come se avesse vicino una bambina spaventata. E forse lo era.

“Non vale la pena dimenticare tutto per una sola notte, non ti pare?”

Lei abbassò lo sguardo. “Voglio solo distrarmi. So che non potrei mai dimenticare né Charles.. né tutto il resto. Non più ormai. Questa storia mi ha cambiata troppo. Dimenticare tutto sarebbe come rinunciare ad una parte di me.. quella che sono stata, quella che sognavo d’essere infondo. E non è giusto.”

Jack annuì faticando a tenere a bada la curiosità. “ E… non avresti voglia…- incontrò i suoi occhi e subito fece un passo indietro.- anche non adesso per carità.. di parlarne.. per esempio.. un giorno..?”

Lei sorrise e gli prese la mano. Quella stretta fece quasi paura al pirata… era delicata, morbida eppure così determinata, così disperata come quella di un uomo che in mezzo all’oceano si aggrappa ad una fune. Il dolore un po’ lo spaventava ma trovò il coraggio di sorriderle.

Evy prese qualcosa dalle tasche e glielo mostrò. Era il corallo. “è bellissimo.- disse con voce morbida.- grazie.”

Lui si limitò a rispondere al sorriso poi le accarezzò il viso, con il palmo della sinistra mentre lei continuava, improvvisamente vogliosa di sfogarsi ed allo stesso tempo troppo impaurita per farlo.

“È giusto che tu lo sappia.” Le era stato vicino senza chiedere nulla, senza giudicare, senza parlare. Addirittura non le aveva nemmeno sottolineato.- come avrebbe invece potuto.- il fatto che avesse sparato quando gli aveva detto che non ne era capace.

“Io sono orfana di madre.- iniziò con il cuore in gola e il fiato corto e Jack si impegnò ad ascoltarla a fondo, come forse non aveva mai fatto con nessuno.- sono cresciuta con mio padre che militava nell’esercito. Di tutte le cose che lui avrebbe voluto impararmi so solo sparare.- sorrise, sentendosi un po’ in colpa.- mi dispiace d’averti mentito…”

Sospirò e proseguì. “Conobbi Charles a quattordici anni. Lui ne aveva venti, faceva il soldato e non mi sopportava. Ero una bambinetta che gli stava sempre addosso e non ne poteva più di avermi tra i piedi.- sorrise.- poi quando ebbi io diciotto anni e lui ventisei.. allora diciamo che era lui a starmi sempre tra i piedi.”

Jack sorrise, malizioso.

“Tranquillo non intendo farti venire le carie ai denti della serie: quanto l’amavo e quanto mi amava… - i volti di entrambi si incrinarono al sorriso.- ma anche se ti sembrerà terribilmente banale.. io ho seriamente creduto che lui fosse l’uomo per me.”

Jack trovò la forza per intervenire. “Non lo è.- disse con voce roca.- non è banale.. Evelyne..” *Perché anch’io penso che tu sia la donna per me* ovviamente si curò che l’ultima parte rimanesse ad uso esclusivo dei suoi pensieri e non passasse per al bocca.

Il suo sguardo era un tacito grazie, mentre continuava. “Poi arrivò lui: Kevin Miller.”

“No, non dire niente.- l’interruppe il pirata - il classico prepotente di turno, ricco e perdutamente innamorato della donzella in questione.”

Rise. “Più o meno.”

 

 

“Evelyne..- Kevin Joseph Miller le baciò il palmo della mano, sorridendole.- è Evelyne vero?”

Lei inarcò un sopracciglio e sfilò via la mano. “Smith prego. Per voi è ancora Miss Smith.”

“Ancora.- sottolineò lui avvicinandosi.- conto di chiamarvi Evelyne per il prossimo mese.”

La sua risata argentina si era diffusa nel piccola tenda militare a quel punto.

“Siete un po’ troppo speranzoso, Mr Miller. Mi chiamerà Evelyne solo mio marito.”

Lui aveva appoggiato il volto al palmo della mano. “Appunto”

 

“Solo che Kevin non era interessato a me. Né ai miei soldi. L’unica cosa che lui voleva era Charles.”

Jack sgranò gli occhi, incredulo.

“No, che hai capito.- riprese lei, aggiustandosi i capelli dietro le orecchie.- lui odiava Charles. Lo voleva semplicemente distruggere. Sapeva che sposare me l’avrebbe reso felice e così decise che non sarebbe dovuto accadere.”

“E come mai il nostro Kevin era così simpatizzante verso Charles?”

“Vendetta. Charles denunciò al comandante suo fratello, John Miller, per truffa e frode allo stato. Un’onta imperdonabile per la famiglia Miller che chiese un migliaio di volte a Charles di non farlo, promettendogli anche dei soldi in cambio.- sospirò.- ma lui era… onesto. Lo denunciò. E Kevin gli promise che gliel’avrebbe fatta pagare.”

“Charles non poteva.. che ne so.. farsi trasferire altrove? Tu potevi seguirlo e..”

Evelyne appoggiò il mento sui palmi delle mani. “Già. Potevamo.”

 

 

C’era poca luce in quella camera e i raggi soffusi del sole pomeridiano filtravano tra tende di seta e irradiava i letto a baldacchino di soffice velluto rosso  conferendo alla stanza un’aurea di penombra quasi surreale. Lì con il viso affondato tra coperte di lino e cuscini ricamati, c’era lei con un sorriso un po’ appannato, gli occhi lucidi e lo sguardo languido e sereno.

“Vai già via?” mormorò la giovane accarezzando il palmo della mano dell’ufficiale, guadagnandosi così il suo sguardo, sorridente ed innamorato.

Aveva profondi occhi marroni, Charles, di quegli occhi che dicono tutto di una persona, rispecchiano la loro bontà, la loro fedeltà ed ingenuità a volte.

Era un bel ragazzo e nonostante fosse più giovane di James –suo fratello.- di quasi due anni, la somiglianza con il futuro Commodoro della Flotta Britannica era impressionante. Se non fosse che James era un po’ più alto, da lontano perfino Evelyne li avrebbe confusi.

“Devo.- mormorò lui, chinandosi per baciarle la spalla.- l’esercitazione inizierà tra poco e non posso arrivare tardi, lo sai. Un minimo passo falso e Miller mi spedisce a militare in Scozia.”

A quel punto la ragazza si era alzato di scatto dal letto, infervorata. “Perché dovrebbe essere un danno tutto questo? Per me sarebbe una benedizione!”

L’uomo sorrise, divertito. “Ti piace la Scozia, amore mio?”

“No.- urlò lei, arrabbiata. Ma perché non la prendeva mai sul serio??- andiamocene Charles.- lui aggrottò la fronte.- ti prego dammi retta. Possiamo andare lontano, sposarci ed avere una famiglia lontano da quell’essere immondo di Miller.”

Lui le accarezzò il viso, sospirando. “La nostra casa è qui, Evelyne. È qui che voglio vivere ed è qui che vuoi vivere anche tu.”

“Io voglio vivere con te.- riprese la donna.- non importa dove. Ti prego.”

L’uomo negò, deciso. “Non permetterò che quell’uomo sconvolga le nostre vite..”

“Ma..”

“.. Noi andremo avanti.- attese che lei facesse silenzio.- come se nulla fosse. Prima o poi si dimenticherà di me.”

“La tua risolutezza ti rovinerà, Charles.”

“E la tua mi farà fare tardi all’esercitazione.- come sempre, il suo tono era scherzoso.- a dopo.” le baciò le labbra ed uscì velocemente dalla tenda dopo essersi girato due volte a guardarla.

 

 

“Avete mai ricevuto.. minacce concrete da questo tizio?” domandò quindi Jack facendo un sorso di rum. Lei gli prese la bottiglia dalle mani e contro le sue proteste fece un altro sorso.

Poi rimase senza fiato per diversi minuti, scoppiò a ridere e riprese a parlare, un po’ a fatica. “Oh Dio..- disse con la gola che le bruciava.- si… diverse volte. Visto che non era riuscito a sposarmi né convincendo me, né convincendo mio padre, aveva deciso di far finire Charles in prigione.”

“Addirittura.”

Lei sorrise, malinconica. “Miller era potente, poteva farlo. Ma noi avevamo James dalla nostra.”

“James?”

“James Norrigton, fratello di Charles. Nonché futuro commodoro.- spiegò la giovane.- Miller lo incastrò ma riuscimmo a dimostrare la sua innocenza e non accadde nulla. Finché…”

“Finché..” lui l’incitò a proseguire, intrigato.

Lei strinse più forte la sua mano a quel punto.

“Finché non ci sposammo.”

 

 

 

“Sei bellissima Evelyne..” Josephine, sua cugina, le gonfiava il velo e le sistemava il vestito, mentre la ragazza stava seduta di fronte allo specchio con lo sguardo languido e perso a rimirare la sua immagine. Sorrise, dolcemente, attanagliata dall’ agitazione di quel giorno tanto atteso e finalmente arrivato.

“Sei davvero magnifica. Charles rimarrà estasiato e in Chiesa creperanno tutti d’invidia, Miller compreso.”

“Non parlarmi di lui.- la voce di Evelyne si era subito incrinata.- oggi è un giorno speciale non voglio nemmeno sentirlo nominare. E se non ci sarà, sarà anche meglio.”

“Oh, non verrà di sicuro. Oggi è giornata di caccia.”

Evelyne aveva a quel punto gettato un occhio fuori dalla finestra. “Il tempo volge al peggio.. speriamo che vada a cacciare comunque. Oh, speriamo che non piova, Charles mi deve venire a prendere a cavallo!”

“Signorina!- sentì la voce di una serva che si era appena affacciata alla porta.- signorina, mi hanno detto che hanno visto un cavallo in avvicinamento.”

La giovane sorrise, esaltata. “Charles.” Sussurrò scattando subito in piedi e fiondandosi alla porta.

Stette ad aspettare Charles diversi minuti, in piedi, di fuori sulla cima della grande rampa di scale, attendendo quel cavallo al galoppo che invece non arrivava mai.

Sentirono improvvisamente un tuono lontano e una grande folata di vento freddo scompigliò il vestito e i capelli della sposa e degli ospiti.

Josephine, al suo fianco osò infrangere  quel silenzio carico d’attesa. “Evelyne rientra. Sta per piovere, ti rovinerai il vestito.”

La ragazza invece si voltò di scatto verso il padre “Padre, mi era stato detto che avevano visto..”

“Si. È vero.- la sua voce era austera, come sempre.- l’ho visto anch’io dalla torre. Rientra, sarà qui a minuti.”

“Evelyne.” Sentì improvvisamente la stretta di Josephine sul suo braccio e si voltò di scatto sentendo in concomitanza i rumori di un cavallo al galoppo. “Charles!” esclamò vedendo il cavaliere entrare nel complesso della villa.

Ma il suo sorriso scemò subito quando il cavallo s’arrestò di fronte alla grande rampa di scale e tutti videro bene che il cavaliere era aggrappato all’animale per non cadere. Non fecero in tempo a dire e fare nulla perché non appena il cavallo si fermò Charles Norrigton cadde di lato finendo nella polvere. Il cavallo corse via e finalmente Evelyne trovò il coraggio di urlare. “Charles!!!” si fiondò per le scale rischiando d’inciampare decine di volte poi s’accasciò su di lui mentre la pioggia batteva insistente su di loro.

Sentiva il cuore andare in frantumi mentre si gettava su di lui, in lacrime. “Charles, amore moi.. che è accaduto.. come ti senti…?”

Lui aveva sorriso, come sempre. “Mille.- parlava a fatica.- mille.. domande.. insieme.. come sempre…”

Lei aveva riso, tra le lacrime. “Chiamo un dottore.”

Ma lui l’aveva fermata, prendendole forte la mano. “Ti prego non andare.. non mi rimane molto.. rimani con me..- le aveva mostrato il petto oltrepassato da una pallottola.- rimani qui..”

“Miller..- sussurrò lei, in ginocchio, con i capelli e il vestito bagnati da quella pioggia torrenziale.- è stato lui, vero?”

“Ti prego non pensiamo a Miller… stammi vicino, Evelyne.”

“Ma tu non morirai!- la sua tenacia lo fece sorridere.- ti giuro io voglio sposarti tu non morirai, non puoi morire, Charles! Abbiamo troppe cose da fare insieme.. non abbiamo vissuto niente della nostra vita, amore mio..”

“Sei.- l’aveva guardata, pallido, con le labbra violacee e il sangue che gli bagnava il petto.- sei..”

“Un dottore!- gridò lei, disperata.- padre chiamate un dottore, presto!”

“Sei ..- continuò Charles, aggrappato alla sua mano.- una sposa bellissima..”

I suoi occhi rimasero fissi, poco dopo, le sue labbra aperte, senza più voce, e la sua stretta divenne inconsistente finché non lasciò completamente la mano della ragazza.

 Il cielo tuonava forte e la pioggia scendeva fitta come le lacrime dagli blu della ragazza.

“No.. -sussurrò, incredula.- Charles, rispondimi.- lo scosse diverse volte.- Charles.. NOOOOOO!”

Iniziò a gridare attaccata al corpo di lui, sporcandosi del suo sangue che ormai non usciva più, aggrappata a quell’uomo che tanto aveva amato e che non avrebbe avuto più. I domestici e sua cugina l’affiancarono subito dopo, suo padre distolse lo sguardo per nascondere le lacrime.

Evelyne restò a piangere e gridare sul corpo di Charles per diversi minuti e quando finalmente riuscirono a distoglierla dovettero sorreggerla in tre per portarla dentro.

 

 

“Miller quel giorno ha ucciso anche me.” Continuò Evy facendo un nuovo sorso dalla bottiglia di rum. Jack sospirò e le accarezzò nuovamente il viso. “Non hai trovato un modo per incriminarlo?”

Lei scoppiò a ridere di rabbia, aiutata anche dall’alcool. “Era a caccia, capisci? A caccia! Avrebbe potuto dire che quel colpo gli era sfuggito di mano o che Charles era sulla traiettoria di un capriolo!- si coprì gli occhi con le mani.- niente poteva accusarlo e poi era un nobile nessuno si sarebbe messo contro di lui.” Deglutì. “Dovetti pensarci io.”

 

 

Evelyne pianse, vegliata da sua cugina, per due ore. Poi chiese di essere accompagnata da lei a camminare, nel bosco e Josephine non se la sentì di negarglielo anche se pioveva; anche se Evy aveva preso un fucile prima di uscire. 

Cavalcarono per ore finché non lo trovarono.

A quel punto la giovane senza pensare, senza più emozioni, solo con tanta rabbia nel cuore, scese da cavallo. Era lontano Miller ma ben visibile. Imbracciò il fucile nonostante sua cugina la pregasse di non farlo e sparò due colpi precisi.

 

“Lo freddai come si fredda un cervo.- ringhiò la ragazza, tra le braccia di Jack.- il bastardo non aveva con se nemmeno i cani.  Non era a caccia, era lì per uccidere Charles. Quando l’ho ammazzato mi sono sentita morire pure io.. ed ho giurato che mai avrei di nuovo sparato.- abbassò lo sguardo.- fino oggi, almeno. ”

Jack le accarezzò i capelli. “ Come scoprirono che fosti tu a farlo?”

Lei sorrise, amaramente. “Mio padre.”

“Tuo padre?!”

“Per salvare il suo onore e far vedere davanti agli altri nobili che lui non c’entrava nulla mi denunciò. Tre processi e tre condanne.- tirò su con il naso.- il resto lo sai.”

Jack sospirò di nuovo. “ è l’aver ucciso Miller che ti tormenta tanto? O il fatto che tuo padre ti abbia tradita a quel modo?”

Lei si staccò da lui e dal rifugio che aveva trovato tra le sue braccia. “Tu non capisci… io non ho ucciso solo Miller.. io ho ucciso anche Charles.- lui aggrottò la fronte.- si.- continuò lei, cercando di convincerlo.- io potevo salvarlo, Jack! Potevo! Miller voleva sposarmi per farlo soffrire.. io potevo sposare Miller, sapevo quanto era potente e di ciò di cui era capace! Dovevo farlo!”

L’uomo sorrise, incredulo. “Evy è una pazzia.”

“No.. non è vero…”

 

 

“Evelyne- il suo nome, pronunciato da suo padre, Khun Smith, faceva sempre uno strano effetto, suonava come un eco.- la verità è che tu non lo ami abbastanza quel ragazzo!!”

Lei s’era infuriata, alzandosi di scatto. “Ma padre che cosa dite? È proprio perché l’amo che non potrei sposare mai quel buffone di Miller!”

Khun sbatté il pugno sul tavolo facendola sobbalzare. “ Non capisci, idiota! Se non lo sposi troverà un altro modo per vendicarsi e forse sarà meno indolore di questo!”

Evelyne aveva scosso la testa, incredula. “Indolore.. questo sarebbe indolore invece! Io dovrei rinunciare alla mia vita, alla mia felicità dunque! E voi lo chiamate indolore!”

“Saresti più felice con Charles morto, per caso?”

“Siete pazzo.”

Lo schiaffo era arrivato, puntuale. Evelyne dopo un primo istante aveva volto lo sguardo, ferita nell’orgoglio più che dalla mano del genitore.

“Sei solo un’egoista.- aveva ringhiato lui.- ma bada che te ne potresti pentire un giorno.”

 

 

“Evelyne..” cercò di tranquillizzarla.

“Ti prego non dire niente..- scoppiò di nuovo a piangere.- mio padre aveva ragione.. aveva ragione..” s’attaccò di nuovo alla bottiglia, disperata, facendo un altro sorso avido di rum.

“Non puoi pensare questo. Quello che è accaduto è una tragedia e tu non ne hai colpa!” urlò il pirata scuotendole le spalle.

Lei gli sorrise, ubriaca. “Punti di vista.- disse, con la voce un po’ alterata.- e adesso passami la bottiglia. Hai capito si o no che voglio ubriacarmi, eh?”

Jack aggrottò la fronte, poco convinto.

Lei la prese e dopo un sorso gliela porse. “Fammi compagnia. Non verrai a dirmi che ti sbronzi tutte le sere e questa che ho bisogno di te resterai tutto d’un pezzo, neh?” continuò appoggiata al bordo della nave.

Lui la prese, con un sorriso triste. 

Finirono tre bottiglie quella sera. 

Evelyne ne bevve due intere e alla fine rideva e piangeva lì, accanto a Jack. Il pirata per una volta stranamente sobrio, l’accompagnò nella sua camera mentre la giovane cantava e si dimenava urlando che voleva divertirsi non dormire.

Poi l’aiutò a spogliarsi e la mise a letto, dolcemente. Si sedette accanto a lei, vegliandola di nuovo finché avesse preso sonno, accarezzandole piano i capelli, senza dire niente.

I suoi occhi si persero nella visione di lei, di quella pelle così bianca da sembrare quasi porcellana finissima illuminata dalla luna, di quei capelli neri come la pece e dei suoi occhi ghiacciati che assomigliavano tanto al mare di prima mattina.

Quella visione lo turbò forse anche più di tutto il racconto della ragazza. Infondo si era sempre aspettato un qualcosa di estremamente burrascoso, altrimenti non l’avrebbe mai incontrata nelle segrete di Port Royal con in tasca un biglietto sola andata per la forca.

Jack distolse lo sguardo da lei che dormiva.

Quell’affezione morbosa che nutriva per l’inglesina gli trasmetteva un’ inquietudine che cresceva minuto in minuto quand’era in sua compagnia. Si accompagnava sempre ad uno strano magone e alla spiacevole sensazione di avere come le farfalle nello stomaco.. quell’arrogante aristocratica era da un po’ padrona indiscussa dei suoi sogni dove abitava sempre poco vestita, ma Jack si accorse che anche di giorno, se voleva, poteva dargli uno strano senso d’instabilità.

Con la destra le sfiorò i capelli allontanandoglieli dal viso, con un gesto così carezzevole che, stupito lui per primo di tutta quella romanticheria, ritirò velocemente la mano come se Evy fosse stata di fuoco.

Un po’ in difficoltà Jack si alzò e lanciandole un ultimo sguardo si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle.

Con un sospiro notò che sul pavimento c’era una bottiglia di rum mezza piena – e non mezza vuota! - abbandonata lì sul legno. Con un sorriso Jack pensò che probabilmente era una di quelle che Evy aveva cercato di portarsi di dentro ma che le erano scivolate di mano barcollando fino a lì.

“Ehi, darling. - disse con un sorriso che gli fece increspare le labbra.- ma che ci fai sola soletta..” si chinò a raccoglierla e la sollevò alta come per contemplarla, andando in contemporanea all’indietro con la schiena. “Naa niente paura. C’è lo zio Jack adesso qui con te..”

E continuando a parlare con la bottiglia si chiuse dentro la sua cabina dove vuotò la piccola trovatella e molte sue amichette, prima di cadere finalmente anche lui tra le braccia di Morfeo. 

 

 

 

 

 

 

To be continued..

Diomache.

 

  
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