[ Ciao a tutti
eccomi tornata! Vi avevo promesso delle modifiche a questo settimo capitolo in
merito alla morte di Charles che ricordava molto uno sceneggiato della Tv. Vi
giuro che c’ho lavorato molto e questo spiega la mia lunga assenza ma non sono
riuscita a trovare una soluzione che non mi permettesse di sconvolgere tutto
quanto, mi dispiace.
La verità è che
avevo immaginato quella scena – o qualcosa di simile.- sin dall’inizio della mia
storia e cambiarla è risultato impossibile.
Le vostre
recensioni mi hanno però convinto – e qui è stato semplicissimo.- a modificare
il finale dove descrivevo il Jack commosso. Rimuginandoci su ho pensato che
forse era poco appropriato e così ho apportato delle
modifiche.
Se vi va fatemi
sapere che questa conclusione è più idonea al personaggio.
Sto lavorando
al prossimo capitolo e vi giuro che non si farà attendere ancora per
molto!
Grazie a tutti
per le vostre recensioni, vi ringrazierò personalmente nel prossimo
aggiornamento!
Un
bacio!
Diomache.]
Ciao a tutti… eccomi qui con il settimo capitolo della storia. Mi spiace per il ritardo ma questo è un capitolo importante e ci tenevo a scriverlo bene.. spero d’ave fatto un buon lavoro naturalmente il giudizio finale sta a voi!
Grazie
mille a tutti coloro che hanno letto la storia e in particolare a chi ha
recensito:
Gaki:
grazie mille dei complimenti sono contenta che la storia ti sia piaciuta! È vero
a Jack &CO ne capitano sempre di tutti i colori… ma io ho un cuore tenero..
com’è gliela faccio sempre scampare!!!^^ ciao alla
prossima!
Sisya:ciao!
Grazie per i complimenti, sempre troppo buona! Io adoro Barbossa tuttavia questa
volta non ho potuto proprio fare a meno di fargli fare la parte del cattivane..
spero non si arrabbi troppo ;) grazie di nuovo spero che il capitolo ti
piaccia!
Johnny
Jack:
grazie! La mia
storia in libreria?! Mio Dio, non credo di meritare tanto!J
grazie davvero a presto!
Blak_Kisses: come
sempre sei troppo gentile!! no non ti preoccupare i complimenti non stancano
mai, anzi!^^ solo spero di meritarli! Sono straultrafelice che la storia ti
piaccia e spero che questo capitolo non faccia eccezione.. grazie davvero.. ti
auguro buone vacanze e spero che quando tornerai mi lascerai un commentino! Alla
prossima!
DJKela: ciao
Capitana! Te l’ho detto che le tue recensioni mi fanno morir dal ridere?! Sei
mitica.. grazie per i complimenti, me contenta che il cap ti sia piaciuto..
finalmente in questo troveremo le risposte riguardo Evelyne e riguardo il nostro
Charles che finalmente troverà una sua ragione d’esistere! Spero che ti
piaccia!^^
MellyVegeta:
grazie! Si Evelyne ormai è proprio persa di Jack e ne avremo le prove anche qui
quando per lui romperà il suo giuramento.. spero che il chap ti piaccia a
presto!^^
Christy:
ciao! E io non finirò mai di ringraziarti Christy! Sei troppo gentile, spero che la storia
continui a piacerti!
Kadma32:
ciao! Grazie sono contenta che Evelyne ti piaccia, io sono sempre stata un po’
titubante nei suoi confronti perché trovare una donna a Jack- nel senso una
donna che Jack possa amare.- non è affatto facile.. ma alla fine mi ci sono
affezionata anch’io, pensa un po’! ciao alla prossima!
Laura
Sparrow:
Innanzitutto Laura grazie davvero per la recensione e per i tuoi apprezzamenti
riguardo la storia; mi hanno fatto molto piacere. Passando alla parte destruens
(è una battuta^^): ti ringrazio di avermi fatto quelle annotazioni, riguardo
alla grammatica posso dire solo che mi dispiace, io leggo sempre due volte i
capitoli (a lavoro concluso intendo) prima di pubblicarli però qualcosa tanto
sfugge sempre^^.
Per
quanto riguardano le vele tigrate, si lo so che è una sciocchezza, anch’io
quando l’ho scritto mi sono messa a ridere. Pensavo di cambiarlo invece poi mi
sono detta lasciamolo, la gente si farà una risata con me! Parlando
dell’avvicinamento tra Evelyne e Jack invece (ammetto che l’espediente era
scontato, ma ero al primo capitolo ancora non sapevo bene come dirigere la
storia) io ho voluto che tra i due s’insinuasse subito –o quasi- un rapporto di
tipo fisico. Jack è abituato a trattare fisicamente con una donna ed Evelyne in
quel frangente non si sarebbe tirata indietro. Il problema per entrambi sarebbe
stato il dopo infatti scrivendo i capitoli seguenti ho voluto che entrambi
sentissero confusione, percepissero (soprattutto Jack) che quella non era stata
solo un’avventura ma che piano piano c’era di più.
Non si
è parlato mai d’amore, perlomeno non apertamente. Non so se magari scrivendo non
sono riuscita a renderlo a pieno, però il mio intento principale era quello.
Evelyne Mary Sue: rileggendo i capitoli mi sono accorta che hai ragione. Forse descrivendola l’ho elogiata troppo nel senso che sul suo aspetto fisico ho calcato un po’ la mano.. in questo cap ho cercato di essere più avara di complimenti… Per il fatto poi che se la sa cavare un po’ troppo quello l’ho voluto inserire perché a seguito della vita che ha fatto, sempre dietro al padre in un ambiente totalmente maschile, immaginavo che un po’ di denti e unghie dovesse esserseli fatti. Ma se anche qui ho esagerato mi dispiace, cercherò di migliorarmi. Beh, spero di essere stata esauriente, ci tengo a dirti che sei stata davvero utile e spero che mi dirai le tue impressioni per questo capitolo! A presto!^^
Lily
Sparrow: Ciao
Lily grazie mille per i complimenti.. ma certo che voglio pareri sinceri,
scherzi?! Ti rispondo subito: io l’ho fatto perché mi piaceva creare una specie
di continuità tra il mio scritto e il film, come se fosse un prequel in piena
regola (perdonami so che è banale..) non perché volevo copiare il film.. insomma
mi sembrava di dare ai miei personaggi uno spessore più realistico rispetto
quello che abbiamo visto al cinema.. ho pensato: l’ha detto con Will, perché non
anche con Evelyne? Grazie mille per la tua annotazione, sei stata preziosa..
prometto di fare di tutto per migliorarmi! A presto!^^
Apple:
amica mia, bentornata! Sono contenta che i capitoli ti siano piaciuti, sai
quanto tengo al tuo parere! Spero che anche questo chap ti piaccia.. a
presto!^^
Chantal: ciao
Chantal! Ma no, non mi hai affatto offesa, anzi, mi ha fatto molto piacere
sapere il tuo punto di vista a riguardo.. mi dispiace per le ripetizioni
cercherò di correggermi e farò del mio meglio anche per non far sembrare Evelyne
una super donna.. sì, in effetti il mio intento era di renderla forte per via
del suo difficile passato però non volevo affatto esagerare e mi dispiace se ne
sia uscito fuori un ritratto un po’ troppo irreale! Spero di essermi rifatta in
questo capitolo, grazie di nuovo!^^
Pure
plastic: ciao!
Grazie per i complimenti spero che questo capitolo ti
piaccia!^^
Isobel: ciao
Isobel e grazie mille per i complimenti, fanno sempre così piacere! Naturalmente
spero di meritarmeli anche per questo nuovo capitolo, fammi
sapere!!^^
Eleuthera: ciao
Ele, mi spiace per il ritardo.. ma alla fine eccoci qui. Grazie per i
complimenti, davvero, non so come farei senza di voi! Spero di non deluderti e
che la storia continui a piacerti io ci sto mettendo molto impegno, grazie
ancora!
Luluzza:
ciao!non preoccuparti se ti sei sbagliata a me pure capita un centinaio di
volte! ma no, voglio troppo bene ad
Evelyne per farlsa finire male, tranquilla, e poi dopo Jack chi lo sente se gli
faccio morire la compagna! Mi dispiace se i personaggi risultano frettolosi, io
a volte ho paura di descriverli troppo! Grazie mille, spero che recensirai anche
questo capitolo.. a presto!
Un
bacio
Buona
Lettura
Diomache.
Capitolo VII: My Past.
Era
buia quella grotta, più oscura di quanto tutti e tre potessero solo immaginare e
piena di fango. Più che fango avrebbero detto che si trattava di una sorta di
fiume sotterraneo che passava all’interno di quella cavità rocciosa, un fiume
melmoso che ritardava i loro movimenti, stancava le gambe di Evelyne ed
innervosiva non poco i due pirati
che vedevano così ridotte le loro possibilità di reazione in caso di
aggressione.
Jack
apriva la fila ed avanzava con la spada sguainata e gli occhi stretti, intenti a
catturare ogni minimo barlume di luce per poterlo utilizzare e rischiarare il
buio di quel luogo. I suoi occhi trovavano difficoltà ad ambientarsi e malgrado
non avesse per niente l’intenzione di dirlo, guidava il piccolo gruppo completamente
alla cieca.
Anche
Evelyne, dietro di lui, avanzava in netta difficoltà. La verità era che non era
affatto abituata a viaggi e a fatiche di quel genere ma era altrettanto vero che
era troppo orgogliosa per ammettere di essere esausta e chiedere al gruppo un
attimo di break. Così trascinava le gambe nel fango ormai giuntole all’altezza
delle ginocchia e tratteneva il fiato così che nessuno a parte lei sentisse il
suo respiro corto ed affaticato. Grazie a Dio era buio e non parlava nessuno,
così non si sarebbero notate le sue guance rosse dallo sforzo, né la sua voce
rotta.
Era
talmente concentrata nella sua marcia forzata che quando Jack interruppe
improvvisamente la camminata, gli andò sopra e ci mancò poco che non caddero
entrambi.
L’avvenimento
suscitò le reazioni di entrambi gli uomini: Barbossa alzò gli occhi al cielo,
scocciato, Jack sorrise, maliziosamente.
“Tesoro.- mormorò .- non mi pare il momento!” la prese in giro, godendo
nell’intravederla mentre girava lo sguardo da un’altra parte e si schiariva la
voce, in imbarazzo. Certo che quando voleva, sapeva proprio essere adorabile.
“Deficiente.”
.. in
effetti.. solo quando lo voleva sul serio..
“Beh,
che cosa c’è?” domandò Barbossa, inquieto, puntando la spada su un punto
imprecisato davanti a lui. “Perché ci siamo fermati?” ma la voce gli si fermò in
gola quando vide che l’oscurità si stava finalmente facendo meno fitta ed
incominciavano ad intravedere il fondo della caverna e le sue pareti rocciose.
“Allora.-
iniziò Jack con un sorriso.- dato che siamo ad un tanto così dal raggiungimento
del nostro diamantino, mi aspetto che ognuno di voi faccia il possibile affinché
il suddetto raggiungimento risulti raggiungibile.- i suoi occhi cioccolato si
puntarono specialmente su Evelyne.- comprendi?”
Lei
provò a protestare ma lui le diede la sua spada. “Guardaci le spalle. Io e
Barbossa andiamo avanti.”
“Io..-
sospirò.- io non so maneggiare la spada.” Confessò la giovane con un’aria un po’
colpevole.
Barbossa
sorrise, come se avesse ottenuto una sorta di rivincita e, rintraccialo lo
sguardo di Jack sembrò dirgli. “ L’avevo detto io.”
Sparrow
fece un sorriso un po’ tirato e si riprese la spada. “Il pugnale allora.- lei
negò, di nuovo.- il fucile?”
Se era
stata sincera e dispiaciuta fino a quel momento, qui arrivò invece il momento
della menzogna. “Nemmeno. Mi spiace.”
Se
l’avesse sentita suo padre sarebbe scoppiato a ridere.
Evelyne
Smith che non sapeva sparare?
Sentirono
improvvisamente un rumore strano, dal fondo della grotta, una sorta di rantolo,
un ruggito cupo ed agghiacciante che gelò il sangue nelle vene anche ad un duro
come Barbossa. Fu proprio
quest’ultimo ad intervenire, con un accento palesemente acido e sbrigativo.
“Bene,
Miss, dato che non siete di utilità alcuna, aspettate buona qui- rise.- se ci
siete ancora, al nostro ritorno vi unirete a noi.”
La
ragazza sbiancò e cercò rifugio nello sguardo di Jack che borbottò. “Certo che
ci sarà ancora.- si guardò intorno, come in cerca di qualcosa, poi finalmente
trovò ciò che gli serviva in quella melma fangosa dove galleggiavano decine di
oggetti- tieni. Colpisci forte.”
La
giovane osservò il vecchio remo che il pirata gli aveva tirato tra le braccia.
Quest’ultimo gli fece segno d’accovacciarsi ad un lato del fiume ed Evelyne
obbedì, seppur incerta, e si inginocchiò a lato, dove, coperta dal fango e
dall’oscurità, sarebbe stata più al sicuro.
Tuttavia,
mentre i due pirati avanzavano, si sentì prendere dalla paura e tentò di
chiamarlo. Ma lui non la sentì e non si voltò come invece lei avrebbe voluto,
scomparendo in pochissimo tempo
dalla sua visuale.
-o-
Barbossa
e Jack avanzavano da diversi minuti con la spada sguainata e i volti concentrati
quando sentirono di nuovo quello strano rantolo, dal fondo della caverna. Si
fermarono in contemporanea e incrociarono i loro sguardi, attoniti. Poi,
simultaneamente , ripartirono con la destra e, parallelamente, continuarono la
loro marcia verso l’ignoto e quel rantolo spaventoso che faceva rizzare la pelle
d’oca ad entrambi. Piano piano la grotta diventava sempre più luminosa a causa
della presenza di sporadiche torce che bruciavano ai lati rocciosi dell’ambiente
e che rischiaravano ai due il cammino.
Giunsero
in breve al capolinea.
La
grotta finiva lì, con un’enorme parete di roccia bianca, liscia come marmo. “Ah
eccolo qui..” mormorò Jack con un
tono divertito ed intenerito che s’utilizzerebbe più appropriatamente con un
bambino, più che con un diamante.
E
infatti il diamante di cui Tia Dalma gli aveva parlato era lì, davanti a loro,
in una piccola bacheca di vetro incastonata nella roccia. “E allora che
aspettiamo?” domandò arrogantemente l’altro. “prendete il diamante ed
andiamocene, abbiamo perso fin troppo tempo.”
“Non
mi sembra una grande idea, Barbossa.- protestò Jack lisciandosi i baffi.- prima
quel ‘rumorino’ non l’ha certo fatto un gattino che dorme nel cesto di
vimini.”
“Un
motivo in più per prendere celermente il diamante e tagliare la corda,
no?”
Poco
convinto Jack mosse passi insicuri verso il diamante, tendendo l’orecchio alla
ricerca di qualsiasi rumore sospetto.
Niente.
Tutto
sembrava tacere e nella grande grotta non vi era altro rumore se non quello dei
loro respiri e dei loro passi lenti, trascinati nel fango.
Giunse
alla bacheca e vide finalmente da vicino il diamante di Tia Dalma. Era grande,
tanto che un pugno lo avrebbe occupato a fatica e di un colore davvero
abbagliante. Era protetto da una piccola bacheca di vetro ma incastonato nella
roccia. Jack mise mano alla piccola bacheca, cercando di tirarla via. Ma i suoi
primi sforzi furono vani, non sembrava affatto volersi muovere da lì.
Sorrise e con un sguardo
determinato si mise a tirarla velocemente con scatti in successione, senza
ottenere nient’altro se non gli sbuffi e gli sguardi ironici di Barbossa.
“E va
bene.- borbottò quindi il capitano.- vuoi le maniere forti, eh?” estrasse la
pistola e dopo essersi coperto il volto con un braccio sparò sul piccolo
contenitore che andò in frantumi.
“Les
voilà.” Disse
poi contemplando quella meraviglia di diamante, incastrato nella roccia.
Ah,
sarebbe stata una parola prenderlo, adesso.
Allungò
la mano verso il diamante ma la fermò prima ancora di toccarlo, notando che
intorno al gioiello c’erano delle crepe sulla roccia, come se la parete si fosse
mossa.
Crepe
che non c’erano prima.
“Che
diavolo succede ora?” domandò prepotentemente l’altro incrociando le
braccia.
“Il
diamante si è mosso.” Rispose Jack, concentrato sul gioiello dalle sfumature
azzurre.
“Oh e
allora qual è il problema? Sarà più facile da togliere.”
Sparrow
si voltò verso di lui, scettico. “Da che mondo è mondo, i diamanti non si
muovono. Non è normale.”
Barbossa
sospirò, mani ai fianchi. “Da che mondo è mondo, tutto ciò che riguarda Tia
Dalma, non è mai stato normale.”
Anche
questo è vero, pensò Jack ritornando a fissare il diamante, avanzato
notevolmente verso l’alto, lasciando una profonda spaccatura nella roccia. Si
voltò di nuovo verso Barbossa. “Visto?”
Quest’ultimò
roteò gli occhi. “Vogliamo prenderlo prima che continui la sua passeggiata verso
il soffitto??”
Jack,
per nulla convito ma costretto dalle circostanze, allungò la mano per prenderlo.
Ma non appena le sue dita incontrarono la superficie dura e liscia del diamante
accadde l’impensabile.
Lì,
proprio sotto al gioiello la pietra si spaccò e dal muro fecero capolino due
occhi grandi e violacei puntati dritti dritti sull’uomo che aveva osato
commettere il sacrilegio.
“Oh
mannaggia.” Mormorò l’uomo mentre la parete piano piano si sgretolava ed
emergevano, sotto gli occhi attoniti di entrambi le fattezze di un’enorme Idra a
nove teste che ruggiva nello stesso
terrificante modo che avevano già avuto occasione di ascoltare, arrivando.
I due
si gettarono a terra per ripararsi dalle pietre e solo quando sentirono il
mostro ruggire di nuovo ebbero il coraggio di alzare lo sguardo, per osservarlo
di nuovo.
“Lo
sapevo.- mormorò Jack.- lo sapevo che non era un gattino.”
“Odio
la mitologia.” Ghignò Hector Barbossa mentre i suoi occhi incontravano lo
sguardo famelico di solo una delle nove teste del mostro. Era enorme, grande
quasi tutta la volta e, almeno dal modo in cui ruggiva, si, doveva essere
davvero molto affamata.
“Ehilà,
bestiolina.” Sorrise Jack con uno sguardo poco convinto notando che il diamante
era incastrato nella fronte della testa centrale. “ Se c’è qualcos’altro che
dovremo sapere sulla mitologia greca, Barbossa, questo è il momento per
rendercene partecipi.” esclamò il capitano verso il primo ufficiale.
Questi
alzò le spalle. “La testa centrale dovrebbe essere immortale.” Disse sguainando
la spada.
“Dovrebbe?”
L’uomo
rise mentre una delle teste avanzava verso di loro con le fauci aperte. “ Lo
proviamo subito, arr!”
Un
movimento veloce, secco e la settima testa crollò nell’acqua davanti ai piedi
del pirata e poi la stessa sorte toccò alla sesta, avanzata in avanti verso
Jack. Il mostro sembrò placarsi, fece due passi all’indietro, sotto lo sguardo fiero dei due uomini
che fissavano i due colli monchi.
“Questo
è il piano.- iniziò il capitano.- taglio delle teste. Anche quella immortale.
Tanto le tue notizie non sono attendibili.”
Barbossa
non fece nemmeno in tempo a replicare che un nuovo, preoccupante, ruggito
dell’Idra lo costrinse a voltarsi. I due colli monchi si stavano muovendo
convulsamente, impazziti, e così fecero finché, sotto i loro occhi, non
spuntarono fuori due nuove teste, una più agguerrita dell’altra, per ogni collo.
In tutto quattro. Quindi
undici.
Ruggirono
tutte insieme, rinvigorite, provocando talmente tanto vento che mossero i
vestiti dei due uomini e fecero volar via il cappello del capitano. “Ah vuoi il
gioco, duro, eh, dannato mostro..” rimbrottò questo, voltandosi un macrosecondo
all’indietro.
“Penso
che il piano sia da rivedere, capitano” sussurrò Barbossa tenendo gli occhi
puntati sul mostro.
“Concordo.”
L’Idra
attaccò di nuovo.
-o-
Quell’ennesimo
enorme ruggito fece sobbalzare Evelyne Smith, rannicchiata ancora nel buio, con
un fucile ed un remo in mano, spaventata, sola e a mollo in quell’acqua putrida.
Si coprì le orecchie con le mani per evitare di sentirlo di nuovo ma nulla, quel
rumore straziante sembrava superare ogni barriera ed infilarsi nel suo animo,
facendola vibrare di terrore.
Piano
aprì gli occhi, sospirando e chiedendosi che fine avessero fatto Jack e Barbossa
e se magari avevano bisogno di lei. Le venne quasi da ridere. Due pirati che
avevano bisogno di una ragazzina viziata che non sapeva nemmeno tenere in mano
una spada?
Si
portò una mano tra i capelli bagnati da un’onda che prima l’aveva travolta quasi
completamente. Non solo non sapeva tenere in mano una spada ma ciò che sapeva
meglio fare, come sparare, s’impediva di compierlo, bloccata dal suo passato e
da quel giuramento, tempo fa.
Un
nuovo spaventosissimo fragore la fece sobbalzare ancora. Perse l’equilibrio e
cadde in avanti, in quella schifosissima acqua scura. Si puntellò con le braccia
al suolo del fiume, sospirando. Alzò lo sguardo. Non poteva stare ancora lì, a
fare niente.
Infondo
aveva comunque il remo, no?
Si
alzò di scatto, lasciando tuttavia il fucile in spalla e corse in avanti,
lottando contro la propria stanchezza e contro il fango che minimizzava tutti i
suoi sforzi. Giunse finalmente nel
fondo della grotta e si fermò di scatto, incredula di fronte allo spettacolo che
le si parava di fronte.
Mio
Dio, non poteva essere vero.
Un’enorme
Idra con decine e decine di teste fameliche combattevano contro Jack e Barbossa
i quali si difendevano dai loro continui attacchi a colpi di spada che si
infrangevano contro quegli enormi denti aguzzi.
“JACK!”
urlò, in preda al panico, stringendo febbrilmente il remo tra le mani e
facendosi piccola piccola di fronte a quel mostro immane che pensava potesse
esistere solo nell’universo ristretto delle pagine di un libro.
Il
capitano si voltò verso di lei con un sorriso che si sforzava di essere
rasserenante. “Tutto bene tesoro.- disse parando il morso di una testa e
sventando l’attacco di un’altra.- è tutto perfettamente sotto
controllo!”
“S..sicuro?”
mormorò lei, impaurita.
“Miss,
mancavate giusto voi!- la voce ironica di Barbossa gli giunse un po’ affaticata
in realtà. Anche lui era molto impegnato.- sapete essere più fastidiosa di
un’Idra greca.”
Lei
inclinò il volto di lato. “Ma non dovevano essere nove le
teste?”
“Sì.
Ditelo al vostro capitano.- protestò Hector, furioso.- non ha fatto altro che
decapitare da mezz’ora a questa parte.”
“Io???-
esclamò l’altro, inorridito.- ci sto attentissimo, io.” Ma non aveva nemmeno
finito di parlare che sbagliò un colpo e ne troncò un’altra da cui spuntarono
subito due nuove teste assetate di sangue.
Tutti
e tre ammutolirono.
“ottimo
lavoro.” disse quindi Evelyne con una buona dose di sarcasmo. Ma la sua ironia
durò ben poco. Non passò molto infatti prima che l’Idra s’accorgesse anche di
lei. Una delle trenta teste la scrutò con i suoi occhi biechi prima ancora che
potesse anche solo pensare di nascondersi. Se la vide arrivare ad un centimetro
dal naso fino quasi sentirne l’alito putrido e Dio solo sa quanto deve
ringraziare suo padre, se ebbe la prontezza di colpirla con il remo prima che
s’avvicinasse di più. Tutti i suoi esercizi per evitare gli schiaffi erano
serviti dunque.
“Dov’è
il diamante?” domandò poco dopo mentre giostrava con un paio di testoline.
“Al
centro della testa centrale.- urlò Jack per farsi sentire.- oops.” Disse notando
l’ennesimo collo fumante che faceva un tuffetto in acqua.
Trentadue..
“Ah,
sant’Iddio.”
Evelyne
intanto diede l’ennesimo duro colpo alla bestia poi, individuato un angolo della
grotta che rimaneva lontano e piuttosto isolato, corse a perdifiato verso
quello, rannicchiandosi in ginocchio e chiudendo gli occhi. Controllò che l’Idra
non l’avesse scoperta ed iniziò a pensare ad un modo per togliersi da quella
situazione. I suoi occhi scrutarono bene il diamante al centro della fronte
spavalda della belva.
Le sue
riflessioni furono interrotte dalla voce di Jack che urlava a Barbossa.
“Proviamo a spararle in mezzo alla fronte!”
“E
come, di grazia?- rispondeva l’alto, furente.- mi sembra che siano
sufficientemente occupati!”
La
ragazza sospirò fissando il fucile.
Sparare.
Sparare
era l’unica cosa che l’aveva sempre avvicinata a suo padre, l’unico argomento di
cui potessero discutere insieme. Aveva provato ad insegnarle tantissime cosa ma
l’unica che lei avesse imparato sul serio era proprio quello. Era un tiratore
ormai e c’aveva preso un certo gusto nel fare sempre centro anche se a tanti
metri di distanza.
Ma da
quel giorno, quando aveva deciso di fare centro nel petto di un uomo, di
quell’uomo, da quando aveva visto il corpo di Kevin Miller cadere
giù, sotto il suo colpo, aveva giurato a se stessa che non sarebbe ricapitato
più per nulla al mondo. Aveva giurato che MAI avrebbe sparato di nuovo.
Mai
giurare in eterno, sugli angeli del paradiso o su qualsiasi altra cosa.
Perché
i giuramenti si interrompono.
Non
importa con quanta devozione li facciamo, non importa quanto siamo determinati.
Arriva
un momento in cui capiamo che continuarli non ha senso.
E in
quel momento accadde.
Evelyne
alzò lo sguardo, indecisa, confusa e capì quello che doveva fare. Lo capì con
certezza quando vide Jack a terra, nella melma e tre bocche davanti a lui con le
fauci aperte. Si scansava di scatto per evitare i loro attacchi con la spada
ridotta a metà a causa probabilmente di un morso troppo violento.
E lì
Evelyne capì. Capì che continuarlo non solo non aveva senso ma che avrebbe
costituito per lei un nuovo dolore. Non poteva permettere che facessero del male
a Jack, non poteva.
Staccò
la spina del cervello e prese convulsamente il fucile, lo impugnò come tante
volte aveva fatto e mirò sulla testa centrale quella dove brillava quel dannato
diamante. Sentiva il cuore fremere nel petto e si stupiva nel sentire
parallelamente le sue mani invece così rigide, così ferme.. lucide.. come quelle
di un’esperta. Come quelle di un’assassina.
La
testa si muoveva, ringhiava ed era parecchio lontana non solo molto alta.
Serrò
forte il fucile e restò in apnea, come faceva sempre, quindi strinse le labbra e
premette forte il grilletto. Lo sparo arrivò preciso come mai aveva fatto.
L’Idra
iniziò ad avvinghiarsi su se stessa, le teste lasciarono stare Jack e Barbossa e
iniziarono ad agitarsi. In quel muoversi convulso Evelyne vide bene qualcosa
precipitare dall’alto, come un proiettile ed affondare nel fango a pochi metri
da lei.
Corse
e affondò il braccio. Con la sua mano riemerse il famoso diamante di Idra. Non
riuscì a tenerlo in mano che pochi istanti perché, incredibilmente, era
bollente. Con un piccolo sforzo riuscì a metterlo in tasca.
Non
fece in tempo ad alzare lo sguardo che si sentì prendere per un braccio.
“Muoviti!” era Jack che la trascinava in piedi. “Avanti!” le ringhiò contro
Barbossa precedendola. Lei non ci pensò due volte anche perché l’Idra, impazzita
dal dolore, aveva preso a correre vorticosamente verso di loro con tutte e
trentadue le teste assetate del loro sangue.
Tirando
fuori tutta la grinta di cui erano in possesso giunsero fuori dalla caverna e
poi fino alla loro barchetta di legno e benché ormai la belva non li inseguisse
più, Barbossa remò come un dannato senza riprendere fiato, almeno non finché non
giunsero davanti alla catapecchia di Tia Dalma.
E fu
lì, con il fiato ancora corto e davanti alla porta invecchiata di quella capanna
che lei e Jack trovarono il tempo e il coraggio di lanciarsi un lungo sguardo.
Uno sguardo intenso e carico quasi d’attesa. Barbossa spinse la porta ma lei
fece un passo indietro ancora scossa per quello che era successo, per quello che
aveva fatto.
Infilò
una mano nella tasca ed estrasse il gioiello ancora molto caldo, consegnandolo a
Jack. “Io vi aspetto fuori.”
Jack
avrebbe voluto replicare ma vide bene lo scompiglio negli occhi di lei e non
disse nulla. Annuì e, accompagnato da Barbossa, entrò.
-o-
Ce l’aveva fatta. Finalmente.
Era
sua. La sua adoratissima bussola finalmente era sua, finalmente poteva
osservarla nel palmo della sua mano, con il suo ago magico che l’avrebbe guidato
ovunque avrebbe desiderato andare.. per cominciare all’isola introvabile se non per
chiunque non sappia già dove sia. All’Isla de Muerta e al tesoro di Cortes.
Avevano
già stabilito la rotta e adesso la Perla dormiva della grossa anche perché
l’ultima impresa era stata faticosa e i suoi uomini, lui compreso, si erano
presi una buona nottata di sonno, senza nemmeno il consueto appuntamento con il
rum.
Saliva
le scale con un sorriso sornione dipinto sul viso mentre i suoi occhi fissavano
quell’adorabile magico pezzo di metallo. Decise di fare una prova e mentre il
fresco vento notturno agitava i suoi abiti da pirata, osservò che dopo un buon
giro l’ago incantato di quella bussola stregata puntava dritto davanti a lui e
non più a nord, come prima.
Alzò
lo sguardo.
Evelyne.
Era
appoggiata al bordo della nave con i capelli sciolti e sconvolti dal vento,
aggrappata al legno e silenziosa nel deserto ponte della Perla. Mise la bussola
al proprio posto sebbene la voglia di giocarci ancora fosse forte e si avvicinò
a lei, ricordando il suo sconvolgimento poco prima. In quel momento, come in
molti altri, aveva dovuto fare il capitano, lasciarla un po’ da parte e fare il
suo dovere.
Ma
adesso non era necessario. Si appoggiò alla ringhiera accanto a lei e la trovò
con le guance lucide di pianto ed ancora un po’ tremante. Sorrise e le porse la
bottiglia di rum che aveva- come sempre.- nella sinistra. Evelyne girò gli occhi
verso di lui passando lo sguardo da lui alla bottiglia.
Poi la
prese.
Sotto
lo sguardo stupito del pirata ne fece un buon sorso, tossendo per diversi minuti
subito dopo. “ Niente paura.- la tranquillizzò lui.- è normale la prima volta.
Basta un altro sorso per stare subito meglio.”
La
giovane lo prese subito in parola avvicinando di nuovo la bottiglia alle labbra.
Fece
per fare un terzo sorso ma questa volta, un po’ preoccupato, Jack la fermò. “
Evy.- sussurrò.- non eri tu quella che odiava il rum?”
Lei lo
fissò, gli occhi ancora traboccanti di lacrime. “Evy- ripeté- carino Evy.- sorrise.- dammene un altro
po’.”
“Ti
piace allora.” Riprese, pieno d’orgoglio.
“è la
cosa più orrenda che abbia mai bevuto.- confessò.- ma voglio ubriacarmi questa
sera. Non riuscirei a dormire adesso.” si asciugò le guance con il palmo della
mano e tirò su con il naso. Lui sorrise, intenerito, come se avesse vicino una
bambina spaventata. E forse lo era.
“Non
vale la pena dimenticare tutto per una sola notte, non ti
pare?”
Lei
abbassò lo sguardo. “Voglio solo distrarmi. So che non potrei mai dimenticare né
Charles.. né tutto il resto. Non più ormai. Questa storia mi ha cambiata troppo.
Dimenticare tutto sarebbe come rinunciare ad una parte di me.. quella che sono
stata, quella che sognavo d’essere infondo. E non è
giusto.”
Jack
annuì faticando a tenere a bada la curiosità. “ E… non avresti voglia…- incontrò
i suoi occhi e subito fece un passo indietro.- anche non adesso per carità.. di
parlarne.. per esempio.. un giorno..?”
Lei
sorrise e gli prese la mano. Quella stretta fece quasi paura al pirata… era
delicata, morbida eppure così determinata, così disperata come quella di un uomo
che in mezzo all’oceano si aggrappa ad una fune. Il dolore un po’ lo spaventava
ma trovò il coraggio di sorriderle.
Evy
prese qualcosa dalle tasche e glielo mostrò. Era il corallo. “è bellissimo.-
disse con voce morbida.- grazie.”
Lui si
limitò a rispondere al sorriso poi le accarezzò il viso, con il palmo della
sinistra mentre lei continuava, improvvisamente vogliosa di sfogarsi ed allo
stesso tempo troppo impaurita per farlo.
“È
giusto che tu lo sappia.” Le era stato vicino senza chiedere nulla, senza
giudicare, senza parlare. Addirittura non le aveva nemmeno sottolineato.- come
avrebbe invece potuto.- il fatto che avesse sparato quando gli aveva detto che
non ne era capace.
“Io
sono orfana di madre.- iniziò con il cuore in gola e il fiato corto e Jack si
impegnò ad ascoltarla a fondo, come forse non aveva mai fatto con nessuno.- sono
cresciuta con mio padre che militava nell’esercito. Di tutte le cose che lui
avrebbe voluto impararmi so solo sparare.- sorrise, sentendosi un po’ in colpa.-
mi dispiace d’averti mentito…”
Sospirò
e proseguì. “Conobbi Charles a quattordici anni. Lui ne aveva venti, faceva il
soldato e non mi sopportava. Ero una bambinetta che gli stava sempre addosso e
non ne poteva più di avermi tra i piedi.- sorrise.- poi quando ebbi io diciotto
anni e lui ventisei.. allora diciamo che era lui a starmi sempre tra i
piedi.”
Jack
sorrise, malizioso.
“Tranquillo
non intendo farti venire le carie ai denti della serie: quanto l’amavo e quanto
mi amava… - i volti di entrambi si incrinarono al sorriso.- ma anche se ti
sembrerà terribilmente banale.. io ho seriamente creduto che lui fosse l’uomo
per me.”
Jack
trovò la forza per intervenire. “Non lo è.- disse con voce roca.- non è banale..
Evelyne..” *Perché anch’io penso che tu sia la donna per me* ovviamente si curò
che l’ultima parte rimanesse ad uso esclusivo dei suoi pensieri e non passasse
per al bocca.
Il suo
sguardo era un tacito grazie, mentre continuava. “Poi arrivò lui: Kevin
Miller.”
“No,
non dire niente.- l’interruppe il pirata - il classico prepotente di turno,
ricco e perdutamente innamorato della donzella in
questione.”
Rise.
“Più o meno.”
“Evelyne..- Kevin Joseph Miller le baciò il palmo della mano, sorridendole.- è Evelyne vero?”
Lei
inarcò un sopracciglio e sfilò via la mano. “Smith prego. Per voi è ancora Miss
Smith.”
“Ancora.-
sottolineò lui avvicinandosi.- conto di chiamarvi Evelyne per il prossimo
mese.”
La sua
risata argentina si era diffusa nel piccola tenda militare a quel punto.
“Siete
un po’ troppo speranzoso, Mr Miller. Mi chiamerà Evelyne solo mio
marito.”
Lui
aveva appoggiato il volto al palmo della mano.
“Appunto”
“Solo
che Kevin non era interessato a me. Né ai miei soldi. L’unica cosa che lui
voleva era Charles.”
Jack
sgranò gli occhi, incredulo.
“No,
che hai capito.- riprese lei, aggiustandosi i capelli dietro le orecchie.- lui
odiava Charles. Lo voleva semplicemente distruggere. Sapeva che sposare me
l’avrebbe reso felice e così decise che non sarebbe dovuto
accadere.”
“E
come mai il nostro Kevin era così simpatizzante verso
Charles?”
“Vendetta.
Charles denunciò al comandante suo fratello, John Miller, per truffa e frode
allo stato. Un’onta imperdonabile per la famiglia Miller che chiese un migliaio
di volte a Charles di non farlo, promettendogli anche dei soldi in cambio.-
sospirò.- ma lui era… onesto. Lo denunciò. E Kevin gli promise che gliel’avrebbe
fatta pagare.”
“Charles
non poteva.. che ne so.. farsi trasferire altrove? Tu potevi seguirlo
e..”
Evelyne
appoggiò il mento sui palmi delle mani. “Già. Potevamo.”
C’era
poca luce in quella camera e i raggi soffusi del sole pomeridiano filtravano tra
tende di seta e irradiava i letto a baldacchino di soffice velluto rosso conferendo alla stanza un’aurea di
penombra quasi surreale. Lì con il viso affondato tra coperte di lino e cuscini
ricamati, c’era lei con un sorriso un po’ appannato, gli occhi lucidi e lo
sguardo languido e sereno.
“Vai
già via?” mormorò la giovane accarezzando il palmo della mano dell’ufficiale,
guadagnandosi così il suo sguardo, sorridente ed innamorato.
Aveva profondi occhi marroni, Charles, di quegli occhi che dicono tutto di una persona, rispecchiano la loro bontà, la loro fedeltà ed ingenuità a volte.
Era un
bel ragazzo e nonostante fosse più giovane di James –suo fratello.- di quasi due
anni, la somiglianza con il futuro Commodoro della Flotta Britannica era
impressionante. Se non fosse che James era un po’ più alto, da lontano perfino
Evelyne li avrebbe confusi.
“Devo.-
mormorò lui, chinandosi per baciarle la spalla.- l’esercitazione inizierà tra
poco e non posso arrivare tardi, lo sai. Un minimo passo falso e Miller mi
spedisce a militare in Scozia.”
A quel
punto la ragazza si era alzato di scatto dal letto, infervorata. “Perché
dovrebbe essere un danno tutto questo? Per me sarebbe una
benedizione!”
L’uomo
sorrise, divertito. “Ti piace la Scozia, amore mio?”
“No.-
urlò lei, arrabbiata. Ma perché non la prendeva mai sul serio??- andiamocene
Charles.- lui aggrottò la fronte.- ti prego dammi retta. Possiamo andare
lontano, sposarci ed avere una famiglia lontano da quell’essere immondo di
Miller.”
Lui le
accarezzò il viso, sospirando. “La nostra casa è qui, Evelyne. È qui che voglio
vivere ed è qui che vuoi vivere anche tu.”
“Io
voglio vivere con te.- riprese la donna.- non importa dove. Ti
prego.”
L’uomo
negò, deciso. “Non permetterò che quell’uomo sconvolga le nostre
vite..”
“Ma..”
“..
Noi andremo avanti.- attese che lei facesse silenzio.- come se nulla fosse.
Prima o poi si dimenticherà di me.”
“La
tua risolutezza ti rovinerà, Charles.”
“E la
tua mi farà fare tardi all’esercitazione.- come sempre, il suo tono era
scherzoso.- a dopo.” le baciò le labbra ed uscì velocemente dalla tenda dopo
essersi girato due volte a guardarla.
“Avete mai ricevuto.. minacce concrete da questo tizio?” domandò quindi Jack facendo un sorso di rum. Lei gli prese la bottiglia dalle mani e contro le sue proteste fece un altro sorso.
Poi rimase senza fiato per diversi minuti, scoppiò a ridere e riprese a parlare, un po’ a fatica. “Oh Dio..- disse con la gola che le bruciava.- si… diverse volte. Visto che non era riuscito a sposarmi né convincendo me, né convincendo mio padre, aveva deciso di far finire Charles in prigione.”
“Addirittura.”
Lei sorrise, malinconica. “Miller era potente, poteva farlo. Ma noi avevamo James dalla nostra.”
“James?”
“James Norrigton, fratello di Charles. Nonché futuro
commodoro.- spiegò la giovane.- Miller lo incastrò ma riuscimmo a dimostrare la
sua innocenza e non accadde nulla. Finché…”
“Finché..” lui l’incitò a proseguire, intrigato.
Lei strinse più forte la sua mano a quel punto.
“Finché non ci sposammo.”
“Sei bellissima Evelyne..” Josephine, sua cugina, le
gonfiava il velo e le sistemava il vestito, mentre la ragazza stava seduta di
fronte allo specchio con lo sguardo languido e perso a rimirare la sua immagine.
Sorrise, dolcemente, attanagliata dall’ agitazione di quel giorno tanto atteso e
finalmente arrivato.
“Sei davvero magnifica. Charles rimarrà estasiato e in
Chiesa creperanno tutti d’invidia, Miller compreso.”
“Non parlarmi di lui.- la voce di Evelyne si era subito
incrinata.- oggi è un giorno speciale non voglio nemmeno sentirlo nominare. E se
non ci sarà, sarà anche meglio.”
“Oh, non verrà di sicuro. Oggi è giornata di
caccia.”
Evelyne aveva a quel punto gettato un occhio fuori dalla
finestra. “Il tempo volge al peggio.. speriamo che vada a cacciare comunque. Oh,
speriamo che non piova, Charles mi deve venire a prendere a
cavallo!”
“Signorina!- sentì la voce di una serva che si era
appena affacciata alla porta.- signorina, mi hanno detto che hanno visto un
cavallo in avvicinamento.”
La giovane sorrise, esaltata. “Charles.” Sussurrò
scattando subito in piedi e fiondandosi alla porta.
Stette ad aspettare Charles diversi minuti, in piedi, di
fuori sulla cima della grande rampa di scale, attendendo quel cavallo al galoppo
che invece non arrivava mai.
Sentirono improvvisamente un tuono lontano e una grande
folata di vento freddo scompigliò il vestito e i capelli della sposa e degli
ospiti.
Josephine, al suo fianco osò infrangere quel silenzio carico d’attesa. “Evelyne
rientra. Sta per piovere, ti rovinerai il vestito.”
La ragazza invece si voltò di scatto verso il padre
“Padre, mi era stato detto che avevano visto..”
“Si. È vero.- la sua voce era austera, come sempre.-
l’ho visto anch’io dalla torre. Rientra, sarà qui a minuti.”
“Evelyne.” Sentì improvvisamente la stretta di Josephine
sul suo braccio e si voltò di scatto sentendo in concomitanza i rumori di un
cavallo al galoppo. “Charles!” esclamò vedendo il cavaliere entrare nel
complesso della villa.
Ma il suo sorriso scemò subito quando il cavallo
s’arrestò di fronte alla grande rampa di scale e tutti videro bene che il
cavaliere era aggrappato all’animale per non cadere. Non fecero in tempo a dire
e fare nulla perché non appena il cavallo si fermò Charles Norrigton cadde di
lato finendo nella polvere. Il cavallo corse via e finalmente Evelyne trovò il
coraggio di urlare. “Charles!!!” si fiondò per le scale rischiando d’inciampare
decine di volte poi s’accasciò su di lui mentre la pioggia batteva insistente su
di loro.
Sentiva il cuore andare in frantumi mentre si gettava su
di lui, in lacrime. “Charles,
amore moi.. che è accaduto.. come ti senti…?”
Lui aveva sorriso, come sempre. “Mille.- parlava a
fatica.- mille.. domande.. insieme.. come sempre…”
Lei aveva riso, tra le lacrime. “Chiamo un
dottore.”
Ma lui l’aveva fermata, prendendole forte la mano. “Ti
prego non andare.. non mi rimane molto.. rimani con me..- le aveva mostrato il
petto oltrepassato da una pallottola.- rimani qui..”
“Miller..- sussurrò lei, in ginocchio, con i capelli e
il vestito bagnati da quella pioggia torrenziale.- è stato lui,
vero?”
“Ti prego non pensiamo a Miller… stammi vicino,
Evelyne.”
“Ma tu non morirai!- la sua tenacia lo fece sorridere.-
ti giuro io voglio sposarti tu non morirai, non puoi morire, Charles! Abbiamo
troppe cose da fare insieme.. non abbiamo vissuto niente della nostra vita,
amore mio..”
“Sei.- l’aveva guardata, pallido, con le labbra violacee
e il sangue che gli bagnava il petto.- sei..”
“Un dottore!- gridò lei, disperata.- padre chiamate un
dottore, presto!”
“Sei ..- continuò Charles, aggrappato alla sua mano.-
una sposa bellissima..”
I suoi occhi rimasero fissi, poco dopo, le sue labbra
aperte, senza più voce, e la sua stretta divenne inconsistente finché non lasciò
completamente la mano della ragazza.
Il cielo
tuonava forte e la pioggia scendeva fitta come le lacrime dagli blu della
ragazza.
“No.. -sussurrò, incredula.- Charles, rispondimi.- lo
scosse diverse volte.- Charles.. NOOOOOO!”
Iniziò a gridare attaccata al corpo di lui, sporcandosi
del suo sangue che ormai non usciva più, aggrappata a quell’uomo che tanto aveva
amato e che non avrebbe avuto più. I domestici e sua cugina l’affiancarono
subito dopo, suo padre distolse lo sguardo per nascondere le lacrime.
Evelyne restò a piangere e gridare sul corpo di Charles
per diversi minuti e quando finalmente riuscirono a distoglierla dovettero
sorreggerla in tre per portarla dentro.
“Miller quel giorno ha ucciso anche me.” Continuò Evy facendo un nuovo sorso dalla bottiglia di rum. Jack sospirò e le accarezzò nuovamente il viso. “Non hai trovato un modo per incriminarlo?”
Lei scoppiò a ridere di rabbia, aiutata anche dall’alcool. “Era a caccia, capisci? A caccia! Avrebbe potuto dire che quel colpo gli era sfuggito di mano o che Charles era sulla traiettoria di un capriolo!- si coprì gli occhi con le mani.- niente poteva accusarlo e poi era un nobile nessuno si sarebbe messo contro di lui.” Deglutì. “Dovetti pensarci io.”
Evelyne pianse, vegliata da sua cugina, per due ore. Poi
chiese di essere accompagnata da lei a camminare, nel bosco e Josephine non se
la sentì di negarglielo anche se pioveva; anche se Evy aveva preso un fucile
prima di uscire.
Cavalcarono per ore finché non lo trovarono.
A quel punto la giovane senza pensare, senza più
emozioni, solo con tanta rabbia nel cuore, scese da cavallo. Era lontano Miller
ma ben visibile. Imbracciò il fucile nonostante sua cugina la pregasse di non
farlo e sparò due colpi precisi.
“Lo freddai come si fredda un cervo.- ringhiò la ragazza, tra le braccia di Jack.- il bastardo non aveva con se nemmeno i cani. Non era a caccia, era lì per uccidere Charles. Quando l’ho ammazzato mi sono sentita morire pure io.. ed ho giurato che mai avrei di nuovo sparato.- abbassò lo sguardo.- fino oggi, almeno. ”
Jack le accarezzò i capelli. “ Come scoprirono che fosti tu a farlo?”
Lei sorrise, amaramente. “Mio padre.”
“Tuo padre?!”
“Per salvare il suo onore e far vedere davanti agli altri nobili che lui non c’entrava nulla mi denunciò. Tre processi e tre condanne.- tirò su con il naso.- il resto lo sai.”
Jack sospirò di nuovo. “ è l’aver ucciso Miller che ti tormenta tanto? O il fatto che tuo padre ti abbia tradita a quel modo?”
Lei si staccò da lui e dal rifugio che aveva trovato tra le
sue braccia. “Tu non capisci… io non ho ucciso solo Miller.. io ho ucciso anche
Charles.- lui aggrottò la fronte.- si.- continuò lei, cercando di convincerlo.-
io potevo salvarlo, Jack! Potevo! Miller voleva sposarmi per farlo soffrire.. io
potevo sposare Miller, sapevo quanto era potente e di ciò di cui era capace!
Dovevo farlo!”
L’uomo sorrise, incredulo. “Evy è una pazzia.”
“No.. non è vero…”
“Evelyne- il suo nome, pronunciato da suo padre, Khun
Smith, faceva sempre uno strano effetto, suonava come un eco.- la verità è che
tu non lo ami abbastanza quel ragazzo!!”
Lei s’era infuriata, alzandosi di scatto. “Ma padre che
cosa dite? È proprio perché l’amo che non potrei sposare mai quel buffone di
Miller!”
Khun sbatté il pugno sul tavolo facendola sobbalzare. “
Non capisci, idiota! Se non lo sposi troverà un altro modo per vendicarsi e
forse sarà meno indolore di questo!”
Evelyne aveva scosso la testa, incredula. “Indolore..
questo sarebbe indolore invece! Io dovrei rinunciare alla mia vita, alla mia
felicità dunque! E voi lo chiamate indolore!”
“Saresti più felice con Charles morto, per
caso?”
“Siete pazzo.”
Lo schiaffo era arrivato, puntuale. Evelyne dopo un
primo istante aveva volto lo sguardo, ferita nell’orgoglio più che dalla mano
del genitore.
“Sei solo un’egoista.- aveva ringhiato lui.- ma bada che
te ne potresti pentire un giorno.”
“Evelyne..” cercò di tranquillizzarla.
“Ti prego non dire niente..- scoppiò di nuovo a piangere.- mio padre aveva ragione.. aveva ragione..” s’attaccò di nuovo alla bottiglia, disperata, facendo un altro sorso avido di rum.
“Non puoi pensare questo. Quello che è accaduto è una tragedia e tu non ne hai colpa!” urlò il pirata scuotendole le spalle.
Lei gli sorrise, ubriaca. “Punti di vista.- disse, con la voce un po’ alterata.- e adesso passami la bottiglia. Hai capito si o no che voglio ubriacarmi, eh?”
Jack aggrottò la fronte, poco convinto.
Lei la prese e dopo un sorso gliela porse. “Fammi compagnia. Non verrai a dirmi che ti sbronzi tutte le sere e questa che ho bisogno di te resterai tutto d’un pezzo, neh?” continuò appoggiata al bordo della nave.
Lui la prese, con un sorriso triste.
Finirono tre bottiglie quella sera.
Evelyne ne bevve due intere e alla fine rideva e piangeva lì, accanto a Jack. Il pirata per una volta stranamente sobrio, l’accompagnò nella sua camera mentre la giovane cantava e si dimenava urlando che voleva divertirsi non dormire.
Poi l’aiutò a spogliarsi e la mise a letto, dolcemente. Si sedette accanto a lei, vegliandola di nuovo finché avesse preso sonno, accarezzandole piano i capelli, senza dire niente.
I suoi occhi si persero nella visione di lei, di quella pelle così bianca da sembrare quasi porcellana finissima illuminata dalla luna, di quei capelli neri come la pece e dei suoi occhi ghiacciati che assomigliavano tanto al mare di prima mattina.
Quella visione lo turbò forse anche più di tutto il racconto della ragazza. Infondo si era sempre aspettato un qualcosa di estremamente burrascoso, altrimenti non l’avrebbe mai incontrata nelle segrete di Port Royal con in tasca un biglietto sola andata per la forca.
Jack distolse lo sguardo da lei che dormiva.
Quell’affezione morbosa che nutriva per l’inglesina gli trasmetteva un’ inquietudine che cresceva minuto in minuto quand’era in sua compagnia. Si accompagnava sempre ad uno strano magone e alla spiacevole sensazione di avere come le farfalle nello stomaco.. quell’arrogante aristocratica era da un po’ padrona indiscussa dei suoi sogni dove abitava sempre poco vestita, ma Jack si accorse che anche di giorno, se voleva, poteva dargli uno strano senso d’instabilità.
Con la destra le sfiorò i capelli allontanandoglieli dal viso, con un gesto così carezzevole che, stupito lui per primo di tutta quella romanticheria, ritirò velocemente la mano come se Evy fosse stata di fuoco.
Un po’ in difficoltà Jack si alzò e lanciandole un ultimo sguardo si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle.
Con un sospiro notò che sul pavimento c’era una bottiglia di rum mezza piena – e non mezza vuota! - abbandonata lì sul legno. Con un sorriso Jack pensò che probabilmente era una di quelle che Evy aveva cercato di portarsi di dentro ma che le erano scivolate di mano barcollando fino a lì.
“Ehi, darling. - disse con un sorriso che gli fece increspare le labbra.- ma che ci fai sola soletta..” si chinò a raccoglierla e la sollevò alta come per contemplarla, andando in contemporanea all’indietro con la schiena. “Naa niente paura. C’è lo zio Jack adesso qui con te..”
E continuando a parlare con la bottiglia si chiuse dentro la sua cabina dove vuotò la piccola trovatella e molte sue amichette, prima di cadere finalmente anche lui tra le braccia di Morfeo.
To be continued..
Diomache.