Dopo una pausa ben più lunga del previsto (dovuta in parte alle feste natalizie, in parte a un capitolo più lungo dei precedenti!) torno con il secondo capitolo della mia trilogia "L'Uomo che Annega", una storia nella storia che narrerà un tassello particolarmente vasto e complesso della vita di Jake in questa mia cartella di "missing moments" passati, presenti e futuri. Durante questa pausa ho effettuato alcuni cambiamenti al mio stile di scrittura. Se i cambiamenti dovessero risultare troppo evidenti e/o peggiorativi, fatemi pure sapere nelle recensioni!
Ancora una volta, ho usato una struttura in flashback per narrare le vicende e, partendo dalla situazione presentata all'inizio del capitolo precedente, ho deciso di andare indietro nel tempo anziché avanti per mostrare lo svolgersi degli eventi. Spero la storia si mantenga comunque chiara e facilmente comprensibile... posso assicurarvi che nessun nodo narrativo di questa mini-trilogia verrà lasciato scoperto!
Prima di cominciare, i dovuti ringraziamenti: ad astarte90 per le sue utilissime recensioni e alla sempre presente fiammah_grace, che ormai considero una vera e propria collaboratrice dopo tutti gli utili consigli e recensioni fatte ai miei lavori. Grazie mille, e grazie anche a murdershewrote per la recente recensione al capitolo 2, "Freddo". Ogni consiglio è il benvenuto!
Bene, spero di non essere stato tedioso e lascio lo spazio alla fanfic vera e propria... per la contestualizzazione ricordo che è rimasta invariata dal capitolo 1, gli eventi si volgono tutti intorno ai 16 anni di Jake e alle sue prime esperienze come mercenario. Al prossimo capitolo!
Nota: "Manna dal Cielo" è il nome inglese ("Windfall") del famoso calcio "ad ascia" di Albert Wesker, presente in Resident Evil 5 con la traduzione italiana "Zampa d'elefante" e in Resident Evil 4 con il nome originale giapponese "Chikyo Chagi". Ho pensato che il termine inglese "Manna dal Cielo" fosse assai più evocativo degli altri e percò mi sono preso questa "libertà artistica" traducendolo.
Jake Muller
CONSEGUENZE DI UN PADRE ASSENTE
Oggi. Il motel.
Il giorno prima. Il funerale.
La pioggia sugli ombrelli del sacerdote e del becchino, che visibilmente poco coinvolti ufficiavano i riti di turno. Al centro del quadretto, attorniata da lapidi umili con tipici nomi dell'Est Europa sbiaditi sopra, una bara di legno anonima veniva calata all'interno di una grossa buca tra l'erba umida e rada.
Le sue imprecazioni vennero presto sopraffatte dal brontolio delle nuvole, che già si preparavano alla prossima scarica di pioggia, così che nessuno vide ne sentì il tonfo sordo di ciò che restava degli occhiali mentre questi affondavano tra le onde del fiume.
Settimane prima. La compagnia.
Quella mattina di due mesi prima, nel gelido capannone, Jake non avrebbe mai potuto prevedere quanto quell'uomo burbero e con un solo occhio sarebbe diventato importante per lui.
Non si faceva segreto del fatto che il ragazzo, a soli sedici anni, fosse il più talentuoso della compagnia, ma in realtà non era solo per quello che passava tutto quel tempo con Shaw. L'uomo, seppure non aveva mai rinunciato ai modi austeri e severi che ne avevano un temibile addestratore, era ormai certo che il ragazzo lo vedesse come un padre e sembrava in realtà voler abbracciare il suo ruolo.
Gli altri soldati della compagnia, tutti più vecchi di lui, non condividevano il suo entusiasmo e aspettavano soltanto un incarico che provvedesse il tanto agognato denaro, ma lasciavano correre quella bizzarra e tutto sommato allegra situazione... in parte perché Shawn sembrava stare al gioco, e nessuno contraddiva Shaw, in parte perché quel ragazzo prodigio aveva cominciato a mostrare una vitalità e una voglia di combattere che trascinava tutta la compagnia.
Un sorriso enigmatico sfrecciò sul volto dell'uomo «Domani.»
-
All'improvviso, l'inferno.
Rombi cupi di mitragliatori calibro .50 e boati di missili terra-terra sembravano voler ighiottirlo vivo, mentre le macerie del desolato paesaggio urbano sfrecciavano attraverso il campo visivo di Jake.
«Flint è andato!»
Gridò Jake mentre ricaricava l'M16 che portava a tracolla, ridicolmente grosso nelle sue giovani mani, ma per niente fuori posto. Un pezzo di calcestruzzo gli esplose a pochi centimetri dall'orecchio mentre il compagno ancora in vita trafficava con un congegno elettronico del tutto simile a una grossa auto-radio.
«Maledizione, sta andando tutto a puttane! Ma il punto d'incontro non è distante... dobbiamo raggiungere Shawn e il resto della squadra o non ne usciamo vivi!» Il mercenario abbandonò il grosso
cognegno e si azzardò a sporgersi per indicare una palazzina poco distante, l'unica che sembrava avere una porta d'ingresso ancora integra. Di tutta risposta, un proiettile vagante gli mozzò l'indice.
«AARGH!!»
Mentre il compagno si chinava in prede al dolore, Jake decise ch'era il momento di prendere iniziativa. Si sfilò dalla cintura una granata azzurrina e ne staccò la sicura con i denti, sputando il conseguente nodo metallico nel cemento poco distante.
«Ignora quella mano e CORRI!»
Gridò mentre lanciava la granata Flash. In un lampo di luce accecante, i due sbucarono dal nascondiglio e corsero come mai prima nelle loro vite, attorniati dal fischiare dei proiettili mentre il pavimento cambiava ed esplodeva dietro di loro...
SBANG!
Senza neanche accorgersene, sfondarono con la spalla la porta della palazzina d'incontro e si lanciarono lungo una rampa di scale traballanti senza dire una parola. Il tintinnio degli anfibi sugli scalini metallici fu tutto ciò che accompagnava il loro respiro pesante finché non giunsero nell'ampio salone deserto, senza finestre, dove si supponeva che la squadra li stesse aspettando per volare via da quell'inferno, i soldi e la cura di sua madre ben saldi nelle tasche dei larghi pantaloni militari.
Così non fu.
Sul pavimento, riversi nel loro sangue, tutti i membri della compagnia mercenaria più temuta dell'Edonia erano ridotti a cadaveri in decomposizione, crivellati di colpi e abbandonati in posizioni sgradevoli tra le valigette contenenti la loro ricompensa e le armi un tempo in loro possesso.
Al centro di quel massacro, cou una valigetta nera in una mano e la Beretta nell'altra, li fissava ghignando il volto burbero di Shaw l'orbo. «Ah, bene, hai portato qui anche lui. Bravo ragazzo.»
Affermò l'uomo, prima di piazzare una pallottola in testa al soldato alla destra di Jake che ancora si reggeva la mano dolorante. Mentre il corpo del compagno cadeva privo di vita, il sedicenne rimase immobile in preda allo shock, lo sguardo che continuava a fissare la valigetta nelle mani del suo mentore e la squadra di soldati avversari che lo circondava.
Un secondo colpo della Beretta fece saltare l'M16 carico su cui Jake aveva mantenuto la prese durante tutta la corsa, e il ragazzo cadde in ginocchio disarmato, gli occhi sbarrati di fronte a se e la mente ancora incapace di elaborare.
«Si, ho venduto la squadra. Tutta la squadra.» Affermò quello che un tempo aveva quasi considerato suo padre, come se stesse leggendogli nel pensiero. Mentre parlava, rinfoderò la pistola e poggiò la valigetta a terra, sfilando un coltello dallo stivale.
«Non credere che mi sia divertito, sia. Tu...» lo indicò con il coltello che oscillava tra le sue mani abili, il ghigno ancora fisso sul volto a indicare la falsità di quei sentimenti: «...tu avevi proprio un bel potenziale. Oh beh, sia quel che sia, così va la vita del mercenario... i soldi sono soldi. Ora 'sta zitto e crepa.» Senza dire altro, calò il pugnale sul volto di Jake, ancora in ginocchio di fronte a lui.
Il coltello affondò nella guangia e uno spruzzo di sangue bagnò le mani del mentore, ma prima che potesse raggiungere organi vitali, Jake si era già lanciato di lato, allontanandosi e scattando in piedi. Shawn l'orbo rise, sicuro della propria superiorità, e passò in posizione d'attacco stringendo il coltello bagnato.
«Quindi devo solo ucciderti rapidamente.»
La dansa fu rapida e stranamente silenziosa. Shawn sapeva come usare un coltello, ma la velocità con cui Jake roteava le braccia, deflettendo i suoi colpi e assestando pugni alle costole dell'uomo, sembrava al di sopra delle normali abilità umane. Deviò un affondo e il freddo metallo sfiorò di nuovo il volto sanguinante, poi capì che la sua occasione era giunta.
I soldi erano lì, le valigette a portata di mano. La prima stazione dei treni ancora in servizio doveva essere a poco più di un giorno di cammino dal campo di battaglia, e da lì la periferia della Capitale e la guarigione di sua madre sarebbero state a portata di mano.
Con movimenti rapidi e le mani che non volevano saperne di smettere di tremare, prese il borsone più vicino e vi vuotò all'interno il contenuto di due valige, riempiendo poi gli spazi vuoti con alcuni beni di prima necessità che gli sarebbero stati utili durante il viaggio...
Mentre si avvicinava alla scalinata per andarsene da quel luogo di morte, si voltò una sola volta a fissare il mare di cadaveri, il corpo orrendamente sfigurato di Shaw che spiccava al centro come una tremenda rosa tra il sangue.
Un sospiro soltanto, ma sua madre già riempiva la sua testa, attuendo il suo dolore con la determinazione a perseguire lo scopo per cui si trascinava da sedici anni.
Nessuna lacrima venne versata per la morte di Shawn l'orbo.