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Autore: _Bec_    27/12/2012    43 recensioni
(Titolo provvisorio)
-Voglio essere libero di poterti considerare mia.- Concluse appoggiando la sua fronte sulla mia.
-Voglio essere il tuo ragazzo.-
Hanno litigato, sono finiti a letto insieme, si sono odiati, si sono baciati. E adesso, finalmente, Alice e Lorenzo stanno insieme. I problemi però non sono finiti con una dichiarazione un po' atipica, anzi. Una raccolta di brevi (brevi?) extra sul futuro che condivideranno i due protagonisti di “Tra l'odio e l'amore c'è la distanza di un bacio”. Sempre che prima non si uccidano l'un l'altro, ovviamente.
E' necessario aver letto la storia principale per comprenderli.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Scolastico, Universitario
Capitoli:
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-Allora, che ne…pensi

Parte I: Prime (?) incomprensioni

 

 

 

-Allora, che ne…pensi?- L’ultima parola la mormorai a voce bassa, impacciata, mentre Vergata prendeva letteralmente d’assalto il corpo della mia amica.

Mi ero fiondata a casa di Angelica nel pomeriggio, in cerca di una confidente, liquidando il mio ragazzo con una scusa che lo aveva reso piuttosto imbronciato durante tutto il tragitto in autobus.

Il problema era che la mia stessa idea l’aveva avuta quel cretino di Andrea, che da quando avevo iniziato a confidarmi con Angie non aveva smesso un attimo di tormentarle il collo, l’orecchio, la bocca, qualsiasi cosa, davanti a me.

Mi schiarii la gola a disagio, sforzandomi di guardare da un’altra parte. Quando avevo visto in che condizioni versavano i due al mio arrivo, ero arrossita fino alla punta dei capelli e mi ero subito offerta di ripassare più tardi se disturbavo.

-Assolutamente no, entra! Ho sempre tempo per te!- Mi aveva risposto Angie, la voce stridula, i capelli scarmigliati e le guance del mio medesimo colore, infilandosi svelta una maglietta e obbligando Vergata a fare altrettanto.

Inutile dire che quel poco di simpatia che avevo guadagnato agli occhi della Scimmia era andata immediatamente perduta nel momento in cui avevo interrotto il suo pomeriggio di sesso sfrenato. Non ero tanto sicura che mi avrebbe salutato di nuovo con un entusiasta “Bella!” il giorno dopo.

Dopo un attimo di titubanza dovuta alla presenza di Andrea, che avrebbe quasi sicuramente riferito il tutto allo Stronzo, avevo raccontato ad Angie quanto successo quella mattina a scuola con Lore.

Lei, dopo avermi assicurato che Vergata non ci avrebbe disturbato –minacciandolo subdolamente ed esplicitamente di non dargliela più –, si era seduta sul letto a gambe incrociate e mi aveva ascoltata attentamente, pur avendo una piovra dietro di sé.

Scrollò le spalle per l’ennesima volta con l’intento di allontanarlo, probabilmente per restare il più lucida e concentrata possibile sulle mie parole, -Che se lui fa lo stronzo e marca il territorio devi farlo anche tu tesoro.- Mi rispose, la fronte aggrottata e gli occhi insistentemente puntati su di me.

Vergata non si lasciò scoraggiare e, dopo aver strattonato il tessuto della sua maglietta, incominciò a scendere con la bocca verso la sua scapola.

Mi morsi il labbro e mi spostai i capelli sulla spalla per far prendere un po’ d’aria al collo sudato, -In che senso?- Mi sentivo una terza incomoda rompiballe, ma avevo davvero bisogno della consulenza di Angelica, in materia di stronzaggine era molto più esperta di me.

Fece una smorfia e con una manata non troppo gentile spinse via la faccia di Vergata, -Comportati come si è comportato lui. Bacialo selvaggiamente davanti a delle ragazze per far capire loro di chi è, fallo eccitare ben bene e poi lascialo a bocca asciutta.- Si lasciò sfuggire un risolino imbarazzato – Angie imbarazzata? – e si morse il labbro quando Vergata le sussurrò qualcosa di chiaramente malizioso all’orecchio. Qualcosa che fortunatamente non riuscii a sentire.

-E secondo te funzionerà?- Avrei voluto essere padrona del mio corpo come lei, avrei davvero voluto riuscire a comportarmi da stronza e tenergli testa. Se avessi baciato Lore, però, sarei stata la prima a sciogliermi come burro, altro che staccarsi e far finta di nulla. Non avevo un minimo di forza di volontà, ecco qual era il problema.

Vergata sbuffò e si staccò da Angie, precedendola nella risposta, -Puccio, senza offesa, ma che due coglioni eh!- Alzò gli occhi al cielo esasperato, -A meno che tu non voglia unirti a noi in un’eccitante ménage à trois, posso chiederti di piantarla con queste noiose seghe mentali della quale non ce ne fotte nulla?-

Sorprendente il fatto che avesse definito una scopata a tre “ménage à trois”, non pensavo nemmeno che sapesse pronunciarlo.

Aprii la bocca con l’intenzione di rispondergli per le rime, ma la richiusi di scatto quando mi resi conto di non aver nulla da dire in mia difesa.

Stranamente mi ritrovai persino a dargli ragione, potevo comprendere il suo fastidio, ero una rompipalle terza incomoda bella e buona.

Angie gli lanciò un’occhiata truce e gli diede un colpo sul petto, -Ignoralo.- Borbottò, ritornando in fretta a me, -Certo che funzionerà tesoro. Tu rimani concentrata sul piano, pensa ad altro mentre te lo fai, devi restare lucida.-

Annuii rinfrancata dalle sue parole, sfregandomi le mani impaziente di mettermi “all’opera”.

Anche se…puntai il mio sguardo su Vergata, tutto intento a fissarmi ad occhi socchiusi; per una volta sembrava avere un’espressione vagamente intelligente.

-Dovrai comprare il mio silenzio Puccio…- Sfoggiò un ghigno soddisfatto, come un bambino che si aspettava un gioco dal papà per tenere nascosto qualcosa alla mamma, -Lore è mio amico e tu hai detto parecchie cosine interessanti su di lui, il prezzo sarà alto.- Sollevò le spalle fintamente dispiaciuto, quasi per lui il pensiero di non riferire di quella chiacchierata fosse davvero insopportabile.

Sbuffai scocciata, incrociando con foga le braccia al petto, -Che vuoi Vergata? Spara.-

Fece un respiro profondo e strofinò le mani sui jeans concentrato, -Visto che Lore è mio amico, purtroppo non posso proprio chiederti di farmi un…-

-NO! Ma sei scemo?!- Lo interruppi furibonda. Ormai capivo e interrompevo le sue frasi a metà, mi stavo Vergatizzando.

-Mi dispiace Puccio…- Annuì fra sé e sé rammaricato, la cosa assurda era che sembrava realmente convinto di quello che diceva. Si stava scusando come se potessi davvero rattristarmene. Quel ragazzo era fuori di testa.

-Sopravvivrò.- Arcuai un sopracciglio sarcastica, esortandolo con un cenno del capo a continuare. Ero pronta a tutto a quel punto, mi aspettavo il peggio.

-E neanche una…-

-No.-

Angie seguì quel dibattito come se fosse una partita di ping pong, spostando lo sguardo divertita da uno all’altro. Non riuscivo a capire come – in apparenza almeno – potesse essere sempre così calma e non mostrare nemmeno un pizzico di gelosia. Eppure la conoscevo abbastanza bene da poter affermare con certezza che Vergata le piacesse…e parecchio. Il motivo a me restava tuttora oscuro.

-Immagino che una palpatina alle…-

-Nemmeno. A tuo rischio e pericolo, ti ammazzerei di botte io, lo farebbe Angie…- Diedi uno sguardo alla mia amica che alzò le mani indifferente, come a volersene tirar fuori, -E in ultimo…ti ammazzerebbe Lore. Non penso tu voglia passare le vacanze di Pasqua in ospedale.- Gli lanciai un’eloquente occhiata obliqua. Mai dire mai, magari avrebbe persino rischiato idiota com’era.

-Naaa, come non detto.- Arricciò il naso e si passò una mano fra i capelli, -Anche se ti sarebbe piaciuto, lo dicevo per te eh.-

Altro sguardo supplicante al soffitto; parlare con Vergata era estenuante, -Non ne dubito.- Sperai che la mia voce suonasse abbondantemente ironica e che non travisasse le mie parole, -Ti decidi a farmi una richiesta seria che non comprenda il contatto fisico?- Sbottai, lasciando ricadere le mani sulle mie ginocchia.

-Ok, ci sono.- Si guardò intorno con aria cospiratoria, prima di mormorare tremendamente serio, -Voglio vincere almeno una partita alla Play contro di lui.-

Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva nel tentativo di trattenere una risata, -Cosa? E io che c’entro?-

Andrea fece una smorfia e mosse la mano in aria, come per scacciare un insetto, -Devi distrarlo, ovviamente. Mentre gioca. Sii sleale come solo una donna può esserlo.-

Non credevo a quello che stavo sentendo, ma si poteva essere più bambini di così?

-Questo si chiama barare. Non vinceresti onestamente.- Gli feci presente, sporgendomi verso di lui e assottigliando lo sguardo.

Lui non parve turbato dalla mia insinuazione, -Embé? Almeno la pianterebbe di sfottere.-

Mi stavo davvero lamentando? Quello tutto sommato era fattibile rispetto alle proposte precedenti, distrarre Lore per un po’ mentre giocava alla Play non sarebbe stato un problema, anche se…

Un momento.

-Distrarre…in che modo?- Quel suo parlare della slealtà delle donne fece correre i miei pensieri in un’unica direzione.

-Puccio…- Mosse le sopracciglia eloquentemente e la cosa non mi piacque per nulla, -Lascia che ti spieghi una cosa…-

-No, scordatelo.- Avevo già capito dove voleva andare a parare.

Arrossii vistosamente: fare la gatta morta con Lore per far vincere Vergata…sarebbe stato imbarazzante da morire. Senza contare che mi avrebbe scoperta subito, ero una pessima attrice.

-Oh andiamo! Cederà subito, ci cascherà in un secondo e lo sai anche tu!-

Affondai i denti nel labbro inferiore e mi mossi sul posto a disagio. Sì, sapevo che se ci avessi provato si sarebbe distratto, ma…mi sarei sentita goffa e sciocca.

-Devi farlo con discrezione però, senza che io ti veda, così lui non potrà tirarla fuori come scusa in caso di perdita. O di persona o per messaggio; gli mandi magari qualche sms stuzzicante mentre stiamo giocando, del tipo che lo aspetti nuda o…-

-Tu sei fuori di testa!-

Si era già fatto tutto un suo film! E solo per vincere una stupida partita alla Playstation!

Mi coprii il viso con le mani, troppo rossa, sconvolta e desiderosa di sparire per potergli sbraitare qualcos’altro contro. Quel ragazzo aveva dei seri problemi mentali, ne ero sempre più convinta.

-Angie è molto brava in questo.- Si complimentò con lei tranquillamente, con un sorriso ebete, prima di riprendere il discorso, -E il gioco sarebbe fatto! Figurati se si concentra sulla nostra partita poi!- Concluse, incurante della mia reazione.

Non fossi stata troppo bollente e a disagio per togliermi le mani dal volto lo avrei preso per il collo e strozzato, come diavolo gli veniva in mente di dire certe cose ad alta voce?! Non aveva un minimo di pudore!

Mi aspettavo almeno il supporto e la comprensione della mia amica, che invece sbatté il pugno della mano destra sul palmo della mano sinistra con aria compiaciuta, -Non è una cattiva idea…Potrebbe essere un altro modo per vendicarti del suo modo di fare.-

Di male in peggio. Cos’altro potevo aspettarmi da Vergata e Angelica? Erano più simili di quanto, ahimè, volessi credere.

-Allora Puccio? Ci stai?-

Avevo scelta? Se non l’avessi fatto sarebbe davvero andato a riferirgli tutto quello che avevo detto di lui quel pomeriggio, la mia chiacchierata segreta con Angie non sarebbe stata più tale.

Ma che avevo fatto di male per meritarmi tutto quello?

-Va bene. Ci proverò, ma non ti prometto un esito positivo.- Precisai. Se non riuscivo a distrarlo o se perdeva comunque non sarebbe stato di certo colpa mia.

-Grandioso! Questo pomeriggio passato ad ascoltare le tue stronzate non si è rivelato completamente inutile!- Si alzò in piedi e fece un inquietante quanto primitivo ballo per tutta la stanza.

-Sicura che non sia pericoloso? Voglio dire, è sano di mente?- Domandai ad Angie, sporgendomi leggermente verso di lei.

Storse la bocca e socchiuse gli occhi pensierosa, -Non te lo so dire. Quel che è certo è che un animale selvaggio, come lo fa lui… -

-Va bene, va bene.- La interruppi, -Non voglio essere messa a conoscenza di questi particolari.- Avrei ascoltato i suoi racconti su qualsiasi altro ragazzo, non su Vergata, non li avrei decisamente retti.

Fu un sollievo andarmene di lì e tornare a casa, fu una delusione trovare mia madre davanti alla tv della sala.

-Già a casa?- Chiesi amareggiata, dando un’occhiata all’orologio.

Cazzo, erano solo le cinque! Contavo di poter invitare Lore e stare un po’ con lui prima dell’arrivo dei miei, visto che a casa sua non potevo andarci per la presenza di Glenda e Rossella.

Non aver detto ancora a nessuno di noi era una vera seccatura.

-Grazie eh! Vedo che sei contenta di vedermi.- Fece lei ironica, roteando gli occhi per la stanza.

Incassai la testa nelle spalle per farmi più piccola, -Scusa.- Accennai un piccolo sorriso dispiaciuto e me ne andai nella mia stanza con un solo proposito in testa, quella di dirle la verità.

Dovevo solo prepararmi un discorso per farlo, una scaletta, ma nei prossimi giorni le avrei detto di me e Lore, non potevo continuare a tenerglielo nascosto.

C’era da mettere in conto la certezza che gli avrebbe rotto le scatole per averlo a cena e conoscerlo meglio – già immaginavo la disperazione del mio ragazzo –, ma non mi piaceva tenere un segreto del genere con lei, volevo essere libera di poter parlare di lui se volevo. E di poterlo invitare a casa mia.

Mi buttai sul letto esausta, in attesa della cena, e presi il mio cellulare per entrare su facebook e leggere le notifiche.

Lo strinsi con forza fra le dita quando, dopo aver cliccato l’icona delle amicizie, comparve sullo schermo la scritta “non ci sono nuove richieste”.

Nessuna richiesta, nessun messaggio. Di nuovo. Andavamo proprio bene.

Dovevo mettere in chiaro anche questo con lui; non pretendevo che mi scrivesse ogni due secondi quanto mi amava e quanto gli mancavo, ma almeno un...

Non lo so, uno squillo?

Sbuffai; non sapevo nemmeno io cosa avrei potuto aspettarmi da lui.

Stavamo insieme da poco più di una settimana e già mi sentivo trascurata, una storia d’amore proprio epica.

Altro che piano di Angelica, lui era così stronzo e indifferente con me?

BENE. Lo sarei stata anche io, ma molto di più. Non avrebbe mai potuto battere una ragazza ferita in quanto a stronzaggine.

 

****

 

La mattina dopo mi svegliai con il cosiddetto piede sbagliato. Un tremendo mal di testa mi accompagnò per tutta la durata della colazione, della doccia e della scelta dell’abbigliamento.

Sapevo che, per quanto mi riguardava, poteva significare solo una cosa: quel simpatico periodo del mese era quasi giunto a farmi nuovamente visita.

Sbuffai e mi vestii in fretta, mettendoci, come al solito, più tempo per truccarmi e sistemarmi i capelli.

Ero pronta a salutarlo con freddezza e ad evitare qualsiasi suo tentativo di baciarmi, avrebbe finalmente capito che cosa si provava ad essere ignorati dalla propria ragazza!

Quando ebbi finito di prepararmi uscii sulle scale, convinta di trovarlo come la mattina precedente ad aspettarmi.

Il non vederlo non fece che peggiorare ulteriormente il mio umore. Perché cavolo non c’era? Non era ancora pronto? Non sarebbe venuto a scuola? Poteva farsi sentire almeno per avvisarmi!

Lo aspettai per dieci minuti, digrignando i denti come una belva rabbiosa, poi, dopo aver dato un’occhiata al mio bellissimo orologio Hip Hop rosso dal profumo fruttato, mi decisi a tirar fuori il cellulare per chiamarlo.

Mugolai fra me e me i peggiori insulti mentre portavo il telefono all’orecchio, rischiavo di arrivare pure in ritardo per colpa sua, dannazione!

La porta di fronte si spalancò proprio in quel momento, così chiusi la chiamata decisamente scocciata e pronta ad aggredirlo nel peggiore dei modi.

Una parolina nella mia testa mi bloccò prima che mi mettessi all’opera.

Indifferenza.

Giusto, dovevo essere fredda e controllata, non mi sarei fatta vedere nuovamente arrabbiata per colpa sua.

-Alla buon’ora. Sempre in ritardo.- Alzai un sopracciglio, il tono di voce calmo e velatamente sprezzante.

Sembravo tanto un’aristocratica altezzosa che, con occhio critico, valutava un gioiello di poco valore.

Lui socchiuse gli occhi irritato e aprì la bocca per ribattere, ma fu un’altra persona a parlare. Persona che non mi aspettavo minimamente di vedere. Trasalii.

Merda.

-Ali!- Fece Glenda sorpresa, sorridendomi gentile come sempre.

Deglutii a vuoto e mi schiarii la voce: tutta la mia spavalderia sembrava essere scomparsa nel giro di un secondo, -Ah, ciao Glenda!- Perché il mio sembrava il verso di un gatto a cui avevano appena schiacciato la coda?

-Come mai qui fuori? Chi stavi aspettando?- Mi domandò allargando vistosamente il suo sorriso.

-C-Chi? Ahehm…io…-

Molto intelligente, vai così Alice.

-Stavo…- Lanciai un’occhiataccia a Lore; che cavolo, avrebbe potuto informarmi della presenza della sorella, avrei potuto prepararmi una scusa intelligente!

Lui fece un quarto di sorriso vagamente infastidito, -Lascia stare, non serve.-

Sbattei le palpebre confusa. Cosa non serviva? Spostai nuovamente l’attenzione su Glenda e capii.

Era fin troppo palese che lei sapesse, un sorriso così sornione sarebbe dovuto risultare sospetto fin da subito.

-Glielhai detto?- Sentii gli angoli delle mie labbra piegarsi istintivamente all’insù ed il cuore riempirsi di gioia.

Oh, che me ne importava se non mi aveva chiamata o aggiunta su facebook? Era così bello pensare che Lore le avesse detto di noi, che avesse parlato a sua sorella di me…e che finalmente potessimo comportarci come sempre, senza fingere anche davanti a lei.

Aggrottò la fronte inorridito, come se avessi pronunciato chissà quale terribile bestemmia, -Io? Ti pare?-

Come non detto. Entusiasmo smorzato nel giro di un secondo. In effetti era strano che Lore di sua spontanea volontà, senza essere stato drogato o minacciato, si fosse messo a parlare con lei di un argomento del genere.

Glenda fece un piccolo passo in avanti, più simile ad un saltello che poco conteneva la sua eccitazione, -L’ho capito da sola. Non che ci volesse un genio.- Si vantò ridendo.

Avvertii un fastidioso e mortificante calore espandersi sulle guance, -Ah.- Fu tutto quello che riuscii a dire, guardandomi intorno per evitare accuratamente il suo sguardo.

Cosa si diceva in casi del genere? Perché mi sentivo terribilmente idiota e non riuscivo a spiccicare parola?

Cavolo, se ero a disagio con Glenda, che era un’amica e una sostenitrice di noi come coppia, non osavo immaginare quanto lo sarei stata con Rossella o con sua madre.

Allungai le maniche del mio dolcevita e mi dondolai sul posto agitata.

Con un altro salto – cos’era, un canguro? – Glenda si avvicinò per prendermi le mani fra le sue, gli occhi quasi commossi.

-Lo sapevo che sarebbe successo, lo sapevo! Da quel famoso pomeriggio di confidenze!-

Mi umettai le labbra e trattenni a stento un sorriso a quel ricordo. Il pomeriggio in cui avevo visto Lore mezzo nudo leccare quel caspita di gelato, il pomeriggio in cui avevo detto a Glenda di essere interessata a Matteo e Lore mi aveva sentita.

-Oh, che bello!- Lore le fece il verso e sorrise sarcastico, prima di tornare alla sua solita aria scazzata, -Abbiamo finito con le stronzate? Andiamo?-

Mister Simpatia si sarebbe meritato un bel pugno sul naso. Forte. Dovevo lavorarci su.

Glenda gli lanciò un’occhiata assassina, infastidita quanto me dal commento del fratello, -Vieni in macchina con noi, vero? Non sento storie.-

Mi spostai una ciocca di capelli dietro l’orecchio e feci spallucce.

-Se non è un problema.-

-Scherzi? Non pensarlo nemmeno.-

Che “cognata” adorabile che avevo! Era una ragazza deliziosa, se solo non avesse avuto un fratello stronzo e una sorella gemella psicolabile…beh, ognuno aveva i suoi difetti.

-Lui non mi ha detto niente, come sempre, poi voglio sapere tutto da te!-

Mi disse all’orecchio, quando Lore fu abbastanza lontano da non sentirci, -Come vi siete messi insieme, cosa vi siete detti…tralasciando la parte sul sesso selvaggio, quella mi fa un po’ senso, non riuscirei ad immaginare mio fratello…ecco.- Rabbrividì disgustata.

Ridacchiai divertita e più tranquilla, -D’accordo, ti risparmierò quella parte, ma…toglimi una curiosità…- Anche se Lore era già andato sufficientemente avanti e stava aprendo il cancello per uscire in strada, porsi quella domanda a bassa voce, -Come hai fatto a capirlo?-

Ero veramente curiosa di saperlo. Lore si era lasciato sfuggire qualcosa? O si era comportato in modo diverso dal solito?

Glenda si fermò, mise una mano sulla mia spalla e sospirò, -Tesoro…se tuo fratello prima di partire per uno stage in Inghilterra è sempre nervoso, irascibile e soprattutto suscettibile quando sente nominare una ragazza te ne accorgi.-

Sente nominare…una ragazza? Me?

Glenda mi aveva nominata spesso prima che partissimo per l’Inghilterra? E lui…si era indispettito?

In effetti le cose tra di noi non andavano troppo bene prima di quella partenza…a dire il vero non erano proprio mai andate bene.

-Così come ti accorgi che ha i capelli in uno stato pietoso, un’espressione particolarmente appagata e gli occhi che guizzano come…- Si bloccò e portò l’indice alle labbra, probabilmente in cerca di un paragone che calzasse con il verbo appena usato, -Pesci in direzione di quella stessa ragazza in aeroporto quando torna. E magicamente è di buon umore, quasi sopportabile.-

Deglutii un gigantesco ed ingombrante nodo incastratosi in gola, rischiando di strozzarmi.

Maledetto stronzo. Riusciva sempre, anche involontariamente, a far rammollire le mie gambe.

Le parole di Glenda mi avevano fatto piacere, inutile negarlo. Mi avevano fatto avvampare come un’idiota, tanto che per un attimo mi dimenticai perfino di avercela con lui.

Dovevo restare concentrata. Ero ancora offesa: lui non mi aveva scritto niente il giorno prima, non si era fatto sentire neanche con un “ciao” su facebook. O una richiesta d’amicizia.

Motivo per cui in macchina lo ignorai e mi dedicai completamente alla mia “cognatina” preferita, che mi stava raccontando di un ragazzo molto carino che aveva conosciuto all’università.

Ero contenta di sapere che stesse davvero cercando di lasciarsi Domenico alle spalle, quel verme non meritava nemmeno un briciolo dei pensieri di Glenda.

Speravo solo che il suo nuovo interesse amoroso non fosse un altro stronzo violento mascherato da principe azzurro.

Una volta scesa dall’auto, dopo averla ringraziata e salutata calorosamente, mi diressi a passo svelto verso l’ingresso senza girarmi per accertarmi della presenza di Lore.

Lui non parve risentito, né disse nulla per il mio comportamento, cosa che mi fece letteralmente rizzare i capelli dalla rabbia.

L’aveva sicuramente capito che ero arrabbiata con lui, ma non faceva domande, probabilmente perché sapeva che come risposta avrebbe ottenuto una sfuriata in piena regola.

Di tanto in tanto lo sentivo in corridoio alle mie spalle mentre salutava ragazzi di altre classi che non conoscevo, ma non mi soffermai ad origliare cosa si dicessero, feci finta di niente e proseguii spedita fino alla porta della mia aula.

Notando tre ragazze che chiacchieravano tranquille sul calorifero lì di fronte, però, mi ricordai improvvisamente delle parole di Angelica il pomeriggio prima.

Comportati come si è comportato lui. Bacialo selvaggiamente davanti a delle ragazze per far capire loro di chi è, fallo eccitare ben bene e poi lascialo a bocca asciutta.

Sentendosi osservate, le ragazze ricambiarono la mia occhiata con delle smorfie altezzose e si dissero qualcosa a bassa voce.

Simpatiche.

Mi umettai le labbra indecisa e mi torsi le mani con evidente nervosismo. Vendicarmi non sarebbe stata una cattiva idea, ma come potevo baciarlo e far finta di nulla dopo che gli avevo chiaramente fatto capire, fino ad un attimo prima, di avercela con lui ignorandolo? Oh, al diavolo.

Con il cuore letteralmente in gola, presi coraggio e feci dietrofront fino ad arrivare ad un palmo dal naso del mio ragazzo.

Lui arrestò la camminata sorpreso per non venirmi addosso ed aprii la bocca stranito con l’intento di dirmi qualcosa. Non seppi mai cosa, perché ne approfittai per alzarmi sulle punte e baciarlo con foga, le braccia gettate dietro al suo collo ed il mio corpo fatto aderire perfettamente al suo.

Rabbrividii quando, dopo un primo attimo di smarrimento, un suo braccio mi circondò il fianco e mi strinse con forza a lui, facendomi desiderare che non ci fosse nessun inutile indumento fra noi.

Gemetti contro le sue labbra e lo tirai indietro con me, contro il muro alle mie spalle.

Torna sul pianeta Terra Alice, ora.

Sollevai le palpebre di scatto e costrinsi le mie dita fastidiosamente intorpidite a staccarsi dai suoi capelli. Feci scivolare le mie mani sul suo petto per fare pressione e allontanarlo.

Maledizione! Ero a scuola e mezzo corridoio ci stava fissando, ragazze smorfiose comprese, che cavolo mi era preso?!

Lore mi guardò con un misto di confusione e risentimento, anche se nei suoi occhi era ancora visibile una punta di eccitazione, -Che cazzo…?-

-Mi andava così.-

Mi andava così?

L’avevo davvero interrotto con una frase del genere? Io?

Avvampai ed abbassai lo sguardo, scansandolo per correre – scappare – il più veloce possibile in classe.

Non ero riuscita a rimanere indifferente come avrei voluto, ma lo avevo comunque lasciato a bocca asciutta dopo essermi strusciata contro di lui e averlo provocato. Mi scappò un sorrisino: ero fiera di me.

Anche se…restava il fatto che quello stronzo non si era minimamente fatto sentire il giorno prima e non mi aveva chiesto nulla quando mi aveva visto più fredda nei suoi confronti.

Iniziai a torturarmi le unghie con i denti dal nervoso e presi posto vicino a Mel.

Lo odiavo, lo odiavo, lo odiavo. Lui non mi chiese nessuna spiegazione, niente di niente. Si era messo a parlare con Vergata e Lele come se non lo avessi prima palesemente ignorato e poi baciato, come se non se ne fosse nemmeno accorto. Un dubbio mi colse; e se era davvero così? Se gli interessava così poco di me da non far caso ai miei stati d’animi e al mio modo di comportarmi con lui?

-Ali, piantala.-

Mi voltai sorpresa verso Mel; aveva un cipiglio piuttosto serio in volto.

-Di fare cosa?- Domandai stupidamente.

Lei sospirò e, dopo avermi afferrato il polso con delicatezza, abbassò il mio braccio sul banco.

-Di tartassare quelle povere unghie. Che è successo?-

Come avrei fatto in quella classe di menomati mentali senza Melanie? Non sarei sopravvissuta un giorno.

-Niente.- Brontolai stizzita, -Non è successo niente, è questo il problema. Mai una chiamata, mai un messaggio. Quando non ci vediamo è come se non esistessi.- Raccontai.

E il pomeriggio prima ci eravamo salutati dopo la scuola, quindi avevo passato l’intera giornata a patire la sua mancanza, senza neanche sentirlo per telefono.

Non potevo sopportarlo, non ero abituata a non sentire il mio ragazzo per così tanto tempo, con Matteo al telefono…

Smettila di fare paragoni, lui non è Matteo.

Mel sorrise di sbieco, il naso leggermente arricciato in una smorfia divertita, reazione che mi stizzì un po’.

-Ma Lore è fatto così. Se aspetti che si stacchi dalla Play o che abbia soldi nel cellulare…- Scrollò le spalle e si appoggiò al suo banco con entrambe le braccia, -Hai provato a parlargliene?-

Se mi ero un attimo rilassata dopo la sua prima affermazione, la seconda frase mi fece nuovamente rizzare il pelo come un gatto pronto ad attaccare.

-No. Non voglio dargli questa soddisfazione.-

Mel parve non capire, così, dopo aver lanciato di sfuggita un’occhiataccia al diretto interessato, mi spiegai meglio, -Non voglio essere io a dirgli quanto mi fa stare male il fatto che non si faccia sentire…deve arrivarci da solo. Per questo sto cercando di essere fredda con lui, aspetto che sia lui a capirlo. O a chiedermi perché sono arrabbiata.-

Aspetta e spera Alice.

Aveva senso quello che stavo cercando di dire? O di fare?

-Dimmi che ho ragione, che non sto esagerando e che non ti sembro una pazza.- La supplicai, aggrappandomi al suo braccio come una scimmietta.

Esitò troppo nel darmi una risposta e la cosa non mi piacque.

-Beh…personalmente- Calcò parecchio su quella parola; brutto segno, stava per dare un’opinione diversa dalla mia, -io non reagirei così solo perché il mio ragazzo non mi ha chiamata per un giorno dopo solo…una settimana- Si morse il labbro e mi guardò dispiaciuta, -Che stiamo insieme…-

Le mie mani lasciarono andare la presa su di lei e ricaddero con un tonfo sul banco.

-Soprattutto sapendo che è un tipo come Lore, allergico ai messaggini e alle telefonate sdolcinate.- Concluse, cercando di addolcire il tutto con un altro sorriso.

Mi sentivo incompresa e sciocca, perché nemmeno lei mi capiva? Non volevo messaggini dolci o telefonate romantiche, volevo semplicemente dei messaggi e delle telefonate, volevo essere considerata, mi sentivo…trascurata.

Mi spostai i capelli all’indietro e arrossii, -Ok.- Feci un respiro profondo, -Quindi secondo te sono io che esagero.- Chissà, forse aveva davvero ragione lei. Sarebbe bastato parlarne con lui, dirgli di farsi sentire, senza bisogno di tenergli bronci infantili ed evitarlo dopo solo…una settimana che stavamo insieme.

Magari era stato impegnato, magari non aveva avuto il tempo di chiamarmi.

-Lo so che ti aspetti il messaggio del risveglio, quello della buonanotte, la chiamata per ricordarti che ti ama e il “riattacca prima tu”.-

-Non è vero.- Sporsi il labbro inferiore come una bambina piccola.

Sì, mi sarebbe piaciuto, ma non me lo aspettavo, non da Lore; non avrebbe mai fatto una cosa del genere e lo sapevo, non era nel suo carattere.

Lo sguardo scettico di Mel bastò a farmi chiudere in un dignitoso mutismo, -Ma non sarebbe da lui e lo sai anche tu. Cercate di trovare un compromesso.-

Un compromesso. Quella parola mi piaceva, era da persone mature.

Emessi un versetto stupido, molto simile a quello di una bimbaminkia in procinto di coccolare la sua “best” o “socia” del cuore, -Mel, come farei senza di te?- La abbracciai di slancio ed il prof, entrato in classe in quel momento, si schiarì la voce infastidito.

Mel ridacchiò e mi diede delle affettuose pacche sulla spalla, -Lo so, saresti persa senza i miei preziosi consigli.-

Decisamente. Fortuna che potevo contare sul suo saggio punto di vista.

Nell’intervallo, dopo le due ore di educazione fisica, ero decisa a parlargli della cosa con calma e senza aggredirlo. Magari sarei riuscita a strappargli la promessa di una telefonata al giorno e qualche messaggio di buonanotte. Avremmo trovato un compromesso, ne ero certa.

Peccato che prima ci fossero quelle due maledette ore di ginnastica che, alla seconda e alla terza ora del martedì, erano un vero e proprio massacro.

E non serviva applicarsi troppo per indovinare che cosa ci avrebbe fatto fare il solito adorabile e maschilista professore.

Non ascoltò le suppliche mie e di Mel sul poter, almeno per una volta, giocare a pallavolo.

-La settimana prossima, ragazze.- Ci liquidò in fretta con un cenno di mano per allontanarci, quasi temesse che la nostra vicinanza potesse infettarlo, -Latini, Vergata, formate le squadre.-

Mel mi posò una mano sulla spalla affranta ed io annuii con aria rassegnata.

Facciamoci forza sorella.

La settimana dopo avremmo sempre e comunque giocato a calcio, ne eravamo consapevoli, ormai non credevamo più alle parole del prof.

Se non altro, per la prima volta avrei giocato in squadra con il mio ragazzo.

Mi dondolai sul posto, contenta come una bimba la mattina di Natale; per la prima volta avrei dato il meglio di me a calcio, sarebbe stato un giorno epico quello, da segnare sul calendario.

Non volevo far perdere la squadra di Lore, non volevo che pensasse che fossi un peso o un’incapace, gli avrei dato modo di pensare che ero in gamba nonostante fossi una ragazza.

-Latini inizia.-

Fu difficile non pettinarsi i capelli con le mani, gonfiare il petto e sorridere raggiante quando Lore disse, ovviamente, il mio...

-Mancini.-

Cosa?

La mascella doveva essersi schiantata al suolo, non la sentivo più visto quanto avevo spalancato la bocca.

Ok, voleva Lele in squadra, era un suo amico e giocava bene, ma…io ero la sua ragazza! Cos’ero, l’ultima scelta?

Sbuffai e mi misi a sedere sul pavimento, incrociando le gambe. Potevo pure mettermi comoda, sospettavo che Lore avrebbe snocciolato una decina di nomi prima del mio.

Non è giusto!

Avrei giocato peggio del solito per vendicarmi, avrei fatto un autogol, ecco.

-Puccio.-

Cosa? Chi? Dove? Quando?

Alzai lo sguardo sorpresa: non era stato il mio ragazzo a chiamarmi, ma Vergata, uno sfrontato e soddisfatto ghigno stampato sul volto.

Lore sbatté le palpebre incredulo, schiuse la bocca e si voltò a guardarlo decisamente infastidito; probabilmente non immaginava che la scelta di Vergata ricadesse su di me.

E chi lo immaginava…?

Ben gli stava! Così imparava a preferire Lele, ero quasi contenta di essere in squadra con la scimmia.

-Puccio, cosa aspetti, una richiesta scritta?!- Si spazientì il professore, dopo aver visto che non accennavo ad alzarmi.

Quanto odiavo quell’uomo. Fossi stata un cane gli avrei fatto pipì direttamente sulle scarpe.

Raggiunsi Vergata – che mi aspettava compiaciuto ed ignorava volutamente lo sguardo omicida di Lore – spavalda, carica di energia e pronta a far vincere la mia squadra e a stracciare quella avversaria.

-Daje Puccio che vinciamo. Mi servi per distrarre Lore tu.-

Mi diede un colpetto sulla spalla, forse un pelino troppo forte visto che mi sbilanciai in avanti.

Di nuovo con la faccenda del “distrarre”, che si aspettava che facessi, uno spogliarello nel bel mezzo del campo? Se lo poteva pure scordare.

Preferii comunque non indagare sulla questione ed attesi la fine delle formazioni in silenzio.

Ero in squadra con Mel e Teo, non potevo chiedere di meglio, la nostra era a tutti gli effetti la “squadra dei buoni”. Fatta eccezione per Lele, l’altra squadra era il male e andava annientata.

Non appena fischiato l’inizio della partita, cercai con tutta me stessa di bloccare i miei avversari, in particolar modo Lore, stando ben attenta a non aggrapparmi di nuovo alla sua maglietta e a non deconcentrarmi vedendolo così vicino, affaticato e sudato…più facile a dirsi – o meglio pensarsi – che a farsi, di certo il battito del mio cuore non era impazzito solo per la fatica della corsa.

Ad ogni mio tentativo di rubargli la palla riusciva sempre a dribblarmi senza problemi e mi riservava, ogni volta, un sorrisino compiaciuto alla “ritenta e sarai più fortunata”. Che nervoso. Avessi potuto mettergli le mani addosso cosa gli avrei fatto…

Ok, messo in quei termini quel pensiero poteva essere equivocabile ed io non volevo affatto intendere che…sì, lo intendevo eccome.

Mi diedi dei colpetti sulle guance bollenti e scossi la testa; dovevo calmare i bollenti spiriti, subito.

Non devo pensare a Lore (nudo), non devo pensare a Lore (nudo).

Dovevo riuscire a far segnare un gol alla mia squadra, così da far pentire amaramente il mio ragazzo di non avermi scelta per prima.

Marchesi stava correndo verso di me, la palla ai suoi piedi e l’espressione soddisfatta di chi era convinto di segnare.

Illuso. Non aveva fatto i conti con me.

Feci uno scatto felino in sua direzione, trattenendomi a stento dallo sbuffare dal naso come un toro e ruggire come una leonessa.

Peccato che, nel momento in cui gli arrivai davanti, fui letteralmente scaraventata indietro con forza e mi ritrovai a terra come un sacco di patate. Altro che leonessa, non c’era animale abbastanza debole e patetico per definirmi.

Il mio braccio sinistro sfregò contro l’asfalto duro del campetto ed avvertii una fitta lancinante al polso su cui ero praticamente caduta.

Era stato come andare in contro ad un muro, anzi, contro ad un tir.

-Cazzo!- Imprecò il “tir”.

Mossi a fatica il polso e gemetti dal dolore, contenta comunque di non essermelo rotto per colpa di quel bisonte di Giulio Marchesi.

-Scusami Puccio!- Se non altro ebbe la decenza di fermarsi e di chinarsi per guardare come stavo.

-Mi sono lasciato prendere dalla foga, non pensavo facessi un volo del genere…- Si giustificò grattandosi la testa.

“Un volo” era esattamente il modo in cui avrei definito la mia caduta, un volo molto doloroso.

Ci raggiunsero gli altri compagni e diventai nel giro di un secondo l’attrazione principale del momento, quasi fossi un fenomeno da baraccone.

-Cazzo, Giu, stai attento. Minchia l’hai quasi ammazzata.-

Il rimprovero di Lore, invece che farmi piacere, mi fece storcere il naso.

La voce era leggera, divertita, stava chiaramente scherzando…e mi stava velatamente prendendo in giro.

-Sì Giu, cazzo ci metti così tanta forza con una ragazza?- Vergata rise e con lui anche gli altri.

Una ragazza.

Perché mi sentivo improvvisamente in imbarazzo ad essere una ragazza? E perché nessuno mi chiedeva come stavo?

Strizzai le palpebre per il male e diedi un’occhiata al polso; dal punto in cui mi ero graffiata stavano uscendo tanti piccoli puntini di sangue.

-Ti sei fatta male?-

Quasi piansi come una poppante quando Lele me lo chiese con aria seria.

Sì, dannazione, sì. Mi ero fatta male. Non era nulla di grave, ma bruciava ed essere sfottuta in quel modo non era piacevole per niente.

-Ma sì dai, ti sarai spezzata un’unghia se è tanto. Fa vedere.- Lore trattenne male una risata e si inchinò per afferrarmi la mano ed esaminarla.

Quella frase fu la goccia che fece traboccare il vaso, l’aria in eccesso che mi fece scoppiare come un palloncino gonfiato troppo.

Sicuramente il fatto che il mio ciclo fosse in dirittura di arrivo contribuì parecchio a condizionare le mie emozioni e a farmi appannare la vista.

No, no e no. Non piangerò, non darò loro un motivo per prendermi ancora in giro.

Ritrassi la mano con rabbia e cercai di trasmettergli con gli occhi tutto il rancore che stavo provando per lui in quel momento.

Volevo solo un po’ di comprensione, volevo solo essere viziata e…coccolata dal mio ragazzo dopo lo spavento per la caduta. Avrebbe dovuto preoccuparsi, chiedermi come stavo, darmi un bacio o una carezza magari...

E invece cosa faceva quello stronzo? Mi rideva in faccia insieme ai suoi amici del cazzo.

Pretendevo troppo io? Non era forse così che avrebbe dovuto comportarsi un ragazzo con la sua ragazza?

Lui inarcò un sopracciglio confuso e mi osservò in silenzio mentre facevo leva sul braccio destro per alzarmi.

-Allora? Ci muoviamo o vogliamo interrompere la partita solo perché la Puccio è caduta?- La voce sprezzante e canzonatoria del prof mi irritò peggio delle ortiche sull’ epidermide, se non fossi stata sull’orlo delle lacrime l’avrei volentieri strozzato.

Ero circondata da un branco di stronzi maschilisti, nessuno di loro, a parte Lele, si era realmente preoccupato per me o aveva chiesto come stessi, avevano iniziato subito a ridere.

Cercai Mel con gli occhi per avere un po’ di conforto e, prima che potessi individuarla, Teo mi si avvicinò per chiedermi con aria preoccupata:

-Ali, piccola, come stai?-

Piccola?

Da quando Teo mi chiamava piccola? Sorvolai su quel nomignolo e piegai gli angoli della bocca all’ingiù.

-Male.- Piagnucolai, in cerca di attenzioni che finalmente qualcuno mi stava dando.

Era sbagliato, lo sapevo, la mia era solo un’immatura ripicca, ma fare la voce da bambina con Teo e accettare che mi chiamasse “piccola” davanti a Lore era…stuzzicante.

Non mi ero voltata a guardarlo, ma ero sicura al cento per cento che stesse seguendo la scena – come tutti i nostri compagni del resto – e che non ne fosse contento.

Mi uscì un altro lamento infantile quando il mio amico mi prese con delicatezza la mano sinistra e se la portò al viso.

-Ti fa male?-

Annuii, i lineamenti distesi in un broncio forse un po’ troppo pronunciato.

Non avevo la minima idea di quello che stesse per fare, se lo avessi saputo lo avrei fermato per il suo bene. 
Avvertii le sue labbra fresche poggiarsi sulla pelle escoriata del mio polso ed arrossii involontariamente. Le schiuse imprudentemente e mi guardò con una dolcezza tale da farmi sciogliere.

Oh merda.

E ora?

Non mi ero scordata di avere addosso lo sguardo di Lore, non mi aveva lasciata andare nemmeno per un secondo, lo sentivo bruciare dannatamente sulla mia pelle.

Che cosa avrebbe pensato? E soprattutto, che diavolo avrebbe fatto a Teo?

Ok, ora sfilo la mano con nonchalance…piano…

Completamente nel pallone, balbettai qualcosa di incomprensibile persino per me e mi ripresi bruscamente la mano.

Meno male che dovevo far piano.

Non volevo che il mio amico si facesse male per causa mia e sapevo che sarebbe bastato un secondo di più perché Lore si facesse largo tra me e lui per colpirlo.

Ma perché Matteo doveva sempre complicare tutto? Sapeva che stava rischiando grosso, prevedevo comunque una prossima e negativa reazione da parte del mio odioso ragazzo.

Il fischio del prof, per una volta, si rivelò utile e spezzò l’imbarazzante silenzio creatosi fra me e il mio amico dopo il mio allontanamento.

Non osai girarmi verso di lui, finsi di non essermi accorta delle sue attenzioni e mi dedicai nuovamente a Teo. Perché era più semplice, perché non avevo paura di quello che vedevo nei suoi occhi.

-Va meglio, grazie.- Mormorai con un impacciato sorriso, -Ora però…cioè…non ti conviene giocare. Sai che Lore…- Avrebbe sicuramente trovato un modo per vendicarsi, conclusi mentalmente.

Teo scrollò le spalle con noncuranza, -Tranquilla. Non mi fa di certo paura.- Sembrava rilassato, compiaciuto o forse…possibile che fosse impaziente?

Impaziente? Perché mai dovrebbe esserlo?

Provai a ribattere qualcosa ma non me ne diede il tempo, riprese a correre verso la palla lasciandomi ferma ed impalata come una statua.

Respirai appieno per scaricare la tensione e feci ruotare lentamente il polso, tastandolo piano con l’altra mano; era ancora arrossato e faceva male, contavo di andare in infermeria a farmi mettere del ghiaccio dopo la fine della lezione, quando l’odioso prof di ginnastica non avrebbe avuto più nulla da dire.

La restante mezz’ora di gioco fu un vero e proprio massacro…per Teo.

Come avevo previsto il suo gesto non restò impunito, a meno che non fosse un caso che tutti i ragazzi della squadra avversaria si avventassero su di lui con decisamente troppa violenza ogni volta che aveva la palla.

-Ragazzi piano…- Disse il prof ad un certo punto, fischiando e aggrottando la fronte confuso. Sembrava non riuscisse a capire il perché tutti improvvisamente fossero propensi a far falli su Teo.

Scossi la testa e mi portai una mano alla bocca quando Teo fu di nuovo scaraventato a terra prima da Marchesi, poi da Radaelli, Stoppini, Lore…

Io ammazzo quella testa di cazzo del mio ragazzo…

A dieci minuti dalla fine dell’ora, Lore non finse più nemmeno di mirare alla palla e si scagliò direttamente addosso a Teo. Lo afferrò per il colletto della maglietta e lo spinse con forza all’indietro, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Disse anche qualcosa che non riuscii a cogliere, ma a giudicare da quanto era incazzato doveva essere stato un insulto.

Quello che mi lasciò completamente interdetta, però, fu la reazione del mio amico: non diede più il tempo a Lore di fare altro, alzò velocemente il braccio e ne approfittò per colpirlo in pieno viso.

Spalancai la bocca allibita e rimasi per una buona manciata di secondi immobile. Lo aveva davvero colpito. Non era possibile! Teo era il ragazzo più dolce che conoscessi e…non immaginavo nemmeno che sapesse come si tirasse un pugno! Porco cazzo, invece gliene aveva tirato uno dritto in faccia. Ma era impazzito?!

Fui abbastanza vicina da sentire le sue di parole, un “Questo te lo dovevo da un po’, ora siamo pari” mormorato fra i denti.

-Valenti!-

Sbraitò il prof incredulo, quasi avesse appena visto l’animale più pacifico del mondo trasformarsi in un mostro carnivoro.

Lore sembrava persino più sorpreso di lui, evidentemente non immaginava che Teo potesse reagire; si rialzò e si portò una mano al mento, gli occhi sgranati e furiosi.

Un moto d’angoscia mi assalì ed il mio labbro inferiore prese a tremare.

Si sarà fatto male?

Ero già pronta ad avvicinarmi e chiederglielo – io a differenza sua mi preoccupavo per lui –, quando il mio ragazzo decise che i conti con Teo non erano stati affatto pareggiati come aveva sostenuto il mio amico; Lele fece un passo avanti per cercare di fermarlo, ma né lui né il professore riuscirono ad evitare che si avventasse nuovamente su Teo per ricambiare il colpo di poco prima.

E tanti cari saluti alla partita di calcio e all’ora di educazione fisica.

Mi portai una mano al viso disperata, vergognandomi come una ladra nel sentire i miei compagni ridere e scommettere su chi avrebbe battuto chi e, soprattutto, su chi avrebbe vinto la – parole (censurate) di Vergata – “f” della Puccio.

Non fosse stata tragica la situazione sarei scoppiata a ridere. Era tutto talmente surreale da sembrare la scena di un film, uno stupido e senza senso. Ci sarebbe stata bene qualche canzoncina divertente e velocizzata in sottofondo.

Perché avevo sempre a che fare con trogloditi che discutevano in quel modo?!

Quella scena mi ricordava tremendamente la prima rissa a cui avevo assistito, quella fra il mio ex Matteo e Lore.

Evidentemente il mio ragazzo aveva dei problemi a relazionarsi con i Matteo, dovevo evitare che incontrasse altri poveri innocenti che avevano la sfortuna di chiamarsi così.

-Latini, Valenti!- Il prof era più disperato di me, si mise in mezzo per cercare di separarli e solo con l’aiuto di Lele e di un riluttante Vergata ci riuscì.

-Voi…voi…- La voce gli tremava mentre squadrava prima uno, poi l’altro, -Voi siete fuori di testa! Mai vista tanta maleducazione e indisciplina e di classi ne ho avute parecchie!-

Li osservai a mia volta, affaticati e arruffati; non smisero neppure in quel momento di guardarsi con odio puro, se fra di loro non ci fossero stati i nostri compagni di classe e il professore sarebbero sicuramente andati avanti.

Mi strinsi le braccia al petto amareggiata e calciai un insignificante sassolino con un piede. Come avevo anche solo potuto credere che potessero andare d’accordo e diventare amici in futuro? Come potevano esserlo stati in passato?

Forse era anche stupido da parte mia sperare in quella riappacificazione, finché entrambi continuavano ad essere innamorati di me le prospettive di poter avere un rapporto civile non erano delle più rosee.

Teo mi guardò con aria colpevole e da cucciolo bastonato, un chiaro ed evidente tentativo di chiedermi scusa e farsi perdonare.

Quel cretino del mio ragazzo, invece, non mi degnò proprio della benché minima considerazione, teneva la testa voltata dall’altra parte, ma riuscivo comunque a vedere di sfuggita i tratti del suo viso tesi in una smorfia di irritazione pura.

Assurdo! Fa pure l’arrabbiato!

Io avrei dovuto esserlo! Ne avevo fin sopra i capelli del suo modo di fare da bambino, non mi ero mai sentita tanto in imbarazzo in vita mia, tutta la classe ne avrebbe parlato per mesi.

-State certi che ne parlerò con la coordinatrice e prenderemo provvedimenti, non è nemmeno la prima volta che succede Latini!- Il prof indicò Lore con l’indice, ricordandosi del precedente “incidente” e successivo infortunio di Teo sempre durante le sue ore.

-Se avete problemi fra di voi siete pregati di risolverli fuori dall’ambiente scolastico e civilmente, sono stato chiaro?!-

Bravo prof sudicio e maschilista, così si parla.

Peccato che, nel riascoltare nella mia testa le sue parole, analizzai più attentamente quel “se avete problemi”, fino ad arrivare a valutarlo a dir poco avvilente. Ero io il problema che avrebbero dovuto risolvere in maniera civile, porca miseria.

La seconda ed ultima ora di ginnastica era finita – finalmente –, così, dopo quella strigliata di capo, il prof ci congedò e ci permise di tornare negli spogliatoi.

Lore non se lo fece ripetere due volte e, a passo abbastanza veloce, si diresse insieme a quelle teste di cazzo dei suoi amici verso la palestra per rientrare.

Non così in fretta.

Gli fui subito dietro, una piccola corsetta per poterlo raggiungere ed impedirgli di farla franca. Stavo già per pregustare la liberazione che avrei provato nel sfogare la mia ira su di lui, quando la sagoma di Teo mi si parò davanti, -Ali, mi dispiace…- Si tamponò il naso sanguinante con il palmo della mano, gli occhi lucidi e la fronte corrugata, -Non avrei dovuto, lo so, ma…-

Sospirai, cercando di alzarmi sulle punte e sporgermi oltre la sua spalla e vedere che fine avesse fatto Lore. Non mi sarebbe scappato, quello era certo. Avevo troppe cose da gridargli contro.

-Non importa Teo.- Non ero arrabbiata con lui, ero solo…non lo sapevo neppure io, semplicemente il suo modo di fare non riusciva a toccarmi e a condizionare il mio umore come quello di Lore.

-Beh…ho colpito il tuo ragazzo.- Spiegò apparentemente mortificato, ma con una punta di soddisfazione nella voce.

Sorrisi a mezza bocca e rilassai la fronte, -Direi che se lo è meritato.- Dopo tutto quello che aveva subìto Teo, a partire dalla caviglia…

Si lasciò sfuggire una risatina appagata e tirò su col naso, -Già. Peccato che quello che ne esce sempre messo peggio sono io.- Con una mano indicò le narici leggermente incrostate di sangue ed il suo sorriso si tramutò in una smorfia.

Oddio mi fa un po’ impressione...

Cercai di contenere la mia repulsione e gli feci una leggera carezza d’incoraggiamento sulla spalla, -Vai subito in infermeria per farti mettere del ghiaccio.- Non sarebbe stato carino da parte mia fargli intuire quanto vedere quel sangue mi stesse nauseando, contando anche che lui una mezz’oretta prima era stato un tesoro quando mi ero fatta male io.

Lasciai scivolare le mie dita fino al suo braccio e gli diedi due pacche amichevoli, -Scusa, vado a cambiarmi, altrimenti chi la sente la Zerbato.- Ogni tanto la prof di matematica serviva a qualcosa, come scusa per lasciare Teo al suo sangue rappreso e andare a prendere Lore a calci ad esempio.

Ero più che certa del fatto che si stesse già cambiando negli spogliatoi per tornare in fretta in classe ed evitare di incontrarmi. Se pensava di farmi desistere dai miei propositi con quella sceneggiata da maschio ferito si sbagliava di grosso.

Completamente accecata dalla rabbia, dal risentimento e dalla foga del momento, feci la cosa più sciocca che potesse venirmi in mente di fare.

Eppure, quando c’era la voglia di inveire contro una persona, quando si era furiosi, si arrivava sempre ad agire d’istinto, senza pensarci. Quello che feci io.

Mi portai una mano agli occhi per oscurarmi la vista e spalancai la porta dello spogliatoio maschile di botto, facendo – ne ero certa, pur non riuscendo a vederli – sussultare più di un mio compagno di classe.

-Oh, Puccio!-

-Che cazzo…?!-

-Sbagliato porta?-

-Venuta a dare un’occhiata?-

Ignorai i loro commenti inutili e a tentoni, con la mano libera protesa in avanti, avanzai fino ad arrivare al centro della stanza.

Ricordavo più o meno com’era fatta, ci ero già stata una volta…chissà per quale motivo lo ricordavo bene.

-Non credere di cavartela così signorino!- Non avevo la minima idea di dove fosse, così inveii contro il vuoto davanti a me, gesticolando come una pazza.

Fu una liberazione. Mi ero tenuta dentro troppi insulti che avrei voluto rivolgergli.

Non mi importava dei commenti idioti dei suoi amici, non mi importava di farlo incazzare ancora di più – io ero incazzata perdindirindina! –, volevo che capisse una buona volta che non poteva comportarsi così, che ero furibonda, che era una grandissima, immensa, stratosferica, fantasmagorica testa di cazzo.

E iniziavo pure a delirare e ad usare parole cretine nei miei pensieri per colpa sua.

Un boato si levò intorno a me: davanti, dietro, a destra, a sinistra, le risate e le voci dei miei compagni di classe mi stordirono e bloccarono per i successivi secondi.

-Oh oh, sentito Lore? Non credere di cavartela così!-

-E mo’ so’ cazzi!-

-T’aspetta la frusta!-

-Vai Puccio, ci piaci violenta!-

Bene. Cioè, no, bene un cavolo, era imbarazzante da morire sentire quei commenti, ma se non altro grazie a quelli avevo capito che Lore era ancora lì nello spogliatoio e non già uscito lasciandomi in completa balìa della mia pazzia.

Allungai la mano libera dall’arduo compito di coprirmi gli occhi e la tenni all’altezza della mia vita per assicurarmi che non ci fosse nessuno davanti a me e fare altri due passi.

-Vieni un po’ più avanti con quella mano Alice Puccio e troverai il Paese delle Meraviglie.-

La voce di Vergata, proveniente proprio dalla direzione intrapresa dalle mie dita, mi fece sussultare e rannicchiare su me stessa nauseata.

Che schifo, cosa mi tocca sentire.

Qualche spiritosone, dopo aver riso della mia reazione, ebbe pure il coraggio di rinominare il famoso gioco per bambini “mosca cieca” come “sega cieca”.

Schifosi pervertiti senza senso del pudore, credete di essere divertenti?

Borbottai fra me e me insulti della peggior specie e decisi di restar ferma dove ero; non ci tenevo proprio a toccare nulla, né tantomeno a giocare.

Sbuffai per scaricare la tensione e ricominciai il discorso precedentemente interrotto, -Ti sei comportato da emerito idiota prima e…non mi sta bene!- Strinsi la mano libera a pugno, sentendo dolere il polso per quel gesto impulsivo.

-Ma chi, io?-

Se avessi avuto gli occhi aperti li avrei fatti roteare per la stanza indispettita.

-No Vergata, quel cretino del tuo amico.- In risposta mi arrivarono solo altri mormorii e risatine, ma non riconobbi quella giusta fra nessuna di quelle, -So benissimo che è qui e che sta ascoltando, è inutile che faccia finta di niente!-

Sicuramente era furioso e potei solo ipotizzare che il mio comportamento davanti ai suoi amici lo stesse facendo arrabbiare ancora di più, ma non sarebbe bastato quello a fermarmi.

Mi ero stufata del suo modo di fare e avremmo chiarito, che lo volesse o no!

-Bene, continua pure a stare zitto, non importa.- Mi sentivo un’idiota a sbraitare contro il vuoto, senza sapere nemmeno da che parte guardare. Non era stata una buona idea per niente quella di infilarsi lì dentro, cosa mi aveva detto la testa?

Qualcuno dovette leggermi nel pensiero perché, passandomi accanto, ebbe pietà di me e mi suggerì: -È alla tua destra.-

Riconobbi la voce di Lele e le mie labbra si piegarono in un sorriso colmo di gratitudine, -Grazie.- Mormorai seguendo il suo consiglio.

Rinvigorita da quella consapevolezza e dalla presenza di un alleato, ripresi a parlare più decisa, -Non pensare minimamente di scappartene in classe, dobbiamo parlare.-

-Ahia, non è mai un buon segno.-

Alzai un dito e lo puntai verso la voce di Stefano Radaelli, annuendo fra me e me soddisfatta del suo commento, -Esatto. Non è un buon segno.-

Devi temermi stronzo, perché sono incazzata come una iena.

-Ti aspetto qui fuori.- Sì, forse era il caso di congedarsi finché avevo ancora una dignità – ce l’avevo ancora, vero?

E detto quello, non senza aver sbattuto contro il corpo sudato e appiccicoso di un mio compagno di classe – Che schifo, che schifo! – ed una panchinetta, uscii da quella stanza in fretta e furia.

 

 

 

*Note dell’autrice*

 

Lo so, è un capitolo del cavolo, lunghissimo e noioso, un polpettone illeggibile. L’ho persino tagliato (sul più bello, scusate), era di 28 pagine, da spararsi veramente.

Comunque, del prossimo ho scritto 7 pagine e posso dirvi già da ora che sarà più interessante.

In questo non succede nulla di importante, è più di passaggio/introduzione al prossimo dove ci sarà IL discorso fra i due che personalmente adoro xD

In questo capitolo già iniziano i primi battibecchi, come era prevedibile del resto. Sono ancora i soliti Lore e Ali, sono completamente diversi e cretini.

Alice forse esagera un po’ a prendersela così con Lore – che tra parentesi è un deficiente –, però a sua difesa posso dire che, oltre ad essere in un certo periodo del mese (XD), si sente un po’…trascurata e quindi sbotta. Non ha tutti i torti, mi incavolerei pure io ad essere sincera.

A difesa di Lore, invece, posso dire che non ha capito niente, non sa come comportarsi in una relazione, è convinto che le cose possano andare avanti come prima; sesso, qualche bacio di tanto in tanto e stop.

Mentre lei vuole gli appuntamenti, le telefonate e, soprattutto, le coccole.

Sono un disastro in poche parole, chi li ha fatti mettere insieme? -.-

Nel prossimo comunque affronteranno questo punto e Alice metterà in chiaro le cose –con non poco imbarazzo. E ci sarà nuovamente un pov Lore.

Concludo dicendo che gli extra saranno divisi in tre parti e che ognuna avrà più o meni dieci capitoli.

Detto questo spero abbiate passato un bellissimo Natale e vi auguro, in anticipo di qualche giorno, un felicissima anno nuovo ;)

Grazie infinite di essere ancora qui, un bacione grandissimo!

Bec

 

PS: Ringrazio Sharon per la copertina che vedete in cima ;)

Ho deciso, dal momento che non ho ancora deciso un titolo decente per questi extra, di riutilizzare una per ogni capitolo tutte le immagini che avete fatto voi (e che adoro) per la storia originale :)

 

Piccolo spoiler del prossimo capitolo per farmi perdonare:

 

“[…]

-Lo so che non è grave, non mi sono fatta così male, ma…avrei semplicemente voluto che tu…- Mi morsi il labbro e distolsi lo sguardo a disagio, in cerca di parole che avrebbero potuto aiutarmi a non rendere imbarazzante la situazione. Più di quanto già non lo fosse almeno.

-Che tu mi…- Mi torsi le mani e annaspai accaldata.

Coccolassi.

Non potevo davvero dirlo, non ad alta voce, non a lui, sarei morta di vergogna.

Lore aggrottò la fronte confuso e cercò invano di guardarmi di nuovo negli occhi, -Consolassi?- Azzardò.

Scossi la testa e diventai, se possibile, ancora più rossa. Non era quella la parola che doveva cogliere, non era quello che intendevo.

   
 
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