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Autore: _Uneksia_    31/12/2012    2 recensioni
La fantasia e l'ispirazione mi hanno aiutata a scrivere questa storia, in cui tutto, a parte i membri dei Nightwish e tutto ciò che loro riguarda, è irreale.
Ho messo dentro un po' di me stessa e dei miei desideri, spero vi piaccia.
Siate magnanimi, è la mia prima ff.
''La osservai allontanarsi. Avevo notato le sue gote arrossate. Non potei fare a meno di sorridere. Era proprio strana … Però non so, c’era qualcosa in lei che mi attirava e mi faceva sorridere. Feci per allontanarmi, quando un bagliore argenteo a terra attirò la mia attenzione. Mi chinai e presi l’oggetto del mio interesse.
Lo strinsi tra le dita. Non potei fare a meno di sorridere, ancora.''
01-01-13> AVVISO A CHI HA GIA' INIZIATO A LEGGERE: A seguito della nota separazione, ho dovuto modificare la trama. Conseguentemente, ho dovuto modificare i capitoli iniziali che risultavano essere fuori tema. Mi pareva necessario avvisarvi: nel caso abbiate intenzione, rileggete con le opportune modifiche. Grazie mille ^^
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Tuomas Holopainen
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10-10-2012; H 21:30, Helsingborg, Sweden.

Il campanello trillò a ritmo intermittente sferzando l’aria gelida di quella sera autunnale, quasi ad annunciare agli abitanti della casa la mia ansia nel trovarmi di fronte a quel portone nel bel mezzo di Helsingborg. Non il portone di una casa qualunque, era il portone di casa Olsson. Di Anette, per intenderci.

Dopo quelli che a me parvero secoli il portone si aprì, costringendomi ad abbassare lo sguardo: di fronte a me vi era un bambino che potrebbe aver avuto sì e no due anni. Era Nemo, il figlio minore di Anette. Chiedendomi come avesse fatto ad aprire la porta, fu subito sovrastato da un secondo ragazzo, che a ragion di logica non poteva essere altri che Seth, il primogenito. Mi fissava incuriosito ma non osava parlare.

<< Chi è, Seth? È Eva?>>

Una voce di donna sferzò l’aria: sobbalzai quando la udii pronunciare il mio nome. E probabilmente, a causa della mia reazione, Seth comprese chi fossi.
La reazione del ragazzino fu per me del tutto inaspettata: socchiuse gli occhi e serrò le labbra, dapprima spalancate a formare una O di sorpresa, in un’espressione che a me parve di pura diffidenza o odio.

Mi salutò calorosamente.
Sì.
Sbattendomi la porta in faccia.


Rimasi impalata  dallo stupore di fronte a quella porta, non riuscendo a produrre alcun pensiero. Fissai inebetita la soglia quando, dall’interno, mi sopraggiunsero delle voci non proprio modulate: Seth e Anette discutevano incuranti di un’ospite fuori dalla loro casa.

Qualche attimo dopo lei aprì la porta, sorridendomi.
<< Ciao Eva. Ti chiedo scusa per l’inconveniente, ti aspettavo. Prego, entra. >> e si spostò sulla destra per farmi passare.

***

10-10-2012, h:21:40, Anette Olsson’ home, Helsinborg, Sweden

<< Come è andato il viaggio, cara? >> mi chiese Anette, mentre mi versava una tazza di thè fumante sedute nelle poltrone del salotto. Avevo dato distrattamente un’occhiata in giro, notando le pareti bianche arredate con un mobilio moderno per lo più in legno chiaro, che garantiva così una luce diffusa in ogni minimo spazio.
<< Bene, direi, a parte una leggera turbolenza prima dell’atterraggio, ma niente di che. >> 

Tralasciai senza indugi il fatto che avessimo volato per circa un’ora sopra l’aeroporto, con il personale che trovava divertente seminare il panico tra i viaggiatori; tralasciai il fatto di aver avuto un vicino svedese particolarmente loquace, di nome Neil, che non aveva fatto altro che ciarlare impedendomi di rilassarmi per attenuare il mal di testa che sentivo dal viaggio verso l’aeroporto di Helsinki.
In più questo aveva aumentato la sua parlantina quando aveva notato una canzone dei Nightwish nel mio I-pod: e giù di lì in lodi sperticate per Anette, e pesanti critiche verso Tuomas Holopainen e gli altri membri della band. Probabilmente, se non fosse stato impellente il mio bisogno di riposo, l’avrei trovato simpatico e alla mano e avrei intavolato volentieri una conversazione con lui.
Tralasciai ancora l’ennesimo ritardo dell’aereo per un problema tecnico; per cui sì, a parte la mia tremenda sfortuna con gli aerei, il viaggio era andato particolarmente bene.

<< Sì, sono piuttosto frequenti, le turbolenze, di questo periodo. Ma sono contenta che a parte questo sia andato tutto bene. >>  mi rispose lei.

Stavo per ribattere quando un tonfo mi costrinse a voltarmi: una delle mie valigie, che a quanto pare Seth stava trascinando di peso nell’andito e trasportando al piano di sopra, dove Anette aveva detto si trovasse la mia camera, si era appena ribaltata sulle scale.
Né a me, né a sua madre, sfuggì la parola fuoriuscita silenziosamente dalle sue labbra: Hamnd, Vendetta, una delle parole che avevo imparato leggendo qualche libretto al corso base di svedese.

Dopo di che, se ne andò trascinando il bagaglio che aveva rimesso in piedi.

<< Devi scusarlo >> mi disse Anette mentre poggiava sul tavolino di fronte a noi la teiera e prendeva tra le mani la sua tazza che ormai si stava raffreddando.
<< Mio figlio è testardamente restio nei tuoi confronti da quando ha saputo che saresti venuta qui. >>
<< Per via dei Nightwish, suppongo. >> Sospirai, poggiando il tè nel tavolino di vetro.
<< Esatto. Devi sapere che mi ha giustamente chiesto chi fossi e come mai tu fossi diventata mia amica vista la tua nazionalità. E mi pareva giusto che  sapesse la verità. Gli ho detto di averti conosciuta ad un concerto dei ragazzi e da lì è scattata la scintilla. Perché da quando è successo che avessi abbandonato il gruppo odia tutto ciò che ha qualche collegamento con i ragazzi. Probabilmente avrai sentito le sue urla, prima. >>
A giudicare dalla chiarezza con la quale quelle parole avessero oltrepassato le mura della casa e fossero arrivate sino a me, Seth non si era di certo impegnato a mantenere un timbro normale di voce.
<< Le ho sentite, sì. Ma avendo una conoscenza molto basilare dello svedese,  mi sono risparmiata il loro pieno significato anche se credo sia facilmente intuibile. >>
<< Ha detto di aver paura che tu possa farmi star male, per via dei ragazzi. E che farà di tutto per renderti la vita difficile fin quando starai da noi. >> Anette sorrise leggermente. << E’ una testa calda, mio figlio. >>
<< Immaginavo. Mi spiace ma, sinceramente, sono d’accordo con lui. Non ha tutti i torti … >> abbassai lo sguardo; mi sentivo il carnefice che, a ripetizione, uccide con la sua sola presenza la sua vittima, come se questa possa resuscitare.
<< Non preoccuparti, Eva, davvero. E’ tutto a posto, oramai. E’ passata.  Non mi hanno buttata fuori, abbiamo deciso insieme che me ne andassi. >>
<< Ma perché? >> Alzai lo sguardo e la fissai, appassionata. << Perché te ne sei andata, Anette? >>
<< Ho altro a cui pensare, Eva. Voglio lanciarmi in una carriera solista e continuare i miei studi di infermiera. >>

Johan entrò in quel momento in salotto.  Non ci eravamo neppure accorte del fatto che fosse rientrato a  casa.
Lo salutai, Anette mi presentò.
Lui mi strinse la mano calorosamente e mi chiese come fosse andato il viaggio.
Dopodiché ritornò in cucina, avendo probabilmente udito sprazzi del nostro scottante discorso.

<< Sai anche tu che non è solo per questo, Anette. >> le dissi.
<< Eva, sono sicura che sei a conoscenza dei ritmi massacranti a cui mi sottomettevano. Per anni ho retto a meraviglia, ma in quest’ultimo periodo, come già era successo, stavo rimettendo la mia salute. Loro se ne sono accorti, e questa è stata la nostra decisione: che io mi allontanassi. >>

Sospirai di nuovo. Non aveva usato la parola andassi, il che mi fece accendere un barlume di speranza.
<< Per cui, quante speranze ci sono di un ritorno nel gruppo? >>

<< MAAAMMMAAAAA, E’ PRONTO! >> urlò Seth in svedese. Almeno questo riuscivo a comprenderlo. Osservai Anette, che si era ormai alzata, aspettando una sua risposta.

<< Per ora nessuna, Eva.  E ora andiamo, o Seth ti ucciderà per avermi fatta arrivare in ritardo per la cena. >> Mi fece l’occhiolino.

Sospirai, alzandomi e dirigendomi con la donna verso la cucina. << Proprio non gli sono simpatica, eh? >>
<< Non ti preoccupare, tempo qualche giorno e imparerà ad apprezzarti, fidati di me. >> 
   
 
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