Capitolo
5
L’appuntamento con Joe era
in un vicolo non molto lontano dal palazzo dell’FBI, quando arrivarono lui era
già li ad aspettarli. «Ciao Joe, come va?»
«Io sto bene, tu invece mi
sembri strano.»
«Che vuoi dire, non
capisco.»
«Sono giorni ormai che tu
e i tuoi fate domande sulla droga colombiana e sull’incendio di quel palazzo in
centro…»
L’argomento si faceva
interessante pensò Jack. «Si, e stranamente siete diventati tutti
muti.»
«Il perché dovresti
saperlo visto che vai in giro con quel tizio» ribatte il ragazzo pronunciando
l’ultima parola con una nota di disprezzo.
Jack non riusciva più a
seguirlo. «A chi ti riferisci?»
«A quello che ha detto a
tutti i ragazzi di non parlare di queste storie altrimenti ci sbatteva dentro.
Era con te prima.»
Adesso iniziava a capire,
e non gli piaceva per niente. «Quale dei due vi ha
minacciato?»
«Il tizio più basso e
robusto, quello della narcotici.»
Jack e Sue si guardarono
stupiti: perché
L’occasione per farlo si
presentò prima del previsto infatti, raggiunti gli altri in ufficio, vi
trovarono anche Martin.
Era seduto comodamente con
i piedi sulla scrivania a leggere delle carte. Senza neanche fermarsi a salutare
gli altri Jack marciò verso di lui livido di rabbia mentre Sue lo seguiva
preoccupata con lo sguardo.
Con un colpo per nulla
amichevole Jack tolse i piedi di Martin dalla scrivania e quando l’altro lo
guardò sorpreso gli disse «io e te dobbiamo parlare subito, seguimi nell’altra
stanza.»
Una volta soli si lanciò
su Martin e, afferrandolo per la giacca, lo fermò contro il muro. «Io avrò anche
il distintivo luccicante e il vestito fresco di tintoria, ma non ho mai fatto il
doppio gioco a differenza tua.»
Martin si liberò con una
spinta. «Non capisco di cosa parli, ma se vuoi menar le mani io sono a
disposizione.»
«Parlo del fatto che hai
minacciato i nostri informatori di sbatterli dentro se ci parlavano della droga
o dell’incendio!»
Martin sorrise e si
sedette. «E così lo hai scoperto. Avrei dovuto essere più
attento.»
Jack diede un pugno sul
tavolo sempre più arrabbiato. «Questa è la tua giustificazione? dovevo essere più
attento.»
«Senti Hudson, il motivo è
uno solo. Quando ho saputo che l’FBI stava mettendo il naso nella mia indagine
mi sono preoccupato e ho deciso di tagliarvi le gambe impedendovi di avere
informazioni. Sai ho lavorato diverse volte con dei tuoi colleghi e non è stato
piacevole, combinavano dei gran casini e volevano tutti i meriti.» Lo guardò
dritto negli occhi «ho sbagliato ma lo ho fatto prima di conoscere te, di
conoscere tutti voi e prima di rendermi conto che sapete veramente fare il
vostro lavoro e lo fate con passione come me. Sono stato stupido, infantile,
chiamami come vuoi ma non ho fatto il doppio gioco, non sono coinvolto in questa
storia, io cerco la verità» gli puntò contro un dito «esattamente come
te.»
Jack lo guardò per qualche
secondo. «Spero di non dovermene pentire ma ti credo.»
Martin si alzò. «Meglio
così perché questo è stato il discorso più lungo che abbia mai fatto e non credo
di essere in grado di ripetermi. Ora devo andare dal mio capo a fare rapporto,
ci vediamo.»
Tornato in ufficio Jack
informò tutti della discussione con Martin e si fece dire da loro le ultime
novità.
«Ho io una notizia fresca
fresca per voi» iniziò Tara «sapete quei codici per le cassette di sicurezza? Li
usano anche all’aeroporto dove hanno arrestato Fuentes e dove lavorava Doris
Williams.»
«E vicino al quale Andrew
è scomparso e la donna è stata uccisa.»
«Come si dice? Tutte le
strade portano a Roma…»
«Myles, ti prego!» implorò
Jack. «Io, Bobby, De e il simpaticone andiamo subito a controllare, Tara tu
continua comunque a cercare.»
Qualche minuto dopo che i
ragazzi erano usciti, il telefono squillò alla scrivania di Lucy e lei rispose
immediatamente. «Pronto?»
Le rispose una voce
maschile. «Il tuo amico non ha voluto dirci quello che volevamo e abbiamo dovuto
farlo fuori. Se tu e la tua amica sorda non volete fare la stessa fine ti
conviene dirci tutto. Ci faremo sentire noi e ricorda, sappiamo dove
abitate.»
«Oh mio Dio!» Lucy lasciò
cadere la cornetta e si appoggiò alla scrivania per
sorreggersi.
Subito Tara e Sue le
furono vicine. «Chi era Lucy, che succede?»
«Andrew, lui è…lui è
morto.»
Lucy piangeva seduta sul
divano della camera d’albergo in cui Jack le aveva fatte trasferire subito dopo
aver saputo della telefonata minatoria.
La visita all’aeroporto si
era rivelata un buco nell’acqua, nella cassetta c16-64 c’erano solo delle
vecchie lettere e un po’ di soldi.
L’uomo a cui era intestata era un pilota il quale gli aveva detto che vivendo
più in aeroporto che a casa teneva lì i soldi per le emergenze. Avevano fatto un
controllo ed era risultato pulito.
L’umore di Jack era sceso
sotto i tacchi dopo che l’ennesima pista si era rivelata inutile, e se possibile
era ancora peggiorato quando Sue gli aveva comunicato della telefonata. Se
dovevano credere all’uomo che l’aveva fatta, Andrew era morto e presto sarebbe
toccato a Lucy e Sue se non avessero rivelato quello che sapevano. Era chiaro
che si riferiva al codice della cassetta, doveva contenere delle prove davvero
compromettenti se per nasconderle erano già morte tre persone, forse quattro,
erano stati falsificati dei documenti, bruciato un palazzo e minacciate due
agenti dell’FBI.
Jack si prese la testa tra
le mani, aveva un mal di testa terribile, come se qualcuno gli stesse trapanando
il cervello, inoltre era da dopo l’interrogatorio di Rosemberger che cercava di
ricordare un particolare senza riuscirci.
«Jack»
Sentendo Sue che lo
chiamava alzò lo sguardo.
Era così bella e così
dolce, il pensiero che qualcuno volesse farle del male lo faceva impazzire. Si
alzò di scatto e la strinse forte a se. In quel momento aveva bisogno di quel
contatto come dell’aria che respirava.
Dopo un po’ lei si sciolse
dall’abbraccio quel poco che bastava per guardarlo in viso. «Jack, non c’è
proprio nient’altro che possiamo fare?»
«Ho mandato Bobby e Myles
ad interrogare di nuovo i vicini di Doris Williams nel caso ci fosse sfuggito
qualcosa e ho chiesto a Tara di continuare con le ricerche sul codice, per il
momento non mi viene in mente altro.»
«Io non credo che sia
morto.»
Jack si girò verso Lucy e
fece segno a Sue di farlo anche lei.
«Ho detto che non credo
che sia morto.»
«Lucy, ti capisco, lo so
che vuoi continuare a sperare…»
«No Jack, non è questo. Se
lo avessero veramente ucciso perché non farci trovare il corpo così da
spaventarci di più? Andrew è ancora nelle loro mani, altrimenti ci avrebbe
contattato, ma non è morto. Probabilmente conosce delle informazioni, solo lui
intendo, che quelli cercano perciò devono mantenerlo in
vita.»
«Non ha tutti i torti
Jack. In fondo Andrew ci ha detto quel codice e niente di più mentre lui
sicuramente sarà a conoscenza di molti particolari.»
«Va bene, continueremo a
comportarci come se Andrew fosse vivo. Vado a raggiungere gli altri, fuori dalla
porta ci sono due dei nostri che non si muoveranno senza un mio ordine e non
faranno passare nessuno.» Strinse un’ultima volta la mano a Sue «torno più
tardi.»
«Portaci buone
notizie.»
«Farò il
possibile.»