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Autore: Querthe    18/07/2007    5 recensioni
Una sorta di poliziesco a metà strada tra un noir e X-file, o così spero di riuscire a farlo. Scusate se ogni tanto nella storia uso qualche imprecazione, ma non conosco poliziotti da film non scurrili. Mamoru e Rei compagni di squadra, un rapimento e un mistero attorno alla figura di un angelo biondo a cui mancano solo le ali e l'aureola, ma con dei bei codini...
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Rei/Rea, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie, Contesto generale/vago
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Quando i due poliziotti arrivarono alla casa del dottore ucciso, ad entrambi sembrò strano che non ci fosse nemmeno una macchina della polizia, un'ambulanza o che altro. Notarono invece subito le tre macchine nere ed eleganti, oltre al camioncino apparentemente anonimo parcheggiato poco lontano dall'abitazione.
- Affari interni?
- O servizio segreto. In entrambi i casi ci saranno guai.
- Andiamo via dritti?
- Impossibile, Rei. Abbiamo la luce sul tetto anche se non ho innestato la sirena e loro ci hanno già visti. Guarda là. Due uomini sono usciti dall'auto e altri due stanno arrivando dal retro della villettina. Sfodera le tue armi, anche se questi credo che si eccitino e facciano sesso solo è prescritto nel manuale.
- Dubito...
- Anche io. Quindi in guardia. - concluse mentre parcheggiava nel vialetto della casa, con un piccolo giardino ai due lati e sicuramente un altro sul resto, se non addirittura una piccola piscina. Era un quartiere da ricchi, dopotutto. - Buongiorno. Polizia di Tokio.
- Il caso non è di vostra giurisdizione. - declamò atono uno dei due che erano spuntati dal retro. Ognuno di loro aveva un piccolo cavetto elastico che finiva nell'orecchio, lo sguardo truce e il vestito nero.
- Non sapevo che avessero deciso di fare un remake di Matrix qui. Però voi con l'agente Smith centrate poco, ragazzi. - sorrise Rei.
- Non cogliamo la battuta, agente. Il caso non è di vostra giurisdizione. E' il secondo avvertimento ad andarvene.
- Ispettore, prego. E voi, siete...
- Non siete tenuti a saperlo. Il caso è nelle nostre mani, quindi, come direste, voi, smammate...
- Un dottore si impicca dopo aver scarabocchiato decine di disegni e si scomoda il servizio segreto? Deve esserci sotto qualcosa di grosso, decisamente. Eppure noi abbiamo avuto ordini precisi dal nostro superiore. Dobbiamo indagare, e per indagare dobbiamo entrare.
- Voi... non... entrate. Il caso non è di vostra giurisdizione. E' il terzo e ultimo avvertimento.
Rei si avvicinò di un passo all'uomo. Era a meno di mezzo metro da lui, ed era chiaro che la sovrastava di almeno una spanna, oltre a vari chili di muscolatura in più. Gli sorrise nello stesso momento in cui gli sferrò una potentissima ginocchiata al cavallo. Lui si piegò bianco in volto, osservandola con occhi sgranati, giusto in tempo per essere colpito in piena faccia da un mezzo calcio rotato, il massimo che poteva fare con la gonna di ordinanza, facendolo stramazzare a terra senza sensi. L'altro mosse la mano per afferrare la pistola nella fondina, così come fecero gli altri due che erano scesi dalla macchina, ma Mamoru spianò la sua pistola di ordinanza e un'altra piccola ma letale bocca da fuoco che teneva nella tasca dei pantaloni, le canne rivolte alle fronti dei due, che si fermarono, la mano ancora nascosta nella giacca, mentre Rei aveva bloccato e stortato il braccio all'ultimo dei quattro.
- Fossi in voi ci ripenserei a non farmi vedere tutte e due le manine. - sorrise sghembo l'uomo. - Ho bevuto molto caffè stamattina, ho le dita un po' nervose. Potrebbe partirmi un colpo...
- Vediamo se adesso che hanno capito che sappiamo usare le buone maniere riescono a farci passare senza troppe storie?
- Mi sa di no, Rei...
- Scusa? - chiese lei, che stava dando le spalle alla strada.
- Guarda dietro di te. E molla il tipo, tanto non è di lui che mi preoccupo...
La donna fece come le era stato detto, reprimendo una bestemmia vedendo che sia dal camioncino, sia dalle altre due macchine dai vetri oscurati altre otto persone, colleghi dei quattro che avevano già incontrato, a giudicare dagli abiti, erano scese con pistole puntate e alcuni addirittura con fucili a pompa.
- Gettate le armi ed andatevene.
- Mamoru?
L'uomo si fece duro in volto. Un fucile venne caricato, e le sicure di alcune pistole scattarono.
- Bah, che se lo tengano l'impiccato. Di rogne ne ho quante ne voglio già al commissariato. - disse alla fine, facendo cadere le due pistole e alzando le mani in segno di resa.
I tre vicino a loro aiutarono il quarto a rialzarsi e lo portarono nel camioncino. Uno degli altri, lo sguardo serio e consapevole della sua importanza, si avvicinò a loro, raccolse le pistole e le riconsegnò all'uomo.
- Ci sapete fare. Avremmo bisogno di gente come voi. Ma avete una coscienza. E' una grave pecca nel nostro lavoro.
- Immagino. - sibilò Mamoru mettendo via le armi. - E adesso?
L'uomo, dai capelli bianchi e radi, tagliati cortissimi, sorrise.
- Quella è la vostra macchina, se non sbaglio. Saliteci e andatevene, senza dire nulla. Al resto ci pensiamo noi. Non faremo rapporto, sono cose che capitano, incomprensioni tra capoccia, no? Noi siamo solo pedine.
- Vero. Mi spiace per il tuo amico, ha trovato l'Ispettore Hino in una pessima giornata... Sai, ha le sue cose...
- Sì, trentuno giorni al mese. Muoviti, prima che decida di usarti come sacco per l'allenamento. E' da stamattina che non ce ne va una giusta. Io dico che porti rogna... - mormorò lei, pulendosi le mani sbattendole tra di loro e salendo in macchina.
Anche Mamoru salì, e si diresse verso il commissariato, mentre la donna si dava da fare con il computer portatile collegato alla centrale.
- Le mie cose, eh?
- Beh, la scusa del caffè l'avevo già usata... - sorrise lui. - Trovato qualche cosa?
- Forse. E se io non avessi deciso di mettere a mente le targhe delle macchine e del camioncino?
- Le avevo messe a mente io.
- Ti fidi così poco della tua collega?
- E tu? Perché le hai memorizzate? Ti fidi così poco di me?
- Fanculo.
- Grazie. Allora, cosa ci dice la nostra sibilla cumana elettronica?
- Nulla di davvero interessante. Sembrerebbe che quei pinguini fossero davvero quello che dicono di essere. Tutte le targhe sono registrate sotto la voce top secret del servizio segreto.
- E di quel simbolo, la spilletta sul risvolto destro di tutti i pinguinazzi che abbiamo visto, cosa mi dici?
- Scusa?
- Ah-ah, beccata la mia pivella! - scherzò lui rallentando e fermandosi al semaforo.
- Perché volti a destra? Il commissariato è dritto.
- Ma il ristorante no. E' quasi la una, io direi che possiamo anche mangiarci qualche cosa mentre vediamo se riusciamo a trovare qualcosa sullo strano simbolo che ho visto. E ripeto che ho visto io.
- Ma quei caffè con cosa li hai tagliati? - scosse la testa in parte divertita Rei. - E come pensi di trovare qualcosa al ristorante?
- Non io. - rispose lui componendo un numero di telefono e mettendosi in attesa che rispondesse. - Pronto? Sì ciao? No, no tranquilla, lo so che stai lavorandoci. Ti va una pausa? Al ristorante dietro il commissariato? Esatto, alla "Kasba ubriaca". Pago io.
- Solo il nome è tutto un programma... - Pensò con una smorfia la donna. - Come minimo è una tavola calda. Certo che la sua tirchieria non è cambiata da dopo che abbiamo rotto. La cena più importante l'ho fatta al fast-food... - ridacchiò mettendosi una mano davanti alle labbra.
- Che cos'hai da ridere?
- Nulla, nulla. Ami viene, allora?
- Sì. Tra dieci minuti. Con il suo amichetto.
- Lei?! - a momenti si strozzò nel gridarlo. - E chi è?
- Chi?
- Il suo amichetto!
- Cos'è, piuttosto. Ha assemblato un portatile che dice fa faville. E' sicura che riuscirà a trovare ciò che cerchiamo.
- Modesta come sempre... - mormorò Rei.
Mamoru parcheggiò e si diressero all'entrata, modesta ma sobria, del ristorante, che non pareva decisamente una tavola calda.
- Avete un tavolo libero per tre? - chiese lui alla cameriera poco lontana dall'entrata.
- Certo. Prego... - li fece accomodare.
- La terza arriva subito. Intanto se ci fa vedere il menù.
- Subito. Scusi se mi permetto, ma non è la prima volta che la vedo. Birra media e... salatini, giusto?
- Alabi per l'esattezza. Ma per la birra media ha ragione.
- Alabi...
- Chieda a Roberto. Gli dica che li chiede l'ispettore Chiba, e se non li porta gli faccio chiudere il locale. - disse ridendo l'uomo.
- Vado subito. Signora, per lei?
- Andrà bene dell'acqua minerale, non gasata. Fresca, non fredda, o mi gonfia lo stomaco.
- E un'altra birra media per la terza persona.
- Subito.
- Sembra carino. Strano che non ci sia mai entrata...
- Hai visto i costi?
- No. Non ho visto il menù.
- Sono bassi, e si mangia bene. E' per questo che tu non ci vieni. Se non spendi un patrimonio per mangiare male non se contenta...
- Grazie. - rispose gelida l'altro poliziotto. - Visto che sei di casa, che cosa mi consigli?
- Il cuoco cucina delle lasagne favolose. Non potrebbe essere altrimenti, visto che è arabo.
- E che cosa centra?
- Beh... - sorrise sedendosi al tavolo, con quel sorriso che Rei aveva imparato a riconoscere come foriero di battutacce. Si preparò. - Sono più vicini all'Italia di noi, sono certo che sanno farle meglio.
- Salvatemi... - alzò gli occhi al cielo la donna, per poi scuotere la testa e afferrare dalle mani della cameriera il foglio stampato a computer e plastificato su cui erano scritti i piatti, che comprendevano portate uniche o divise, oltre ad alcune offerte speciali della casa che Rei sorvolò senza nemmeno degnarle di uno sguardo.
- Il cuoco mi ha detto che se li vuole, deve andarseli a prendere con la forza... - mormorò imbarazzata la donna, una biondina dai capelli cotonati, porgendo l'altro menù al poliziotto, che sorrise.
- Ottimo. Ci vado subito. Tanto so dove si trova la cucina. - si alzò Mamoru, sotto gli occhi della cameriera, dirigendosi sicuro verso una porta su cui c'era una targhetta inchiodata.
- Pazzesco... Sono capitata in una gabbia di matti... - Guardò la cameriera. - L'acqua...
- Ah, sì... subito. - rispose prima di incamminarsi a passo svelto verso il bancone del bar.
- Vedo che hai già fatto amicizia con la fauna locale...
- Ami!
- Scommetto che il nostro amico è finito da Hani. Mi pare di averlo visto sparire nell'entrata a quella coltivazione di germi che insistono a chiamare cucina...
- Già. Ma chi è sto tizio, e come mai entrambi lo conoscete?
- Roberto, o Hani come si chiama davvero, è un mio caro amico che ho aiutato quando sono tornata dal mio viaggio in Russia durante l'apprendistato di scienza criminale. Era finito lì per giri strani, al seguito di una compagnia di montatori turchi per una centrale elettrica, e poi lasciato lì per motivi ancora oscuri anche a lui. Si stava arrabattando come poteva a Mosca in un ristorante italiano, da cui il nome tipicamente dello Stivale, e ci siamo ritrovati a condividere una serata al commissariato. Lui per lavoro clandestino, io... beh, io per altri motivi subito chiariti. A volte quello che si dice e si fa dopo una gara di vodka è incredibile... Comunque, dopo di che ho fatto in modo che finisse qui e l'ho perso di vista, salvo ritrovarlo tempo fa qui a cucinare. Ogni tanto vengo qui. E' tranquillo, la cucina non è orribile e il costo è ottimo.
Mamoru tornò al tavolo, la bocca piena di salatini come quelli che riempivano le due ciotole assieme a dei pistacchi glassati nel sale alla maniera siriana.
- Alabi... Vuoi? - sorrise come un bimbo felice. - Pistacchi, e altre schifezze dal nome impronunciabile, ma buone, se non per la linea...
- Sopporterò. Sai, ho pensato molto, ho bisogno di rifocillarmi, o rischio un calo di zuccheri... - rispose Rei guardando la scienziata, che fece finta di non aver sentito.
- Hai il tuo amichetto?
- Eccolo. - esclamò Ami aprendo un portacomputer ed estraendovi quello che sembrava un normalissimo portatile, nemmeno troppo moderno, considerando il telaio e le finiture.
- Come lo hai chiamato? Fufi?
- Non è mica un cane, anche se ha il fiuto di un cacciatore di tartufi. Se dovessi chiamarlo in qualche modo, direi che Franky è il migliore appellativo. Ogni cosa al suo interno è overcloccata, rimaneggiata, jumperata e boosterata come solo raramente ho visto fare. Io ho unito il meglio. Chiedigli qualcosa, e lui ti risponderà.
Arrivarono le birre e l'acqua. I tre ordinarono e aspettarono che la donna si allontanasse. Ami accese il suo portatile, che emise alcuni sommessi strani rumori prima di presentare la schermata principale.
- Ok. Siamo in linea con tutte le banche dati a cui posso accedere legalmente, più un paio che vorrei evitare si sapesse in giro. Cosa dobbiamo cercare?
- Un simbolo. Uno stemma, qualcosa di simile ad un marchio.
- Hai una foto o un disegno dello stesso?
Lui scosse la testa.
- Ma posso descrivertelo molto bene. L'ho visto poco, ma mi è rimasto impresso. Verde, a forma di clessidra, con una chiave viola al centro, messa di sbieco.
- Chiave come? Di quelle moderne o stile antico?
- Hai presente quella della Becks? Ecco, uguale, ma viola. E due lettere sotto, ma non chiedermi quali, erano troppo deformate per vedersi. Potevano essere anche cirillico.
- Mmmm, mica facile, ma ci tentiamo. Datemi un po' di tempo. Mentre mangiamo credo che possa saltare fuori. Ho messo una chiave multipla di ricerca, vediamo cosa mi dice il mio amichetto. Non mi ha mai deluso...
Arrivarono i loro pranzi, e tutti e tre li mangiarono in silenzio, se non poche parole sul lavoro, il tempo e la cattiveria della Tomoe, cosa su cui furono completamente d'accordo.
- Buono. Devo ammettere che il tuo amico Roberto è molto bravo. Ho mangiato degli spaghetti così solo ad un lussuosissimo ristorante a Sapporo.
- Grazie, bella signora.
- Roberto! Come va? E' tanto che non ci vediamo! - lo salutò con trasporto Ami, alzandosi e abbracciandolo calorosamente.
- Bene. Come sempre quando io ti vedo. Tu sai che è in Giappone anche mio fratello?
- Davvero?
Lui annuì sorridendo, la pelle leggermente scura in contrasto con il bianco perfetto della sua tenuta da chef con tanto di bottoni sul lato, baffetti curatissimi e cappello a fungo.
- Lavora come uomo che fa le pulizie per una casa...ditta che si occupa di lavare alcune industrie. Ma vuole cambiare. Dove lo hanno mosso una settimana scorsa... la settimana scorsa si trova male. Ha paura.
- Paura?
- Già dice che sente le voci, e che le persone là sono strane. Il primo giorno è entrato senza volerlo in un piano protetto, e è mancato poco che lo uccidevano... uccidessero. Ha avuto tanta paura.
- Strana fabbrica. - mormorò Mamoru. - Eppure se si occupano di ricerche particolari alla privacy ci tengono parecchio. Non è la prima che sento. Magari è una fabbrica governativa.
- No. Laboratorio di ricerca. Gormat, Gormet...
- Garnet Laboratories?
- Esatto Ami. Tu sai sempre tutto.
- Non io. Il mio amichetto.
- Scusa? Ah, devo andare, mi chiamano in cucina. Ciao e shokran per la visita.
- Grazie a te. - Ami sorrise rivolgendosi al collega. - Abbiamo trovato i proprietari del tuo simbolo. E' una apparentemente piccola ed insignificante ditta che si occupa di ricerche conto terzi nel campo farmaceutico e della biologia. Ha sede poco lontano dal tuo quartiere, Mamoru.
- Bene, bene, bene... Girettino?
- Io torno in laboratorio, magari riesco prima di sera ad avere un nome ed un volto per la tua sconosciuta. E grazie per il pranzo. Soprattutto visto che lo paghi tu.
Mamoru borbottò qualche cosa di non ben definito e si alzò anche lui, seguito a ruota a Rei che tracannò l'ultimo sorso di acqua di corsa.
Il viaggio sembrò interminabile per l'ispettore Chiba, ma finalmente arrivò all'indirizzo che gli aveva dato Ami. Parcheggiò poco lontano, e si avvicinò con Rei a quella che poteva essere un'entrata. Si fermò e si voltò, finendo addosso alla donna, che grugni.
- Cazzo. Il piedmmmmghtt! Mmmmghtt! - mugugnò lei, le sue labbra pressate su quelle dell'uomo, che la strinse a sé con passione, come aveva sempre fatto finché lei non aveva deciso di rompere con un rapporto strano e per lei inaccettabile sotto molti punti di vista.
- Shai buona. - bofonchiò lui fingendo di continuare a baciarla. - tehehamera ietro hi me.
- Diamo hehhacolo... - sorrise lei colta da una adolescenziale smania, stringendolo anche lei e baciandolo davvero, non ricordandosi il sapore delle sue labbra, misto al dopobarba che gli era rimasto addosso anche se non si era rasato quella mattina.
Lei si accorse di aver sollevato una gamba e di averla piegata a lato del busto di Mamoru, strusciandosi in maniera molto provocante contro di lui. Con un colpo deciso lui si fece girare, e lei con lui, finendo addosso alla recinzione che delimitava l'area della Garnet Laboratories. Lei afferrò le maglie per potersi premere di più contro di lui.
- Ehi piccioncini, andate a tubare da un'altra parte! - giunse dall'altoparlante, mezza divertita, mezza metallica la voce dell'addetto della sicurezza che stava osservandoli. - Siete praticamente dentro una proprietà privata.
I due corsero via dandogli sempre le spalle, fermandosi solo quando giunsero di nuovo alla macchina.
- Bel casino... - dissero assieme.
- Se hanno telecamere servocomandate e dotate di microfono solo per la recinzione esterna, dentro ci sono i Gundam! - mormorò lui.
- Già... - sospirò Rei, anche se il suo commento era riferito al cuore che le batteva all'impazzata come credeva avesse smesso di fare tempo prima, sebbene si fosse resa conto che il trasporto era solo suo. Le labbra dell'uomo, nonostante le sue insistenze, erano rimaste chiuse e ferme alla sola simulazione.
Il telefonino di Mamoru squillò.
- Dimmi Ami. - ci fu una pausa. - Non ci credo. Che botta di culo! Aspetta che ti metto in vivavoce, così la dai a tutti e due la buona notizia. - schiacciò un pulsante e allontanò l'apparecchio. - Dicci pure.
- Le impronte digitali sono di una nostra vecchia conoscenza, anche se del reparto della buoncostume.
- L'ho detto io che ti eri portato una puttanella... - mormorò acida la collega, dimenticandosi immediatamente delle sensazioni che aveva provato.
- Dubito, è troppo di bassa levatura per i gusti, per quanto sudici, di Mamoru...
- Grazie...
- Comunque il nome della nostra carissima amichetta è Minako Aino, detta Mina L'Amour.
   
 
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