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Autore: Scattered Dream    03/01/2013    7 recensioni
Salve!
Sono tornata con una storia ad OC, spero vi interessi!
***
Tratto dalla storia:
"-Hai una pessima opinione sui pirati, eppure hai tutte le carte in regola per diventarlo anche tu!-
-Non è vero-
-Invece si: hai aiutato un malfattore, ovvero me, hai derubato un ricco viandante, stai per rubare una nave e hai un'ossessione per i tesori!-
-Non ho nessuna ossessione per i tesori!-
-Non tutti i tesori sono d'oro- "
***
Una leggenda tramandata da cinquant'anni riguardante il tesoro più grande e prezioso di tutti i tempi.
Una guerra senza esclusione di colpi.
Un viaggio oltre ogni immaginazione.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
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Kitsune [1] .

Non si ricordava nemmeno da quanto tempo era che lo avevano iniziato a chiamare con quel soprannome e, sinceramente, non gli interessava un granché sapere chi glielo avesse dato. Chiuse gli occhi, ascoltando beato il rumore delle onde che si infrangevano contro i fianchi della nave, mentre il vento gli accarezzava delicatamente il viso.

-Capitano Atsuya- un giovane mozzo di nome Dominic, entrato a far parte della ciurma da poco tempo, lo chiamò con voce agitata, torturandosi freneticamente le mani.

-Che vuoi?- chiese secco, aprendo un occhio. Odiava essere disturbato nei suoi rari momenti di ozio, e non sopportava ancor di più che a disturbarlo fosse quel ragazzino insopportabile, taciturno e mingherlino, che non ce la faceva a trasportare una botte di vino senza farla cadere almeno una volta. Un tipo così deboluccio non sarebbe durato molto, ne era certo.

-C’è una nave della Marina che ci insegue, signore- annunciò il mozzo, per poi correre via. Il capitano, a quella notizia, saltò giù dall’amaca su cui stava riposando, e raggiunse velocemente il punto in cui avevano avvistato la nave nemica, mentre i suoi uomini iniziarono ad agitarsi, creando un gran caos: c’era chi imprecava a gran voce contro la Marina, chi cercava un posto dove nascondersi e chi, semplicemente, non faceva assolutamente nulla.

-Razza di idioti, smettetela di comportarvi  come femminucce impaurite!- urlò, salendo su una botte di polvere da sparo, per farsi sentire e vedere meglio. Sulla nave calò il silenzio, e tutti si fermarono, guardando con occhi intimoriti Kitsune, che, a sua volta, si era girato a scrutare il mare, avvistando una maestosa bandiera con i colori dell’Inghilterra.

-Tutti ai vostri posti, e cercate di non farvela troppo nelle mutande- esclamò qualche secondo dopo, mettendosi al timone, mentre un sorriso beffardo appariva sul suo volto.

“Ti schiaccerò, lombrico” pensò, e il suo corpo fremette di gioia a quell’idea.

Dopo pochi minuti, le due navi si incrociarono, dando inizio ad una danza mortale, dove le lame della spade si spezzavano sotto il peso di altre lame più forti, le palle di cannone creavano vere e proprie voragini , talvolta schiacciando senza pietà circa tre uomini alla volta, e le pallottole delle pistole trapassavano qualunque cosa incontrassero sul loro cammino.

-Ciao Atsuya- sussurrò freddamente una voce. Quella voce.

Si voltò di scatto, riuscendo a parare in tempo un potente fendente che mirava al fianco, ritrovandosi a pochi centimetri dal viso di un ragazzo di circa vent’anni, che lo guardava divertito. I capelli grigi ricadevano scompigliati sul viso dai lineamenti delicati, mentre gli occhi dello stesso colore dei capelli brillavano alla luce del tramonto.

-Shirou- pronunciò quel nome con tono piatto, per poi scattare all’indietro. Non aveva voglia di stare così vicino a quell’individuo che, pochi mesi prima, lo aveva umiliato nella battaglia svoltasi al largo del Golfo del Messico.

-Sono passato a salutarti, non sei felice?- disse il ragazzo, mentre trafiggeva la gamba di un uomo che gli si era avventato contro.

- Ed io che pensavo che fossi venuto per catturarmi- rispose Kitsune, estraendo la pistola dalla cintura di cuoio legata alla vita. Lui amava combattere, amava sentire l’odore acre del sangue, amava il rumore delle pistole che sparavano e lo stridio delle lame che cozzavano tra loro, ma, soprattutto, lui adorava vincere.

-Nei tuoi occhi leggo odio, rancore…..ma è solo una maschera per nascondere la paura, vero?- Shirou lo guardò con compassione, e per un attimo giurò di aver visto una lacrima solcare il volto sporco e pieno di graffi del fratello. Improvvisamente, un ricordo balenò nella sua mente, come un fulmine a ciel sereno.


 

“Due bambini ridevano sereni, seduti sulla sabbia bianca,

lasciando che l’acqua salata del mare gli bagnasse i piedi.

- Viaggerò il mondo- disse ad un certo punto uno dei due, guardando sorridente il tramonto.

-Che cosa farai?- chiese l’altro, fissandolo confuso.

-Viaggerò il mondo- ripeté l’altro, senza perdere il sorriso.

-Girerò, si dice girerò il mondo- lo corresse il bambino dai capelli grigi, continuando a disegnare cerchi  sulla sabbia.

-E’ quello che ho detto!- esclamò sbuffando  il fratello.

-Atsuya! Shirou!- un vecchio dalla lunga barba bianca uscì da una capanna con il tetto in paglia, facendo cenno ai due bambini di rientrare a casa.”


 
Un intenso bruciore alla spalla lo riportò alla realtà. Si guardò il punto che gli faceva male, vedendo la punta di un pugnale, riccamente decorato, piantata nella spalla destra.

-Vattene- Kitsune si fece improvvisamente scuro in volto, guardando con freddezza il suo avversario, poi girò i tacchi e se ne andò, scomparendo tra la mischia di uomini impegnati a massacrarsi a vicenda.

La battaglia finì a notte fonda, con la vittoria dei pirati, i quali, dopo aver appiccato il fuoco alla nave della Marina Militare, filarono via veloci come il vento, lasciandosi alle spalle solo morte e desolazione.

***    

Le stelle erano da poco spuntate nel cielo scuro, illuminato da una pallida luna la cui flebile luce si rifletteva sull’acqua del mare, mentre un vento freddo faceva dondolare le barche dei pescatori ormeggiate nel porto. Insomma, non era di certo la notte adatta per fare una passeggiata romantica, soprattutto se in circolazione c’erano loro.

-Giuro che questa me la paghi- bisbigliò una delle due figure, quella più bassa, accucciandosi dietro ad alcune botti di legno.

-Taci Riuji- gli rispose l’altro, mettendosi l’indice davanti alla bocca, mentre gettava una rapida occhiata al vicolo buio da cui erano appena usciti e dal quale, proprio in quel momento, sbucò un drappello di guardie armate. Li stavano cercando per tutta la città, e prima o poi li avrebbero anche trovati, se non si sbrigavano ad andarsene da quel posto infernale.

-Che sia maledetto il giorno in cui ti ho incontrato, pirata da quattro soldi!- bisbigliò calandosi ancor di più il cappuccio sul volto. Era in debito con quel losco individuo, gli doveva la vita, era vero, ma in quel momento l’avrebbe volentieri consegnato lui stesso alle guardie, le quali superarono a passo svelto il loro nascondiglio, senza accorgersi di nulla. Il compagno lo guardò di sbieco, ma non rispose all’offesa, impegnato com’era a guardare il cielo.

-Hiroto, ti prego, dimmi che hai almeno un piano!- continuò l’altro. Il rosso scrutò il buio della notte, poi si mise a fare rapidi calcoli, tracciando con il dito un disegno incomprensibile sul terreno fangoso.

-Si- rispose, uscendo fuori dal nascondiglio e dirigendosi tranquillamente verso il porticciolo dov’erano ancorate alcune golette [2].

-E quale sarebbe?- domandò l’altro scettico, raggiungendolo di corsa.

-Rubiamo una nave- rispose l’altro deciso, affrettando il passo. Dovevano assolutamente prendere il largo quella notte, o per loro sarebbe stata la fine.

-Tu sei pazzo Hiroto! Hanno ragione quando dicono che non ci si deve mai fidare di un pirata!- esclamò il suo compagno, passandosi una mano sulla fronte bagnata dal sudore. La loro situazione era già abbastanza grave e lui se ne usciva con la brillante idea di commettere un furto, per giunta anche bello grosso. Cosa pensava, che nessuno si accorgesse della scomparsa di una goletta?

-Che c’è, sei capace di rubare un orologio d’oro e non una nave?- e, dopo che le parole gli uscirono taglienti dalla bocca, essa si incurvò in un sorriso a metà tra  l’ ironico e il provocatore. Lui amava stuzzicare la gente facendo leva sui loro punti deboli. Era il suo passatempo preferito.

-Tu e la tua razza, fate tutti schifo- sibilò tra i denti  Midorikawa,  fissando con odio Hiroto. Aveva ferito il suo orgoglio, e l’aveva fatto di proposito. Era un bastardo.

-Disprezzi così tanto i pirati, eppure hai tutte le carte in regola per diventarlo- disse ghignando divertito l’altro, mentre si avvicinavano sempre di più alla nave.

-Non è vero!-

-Invece si: hai derubato un uomo, hai aiutato un malvivente, ovvero me, stai per rubare una nave e hai una vera ossessione per i tesori!-

-Non ho un’ ossessione per i tesori!-

-Non tutti i tesori sono d’oro- rispose il pirata, facendo l’occhiolino al suo compagno che, dal canto suo, non riuscì a replicare in nessuno modo, mentre le guance si colorarono di un rosso vivo. Nel frattempo, alcuni soldati si erano accorti del movimento che si era creato nella piazzetta del porto, e avevano lanciato l’allarme.

-Si sono accorti di noi, che facciamo?-  chiese agitato Riuji, che aveva visto un guardia che accendeva un grande fuoco, dando, in questo modo, il segnale. Venti soldati si erano già riversati nel piccolo piazzale, e altrettanti ne stavano arrivando, scendendo le ripide scalette in pietra che collegavano il molo ad una delle tante strade della città.

-Cazzo- imprecò a denti stretti  il rosso, iniziando a correre più veloce che poteva verso la nave, seguito a ruota dal suo compagno, mentre le guardie iniziavano a sparare verso di loro.

-Buttati in acqua e poi sali usando quella- gli ordinò il pirata quando arrivarono alla corvetta, indicandogli una fune che, per loro grande fortuna, pendeva dal ponte deserto della nave. Il giovane  non se lo fece ripetere due volte e, un attimo prima che una pallottola gli bucasse la spalla, si buttò nell’acqua gelida e scura del mare. Intanto, Hiroto, con una velocità sorprendente, tirò fuori le due pistole che teneva nella cintura, iniziando a sparare alle guardie con la prima, mentre con la seconda mirò ad alcune botti piene di polvere da sparo, che si trovavano qualche metro dietro di lui, colpendole con precisione.  I pezzi di legno volarono via, e in un attimo il piazzale fu inondato dal fuoco. Le grida degli uomini rimbombarono nel silenzio della notte, mentre le fiamme divoravano i loro corpi e tutto ciò che trovavano lungo il loro cammino, comprese le navi.


 
***

Si guardò in giro, facendo passare lo sguardo attento e sottile su ogni oggetto presente nella sala: bicchieri in cristallo, tappeti pregiati, quadri che portavano la firma di grandi pittori e, in fondo alla stanza, un trono color oro, decorato con pietre preziose e bassorilievi. Improvvisamente, lo squillo di una tromba annunciò l’arrivo del re, il quale entrò a passi lenti e sicuri ,camminando impettito sul tappeto rosso che attraversava tutta la sala, fermandosi ai piedi del trono. Era un vecchio basso e cicciotto, vestito di tutto punto, con una preziosa corona adagiata sulla tipica parrucca bianca che andava di moda in quel periodo.

Il giovane si inchinò al suo cospetto, rispettosamente, ma senza ammirazione. Grazie alla famiglia reale, suo padre era riuscito a diventare uno degli ufficiali più importanti del Paese, arricchendosi e guadagnandosi l’amicizia del re, era vero, ma a lui non era mai stato simpatico.

- Edgar, mio caro, ti prego di alzarti- disse con voce altezzosa il sovrano, squadrandolo dalla testa ai piedi, con occhio critico.

-Dimmi, come sta tuo padre?- chiese con falso interesse. Fingeva di aver un sincero interessamento nei confronti dei suoi alleati e delle persone che lo servivano e riverivano in tutti i modi, ma lo faceva solo per tenerseli buoni, in caso avesse avuto bisogno del loro aiuto.

-Sta bene, Altezza, grazie. Per quale motivo mi ha convocato?- domandò il giovane dai lunghi capelli azzurri, impaziente di sapere cosa voleva quel vecchio arrogante da lui. Lo considerava una delle persone più viscide ed approfittatrici del pianeta, e l’idea di schiaffeggiarlo si era fatta largo nella sua mente più di una volta.

-Volevo parlare dell’incendio di questa notte- rispose il sovrano, battendo ritmicamente le dita sulla gamba, curioso di sapere chi aveva osato distruggere uno dei più importanti porti dell’Inghilterra.  Il giovane Edgar si schiarì la voce, iniziando a raccontare che, ad appiccare l’incendio, era stato un pirata, il quale stava cercando di rubare una nave insieme ad un'altra persona, probabilmente un compagno, che però i pochi superstiti non erano riusciti ad identificare.

-Chi è questo pirata? Lo avete preso?- il re si alzò di scatto, mentre i suoi occhi si riduceva a due fessure.

- Hiroto Kiyama, Maestà- il sovrano, nel pieno di una crisi isterica, buttò a terra l’intero servizio da the che, pochi minuti prima, un servo aveva pazientemente sistemato su un tavolino posto alla destra del trono. Per anni aveva dormito sonni tranquilli nel suo letto, sicuro che la pirateria fosse un capitolo chiuso, una cosa appartenente al passato, ed che ora si ritrovava davanti un problema più grande di lui, un antico nemico venuto dal passato a distruggere ogni sua certezza, non sapeva come comportarsi.  Si accasciò sul trono, lo sguardo pieno d’ira.

-Voglio che ogni pirata sia eliminato, non mi importa se si tratta di uomini, donne o bambini!- esclamò, e un ghigno feroce comparve sul viso pieno di rughe.

-Come desidera- disse Edgar, esibendosi in un breve inchino, per poi affrettarsi ad uscire, lasciando il sovrano da solo con il suo odio.

♣♣♣♣

[1]  Kitsune in giapponese significa “volpe”, e più avanti spiegherò perché ho deciso di soprannominare Atsuya così.

[2] Le golette erano delle navi utilizzate spesso dai pirati nei mari nordamericani e caraibici.


 
Angolo dei Pesci Polposi o dei Nove Anelli Perduti:

Dopoaverpoubblicatoquestaschifezzahoancheilcoraggiodiparlare

Salve a tutti ~

Questo capitolo è stato un parto. No, sul serio, pensavo di non riuscire più a finirlo :’’.  Tralasciando il fatto che ho cambiato decine e decine di volte i personaggi –chemisonovenutimoltoOOC- , ma scrivere il flashback tra Atsuya e Shirou è stata una delle  cose più impegnative del capitolo, poiché all’inizio doveva essere una triste, poi però, mentre scrivevo è diventata una cosa tipo “balliamo allegramente sui tavoli”  e, alla fine, mi è venuta in mente l’idea della spiaggia chefacomunqueschifo.

  Dominic è l’OC di Rawr.

Ah, devo fare un piccolo avvertimento: la frase “non tutti i tesori sono d’oro” è una citazione dei Pirati dei Caraibi, e siccome mi piaceva l’ho inserita.

Spero vivamente che vi sia piaciuto.

Ever


 

 
  
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