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Autore: oOLeylaOo    22/07/2007    4 recensioni
La storia di una maga che viaggiando per il mondo cerca il vampiro che uccise sua sorella maggiore più di sedici anni prima
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dunque... hanno copiato la mia storia, quindi non so se continuerò a postarla... perchè la cosa mi secca oltre ogni dire!

Capitolo 34
-Una via-


Ero ubriaca, non troppo lucida e mi sentivo estremamente confusa, il vento fresco della sera mi accarezzava lievemente e a tratti, vedevo l’oscuro manto della notte attorno a me e sentivo il desiderio di chiudere gli occhi e non riaprirli per molto, molto tempo. Andrew era davanti a me, la sua figura alta e attraente era sfocata ai miei occhi. Le sue labbra erano morbide e asciutte, mentre sfioravano le mie in un bacio dolce e del tutto casto mi sentii percorrere da un brivido e non fu piacevole.
Scaraventai Andrew dall’altra parte del parcheggio senza nemmeno rendermene conto, i miei poteri erano difficilmente controllabili nello stato in cui ero.
Mi appoggiai la mano sulla fronte, frastornata e confusa. Uscii lentamente dalla macchina, l’aria fresca che mi investii impiego mi fece sentire meglio.
Camminai verso Adrew che era ancora steso a terra, ma che si stava mettendo seduto, mi accucciai mentre lui mi guardava frastornato, tra i due non so chi era messo peggio.
-Stai bene?- domandai in un sussurro.
Lui fece un cenno d’assenso in risposta, ma non aprì bocca, lievemente spaventato.
-Che diavolo ti è preso?- ho inveito arrabbiata. -No, non dirmelo! Non voglio saperlo! Vado a dormire. Buona notte!- e così dicendo girai sui tacchi ed entrai in casa, salii barcollando le scale e entri in camera chiudendo la porta a chiave. Mi buttai sul letto completamente vestita e mi addormentai così: mi sentivo esaurita.

Che fastidio. La luce mi arrivava in faccia… così fastidiosa! La odiavo! Perché nessuno la spengeva? E io quando la avevo accesa?
Alzai lentamente un palpebra e la riabbassai subito: veniva dalla finestra. Cosa avevano fatto? Avevano accesso un enorme faro davanti alla mia finestra? Chi accidenti era stato? Se avessi potuto avrei voluto strangolarli.
Qualcuno bussò alla porta. Se era il tipo che aveva accesso il faro davanti alla finestra lo avrei ucciso. I colpi continuavano incessanti anche se io non rispondevano, mi faceva male la testa e avevo ancora sonno.
-Chi accidenti è? E che accidenti vuole?- biascicai seccata.
Silenzio. Finalmente! Mi stavo riaddormentando, ci mettevo davvero poco per riaddormentarmi quando mi sentivo in quel modo.
-Ester…-chiamò Andrew dall’altra parte della porta.
Mi tirai su sorreggendomi al gomito e appoggiai la faccia alla mano sinistra fissando il mogano della porta della mia stanza in attesa nonostante la stanchezza.
-Mi dispiace… per ieri sera… io… non so che mi è preso.- disse imbarazzato, mi alzai e mi misi a sedere sul letto, restando attenta e in ascolto. -Mi sono comportato male… lo so… ma io….- balbettava cercando una scusa.
Andai alla porta e l’aprii, non volevo sapere che aspetto avevo, si sicuro non era molto bello, ma Andrew si limitò a fissarmi con un mezzo sorriso e un espressione dolce che non avevo idea di cosa volesse dire e nemmeno mi importava.
-Mi hai baciata.- dissi atona, seccata dal fatto di essere stata svegliata, fulminandolo con un occhiata.
Lui fece un respiro profondo. -Mi piaci!- disse tutto d’un fiato, mi sembrava un ragazzino di quattordici anni, invece che tenerezza mi fece rabbia.
Gli chiusi la porta in faccia e andai in bagno a farmi una doccia. L’acqua tiepida mi svegliò, in un attimo mi sentii meglio, soprattutto molto più cosciente, mentre mi insaponavo con il mio doccia schiuma alla fragola, che Dora aveva continuato a comprarmi perché l’adoravo da piccola,ripensai a quello che era successo e mi sentii nuovamente assalire dalla stanchezza. La scacciai scuotendo il capo, e dopo essermi sciacquata i capelli mi vestii in fretta e scesi a mangiare qualcosa. Dora mi servì del pancake con sciroppo d’acero e mirtilli e io mangiai senza dire niente.
-Cara… io…- iniziò Dora, quando mi alzai da tavola.
-Che c’è? Che succede?- chiesi brusca.
-So che Andrew… insomma… si, che non si è comportato molto bene.- disse in difficoltà, torcendosi le mani. -Mi dispiace molto… non vorrei che ti avesse offesa… in fondo lui… noi.. apparteniamo a classi diverse….e …-
-Dora siamo nel ventottesimo secolo, le classi non esistono più.-la fermai sorridendo -Lo sai che per me sei come un madre… un madre normale intendo, non una simile alla mia.-
Mi sorrise, luminosa e gentile. -Mi dispiace per come si è comportato mio figlio… solo si è preso una sbandata per te… lo sia come sono i ragazzi, no?-
Ci pensai su:lo sapevo? No, decisamente no! L’unico ragazzo che avevo frequentato era un demone e non stavamo nemmeno insieme quando viaggiavamo insieme… e ora non sapevo se stavamo insieme, ma sapevo che volevo vederlo. Sospirai, la vita è troppo assurda a volte.
-Non so come sono i ragazzi, ma io sono gia impegnata.- “Più o meno” pensai, ma non lo aggiunsi.
Dora mi fissò a bocca aperta.
-Ehy!- questo era un insulto bello e buono.
-Scu…scusa cara… ma non me lo aspettavo.- farfugliò rossa di imbarazzo.
-Ci vediamo.- la salutai, non avevo voglia di iniziare una discussione. -Non ho ancora trovato quello che stavo cercando, mi attende una lunga giornata.- dissi salendo di corsa le scale e fiondandomi in camera di mia sorella.
Era molto bella, con il grande letto a baldacchino, il baule ai suoi piedi, una piccola libreria accanto alla finestra, una specchiera e un armadio. Nella stanza non c’era un filo di polvere, la luce che entrava dalle tende era splendida e calda, il vento gentile.
Mi diressi verso la libreria e presi un carillon che era adagiato su uno scaffale: lo adoravo e da piccola lo ascoltavo sempre. Mi madre me lo aveva regalato quando ero piccola, ma io avevo una paura incredibile di perderlo così lo avevo affidato a mia sorella perché lo tenesse al sicuro. Era come quelli vecchi, si caricava a molla quando il carillon iniziava a suonare appariva l’ologramma di una pattinatrice sul ghiaccio che danzava. Era un amore. Chissà che fine aveva fatto la chiavetta per caricarla…che fosse all’interno?
Lo aprii con delicatezza accarezzando il coperchio con le pietre e egli intarsi finemente elaborati in oro. Dentro trovai la chiavetta e anche una lettera.
La busta era rosa pastello e sul retro spuntava una scritta nera che diceva “Per Ester”, la calligrafia era semplice e elegante insieme, nonostante non la vedessi da anni non mi ci volle nemmeno un minuto per riconoscerla: era quella di mia sorella.
Mi misi a sedere sul letto e iniziai a leggerla in silenzio, una pagina dopo l’altra, erano solo due. Continuai a leggerla, la rilessi almeno quattro volte, poi mi fermai, persa nei miei pensieri e confusa, ma anche felice. Mi sentivo amata, per la prima volta sentivo che non ero assolutamente sola, e che non lo ero mai stata, mia sorella non mi aveva mai lasciata, ancora oggi, dopo tanti anni dalla sua morte era ancora lì, accanto a me.
Mentre la leggevo mi venne un idea a dir poco geniale, e decisi di partire subito per la più grande e ampia biblioteca di essoterismo esistente al mondo, perché purtroppo tra i libri che erano in casa non c’era quello che mi interessava. Per sicurezza comunque ricontrollai sia in soffitta che in biblioteca, ma come avevo immaginato non c’era.
Andai in camera mia dove ero passata, prima di andare a cercare il libro, a posare la lettera e il carillon, e feci la valigia. Ficcai velocemente la poca roba che avevo tirato fuori e la rimisi nello zaino, ovviamente era uno zaino magico che aveva la possibilità di contenere una quantità pressoché infinita di oggetti. Ci depositai delicatamente sia il carillon che la lettera e la richiusi, poi la presi con delicatezza e scesi lentamente le scale, abbracciando la scala con lo sguardo.
-Award! Dora!-chiamai quando arrivai davanti alla porta, loro mi vennero incontro, Dora correndo con quel suo passo che sembrava trasmettere energia e Award camminando in modo distinto. Sorrisi guardandoli e poi dissi -Io vado… riparto…Grazie infinte di tutto.-
Dora mi abbracciò, triste. -Non andare gia via, sei appena arrivata!-Ricambiai l’abbraccio penando che anche se ero lì da un solo giorno mi sembrava che fosse passato molto più tempo.
-Mi spiace Dora, ma devo proprio andare.- sussurrai, con le lacrime agli occhi. Se era Dora riusciva sempre a commuovermi.
-Signorina.- chiamò Award. -Non vuole nemmeno apettare che tornino i suoi genitori?- domandò con una punta di tristezza.
-Assolutamente no!- risposi concitata.
-Ester!- mi riprese Dora.
-È solo una mia impressione o questa assomiglia molto alla discussione che abbiamo avuto quando sono arrivata?!-
Sorrisero entrambi, io presi la giacca e Award mi aiutò a infilarla, poi misi lo zaino in spalla e aprii la porta.
Ora, non so cosa avrei potuto fare se avessi saputo in anticipo quello che sarebbe successo, ma l’idea di sgattaiolare via scappando dalla finestra della mia stanza mi sembrava incredibilmente splendida, perché quando aprii la porta non trovai solo la nuova strada che avevo deciso di percorrere ad aspettarmi, ma anche i miei genitori.
-Mamma… papà… quanto tempo!- scherzai facendo un passo indietro mentre tutti e due mi fissarono sgranando gli occhi, dopo pochi istanti però riassunsero la loro solita fredda compostezza.
-Ester.- disse mio padre, con voce roca, era invecchiato. Evave corti capelli grigi, con delle sbuffi bianchi qua e là, e occhi verde smeraldo, come i miei. Il fisico era alto, slanciato e asciutto, quasi fragile, eppure comunicava forza e solidità, probabilmente per via della sua espressione o del suo metro e ottanta.
Mia madre invece aveva delicati capelli biondi legati dietro la testa in un acconciatura elegante, aveva un fisico più robusto, era ingrassata con il tempo, e aveva gli occhi azzurri chiarissimi, quasi trasparenti, come quelli degli aski, anche lei era invecchiata, ma era comunque molto bella ed elegante.
-Sei tornata.- continuò lui con voce dura.
-Sono di passaggio.- spiegai mentre entravano in casa.
-Ti servono soldi?- domandò con voce lieve.
-No, mi serviva… un'altra cosa. Ah, ho preso un paio di libri e un paio di vecchi gioielli che erano in soffitta… è un problema?- domandai, mi sentivo sempre intimorita da loro.
-No, non è un problema.- disse mia madre con voce soave. Sembrava triste e lo sguardo che mi rivolse era quasi dolce, mi sentii un po’ in colpa.
-Grazie… allora, io vado.- dissi, stringendo il braccio di mia madre con un gesto affettuoso, credo il più affettuoso che le avessi mai rivolto dopo i miei cinque anni. Poi uscii di corsa e mi diressi alla mia moto, partii direttamente in seconda: quando si dice l’impazienza!

Chissà perché tutti sono convinti che le più grandi biblioteche di magia si trovino in Europa, forse perché è lì che il culto affonda più profondamente le sue radici; ma la verità è che a causa dell’inquisizione molte delle streghe fuggirono in America. Purtroppo anche qui si diffusero i sospetti e la paura, ma comunque molte streghe riuscirono a nascondersi e a tramandare il loro sapere, custodendo gelosamente molti dei testi ora più ricercati. Anche la mia famiglia faceva parte di quell’antica dinastia di streghe che era sopravvissuta a tutto questo, e molti nei libri nella nostra biblioteca erano antichi. Tutta via in nessuno di quelli c’era scritto ciò che mi serviva, per questo ero lì in quel momento: dove cercare un libro di magia se non nella più grande biblioteca magica del mondo? Secondo voi dove si trova? Ve lo dico perché tanto non indovinereste mai: a Los Angeles!
Appena ero arrivata, con il treno diretto incredibilmente veloce, avevo chiesto al tassista di portarmi in un hotel in centro da dove avrei potuto prendere l’autobus per qualunque località o luogo della città. Presi una camera in un piccolo hotel incredibilmente moderno, nella hole c’erano statue ologrammate e finte fontane, oltre alle solite comode poltrone e al banco della recepsion. Presi una stanza piuttosto grande, non una suite ma quasi, e dopo essermi sistemata mi diressi il più velocemente possibile alla biblioteca.
Ed è esattamente lì che mi trovavo ora : nell’immensa biblioteca situata in una angolo ovest di Los Angeles, una biblioteca di cinque piani completamente bianca e bellissima, anche se un po’ fredda. Stavo scorrendo con lo sguardo gli scaffali nel reparto antichi libri esoterici, fino a che non trovai quello che mi interessava. Era nel terzo scaffale a partire dall’alto. Non c’erano scalette e non arrivavo allo scaffale con il libro perciò mi misi a saltellare come una stupida: cavoli! Nessun rispetto per chi non è alto un metro e ottanta, io arrivo solo a uno e settantacinque e solo grazie ai tacchi di cinque centimetri. Maledizione! E pensare che ero abbastanza alta per essere una ragazza, eppure la mia mano sfiorava appena il libro che mi interessava e che non riuscivo a raggiungere.
Con un nuovo salto riuscii a sfilarlo lievemente, ma quando atterrai persi l’equilibrio e quasi caddi all’indietro. Andai a sbattere contro il petto di qualcuno e non feci in tempo a voltarmi per scusarmi che vidi il braccio del ragazzo allungarsi oltre la mia testa e prendere il libro che mi interessava, per poi pormelo. Lo presi e lo fissai un istante: aveva una bella copertina in pelle lievemente consumata, il nome del libro era scritto in italiano con lettere incise e profumava di vecchio come tutti i libri.
-Graz…-iniziai a dire alzando gli occhi per guardarlo, e il mio respiro si fermò mentre due occhi scarlatti si fissavano nei miei.
-Asher.- bisbigliai con voce rotta.

  
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