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Autore: M a i    04/01/2013    2 recensioni
[ Storia arrivata 8° al contest " Tutti i grandi sono stati bambini, una volta" indetto da Sweet Cupcake sul forum di EFP]
[ Raccolta di One-Shot che fanno da Missing Moments alla mia storia principale su Tom Riddle adolescente e il mio nuovo personaggio Mylei Cypher ]
... come a un bambino venne strappata l'innocenza per non ridargliela mai più ... come la bocca di quei pochi testimoni rimase chiusa e non si aprì mai, perchè tutto quello che troverete qui a nessuno è mai interessato, o forse tutti hanno chiuso le orecchie per non venirne a conoscenza ... dopotutto è più facile cogliere i fatti così come sono che chiedersi come mai questi avvengono ...
# Promise revenge # partecipa al contest "Tribute to Tom Riddle" indetto da Kyra Nott sul forum di EFP;
Genere: Angst, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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 Nick sul forum e su Efp: Save_me e NothingElse
Titolo: Ciò che eri stato e non sarai mai più
Prompt o citazione (o tutti e due se li scegliete entrambi): L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione. - Specchio - Sangue - Lacrima
Genere: Giallo
Avvertimenti: Nessuno
Nda: questa storia si svolge in una delle gite estive dell'orfanotrofio preferisco specificare perché l'ambientazione è piuttosto ambigua e indefinita. Qui Tom ha quattro anni e a che fare con un'esperienza che darà inizio al suo cambiamento
 
                               L'esperienza è il tipo di insegnante più difficile. Prima ti fa l'esame, poi ti spiega la lezione …
                                                                                                             .. e a volte è molto crudele, forse troppo...


 

-Vuoi giocare con me ? –
Quattro semplici parole che hai sentito sulla bocca degli altri bambini milioni di volte. Ma adesso, in un prato fiorito sotto il sole di luglio, sono le tue labbra a pronunciare quella frase intrisa d’innocenza.
Dopotutto perché non potresti farlo anche tu? Sfoggi il sorriso più invitante che riesci a creare, uno di quelli che ti fanno venire le fossette. Il bambino di fronte a te in bretelle ricambia solare e annuisce amichevolmente scuotendo la testolina bionda con convinzione dall’alto in basso. Vedi, non è stato tanto difficile, no, Tom?
-Ti voglio presentare un’amica – continui, entusiasta e nell’ingenuità dei tuoi quattro anni mostri i palmi fino allora nascosti dietro la schiena. All’interno una biscia di appena cinque centimetri giace con le spire arrotolate. Persisti a sorridere sornione e smetti solo quando alzando lo sguardo, finalmente ti accorgi dell’espressione del tuo nuovo compagno di giochi, nemmeno l’ombra della gioia esibita prima presente sul suo volto, improvvisamente cereo. Fai in tempo a scorgere nelle sue iridi chiare il terrore che si è impadronito di lui prima che spalanchi la bocca e urli con tutto il fiato che ha in gola per poi scappare a gambe levate, lasciandoti lì, da solo, con le mani ancora tese. Abbassi gli occhi, confuso, sul tuo animaletto che si è appena svegliato e in una parodia di uno sbadiglio apre le fauci e mostra le zanne minuscole nella tua direzione. Stai per accarezzare con un dito la sua pelle viscida, quando una mano rugosa ti picchia il palmo facendoti cadere il piccolo rettile.
-Santo Cielo, Tom ! Non farlo mai più! Hai spaventato a morte Marcus con quel coso! E se vi avesse morso? Ma come ti saltano in mente certe idee ? – la signora McLeanning ti sgrida con l’isteria che raggiunge vette più acute in alcuni punti del rimprovero. Tu la fissi senza riuscire a capire: Bengi non è cattiva, gli amici non sono mai cattivi, non ti possono fare del male perché ti vogliono bene. E Bengi ti vuole tanto bene, te l’ha detto, ti vuole bene quanto te ne vuole la tua mamma lassù, in Paradiso. Vorresti dire tutte queste cose alla signora  McLeanning così capirebbe che sta sbagliando ma la voce ti muore quando l’inserviente con un colpo secco della suola calpesta l’animale.
-Torniamo dagli altri, Tom – ordina secca la vecchia donna degnando di un’occhiata disgustata la biscia morta per poi girare i tacchi, altezzosa. Ma tu non te ne accorgi neanche. I tuoi occhietti sono bloccati su Bengi spezzata ai tuoi piedi. Pian piano l’immagine appare sempre più sfocata e a quel punto capisci che i tuoi occhi hanno intrappolato le lacrime salate che premono insistenti per uscire. Sbatti le palpebre bruscamente per ricacciarle indietro, rimuovendo con una mano le più audaci che erano riuscite a scappare. Ti chini e raccogli la povera bestiolina senza che il ribrezzo riesca a fare breccia in te. T’incammini lentamente al centro del prato in una marcia solenne e funerea allo stesso tempo. Mentre il sole preme sul capo t’inginocchi, posando la biscia accanto a te per aver le mani libere. Allora ti accorgi del piccolo specchietto abbandonato tra i fili d’erba, dalla cornice argentata e rovinata. È di Amy Benson , quella bambina assillante che non perde mai un momento per venire ad infastidirti con le sue chiacchiere sul principe azzurro che un giorno la porterà via dall’orfanotrofio su un cavallo bianco. Ecco perché a te quelle storie sdolcinate non erano mai piaciute, si finisce per diventare insopportabili. Non la reggi, perché non sta mai zitta? Non esistono i lieto fine, è solo una sciocchezza. Se fosse vero abiteresti in una villetta con la tua mamma e il tuo papà, avresti dei fratellini o semplicemente Bengi non sarebbe morta. Senti la rabbia confluire nel tuo corpicino e la tua mano rispondere a un ordine che non hai dato. Il vetro si frantuma in mille pezzi quando il tuo pugnicino si abbatte sulla superficie dello specchietto. Delle fitte lancinanti ti squassano l’epidermide, diversi cocci si sono infilati nella carne. Li estrai uno per uno godendo dei minuscoli stiletti di sofferenza che provi ogni volta che né togli una. Ora sulla pelle ci sono dei piccoli rivoli di sangue scarlatto che ti percorrono la carne come dei torrenti e lasciando dietro di sé le orme del loro passaggio. Chiudi il palmo di nuovo per fermare il flusso e incurante dei pizzichi di bruciore cominci a scavare nel terreno. Gratti la terra con le unghie, scostando con il braccio il ciuffetto bruno che di tanto in tanto ti ricade sugli occhi, finché la buca diviene abbastanza profonda e a quel punto ti è concesso di toglierti il sudore che t’imperla la fronte. Raccogli con dolcezza la tua amica e la deponi con accuratezza dentro la fossa e solo in quel momento ti accorgi che si muove lentamente. Lentamente ma si muove. La risollevi con la speranza che ti torna nel cuore e che si oscura subito dopo: la tua Bengi è agonizzante, lo capisci da come agita la testolina, dal ventre schiacciato ancora attaccato all’altra metà del corpo solo grazie a un piccolo lembo di pelle viscida. Geme per il dolore e le lacrime minacciano di tornare. Non puoi permettere nessuna delle due cose e dopo aver sfiorato con le labbra la testolina del rettile le sussurri: - Sei e sarai la mia unica amica, Bengi. Salutami la mamma quando la vedrai. - Poi premi il pollice sul capo, comprimendoglielo. Quando lo togli, la vita l’ha lasciata. La adagi nuovamente nella buca e la ricopri del terriccio che avevi rimosso prima. Lo appiattisci e lo modelli con precisione, finché non prende la forma di una bara rozza. Una volta compiuto il tuo lavoro rimani lì con le ginocchia al contatto col suolo bollente, gli occhi scuri sul cumolo, in una silenziosa preghiera. Irrimediabilmente il tuo sguardo finisce per vagare sui pezzi di vetro, intorno alla bara. Sollevi il più grosso, portandolo all’altezza del viso dove un’iride scura si rispecchia all’interno. Riabbassi il braccio, rigirandotelo tra le mani in una cauta curiosità. Ma la tua attenzione presto viene catturata dal sangue secco che è rimasto sull’epitelio: in parte è il tuo ma il resto è di Bengi. Lo studi e osservi come il colore e la composizione siano praticamente uguali: hai lo stesso sangue che scorreva nelle vene di Bengi. Per la prima volta dalla sua morte sorridi, ma c’è qualcosa che è variato nel tuo sorriso. Tu, ovviamente non puoi saperlo, e intanto preso da una singolare idea, sfreghi il palmo contro il coccio di vetro. Quando scosti la mano, il vetro è ricoperto da quel liquido ormai solidificato: il sangue tuo e di Bengi insieme per sempre. Tu e Bengi insieme per sempre. Perché se prima eravate amici adesso siete molto di più, siete fratelli di sangue. Con questa consapevolezza conficchi il vetro nel punto dove hai sepolto quella che adesso è la tua sorellina e giuri con ancora quel sorriso bizzarro che fa capolino sul tuo volto: - Qualcuno sta per pagarla, Bengi, è una promessa. -

 

   
 
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