Film > Le 5 Leggende
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Autore: Violet 95    06/01/2013    3 recensioni
"Adesso so a chi scaricare la colpa se fa così freddo..."
"Giusto, hai ragione"
"E' colpa di Jack Frost!" [Cap. 1]
E' così semplice dare la colpa a qualcuno che non esiste, ma non in questo caso. Soprattutto se il "colpevole" in questione è un Guardiano abbastanza orgoglioso. Inizia così l'incredibile avventura di due ragazze che, per un malaugurato effetto della visione de "Le 5 Leggende", decideranno di affibbiare tutta la colpa del gelo che ha colpito la loro città a Jack Frost. Quest'ultimo, tuttavia, non resterà a guardare e farà scontare la sua vendetta alle due protagoniste in modo lento e indolore... O quasi.
Prima fanfiction che scrivo in questa sezione, rappresenterebbe, se si vuole, una specie di "parodia" di "Canto di Natale" di Charles Dickens. Buona lettura!
Genere: Avventura, Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Jack Frost, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Violet non fece neppure in tempo a rimettersi sotto le coperte che un altro rumore attirò la sua attenzione. E, cosa che la inquietò alquanto, non proveniva da fuori, ma da dentro casa sua.

Con estrema lentezza, come se si fosse trovata all’improvviso in uno “Psycho” completamente rifatto, si voltò, gli occhi sbarrati, le mani aggrappate quasi con disperazione allo stipite della finestra appena chiusa.

Nessuno. Dentro la sua stanza non c’era nessuno.

Tirò un sospiro di sollievo e imputò quel rumore alla sua mente ormai esausta che prendeva per buono qualsiasi pretesto per farla sobbalzare, soprattutto dopo l’incontro con Jack Frost.

Il cuore le andò però direttamente in gola quando lo sentì di nuovo, più forte di prima, accompagnato da un’imprecazione in una lingua sconosciuta e da un tonfo sordo. Ringoiando il suo cuore, fece una cosa che non credeva di poter fare mai: prese sottobraccio il suo fedele vocabolario di greco, che non l’aveva quasi mai abbandonata durante le versioni, afferrò la pila sul comodino e, con il suo temibile e morbidissimo pigiama con il disegno di un gatto obeso sopra, si preparò a lasciare la sua sicura stanza ed affrontare qualsiasi cosa fosse entrata in casa.

Con un profondo respiro rassegnato, spense la luce e, in punta di piedi nello stile della Pantera Rosa, si immerse nel corridoio buio che di giorno conosceva così bene.

Pensando fosse strano che nessuno avesse sentito quel rumore nel mezzo della notte e che nessuno sentisse lei sbattere da una parete all’altra, facendo addirittura più casino dell’ospite indesiderato, perché non ci vedeva niente, arrivò alla fine del corridoio e accostò l’orecchio alla porta che conduceva in salotto. Sentì qualcosa strisciare e, di tanto in tanto, dei passi pesanti.

Sebbene nessuno la potesse vedere, sbiancò più del dovuto, provocando l’invidia di Edward Cullen, e mille pensieri le passarono a velocità indescrivibile nella testa.

 

Oddio, ci sono ladri, fantasmi, vampiri sbrilluccicosi, Dissennatori, Justin Bieber, ragni giganti, Uomo Nero, dentisti, macellai e chi più ne ha, più ne metta… Tutti in casa mia!

 

Sebbene avesse paura, si ricordò poi, con una punta di soddisfazione, che dalla sua parte aveva la gravità: ovvero, se avesse dato in testa il vocabolario a qualunque cosa si trovasse dall’altra parte della porta, avrebbe inflitto un trauma cranico perenne.

Sentendo la scarica adrenalinica tipica delle situazioni pericolose che, come le aveva insegnato “Mission Impossible”, poteva portare a una scena epica o alla morte, e riscoprendo un coraggio mai avuto prima, spalancò la porta abbozzando un urlo di sfida ed entrò, vocabolario alto in una mano e pila puntata alla cieca nell’altra.

Senza sapere dove stesse andando, inciampò in qualcosa di grosso e, con infinita grazia, cadde rovinosamente a terra, rompendosi il setto nasale e provocandosi un livido violaceo in fronte.

 

Che figura di merda…

 

La scena dovette essere abbastanza comica per l’ospite inopportuno, perché provocò la sua sonora e incontrollabile risata che fece tremare le pareti di casa.

E di nuovo nessuno, nella casa, si accorse di nulla.

Violet si alzò facendo leva sulle braccia tremanti e cercò a tentoni la pila per terra, fino a che una luce accecante la colpì negli occhi e la costrinse a ritirarsi nell’ombra, emettendo dalla gola quello che doveva essere un ringhio di minaccia e fastidio, ma somigliava molto di più al rantolo di un non-morto appena svegliatosi.

 

“Cercavi questa?” domandò una voce con uno strano accento russo.

 

La voce squillante, appartenente a un uomo, lanciò un breve grido spaventato, dopo aver visto in che stato si ritrovava Violet. Infatti aveva il volto completamente sporco di sangue e polvere, con il naso piegato in un modo alquanto anormale – e che, stranamente, non le faceva più male – e alcuni pezzetti della Lego – lasciati gentilmente da suo fratello – incastrati in profondità nella carne. E un livido violaceo che stava aumentando di grandezza in fronte.

Il tutto, in quella luce molto soffusa e con l’oscurità e il silenzio che regnavano sovrani, dovette sembrare abbastanza inquietante.

Violet si tolse alcuni pezzi di Lego dalla faccia e strappò dalle mani dell’intruso la pila, puntandogliela a sua volta. La paura, d’improvviso, era svanita, sostituita dalla vergogna per la rovinosa caduta e dal dolore ora attutito del naso rotto.

 

“E tu chi diavolo sei?” domandò con voce nasale.

 

Il destinatario della domanda era un omone robusto, non tanto grasso, nonostante la pancia nascosta da un paio di larghi pantaloni neri tenuti da un cinturone di dieci centimetri, incredibilmente alto e coperto da una spessa casacca rossa, rifinita sul cappuccio e in fondo alle maniche da pelliccia scura. Ciò che catturò subito l’attenzione di Violet fu la folta barba bianca e un cappello da cosacco nero.

Due occhi azzurri la osservavano, perplessi.

 

“Chi sono io?” l’omone in rosso parve riprendere un po’ di contegno, raddrizzando le spalle e incrociando le braccia sul petto con un’espressione fiera, “Io sono Babbo Natale!”

 

E, battendosi i pugni sul petto, rise di nuovo, facendo tremare anche il pavimento. Violet alzò gli occhi al cielo, pregando che i vicini del piano di sotto dell’appartamento in cui viveva non si fossero accorti di nulla.

Tornò a riconcentrarsi sull’uomo davanti. Poi sospirò, alzandosi in piedi e facendo scrocchiare la schiena che si era abituata alla posizione a gattoni di prima. Infine guardò storto il “Babbo Natale”, toccandosi il naso che aveva smesso di far colare sangue.

 

“Senti, hai sbagliato casa, qui non c’è nulla da rubare. Se vuoi, prova a bussare a quelli del piano di sotto, lì troverai di sicuro qualcosa…”

 

“No, no, tu non hai capito… Io non rubo, io porto regali a bambini: questo è mio compito!” disse lui, fiero.

 

“Non mi sembra molto stile Babbo Natale infiltrarsi nelle case altrui in questo mo…” cominciò a dire Violet, per poi fermarsi e sbattersi una mano sulla faccia, colpendosi il naso ora insensibile.

 

“Già, c’è mio fratello…” sussurrò.

 

“Esatto! Porto doni per lui, ma anche per te…” aggiunse Babbo Natale, gettandole uno sguardo divertito e avvicinandosi a un’enorme cosa nera per terra.

 

Violet lo seguì con gli occhi e capì che l’enorme cosa su cui era inciampata non era altro che il sacco di Babbo Natale, da cui estrasse almeno cinque pacchetti, con colori sgargianti che andavano dall’oro al rosso, e li pose sotto l’albero lì accanto, tenendone però in mano uno.

Babbo Natale sembrò accorgersi dell’enorme punto interrogativo sopra la testa della ragazza e, ridacchiando fra sé, le porse il regalo lasciato da ultimo. Violet lo prese, sorpresa ed eccitata allo stesso tempo – era pur sempre un regalo, no?

 

“Buon Natale, Violet!”

 

“Ma cos’è? Io non ti ho chiesto nulla e… Non so nemmeno se sei Babbo Natale!” disse velocemente Violet, cominciando a scartare in modo convulso il regalo.

 

“Tuo fratello ha pensato anche a te, e poi è ovvio che io sia Babbo Natale!”

 

La commozione iniziale di Violet per la gentilezza inconsueta di suo fratello svanì non appena tolse la lucente carta da regalo e rivelò il contenuto del pacchetto: un bambolotto di “Cicciobello bua”, con inclusa l’enorme siringa da somministrargli se la febbre si fosse alzata.

La faccia che fece Violet in quel momento dovette sorprendere molto Babbo Natale che, nella sua lunga carriera, non aveva mai visto una faccia così delusa e schifata come la sua. Forse perché non le aveva MAI viste le facce dei bambini DOPO aver ricevuto i regali.

 

“Non ti piace?”

 

“Non è esattamente il mio genere… Al primo e ultimo Cicciobello che avevo ho staccato la testa e dipinto la faccia peggio del Joker di Batman. Ed è stato nove anni fa” disse Violet con voce atona, guardando di sbieco Babbo Natale.

 

Odiò a morte il suo adorato fratello.

 

“Ho fatto solo quello che aveva scritto nella lettera…” borbottò Babbo Natale, rimettendosi in spalla il sacco e guardando il pavimento.

 

Violet lo osservò meglio: era davvero uguale a quello del film, non c’era niente di imperfetto. Si costrinse a pensare alla possibilità che la previsione di Jack potesse realizzarsi e che tutto ciò che le stesse accadendo fosse reale.

 

Dunque, se lui è reale…

 

“Come fai a portare a tutti bambini del mondo i regali in una sola notte? Le renne cavalcano i cieli con la polvere magica di Peter Pan? Ti nutri solo di biscotti e latte? Sei sposato con la Befana? Per te lavorano gli Yeti o gli elfi? Sei amico del Coniglio di Pasqua? Quello che vedo è grasso o muscoli?”

 

La sfilza di domande sarebbe continuata all’infinito se Babbo Natale non l’avesse intimata al silenzio con una parola in russo gridatale in faccia. La guardò con severità e le mise le enormi mani sul naso, con l’intenzione o di peggiorare o di migliorare la situazione.

 

“Ah, fermo… Che fai?”

 

“Sistemo tuo naso” sussurrò e, con un colpo secco che la fece pentire di essersi alzata dal letto, le raddrizzò il naso come le aveva promesso.

 

Violet, con le lacrime agli occhi, se lo massaggiò dolorante e intanto gettava sguardi veloci all’uomo, che si stava schiarendo la voce per fare un discorso.

 

“Allora, Jack Frost è venuto a trovarti, giusto? Non c’è bisogno di rispondere, so già tutto. Io sono il primo Guardiano a farti visita e ho acconsentito al capriccio di quel ragazzo solo perché speravo che tu potessi darmi una mano con un piccolo problema incorso… Anche se devo ammettere che avrei voglia di stringere le mani attorno al collo di Jack, dato che mi ha avvertito di questo compito il giorno prima della Vigilia di Natale!”

 

Seguirono poi una serie di imprecazioni in russo e un paio di giri in tondo per il piccolo salotto, durante i quali Violet approfittò per pulirsi del sangue rimasto e recuperare il vocabolario di greco, osservando incuriosita quella strana figura che non la smetteva più di lamentarsi.

 

“… E poi devo sempre venire qui come prima tappa perché è una delle poche case senza camino, e io come entro senza camino?!”

 

“Ehi, scusa tanto se noi poveri mortali non abbiamo un camino!” gli disse di rimando Violet, puntandogli la pila in volto.

 

Babbo Natale, come improvvisamente ricordatosi di averla lì davanti, tossicchiò un paio di volte e si avvicinò a lei, con occhi preganti.

Violet ebbe paura. Non dell’Uomo Nero, o dell’assassino mascherato di “Scream”, ma di Babbo Natale.

 

“Ho bisogno del tuo aiuto”

 

“Sento la fregatura…”

 

“Molti bambini hanno smesso di chiedere giocattoli che io posso costruire e ogni anno richiedono sempre quegli strani apparecchi con luci e suoni assordanti, che vibrano e parlano da soli, o mostrano immagini…”

 

La prima cosa a cui Violet pensò fu che Babbo Natale si fosse drogato. O avesse bevuto latte scaduto. Poi sorrise con tenerezza quando si rese conto che stava parlando dei cellulari e di altri apparecchi elettronici: oggetti troppo all’avanguardia per un uomo come lui, abituato ai giocattoli fatti a mano.

 

“Benvenuto nel XXI secolo”

 

“Ogni anno porto loro altri regali, ma non credo che siano contenti. A nessuno piacciono più i giocattoli di una volta…” ammise rabbuiandosi.

 

Oh,  Babbo Natale depresso mi mancava…

 

“Mi dispiace, ma preferiscono giocare al Nintendo 3DS, piuttosto che ai soldatini di piombo…”

 

Babbo Natale mi guardò con aria interrogativa.

 

Nin… Tendo trediesse?”

 

“È una console che… Lascia stare, dovresti vederla per capire”

 

“Allora mostramela, così io posso capire e fare felici molti bambini, come sempre! Il mio sacco è quasi vuoto, purtroppo… Tutti vogliono questo Nitedo trediesse!”

 

“Anzitutto si dice Nintendo, e comunque… Cosa vorresti dire che hai il sacco vuoto?!” domandò sorpresa Violet.

 

Babbo Natale guardò altrove, fissando con insistenza l’albero di Natale.

 

“Ecco, tutti vogliono cose strane e… Tecnologiche, si dice? Io non ne ho!” esclamò esasperato.

 

“Allora procuratele, io non posso fabbricarle o produrle, non sono la Nintendo o l’Apple…”

 

Violet si bloccò, colpita da un’illuminazione improvvisa e, a suo parere, geniale. Un sorriso alla Grinch si dipinse sul suo volto, mentre univa le dita delle mani in una perfetta imitazione del signor Burns, cosa che sembrò preoccuare molto Babbo Natale.

Ciò che stava proporre forse l’avrebbe fatta finire in guai seri, ma la visione di un uomo grande e grosso depresso e incapace di adattarsi ai nuovi tempi le faceva provare un’immensa pietà.

Dopotutto, era Natale, e se non si era buoni in quel momento, quando lo si poteva essere?

Le tornò alla mente la fastidiosa pubblicità della Bauli.

 

“Caro Nord, ho in mente un piano che risolleverà questo Natale in crisi e ho intenzione di attuarlo subito. Ma necessito della tua slitta…”

 

“Ah, brava ragazza coraggiosa!” ululò Babbo Natale, completamente risollevatosi di morale come se gli avessero appena annunciato di aver vinto il milione al Supernalotto, dandole una pacca sulla spalla che la fece cadere a terra, boccheggiante.

 

Dopo averla aiutata a rialzarsi, Violet lo guardò con occhi furbi e, sorridendo soddisfatta, continuò a esporre il piano.

 

“Ti aiuterò, Babbo Natale, proprio perché sei tu e perché voglio godermi fino in fondo l’avventura predetta da Jack. Ma ciò che staremo per fare andrà contro ogni tuo valore: ti senti pronto?”

 

“Qualsiasi cosa per bambini”

 

“Bene, allora metti in moto la slitta e dammi un cappotto pesante, perché a causa di Jack Frost fa un freddo cane. Stasera faremo il colpaccio all’Unieuro…”

 

 

 

Due nere figure, differenti soprattutto per la corporatura, sgattaiolarono fuori da un edificio di cemento grigio, con enormi insegne colorate che portavano stampati sconti di computer portatili o di nuovi Iphone, trascinandosi dietro quelli che sembravano sacchi stracolmi di oggetti. La fortuita luce di un lampione rivelò le identità non tanto misteriose delle due ombre: Babbo Natale e Violet erano appena usciti da un’entrata di servizio appena creata nell’Unieuro con un sacco ciascuno pieno di ogni “cianfrusaglia vivente”, come le aveva chiamate Babbo Natale.

Violet sembrava leggermente euforica e più a suo agio di Nord, che si guardava di tanto in tanto intorno, temendo che potesse uscire da un momento all’altro qualcuno a fermarli.

 

Violet, sei sicura che questo vada bene?” le domandò di nuovo, titubante.

 

“Beh, dal punto di vista legale è abbastanza scorretto e io potrei finire direttamente in riformatorio, ma dal punto di vista sentimentale questa è un’azione molto altruista di cui dobbiamo andare fieri” asserì Violet, trascinando un sacco più grosso di lei verso la slitta parcheggiata vicino a una serie di alberelli.

 

Babbo Natale non rispose nulla. La superò con poche falcate e caricò sulla slitta il suo sacco, per poi aiutare la ragazza con l’altro. Le renne scalciavano a terra nervose.

 

“Sembra che per te sia la prima volta…” gli fece notare Violet.

 

“No, non lo è. Ma è da molto che non facevo una cosa del genere, pensavo di aver finalmente smesso…”

 

“C’è sempre una prima volta per ricominciare!”

 

Poi Violet si voltò, stringendosi nel cappotto bianco di orso polare che aveva accettato e messo con riluttanza, e osservò i vetri delle porte scorrevoli frantumate da un potente impatto.

Quello non sarebbe passato inosservato il giorno dopo.

 

In effetti, forse non è stata una buona idea entrare nell’Unieuro spaccando i vetri dell’edificio… E forse non è stata una buona idea nemmeno prendere in mano le redini della slitta durante la fase di atterraggio…

 

“Bene, abbiamo preso tutto! Le telecamere non ci hanno ripreso perché il tempo si è stranamente fermato, probabilmente ci sono le mie impronti digitali sui pochi oggetti rimasti e posso finalmente dire che sono stata sulla slitta di Babbo Natale!” elencò soddisfatta Violet.

 

“Cos’è quello?” domandò Babbo Natale, indicando la confezione di “Assassin’s Creed 3” per il computer fra le braccia di Violet.

 

“Un auto-regalo” rispose semplicemente la ragazza, scrollando le spalle.

 

“Ma non era in lista…”

 

“Neanche quel microonde era in lista, Nord”

 

Babbo Natale la osservò per un po’, con un’espressione severa negli occhi. Poi proruppe in una fragorosa risata che fece innervosire ancora di più le renne e diede un’amichevole pacca sulle spalle di Violet, facendola cadere in ginocchio con i polmoni in mano.

 

“Sarà nostro piccolo segreto, ragazza mia. Al Polo Nord fa molto freddo e non sempre riesco a mantenere caldi tutti miei dolci… Ma ora basta chiacchere, sali su slitta che dobbiamo consegnare nuovi regali a tutti i bambini!”

 

“Sì, va bene, ma stavolta… Vai piano, che prima ho rimesso tutta la cena” lo pregò Violet, salendo leggermente impaurita sul veicolo.

 

“A tutti piace slitta!” gridò senza un apparente motivo Nord, per poi dare una frustata alle renne e far alzare finalmente in volo la slitta.

 

 

 

25 dicembre

Al telegiornale del mattino annunciarono come notizia speciale la scomparsa di gran parte degli oggetti presenti all’Unieuro di Roma avvenuta a opera di una banda molto attrezzata di ladri che erano riusciti a portare via tutto senza lasciare traccia nelle telecamere di sicurezza o nell’edificio interno. Unica prova della loro venuta è la distruzione di tre lastre di vetro spesse cinque centimetri.

Questa fu una notizia che Violet apprese solo più tardi, perché era troppo stanca e rincoglionita per alzarsi alle sette come suo fratello e andare a controllare sotto l’albero se Babbo Natale fosse passato. I ricordi della notte passata a consegnare regali ai bambini di tutto il mondo in una folle corsa sulla slitta che avrebbe fatto impallidire perfino le gare clandestine di macchine in “Fast and Furious” erano sfocati e frammentati, eppure, come un bel sogno, non volevano abbandonare la mente di Violet.

Quando finalmente si decise ad alzarsi dal letto, spinta dai gridi eccitati di suo fratello che si potevano sentire fino al Polo Nord, ciò che trovò sotto l’albero non fu solo il suo vocabolario di greco lasciato lì la scorsa notta o il Cicciobello chiesto per lei dal fratello. Trovò anche un pacchetto più piccolo, sfuggito alle grinfie di Edoardo, con un biglietto con sopra il suo nome. Perplessa, Violet scartò con precauzione il regalo, temendo in un altro scherzo di cattivo gusto di Nord.

Una sfera di vetro scivolò sul palmo della sua mano, fredda al tatto e incredibilmente leggera. Il paesaggio rappresentato era un palazzo enorme, nascosto dalle montagne e dalla neve che cadeva a fiocchi enormi, senza che lei muovesse la sfera.

Dentro il pacchetto, un altro biglietto, scritto in una calligrafia precisa ed elegante su quella che doveva essere pergamena.

 

Un piccolo ringraziamento.

Vieni a trovarmi, così mi insegnerai a usare questa cianfrusaglia vivente che riscalda il cibo.

Buon Natale

N.

 

 

 

 

SPAZIO DELL’AUTRICE:

Ecco qua: la prima visita. Chi mai poteva essere in quel periodo se non quel gran simpaticone di Babbo Natale? Non sono sicura di averlo rappresentato al meglio, ma se l’ho fatto, è in chiave parodica, non temete ^^”… L’idea del furto all’Unieuro mi è venuta in mente dopo aver letto la storia di Nicholas Nord, ovvero di Babbo Natale, dove dice che il nostro caro Nord era un bandito in cerca di tesori per il mondo. Alla faccia del Santo! XD

Se vedete che in alcuni punti Nord parla in modo strano, è per il semplice motivo che ho cercato di rendere anche nello scrivere il suo accento russo. Spero non vi abbia dato fastidio…

Con questo, sarà meglio concludere, altrimenti mi dilungo davvero troppo.

Ringrazio per la recensione: Lily Juvenile, Sachi Mitsuki, bilo99

See you again!

  
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