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Autore: Letocest    08/01/2013    1 recensioni
"Amore e dolore sono due parole che sono sempre connesse, come vita e destino."
Dopo questa citazione direi che è arrivato il momento di spiegare un po' la storia. Qualcuno si è mai chiesto perché Shannon avesse chiamato la sua batteria Christine? E da dove provenisse L490? Perché una melodia così triste? Beh, ho pensato di inventarmi una storia, ambientata negli ultimi anni dell'adolescenza di Shannon, che racconta di questa Christine, una bella ragazza che cambierà la vita al bel batterista. Spero che vi piaccia, ci ho messo anima e corpo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 Save me again.

L’ultimo mese trascorse, quell’ultimo mese in cui passai ogni giorno con lei. Era la fine di dicembre quando la vidi, affacciata alla finestra ad ammirare i fiocchi di neve cadere leggeri per la seconda volta quell’anno, la vidi crollare, accasciarsi a terra.
Cosa provai? Cosa provai in quell’istante quando sentii le sue ultime parole? Quel “ti amo” appena sussurrato. Come mi sentii? Mi sentii morto, morto come lei.
I suoi occhi si chiusero, sulle sue labbra un sorriso. Addormentata, niente di più. Dormiva. Ed era bella quell’illusione. Era bello pensarla addormentata serenamente tra le mie braccia. Ma non era così. Lei era morta e nessuno avrebbe potuto farci più niente. Né la corsa all’ospedale, né un miracolo di un dio in cui non avevo mai creduto perché troppo astratto.
Se piansi? No, le lacrime sarebbero state tempo perso. Che cosa feci? Niente. La tenni stretta a me, in attesa che l’ambulanza arrivasse. Perché l’avevo chiamata? Forse una stupida speranza.
Il suo cuore non batteva più, aveva esalato l’ultimo respiro e mi aveva abbandonato per sempre.
-Ti amo Chris…- Sussurrai, sentendo le sirene dell’ambulanza fuori dalla casa.
Al funerale non c’era nessuno. O almeno non così tanta gente come ci si poteva aspettare. Era una ragazza ricca, i genitori erano attori famosi. Eppure al suo funerale non c’era nessuno che ci tenesse davvero.
Alla fine della cerimonia mi si avvicinò una donna e mi porse una busta da lettere.
-L’abbiamo trovata nella sua felpa, quella che indossava quando è morta. C’è scritto che è per te.- Disse, salutandomi. Asciugando quelle lacrime finte, degne di un’attrice di scarso livello.
L’aprii trovando dentro più di un foglio.
Estrassi la lettera. Leggendola, seduto sulla panca di quella chiesa, aspettando che la salma venisse portata fuori.
“Hey Shan,
   se stai leggendo queste parole significa che non ci sono più o che semplicemente stai frugando tra la mia roba. Se la risposta è la seconda rimetti questa lettera dove l’hai trovata o ti uccido! Altrimenti continua a leggere, ho qualcosa da dirti.
Quando ti ho conosciuto non so perché mi interessai a te. Eri così duro, così scontroso e lontano e di sicuro eri l’ultima persona di cui avevo bisogno. Eppure ho ignorato l’apparenza e vuoi sapere perché? Sai credo che tutte le persone possono essere lette da qualcuno. C’è chi è più semplice e chi più enigmatico. Fatto sta che nonostante il tuo comportamento, sapevo che non eri così, sapevo che la tua era solo una maschera. Io ho visto in te la salvezza e avevo ragione.
Probabilmente avrei dovuto rifiutarti quando ti dichiarasti, probabilmente avrei dovuto dirti quello che stava succedendo ma in quel momento non ho pensato a te, ho soltanto agito da egoista, pensando a cosa mi serviva davvero quell’ultimo mese per essere felice. Ero innamorata di te e non credevo che tu potessi mai provare qualcosa di così grande. Quella volta ignorai l’evidenza, pensai al mio bene. Scusami. Non avrei dovuto trascinarti in questa storia. Ora ti prego sorridi, va’ avanti senza dimenticarmi. Sorridi perché hai il sorriso più bello che io abbia mai visto, non privare nessuno di questo dono meraviglioso.
Forse mi ricorderai, ma ovviamente non mi amerai per sempre, come invece farò io. Non credo che la morte possa impedirmi di amare perché sì l’amore è più forte di qualsiasi altra cosa, persino di una stupida malattia.
I greci pensavano che i cigni cantassero una sola volta, quando erano in punto di morte. Beh a mio parere i cigni cantavano soltanto quando potevano definirsi liberi. Quindi questo è il mio ultimo lamento da cigno ed è per te.
Ti amo Shan, lo farò sempre e in fondo credo che dopo la morte non sia tanto buio come si pensa. Credo che qualcosa ci sia. Se no tutte le anime dove andrebbero a finire? Quindi come mi dissi tu all’ospedale, non morirò mai. Posso dire, ci vediamo. Non dimenticarmi.
                                                                                                                                                                              Christine.”
Lessi la sua lettera, in silenzio, seduto su quella panca di legno.
Mi alzai, rimettendo la lettera e la busta nella giacca, senza controllare il resto del contenuto. Uscii da quella chiesa, ignorando chiunque tentasse di chiedermi qualcosa, chiunque tentasse di ringraziarmi per aver passato con lei i suoi ultimi giorni.
Camminai a lungo, senza meta, stanco, distrutto, alla ricerca di una soluzione.
Si può definire fortuna? Forse non per il mio fisico, forse non per gli altri, ma per il mio dolore sì.
Lo vidi, lì appoggiato al muro. Era da tanto tempo che non compravo nessun tipo di droga e quella sarebbe stata l’ultima dose.
-Hey Shan!- Mi salutò non appena mi vide.
-Ho bisogno della droga più forte che hai. Non importa quanto costa, non importa quello che mi fa. Voglio la doppia dose. Ora.- Dissi. Cosa volevo fare di preciso? Probabilmente tornare da Christine. Che senso aveva restare lì? Ero completamente solo e non avrei più trovato nessuno che mi avrebbe completato come lei.
Mi diede dell’eroina. L’avevo già provata ma mai così tanta insieme.
Gli lasciai tutti i soldi che avevo, promettendo di portargli il resto un altro giorno. Mi conosceva bene, ero sempre stato preciso con i pagamenti ma non lo sarei stato quella volta. Nemmeno io avevo più certezze su quello che avrei fatto.
Mi rifugiai vicino a quella casa diroccata dove aveva avuto inizio la mia rinascita.
Non sarebbe stato come quella volta, nessuno mi avrebbe più salvato.
Preparai la siringa con dentro una dose superiore al limite per non andare in overdose.
Scoprii il braccio, stringendolo in alto con un vecchio elastico. Lo stavo facendo davvero?
Avrei compiuto questo gesto senza pensare alla mia famiglia? Sì, l’avrei fatto.
In fondo tutti erano egoisti. Mia madre, con il suo essere perennemente assente, mio fratello, con la sua partenza e Christine, che mi aveva mentito pur di stare bene. Perché per una volta non potevo fare lo stesso? Cosa volevo io? Volevo essere felice e quale modo migliore di quello. Non avevo niente da perdere. Preferivo drogarmi e morire così. Cosa credevo che sarebbe successo una volta che il mio cuore si fosse fermato? Speravo di rivederla.
Mi iniettai in vena quel composto letale lasciando che il mio cervello si spegnesse e che le convulsioni si impossessassero del mio corpo. Caddi nell’oblio. Quella era la morte o solo una prima fase?
Il buio, il nulla. La mia era stata solo una stupida speranza, ma almeno non avrei più sofferto.
Però forse ancora non era giunta la mia ora. Probabilmente dovevo ancora fare qualcosa nella mia vita.
Una luce, un suono intermittente.
Aprii gli occhi a fatica con un mal di testa martellante che mi distruggeva.
-Ben svegliato.- Un uomo con un camice davanti a me.
-Dove sono?- Riuscii a bisbigliare.
-All’ospedale, abbiamo ricevuto una chiamata anonima e siamo riusciti a salvarti giusto in tempo.- Rispose serio.
Qualcuno mi aveva trovato, qualcuno mi aveva salvato ancora. Non seppi mai chi.
Mi obbligarono a fare terapia per disintossicarmi, ma l’unica terapia che era funzionata era stata Christine. Tentai lo stesso. Dopo qualche giorno decisi di scappare e di tornare a casa come se nulla fosse successo. Non avrei smesso di drogarmi, non ero io sbagliato era la realtà a fare schifo.
Nascosi quella lettera, che ancora stava riposta nella tasca interna della mia giacca, nel cassetto. Rimase lì per anni, ce la lasciai nel tentativo di dimenticarla, di pensare ad altre ragazze, di dedicarmi alla musica.
Ci provai ma non ci riuscii. Rimase il mio pensiero fisso per diverso tempo. Non smisi mai di amarla.
Quel giorno era l’anniversario della sua morte. Andai a cercare la lettera che mi aveva scritto tempo fa. Oramai ero maggiorenne, oramai avevo deciso cosa fare della mia vita. Non appena mi si sarebbe presentata l’occasione sarei andato a cercare Jared. Sarei stato con lui e avrei ricominciato da capo, in una nuova città, con una nuova vita.
La rilessi, lasciando che una lacrima macchiasse il foglio. Mi mancava, mi mancava da morire e avevo il sospetto che non sarebbe mai uscita dalla mia vita.
Dopo aver letto nuovamente le sue parole mi accorsi di un particolare che non avevo notato la prima volta. Una piccola freccia che mi diceva di girare pagina.
Il suo spartito, la sua canzone. Le avevo promesso che l’avrei suonata quando mi sarebbe mancata, le avevo promesso che l’avrei suonata quando non ci sarebbe stata più ed era quello che volevo fare.
In fondo una piccola frase:
“Un piccolo regalo. Ricordo come stavi male per la partenza di Jared beh… Sorridi ora puoi partire anche te. Ti amo.”
Guardai dentro la busta e ci trovai un biglietto di sola andata per Los Angeles. La partenza non era stata fissata, non avevo perso il volo. Potevo partire, lasciare quella città piena di lei e ricominciare da capo, anche se una parte di me sapeva che nemmeno un’altra città avrebbe cambiato la situazione.

  
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