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Autore: DarkshielD    13/01/2013    8 recensioni
Dopo la sconfitta da parte dei Guardiani, Pitch sembra essere destinato a scomparire, dimenticato da tutti, temuto da nessuno. In effetti, al risveglio da un brutto sogno, all’arrivo dell’alba, un incubo può scomparire.
Ma la paura rimane. E spesso, troppo spesso, va ben oltre il timore di trovare un mostro chiuso nell’armadio o sotto il letto, pronto a ghermirci se siamo così ficcanaso da dare un’occhiata.
La paura evolve. Diventa più potente.
Talmente potente da non poter essere più definita semplice paura.
E sarà allora che toccherà ai Guardiani tornare in azione.
Genere: Angst, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Cinque Guardiani, Nuovo personaggio, Pitch
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IX: Un prigioniero di guerra e troppi pensieri

 

 

- Che… disastro… - Jack non riuscì a pronunciare altro.

Sotto di lui, la depressione formatasi dal crollo della caverna di Pitch si estendeva per diverse centinaia di metri quadri, ampliandosi a formare una figura allungata, simile ad alla mastodontica impronta lasciata da una creatura gigantesca.

La parte di bosco sprofondata era percorsa da una gran quantità di fratture molto larghe, che avevano inghiottito una gran quantità di alberi. Molti erano stati spezzati come ramoscelli e rivoltati completamente fino a mostrare le radici, mentre altri erano stati seppelliti da tonnellate di terra, oppure trascinati via dalla loro posizione originale e lasciati a pendere sull’orlo dei baratri formati dalle crepe, prossimi a cadere dentro di essi.

Jack rimase a fissare quello scenario per diversi minuti, sconcertato. Continuando a guardarsi intorno, scese lentamente, attento a non fare il minimo rumore. Aveva la sensazione che, se avesse anche solo fiatato, altra terra sarebbe crollata aumentando i danni.

I piedi nudi del giovane sfiorarono appena il terreno e i massi sparsi in giro, mentre Jack continuava ad osservare il disastro che ora lo circondava: da quella posizione l’avvallamento sembrava ancora più grande. Jack intravide alcuni pilastri spezzati spuntare dalle crepe, ed immaginò che, qualunque cosa vi fosse sotto, qualunque mistero, o segreto, o arma Pitch aveva nascosto in quella caverna, ora era persa per sempre, seppellita nelle profondità della terra.

A quel pensiero il ragazzo si fermò, quasi trattenendo il fiato.

Misteri, armi, segreti.

Poco più di una settimana addietro, Jack era entrato di soppiatto proprio nella caverna dell’Uomo Nero assieme a Dentolina, alla ricerca di quei misteri, di quelle armi che credeva vi fossero nascoste, con l’unico risultato di esserne fuggito inseguito da quegli strani Incubi che vivevano nascosti nella prigione sotterranea, mentre tutto gli crollava intorno…

Jack abbassò lo sguardo a terra, mentre sentiva lo stomaco stingersi in un nodo.

Dopo la sua fuga, l’entrata gli era sembrata stranamente intera, il terreno intorno stranamente solido, ma non era sceso di nuovo giù a controllare. Non si era minimamente preoccupato dei danni che aveva causato con la sua incursione.

Deglutì, alzando di nuovo lo sguardo e osservando di nuovo la depressione in cui si trovava.

È colpa mia?...

L’Uomo sulla Luna l’aveva condotto fin lì per questo? Per mostrargli l’entità dei danni che può causare l’incoscienza di certe azioni? Magari per convincerlo a pensarci due volte la prossima volta che decideva di fare qualcosa di avventato?

Jack scosse la testa. No, non può essere si disse. Ci doveva essere dell’altro. Doveva esserci.

Con i piedi sollevati a pochi centimetri da terra, il giovane sorvolò tutto il perimetro della depressione, alla ricerca di qualcosa di diverso da terra, rocce, alberi divelti, pilastri rotti e radi pezzi di metallo deformato.

Infine, a metà del suo giro, nel punto in cui la depressione era meno profonda e la terra sembrava essersi semplicemente staccata dalla posizione originaria per crollare in basso, notò qualcosa.

Un’ombra.

Non sapeva se era causata semplicemente dall’oscurità notturna, o dalla strana angolazione che la depressione aveva assunto in quel punto, oppure da uno strano gioco di luce, ma si avvicinò piano, in guardia. La Luna splendeva alta quella notte, e la luce diffusa era sufficientemente intensa da illuminare anche gli angoli più storti ed oscuri.

Quell’ombra, così scura in quel punto, gli sembrava sospetta.

Jack scese a terra, ed avanzò più piano che poteva. I pochi, radi sassolini e i rametti mescolati alla terra sembravano fare un rumore terribile, sotto i suoi piedi.

Tuttavia, nell’oscurità di quell’angolo, nulla si mosse.

Quando arrivò sufficientemente vicino da poterla toccare allungò la mano, scoprendo qualcosa di solido.

Quell’ombra era solida.

Jack si avvicinò ancora, poggiandovi entrambe le mani, esaminandola: aveva un aspetto granuloso, come se fosse fatta di sabbia, e il riverbero dei minuscoli granelli le donavano un debole luccichio, ma al tatto sembrava seta.

La riconosceva. Era una delle ombre di Pitch.

Che significa? Jack venne colto da un terribile presentimento e, guidato da esso, si appoggiò all’ombra e vi schiacciò contro il naso, nella speranza di vedere qualcosa oltre essa.

All’inizio non vide assolutamente nulla.

Poi, l’ombra si assottigliò lentamente, fino a lasciar passare un po’ di luce, quel poco sufficiente da permettere a Jack di vedere oltre essa.

La zona protetta era profonda circa tre metri e all'esterno era quasi del tutto seppellita da terra e detriti. Racchiudeva uno spazio vuoto, circolare.

E lì, sulla pietra nuda, appoggiata alla parete di pietra e seminascosta dal buio, si intravedeva una figura accasciata.

Jack sentì il nodo allo stomaco stringersi in modo doloroso. La riconosceva.

- PITCH! – urlò. Artigliò con le dita lo scudo d’ombra, sentendo il panico salire, inesorabile.

Era tutta colpa sua, lo sapeva. Tutto quel che era successo era colpa sua.

Devo aiutarlo!

Alzò un pugno, talmente stretto da sentire le unghie affondare nella pelle, e lo abbatté sullo scudo: - PITCH! – gridò più forte.

L’altro non reagì. Jack non riusciva a capire cosa gli era successo esattamente. Il buio era troppo fitto per vedere in che condizioni era.

Era svenuto? Ferito? Morto?

Il ragazzo, spaventato, si staccò dallo scudo, impugnò il bastone e lo puntò dritto contro l’ombra solida. Doveva tirarlo fuori da lì.

Sparò un raggio congelante contro lo scudo d’ombra, che venne completamente ricoperto da un sottile strato di ghiaccio. Esattamente come aveva fatto con la lastra che copriva il passaggio segreto scoperto nella ormai crollata dimora dell’Uomo Nero, ruppe lo scudo reso fragile dal ghiaccio col bastone e si calò dentro.

I raggi lunari non arrivavano al fondo, tuttavia il buco creato da Jack permise alla luce diretta di entrare, diffondendo un vago chiarore azzurrognolo tra le pareti nere ed  illuminando un poco l’ambiente. 

Jack atterrò silenziosamente sulla pietra fredda. Si accorse che era umida e stranamente viscida sotto i suoi piedi.

- Pitch! –

L’uomo era steso su un fianco, a poca distanza da lui. Si era cinto la vita con un braccio, mentre l’altro era abbandonato a pochi centimetri dal volto. Entrambe le mani, e con esse il viso, erano sporche di una strana sostanza scura.

Il giovane si avvicinò e si inginocchiò accanto all’Uomo Nero, scuotendolo leggermente. 

Nessuna reazione.

Jack notò che aveva le spalle bagnate, e il tessuto della tunica era squarciato in diversi punti, lasciando la pelle scoperta, anch’essa sporca della strana sostanza nerastra. Frost alzò la mano con cui l’aveva toccato e l’annusò.

Aveva un odore penetrante, metallico.

Sangue.

No!

- Pitch! Svegliati! Sono io, Jack! – il giovane lo scosse più forte. Non poteva crederci. Non era possibile.

L’ho ucciso? L’ho davvero ucciso?!

- DIMMI CHE NON SEI MORTO! –

All’improvviso, il ferito sussultò, e aprì lentamente gli occhi appannati. Jack sospirò di sollievo.

- Pitch!... –

L’altro emise un sospiro spezzato.

– Mancavi… solo tu… - rantolò, appena udibile, piegando leggermente le dita della mano libera. Jack quasi non lo ascoltò: il sollievo di vederlo ancora vivo e cosciente era immenso. Tutto resto non importava.

- Ascolta… adesso ti porto via di qua ok? Andrà tutto bene… ti rimetteremo a posto, capito?... – disse Jack, cercando di rassicurarlo. In verità, non era nemmeno certo se era necessario. Sembrava che a Pitch non importasse assolutamente nulla di cosa Jack stesse per fare di lui.

L’Uomo Nero si limitò a richiudere gli occhi, emettendo un altro respiro, più debole del primo.

- Ah… ok… - continuò Jack. Si rialzò appena, tirando fuori dalla tasca della felpa una piccola sfera di cristallo. Era una delle palle di neve che North usava per teletrasportarsi da un luogo all’altro: l’aveva rubata dalla sua scrivania poco prima di partire, pensando che magari sarebbe tornata utile.

Non ne aveva mai usata una.

Jack agitò con mani tremanti l’oggetto di vetro: - Palazzo di North. – scandì.

Nel paesaggio innevato racchiuso dalla sferetta di cristallo si formò il luogo familiare. Jack mise la palla a terra, e la lasciò rotolare: dopo circa un metro e mezzo, con un esplosione di sola luce si formò il portale, mostrando il paesaggio innevato del Polo Nord con il palazzo ben visibile, poco lontano.

Il ragazzo rivolse nuovamente lo sguardo verso Pitch, e alla nuova luce si rese finalmente conto delle sue reali condizioni: i –numerosi- punti in cui la tunica dell’uomo era tagliata e strappata rivelava delle ferite profonde, alcune larghe diversi centimetri, e il sangue fuoriuscito aveva macchiato di rosso scuro sia i vestiti che buona parte del pavimento.

Oh no.

 Jack si chinò nuovamente su Pitch e, cercando di muoverlo il meno possibile, gli fece passare un braccio sopra il suo collo e gli cinse la vita, sollevandolo. Era più leggero di quello che pensava.

- Resisti! I soccorsi stanno arrivando! –

E, con quello, attraversò il portale.

*

La giornata di North non era iniziata nel migliore dei modi.

Già all’alba si era ritrovato con dei fastidiosi grattacapi di cui occuparsi: in uno dei depositi della fabbrica alcuni barattoli di vernice destinati alla colorazione dei giocattoli erano misteriosamente esplosi. Non avevano fatto vittime, ma diversi elfi si erano ritrovati con i vestiti improvvisamente zuppi e tinti di color malva misto a giallo canarino invece del solito rosso scuro, ed erano scappati in preda al panico fuori dal deposito, lasciando una scia di impronte colorate dietro di sé ed aumentando di conseguenza i danni.

North aveva accuratamente evitato di chiedersi come ciò potesse essere successo e per mano di chi, ed aveva ordinato ad un gruppetto di yeti di ripulire il disastro.

A peggiorare l’inizio di giornata, aveva scoperto che Jack era sparito. Non aveva lasciato né messaggi né biglietti. North sapeva che non c’era ragione di preoccuparsi: il giovane Guardiano aveva l’abitudine di andarsene senza mai dire dove o perché, facendo delle sue improvvise e spesso prolungate sparizioni una norma, inoltre sapeva benissimo badare a sé stesso.

Eppure North era preoccupato.

Aveva la netta impressione che stava per succedere qualcosa di grosso, quella mattina.

E che, forse, era meglio se il ragazzo fosse rimasto a palazzo.

La conferma ai suoi sospetti arrivò prima di quanto si aspettasse.

Dopo l’incidente dei barattoli, North optò per un lungo giro di controllo della fabbrica, in cui tenne d’occhio le puntute teste scampanellanti degli elfi che correvano più o meno indaffarati nelle direzioni più svariate, spesso ostacolando il lavoro degli yeti, per assicurarsi che i piccoli aiutanti combinaguai non causassero più danni dello stretto necessario per quel giorno.

Dopo il giro, decise infine di tornare in ufficio quando proprio un gruppo di yeti lo rincorse per fermarsi a poca distanza da lui, parlando tutti insieme, agitatissimi.

Sulle prime, alla vista di quei musi pelosi storti dallo spavento e dallo sconcerto, pensò che gli elfi avevano combinato un guaio ancora più grosso di quello dei barattoli. Ma infine, tra mozziconi di frasi quasi urlate e gesti agitatissimi, colse il punto della questione.

- …Jack Frost!

- …e ha sconfitto Pitch… !

- L’ha portato qui!

- …A palazzo! …A palazzo!?

North corrugò la fronte, fissando incredulo gli yeti: - Cosa…? – ma non ebbe il tempo di dire altro.

- North… - disse una voce incerta. Gli yeti si spostarono, e fissarono le due figure dietro di loro. Anche North spalancò gli occhi alla scena che gli si parò davanti.

Jack era a pochi passi dietro il gruppetto, seguito da altri tre yeti armati di lance che lo fissavano guardinghi e sospettosi. Galleggiava a pochi centimetri da terra, curvo sotto il peso del corpo esanime che trasportava.

North rimase a bocca aperta nel riconoscerlo.

Era Pitch Black, privo di sensi, ferito.

North, incapace di dire alcunché di fronte a quell’inatteso spettacolo, spostò nuovamente lo sguardo incredulo sul giovane Spirito del Gelo: quest’ultimo aveva un’espressione da cucciolo spaventato, ma North non riuscì a capire se era per le pietose condizioni in cui versava il peso morto che il giovane sembrava trattenere a viva forza dal cadere a terra o per gli sguardi di spavento e orrore frammisti a sospetto con cui gli yeti lo fissavano.

Qualunque era la verità, non era quello il momento per perdersi in tentennamenti.

North attraversò deciso il gruppo di yeti e si chinò sul giovane, prendendo Pitch fra le braccia. Gli bastò un’occhiata per constatare le condizioni in cui versava: era bianco come un cencio, impolverato e sporco di sangue. Aveva numerosi tagli e ferite su tutto il corpo, molte delle quali sembravano molto profonde. Jack non gli aveva fatto nessuna fasciatura per fermare almeno parte delle emorragie, ma a quel punto non importava.

Ci avrebbe pensato North.

- Vanya. Shura. – chiamò. Due yeti del gruppetto, uno dal pelo acciaio e l’altro color caramello sbiadito, si fecero avanti e guardarono North interrogativi.

- Preparate l’infermeria. E una stanza, avremo degli ospiti in più per un po’. – i due yeti guardarono North sconcertati, prima di abbassare gli sguardi su Pitch.

Persino Jack non fece fatica a capire cosa pensavano: è impazzito. Ma North non sembrava in vena di discutere.

- Muovetevi. – ordinò, cupo – E voialtri, tornate al lavoro. –

Vanya e Shura si allontanarono di corsa, diretti verso un’ala laterale dell’edificio, mentre il gruppetto restante, compresi gli yeti armati, si allontanò lentamente, senza smettere di lanciare occhiate furtive ai tre.

Infine, North posò uno sguardo preoccupato anche su Jack, esaminando anche lui: nonostante il pallore e l’aria spaventata, sembrava illeso.

- Fai meglio a cambiarti, ragazzo. – disse, voltandosi nella stessa direzione intrapresa dai due yeti Vanya e Shura - …E buttare via quei vestiti. Non credo che quel sangue se ne andrà via così facilmente, anche se li lavi. –

Jack abbassò lo sguardo su di sé: la felpa azzurra che indossava, che con tanta fatica aveva reso simile alla precedente –resa irreparabile dopo lo scontro con Pitch e il suo esercito di Incubi- era macchiata in diversi punti di rosso scuro, e il fianco sinistro era completamente zuppo. Anche i pantaloni erano macchiati, anche se in minor misura. Mani e piedi non erano da meno.

- Oh… accidenti. –

*

North non si fece rivedere per il resto della giornata.

Jack era riuscito a recuperare una vecchia camicia e un paio di jeans neri decisamente troppo larghi per lui come ricambio, promettendosi di andare più tardi alla ricerca di qualcosa della sua misura –e di suo gusto.

Tuttavia, per quel giorno rimase al palazzo di North, nascondendosi da possibili compagnie. Si rifugiò in una delle soffitte, in cui tutto era coperto da uno spesso strato di polvere e aveva l’aspetto di non aver avuto visite da secoli. Non c’erano fonti di luce, a parte una piccola finestrella sporca, da cui i raggi di luna penetravano per illuminare la polvere che danzava a pochi centimetri dal suolo, lenta.

Jack non sapeva come comportarsi.

Non sapeva cosa pensare.

Gli avvenimenti delle ultime ore l’avevano lasciato confuso. Confuso, e con un terribile senso di colpa che pesava sullo stomaco come un macigno.

Ricordava ancora la sua incursione nella caverna di Pitch. Ricordava la strana porticina di mogano, e della corsa al cardiopalma fatta per sfuggire agli Incubi che montavano la guardia in quella prigione, mentre tutto gli crollava intorno.

La sua intenzione originaria era stata quella di penetrare nella base del nemico, silenzioso ed invisibile come un’ombra, scoprire i suoi piani, e poi andare via lasciando tutto com’era.

Invece era entrato, aveva causato dei gran danni, ed era fuggito senza ottenere nulla.

Nulla, a parte rischiare di ritrovarsi con una morte sulla coscienza.

Eppure… Aveva anche l’impressione che non era tutto lì.

Che mancava qualcosa.

Ma non sapeva cosa.

Uno scricchiolio distolse lo Spirito del Gelo dai suoi pensieri. Si voltò in tempo per vedere North che si affacciava sorridente dalla botola che fungeva da entrata alla soffitta.

- Ah, eccoti qua! – disse, salendo e chiudendo goffamente la porticina dietro di sé. Jack notò che aveva un vassoio con una teiera fumante, due grosse tazze bianche e un minuscolo piatto con dei biscotti impilati uno sull’altro in una torre traballante.

- Ti ho cercato dappertutto… credevo che fossi sparito di nuovo! –

- Oh, scusami. – disse Jack a mezza voce. North posò il vassoio davanti al giovane e gli si sedette accanto. Per almeno un minuto nessuno dei due parlò. Infine, North decise di iniziare la conversazione.

- Pitch si riprenderà. Beh, conciato com’era credo che rimarrà fuori gioco per qualche giorno. Ma ha una pellaccia resistente, sono sicuro che tenterà di fuggire di soppiatto abbastanza presto. Hai fatto bene a portarlo qui, stavo giusto pensando a qualche domandina a cui potrebbe rispondere. –

Sorrise, aspettandosi di vedere Jack sorridere a sua volta.

Ma il giovane non aveva alzato lo sguardo, che era rimasto ostinatamente fissato sulle tazze del vassoio. Aveva un’espressione stranamente cupa sul volto.

- Vuoi del tè? – azzardò Babbo Natale, inclinando un poco la testa.

- Sono stato un idiota. – disse Jack all’improvviso. North alzò un sopracciglio. Da dove veniva quell’accusa?

- Un idiota a fare cosa, esattamente? – chiese. Jack per un po’ non rispose.

- Ti… ti ricordi di quando mi hai rimproverato per essere entrato nella caverna di Pitch? – chiese con enfasi. North fece finta di ricordare.

- Abbastanza. In effetti, quel gesto era stato abbastanza idiota, c’è poco da dire. Come mai tiri fuori un argomento del genere, Jack? – era sinceramente curioso: non riusciva a spiegarsi il collegamento mentale del giovane. Ma il ragazzo lo fissò per un istante con aria quasi sconcertata, come se l’altro non comprendesse qualcosa di ovvio e chiaro come il sole. Frost abbassò nuovamente lo sguardo, cercando di trovare le parole.

- Ecco… è la caverna. Quando io e Dentolina siamo usciti, quella volta, abbiamo fatto dei danni, ma non abbiamo controllato quanti e quanto gravi. L’ho scoperto stanotte. E-era crollata. Ho tirato fuori Pitch dalle macerie. Dev’essere rimasto là sotto per un sacco di tempo. È colpa mia se è rimasto ferito. –

North inclinò leggermente la testa, continuando ad osservare il giovane, il cui sguardo era rimasto ostinatamente fissato sulle tazze di ceramica per tutta la durata della conversazione. North trovava strano vederlo così.

Sospirò, poi allungò la mano verso la teiera e versò il tè ormai tiepido nelle due tazze, e ne porse una al ragazzo.

- Non so quanto la cosa ti possa interessare Jack, ma se il crollo della caverna può essere stata colpa tua, le ferite di Pitch non lo sono. –

Jack spalancò gli occhi e fissò North, prendendo la tazza in mano: - Che vuoi dire? –

- Esattamente quello che ho detto. – sorrise North – Che se Pitch è rimasto ferito, beh, quella non è colpa tua. –

- Ma allora di… di chi? – chiese Jack, ancora incredulo. Cosa significava?

- Le sue erano ferite da aggressione. Tagli, per la maggioranza. Ti risparmio i dettagli. Qualunque cosa ha affrontato, era decisamente più forte e più armata di lui, e forse anche in numero nettamente superiore. Se fosse rimasto ferito dal crollo, beh… non ne sarebbe uscito vivo, tutto qui. Nemmeno con il tuo aiuto. –

Jack continuò a fissare North con occhi sbarrati. Pitch era stato aggredito… ma da chi? Perché? Abbassò lo sguardo e rimase a fissare il liquido ambrato nella tazza, mentre quest’ultimo si raffreddava rapidamente nelle sue mani.

- Ovviamente mi domando chi sia stato. Comunque, non capisco una cosa... – continuò North, accarezzandosi i folti baffi bianchi e riflettendo: - …Perché sei andato da Pitch?

La domanda pungolò Jack come un ago. Ecco che emergeva un’altra delle ragioni per cui si sentiva tanto confuso.

- Non lo so. – disse, sincero. – Io… credevo che l’Uomo sulla Luna volesse indicarmi qualcosa. – interessato com’era al tè ormai congelato nella sua tazza, Jack non vide North spalancare gli occhi e ritrarsi leggermente, incredulo.

- Non ne sono sicuro, forse era solo una mia impressione. È che… aveva creato una specie di strada, con la sua luce. Tutto era coperto da enormi nubi, e solo un pezzo di terra era illuminato. Sembrava quasi una strada, che partiva dal palazzo e andava… beh, avevo deciso di scoprirlo. – sollevò di nuovo lo sguardo – E mi sono ritrovato di fronte alla caverna, completamente crollata. –

A quel punto North distolse lo sguardo, e fissò la parete di fronte a lui. Il pavimento era illuminato dalla luce lunare proveniente dalla finestrella. I raggi dell’astro sembravano più potenti che mai.

La rivelazione di Jack aveva del sensazionale. Pitch aveva forse un ruolo più importante di quello che tutti credevano negli avvenimenti che avevano sconvolto il mondo dei Guardiani?

Era qualcosa di più di un nemico?

- Manny… - mormorò tra sé.

- North? – Jack fissò l’altro, interrogativo. North si riscosse e saltò improvvisamente in piedi, mascherando la vaga preoccupazione frammista a speranza con un’espressione di entusiasmo un po’ forzato.

- Se è l’Uomo sulla Luna che ti ha guidato, significa che siamo sulla buona strada. Dobbiamo parlare agli altri di ciò che è successo. Sono sicuro che presto avremo delle risposte. –

Jack sorrise di fronte a quell’entusiasmo: non sapeva esattamente perché, ma si sentiva improvvisamente sollevato.

*

Ci vollero tre giorni per riunire i tre restanti Guardiani al palazzo di North.

Babbo Natale aveva accuratamente evitato di riunire tutti all’istante con l’Aurora Boreale, temendo che dopo il falso allarme gli altri avrebbero smesso di prendere la chiamata d’emergenza sul serio e di conseguenza ignorarla nel momento di vera necessità. In fondo erano tutti occupati col loro lavoro non meno di North, e ogni interruzione non portava altro che ritardi e, di conseguenza, problemi e molto fastidio.

Inoltre, Pitch non si era ancora ripreso, quindi non avrebbero avuto la possibilità di interrogarlo come North sperava.

North aveva deciso di prendere le cose con calma: spiegare tutto nei particolari senza causare panico e fraintendimenti e, soprattutto, pianificare insieme le prossime mosse. Tuttavia, le cose non andarono lisce come aveva sperato.

  - Tu. Stai. Scherzando. –  il commento di Calmoniglio, sommato alla sua espressione scettica e le sue braccia incrociate, parlava chiaro e per tutti.

Anche Dentolina e Sandman, anch’essi riuniti nell’ingombro ufficio di North, entrambi a pochi passi dal Coniglietto di Pasqua, fissavano North con un’espressione cupa. Apparentemente, le spiegazioni e le ipotesi di Babbo Natale sul salvataggio di Pitch e la sua probabile utilità nella guerra contro le tenebre non soddisfacevano nessuno.

- La tua idea è una stupidaggine. Non hai fatto altro che guarire un nemico e lasciarlo nella tua dimora, libero di andarsene dove gli pare. Hai la più pallida idea di cosa potrà mai fare adesso?! Magari se l’è fatto apposta per entrare qua indisturbato, e dalla porta principale! –

North corrugò la fronte a quelle parole: non ci credeva. Non si era spiegato bene o era Calmoniglio che non si rendeva conto di quello che stava dicendo?

- Rischiare di morire soltanto per spiare le nostre mosse da una posizione comoda? Stai scherzando? –

- Stiamo parlando di Pitch! –

- Appunto! –

- E’ imprevedibile! –

- E non stupido come tu credi. – ribatté North, sentendo montare l’irritazione. Comprendeva appieno la rabbia di Calmoniglio, così come il tacito dissenso di Dentolina e di Sandy. Ma davvero i tre erano così maldisposti nei confronti dell’Uomo Nero, al punto da non voler nemmeno ascoltare?

- Tu sei troppo buono. – sibilò il coniglio – E questo è il tuo peggior difetto. Ti impegni così tanto nel cercare del bene nei cuori più marci da non vedere che spesso non ce n’è affatto! –

La stoccata offese North nel profondo, ma l’uomo si sforzò di incassare il colpo senza mostrarsi offeso. E, soprattutto, di non ribattere con i pugni. Chiuse gli occhi, sospirando, alla silenziosa ricerca di un argomento convincente.

Jack, accanto a lui, non aveva ancora aperto bocca. L’espressione abbattuta di due giorni prima era di nuovo sul suo viso, e sembrava più giù che mai. Avrebbe voluto intervenire nella discussione che stava lentamente scivolando nel litigio e chiarire le cose una volta per tutte, ma non sapeva nemmeno con quali parole.

Gli era sembrato tutto straordinariamente chiaro, due giorni prima.

Ora, dopo le accuse rabbiose di Calmoniglio, tutto era tornato ad essere un confuso groviglio su cui il senso di colpa dominava indisturbato.

- E poi non capisco quest’ultima stupidaggine, - continuò Calmoniglio, ignorando l’esasperazione di North: - Cosa accidenti c’entra l’Uomo sulla Luna?

A quella frase lo Spirito del Gelo rialzò lo sguardo, che vagò agitato tra i quattro Guardiani, come a voler parlare senza aprire bocca. Tuttavia, solo Sandy notò la sua improvvisa agitazione. Il Custode dei Sogni, che era il più in disparte del gruppo, corrugò la fronte fissando il giovane di sottecchi, incuriosito dallo strano comportamento di quest’ultimo.

- C’entra. – disse North con tono calmo. Si era reso conto che non era necessario trattenersi. Se Calmoniglio aveva intenzione di fare lo stupido, Babbo Natale avrebbe reagito trattandolo da tale. – C’entra, perché ha indicato a Jack la via verso la dimora di Pitch, e di conseguenza gli ha salvato la vita. E se hai ancora intenzione di sostenere la tua opinione insinuando che Manny potrebbe essere dalla parte di Pitch, allora… - alzò il pugno destro, e lo piazzò a pochi centimetri dal muso del Coniglietto di Pasqua - …credo proprio che ti farò cambiare idea con le cattive maniere. -  

Calmoniglio, spiazzato dalla ben poco celata minaccia, allontanò il muso dal pugno alzato, e fissò North con gli occhi sbarrati. E, ancor più della minaccia, era l’informazione a lasciarlo senza parole.

- Vuoi dire che Pitch… l’Uomo sulla Luna… Jack… - il coniglio, ammutolito, abbassò lo sguardo sul giovane, imitato da Dentolina e da Sandy, gli unici che non avevano ancora proferito parola. Tuttavia, i loro sguardi erano incredibilmente eloquenti in quel momento. Fissavano il giovane con qualcosa a metà fra l’incredulità e il sospetto.

Jack desiderò poter tornare invisibile, almeno per quell’istante. Aveva la netta impressione che tutto, in quel momento, fosse profondamente sbagliato. Di aver frainteso tutto, e di aver combinato un disastro.

- Non so se l’Uomo sulla Luna ci dirà altro, né so se lo farà presto o meno. – continuò North, calmo – Ma ora abbiamo Pitch, e so che si rivelerà un’ottima fonte di informazioni. E ovviamente farò in modo che non ci danneggi, né che scappi. Abbiamo solo fatto un passo in avanti, statene certi. –

Calmoniglio sbuffò ed incrociò nuovamente le braccia, esasperato dall’ottimismo di Babbo Natale.

- Hah. Se lo dici tu. –

*

Buio.

Buio, e un piacevole calore.

Pitch aveva perso la nozione del tempo, lasciandosi avvolgere da quelle uniche due sensazioni. Non ricordava come mai si trovava avvolto in quell’oscurità, non gliene importava particolarmente.

Si sentiva bene, e non aveva fretta di lasciare quel posto, ovunque fosse. Ma, apparentemente, la sua coscienza la pensava diversamente.

A quel buio e a quel calore si era lentamente aggiunto il dolore. Un dolore sordo, pulsante, che non accennava a cessare e richiamava altre sensazioni.

Era fastidioso.

Stava emergendo fuori da quel buio diretto verso una fioca luce, e non riusciva a tornare indietro, per quanto lo desiderasse.

Infine, il buio venne definitivamente sostituito dalla penombra. E con essa, il tatto.

Pitch curvò lentamente le dita della mano, scoprendo di toccare del tessuto. Tessuto morbido ed abbondante, che lo avvolgeva completamente, simile a una coperta.

Aprì lentamente gli occhi, solo per richiuderli immediatamente con un grugnito di dolore.

La luce era accecante, talmente forte da causargli una fitta di dolore alla testa.

L’Uomo Nero alzò lentamente un braccio, accorgendosi che gli faceva male anche quello, e si compresse le tempie con due dita, con gli occhi chiusi. Il dolore diminuì un poco.

Azzardò a riaprire gli occhi. La luce era ancora troppo chiara e la vista leggermente sfocata, ma gli permise di vedere qualcosa.

Una parete, completamente bianca. E, al lati della sua visuale, due strane parrucche spettinate.

Cosa…?

Batté gli occhi un paio di volte, e la vista si fece un po’ più nitida. Si accorse che le parrucche, oltre ad essere spettinate e di colori davvero strani per essere delle parrucche –una color acciaio, l’altra caramello sbiadito- avevano anche delle grosse striature chiare simili a baffi.

E poco sopra i baffi, nascosto da quelle che somigliavano a folte sopracciglia pelose, uno strano luccichio segnalava la presenza di quelli che sembravano piccoli, eloquenti occhi chiari che ricambiavano con sguardi minacciosi.

Pitch ebbe appena il tempo di formulare il pensiero ‘che strano che il suo cervello, ancora dolorante, riuscì ad elaborare tutte le informazioni raccolte in quei pochi secondi di veglia e presentare una risposta.

Yeti. Armati di grosse, pesanti lance dall’aria letale.

Pitch rimase immobile, impietrito. Perché era circondato da yeti, per di più armati?

Inoltre quel luogo, così chiaro e caldo, non somigliava affatto alla sua caverna.

Dove mi trovo? Pensò, ancora immobile. Non ricordava cos’era successo esattamente: il suo ultimo ricordo era il volto pallido di Crysis che gli sorrideva beffarda, e poi il frastuono della caverna che crollava. Il resto era momentaneamente avvolto in una fitta nebbia grigia che non riusciva a dissipare.

…Come ci sono finito qua?

Lo yeti grigio, constatando che Pitch era sveglio, distolse lo sguardo astioso e si rivolse al suo simile color caramello, comunicandogli qualcosa nella lingua degli yeti. L’altro si limitò a grugnire ed allontanarsi dalla visuale di Pitch, che lo seguì con lo sguardo. Lo yeti si allontanò verso una porta di legno dai caldi riflessi rossastri, riccamente decorata da complesse figure geometriche, che aprì e richiuse immediatamente dietro di se.

Pitch osservò attentamente quelle figure intagliate nel bel legno scuro. Erano stranamente familiari, ma non riusciva a ricordare perché. Sentiva il cervello lavorare a ritmo troppo lento per la situazione in cui si era risvegliato.

Poi, dopo pochi minuti, una grossa voce dal tono allegro risuonò oltre la porta, sempre più vicina.

- Ah, non ti preoccupare, Calmoniglio. Te l’ho detto, non andrà da nessuna parte. E poi conciato com’è, sfido il contrario! – rise.

Pitch sbarrò gli occhi alzandosi di poco, atterrito. Quella voce la riconosceva. E quell’accento russo era fin troppo familiare.

La porta si spalancò con un tonfo, e un grosso omone con una lunga e folta barba bianca entrò a passo pesante e con un espressione allegra sul volto.

North.

Era seguito da un Calmoniglio dall’espressione tetra ed irritata sul muso, e da Sandy, il cui broncio non prometteva niente di buono. A chiudere la fila, Dentolina e Jack, la prima con un’espressione insieme decisa e minacciosa, e il secondo alquanto abbacchiato.

Pitch, alla vista di tutti i Guardiani riuniti nella stanza, si rizzò improvvisamente a sedere, ritraendosi. Tutti i muscoli protestarono al movimento improvviso con delle fitte atroci e un capogiro lo colse, offuscandogli del tutto la vista, ma il malore momentaneo non impedì Pitch di bloccarsi fissando gli avversari, immobile e guardingo come un come un topo di fronte a un gatto.

Oh. No.

Con quella combriccola riunita di fronte a lui, Pitch non ebbe più dubbi su dove si trovava.

Il palazzo di North. In fondo, c’era una sola dimora di Guardiano in cui le porte erano di legno scuro, intagliate con quei motivi geometrici così particolari.

- Ah, ben svegliato Pitch! – esclamò North affabile – Riposato bene? –

- Splendidamente. – rispose Pitch, freddo. Non aveva ancora idea del perché si trovava lì, ma era certo di una cosa: era nei guai. Doveva trovare un modo di andarsene da lì, e in fretta. Tuttavia, la confusione e la sensazione di avere il cervello che lavorava al rallentatore gli impediva di pensare lucidamente e in fretta come sperava.

Doveva temporeggiare, distrarre i cinque.

- …Cos’è questo, un comitato di benvenuto? – chiese, sospettoso, con lo sguardo che saettava da un viso all’altro. Nei pochi secondi in cui si era concentrato soltanto su North, Calmoniglio aveva cambiato espressione, passando da cupo e minaccioso a qualcosa di indecifrabile. Sembrava congestionato, poi un angolo della sua bocca salì leggermente verso l’alto, a formare uno strano ghigno storto che mise l’Uomo Nero sul chi vive.

Anche Sandman e Dentolina avevano cambiato espressione. Il primo si era limitato a sorridere con espressione saputa, la seconda aveva leggermente strabuzzato gli occhi. Anche Jack non era da meno: aveva corrugato le sopracciglia, con la bocca leggermente aperta in un espressione di incredula sorpresa.

- Oh, diciamo di si. Anche se, in verità, oltre a quello siamo qui perché vorremmo farti qualche domandina, a cui speriamo tu risponda... – l’omone intrecciò distrattamente le dita delle mani, come a sottolineare la sua intenzione – E speriamo tutti che non ci negherai la tua collaborazione, visto che ti abbiamo aiutato. E poi, in caso contrario ricorreremo a modi meno gentili… -

- Aiutato…? - nonostante la minaccia ben più che evidente di North, Pitch non riuscì a prestargli la dovuta attenzione.

A distrarlo erano le espressioni facciali degli altri Guardiani.

Lo fissavano come un fenomeno da baraccone.

- Si può sapere cosa avete da guardare? – Pitch fece appena in tempo a completare la frase che Calmoniglio, con un grugnito che aveva ben poco di serio, scoppiò fragorosamente a ridere, piegandosi in due e aggrappandosi al maglione di North per non cadere.

- Cosa accidenti… - Pitch lo guardò scivolare lentamente verso terra, sconcertato, mentre il coniglio continuava sguaiatamente a ridere senza riuscire a riprendere fiato. North sembrava imbarazzato.

- Hai parlato di metodi estremi… - ansimò Calmoniglio, asciugandosi gli occhi, senza riuscire a smettere - …però questo supera tutte le mie aspettative! –

Babbo Natale si passò una mano sulla nuca, lanciando una strana occhiata all’Uomo Nero: - Beh , non è di quello che parlavo… - Si interruppe, rivolto al coniglio - E poi non c’entra niente! Ci sarà anche un buon riscaldamento a casa mia, ma, ehm… -

Pitch lanciò un occhiata anche a Sandy, Jack e Dentolina. La fata si era coperta la bocca soffocando una risatina, mentre il sorriso del Custode dei Sogni si era allargato ulteriormente, assumendo una vaga espressione di compassione. Solo Jack non aveva cambiato espressione, anche se il suo sconcerto era più evidente che mai.

Guidato da un’orribile presentimento, abbassò lo sguardo su di sé.

Non indossava più la sua tunica nera.

Al suo posto c’era un vecchio, largo maglione di lana spelacchiata, di un rosso acceso, decorato da bianche renne stilizzate.

Inoltre, indossava un paio di pantaloni larghi, dello stesso tessuto e colore.

Fuori dalla sua visuale Calmoniglio scoppiò nuovamente a ridere accompagnato da Dentolina, che nonostante gli sforzi non riuscì a trattenere una risatina leggermente isterica.

Pitch non osò rialzare lo sguardo, mentre sentiva il volto scaldarsi in maniera molto fastidiosa.

- Beh, mi dispiace, Pitch. – disse North, cercando di limitare i danni accampando quella che alle orecchie dell’Uomo Nero suonò come una scusa ben poco credibile – E’ che, nelle condizioni in cui sei, se non ti metti qualcosa di pesante rischi di prenderti un bel malanno. E sarebbe molto peggio. –

Pitch preferì non rispondere, lo sguardo ancora fisso sull’orrore di lana che stava indossando.

Non poteva esserci niente di peggiore di quello.

Assolutamente niente.

 

 

 

-+-

Oh, mi arrendo *FLIPTABLE*

Confuso Jack è confuso.

Gli altri sono semplicemente molto arrabbiati. E credo che North abbia trovato un modo veramente subdolo e malvagio per vendicarsi(??) COS’HO CHE NON VA ARGH.

Comunque, se qualcuno ha da obiettare riguardo al periodo di tempo sorprendentemente breve che Pitch ha impiegato per riprendersi, sappiate che ho la mia scusa. Voglio dire, stiamo parlando dei Guardiani, no? Gente che può far uso di magia, o comunque metodi di guarigione davvero efficaci. Solo che le ferite di Pitch si riveleranno una vera rogna in futuro, questo posso già dirlo. In fondo, gliele ha fatte Crysis. Ho. Ho.

Okkei, forse è meglio che sparisca ora. GHEH. SCUSATEMI!

UGGGHHHH *AJASDJSAJCBASLCB* *delira*

*scappa*

  
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