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Autore: AnnabelleTheGhost    18/01/2013    1 recensioni
[Carlisle] tastava quel corpo congelato, scuotendo tra sé la testa.
Un rantolo provenne dalla ragazza; suoni che dovevano essere parole. «Voglio vivere...»
Carlisle guardò Alice, poi Bella di nuovo. Gli occhi di lei, unica cosa che era in grado di muovere in quel momento, divennero supplichevoli. «Voglio vivere...»
Carlisle chinò la testa, sfiorando con le labbra il suo orecchio destro. «Permettimi di morderti e ti donerò l'immortalità».
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 2
Il vestito perfetto




Appena entrai nel negozio mi pervase la sensazione di essere fuori luogo. Era affollato, enorme e tutti quei vestiti esposti o appesi verso i quali si accalcava gente mi faceva sentire claustrofobica.
Angela invece sorrideva e sentivo i mormorii che uscivano dalle sue labbra su quali abiti le sarebbero stati a pennello e gli altri che l'avrebbero fatta sembrare grassa.
Per nessuna ragione al mondo volevo essere lì ma il fatidico giovedì era arrivato e la mia amica mi aveva costretto a venire.
Mi ero inventata la scusa di avere la febbre ma mio padre aveva fatto la spia e aveva permesso ad Angela di trascinarmi fuori.
Tutti i miei rimpianti mi avevano distratta e solo in quel momento mi resi conto di aver perso Angela. Ma non ebbi tempo di preoccuparmi poiché la adocchiai subito vicino a un manichino. La raggiunsi e con mio gran terrore notai la pila di vestiti che teneva tra le braccia. Avrebbe impiegato ore per indossarli tutti. Perché non mi ero portata qualcosa da leggere o, magari, delle parole crociate...
«Andiamo subito a provarli!» urlò. La seguivo come un cagnolino mentre lei apriva la folla a forza di gomitate verso i camerini.
Appena se ne liberò uno Angela vi si catapultò dentro ed io rimasi fuori, a tenere i vestiti, come un baccalà.
Sentii il rumore della stoffa che aderiva sul corpo di Angela, qualche sua piccola imprecazione e dei passi dal camerino. Poi la tendina si aprì e Angela mi fece ammirare uno sgargiante vestito verde insalata, che le scopriva solo la punta dei piedi.
«Ti piace?» domandò.
Annuii. Ero divenuta involontariamente rossa: Angela indossava abiti divinamente mentre io ero consapevole che sarei sembrata solo una goffa patata con i piedi.
La tendina si chiuse di scatto e i quindici minuti seguenti furono una rassegna di abiti succinti, lunghi, con spacco o senza spalline... Erano tutti belli e più Angela me li mostrava più mi sentivo dieci metri sotto terra a causa della mia morente autostima.
La pila tra le mie mani scemava e avevo iniziato a sperare che a momenti ce ne saremmo andate ed io sarei potuta tornare sotto le coperte. Ma una voce da dietro la tenda distrusse i miei sogni.
«Bella, che stai facendo?»
La domanda mi stupì. «Ti sto aspettando...»
«Come credi di poter provare dei vestiti lì fuori?»
Sgranai gli occhi e le dita si immobilizzarono sugli abiti. Ecco che la mia grande paura stava per avverarsi! «Non ci penso neanche!»
«ENTRA!» ripetè imperiosa e il suo braccio uscì dalla tenda per afferrarmi e, di nuovo, farmi fare qualcosa contro la mia volontà.
Il camerino era tenuemente illuminato e tutti i vestiti provati da Angela giacevano su uno sgabello in un angolo.
Angela aveva ancora indosso un vestito color cobalto e mi fissava con interesse dubbioso come un uomo che valuta la macchina che deve comprare.
«Aspettami qui e, intanto, spogliati!» Mi sorrise e scostò le tende.
Abbassai la cerniera della felpa, guardandomi allo specchio con insicurezza. Non avevo alcun desiderio di togliermi i vestiti in un piccolo camerino ma mi sforzai di non pensarci mentre mi abbassavo i pantaloni e sbottonavo la camicia.
Ero rimasta solo in intimo. Istintivamente mi portai le mani sul corpo, come per coprirlo o proteggerlo. La pelle era soffice e infreddolita. Non osavo guardare la superficie riflettente un'altra volta poiché sapevo che lo sconforto mi avrebbe travolto nel peggiore dei momenti.
Non ero per niente formosa e una volta tanto avrei voluto davvero qualcosa da coprire.
Un lungo abito venne sventolato all'improvviso davanti ai miei occhi, accompagnato dall'allegra voce di Angela che mi esortava ad indossarlo.
Lo afferrai quasi con paura e feci passare le mani sulle sue pieghe. Era blu elettrico con un discreto scollo a V e senza maniche. In vita pendeva un nastro bordeaux dalle mille sfavillanti sfumature. Non avevo il coraggio di indossarlo: sapevo che sarebbe stato solo tempo perso perciò lo rimandai subito al mittente.
«Non ti piace?» domandò con tono deluso.
«Non è questo il problema...» borbottai.
«E allora indossalo: cos'hai da perdere?» chiese con ingenuità. Avevo molto da perdere ma lei non poteva comprenderlo.
Per me era facile immaginarmi con un abito che mi avrebbe fatto sembrare bella, che mi avrebbe donato sicurezza e che mi rendesse capace di volteggiare sulla pista da ballo come un leggiadro pettirosso, fino a quando non mi sarei trovata faccia a faccia con lui, con i suoi occhi celestiali e con quelle labbra che ogni volta imploravano di essere baciate. Mi avrebbe vista diversa, finalmente, e noi...
Gli occhi si colmarono di lacrime e abbracciai ancora più forte il mio corpo.
Come potevo osare pensare a un noi quando a malapena riuscivo ad elaborare lui? Eravamo in due strade diverse, anzi, in fondo era la stessa. Vicini ma lontani e quella barriera invalicabile che ci separava. Non potevo scegliere un artefice di ciò poiché entrambi avevamo impilato un mattone dopo l’altro incosciamente.
Io con la mia timidezza.
Lui con la sua popolarità.
E quando il suo sguardo magnetico sembrava attirarmi e distruggere il muro, ecco che invece questo si consolidava ed io non facevo altro che sbattere e farmi male. Più e più volte, come un’illusa, una stupida masochista.
Lui non capiva e non avrebbe mai capito.
Ero un tenero cagnolino che gli faceva compagnia e lui provava affetto per me; quell’affetto protettivo di cui sarebbe capace solo un fratello, ma non un ragazzo o qualcuno che prova qualcosa per te.
Io non sarei mai stata come Jessica, senza peli sulla lingua, bella, decisa e seducente. Sarei stata il solito pulcino che avrebbe vissuto nella sua ombra e nessuno si sarebbe accorto di me, benchemeno lui.
«Ehi, Bella, tutto bene?» mormorò Angela. Vedevo la sua ombra da dietro la tenda; sentivo il suo respiro, che mi avvisava della sua vicinanza.
«No». Mi tremava la voce e non riuscii a completare la frase senza singhiozzare. L’eco lontana dei miei sogni ad occhi aperti era ancora palpabile nella stanza e mi si appiccicava addosso, facendomi soffrire ancora di più. «Voglio tornare a casa!»
Le dita di Angela scostarono la tenda. Senza fretta e con dolcezza mi si avvicinò. Non riuscivo ad alzare lo sguardo e mi resi conto che era arrivata alle mie spalle solo quando sentii il suo abbraccio.
Quel calore, dovuto solo a un affetto sincero, mi riscaldò sia fuori che dentro e il dolore scivolò via piano piano, anche se lasciava piccole cicatrici che continuavano a farmi soffrire.
Interruppi il pianto e lei ne approfittò per asciugarmi le lacrime dal viso con un gesto della mano.
Il corpo, ormai abituato al calore di Angela sulla schiena, si trovò improvvisamente infreddolito quando lei si scostò e prese il vestito che, inavvertitamente, era stato fatto cadere a terra.
«Solo una prova, su, e non sarai costretta a guardarti» mi disse alla sprovvista.
Mi guardò con un sorriso buono e incoraggiante ma rimasi irremovibile.
Starnutii e strinsi le gambe tra loro, infreddolita. Questi piccoli sbalzi di temperatura non facevano proprio per un corpo gracile come il mio.
«Non puoi rimanere nuda: mettitelo finché non recupero i tuoi vestiti sotto questa montagna...» mi disse, scherzando. Sconfitta da questo dato di fatto, indossai l'abito ripromettendomi che per nessuna ragione al mondo mi sarei guardata allo specchio.
La stoffa era morbida e calda e il velluto sotto il vestito che mi strusciava le gambe provocava un piacevole solletico.
Quando Angela si voltò il suo sorriso era radioso e mi guardava con quella soddisfazione che ha un pittore dopo aver realizzato il suo capolavoro.
Si alzò e mi sistemò il laccio rosso in vita con un fiocchetto. «Sembri una bambolina».
«Non è vero» dissi con la voce tremante tipica del post-pianto.
«Non mi credi? Vedrai cosa ti diranno i ragazzi al ballo... Mentre sbavano...»
Avvampai al solo pensiero. Strinsi le labbra e scossi la testa con vigore.
A sorpresa, Angela mi fece ruotare di centottanta gradi così da ritirovarmi davanti allo specchio.
Strizzai immediatamente gli occhi così da mantener fede alla mia promessa ma in quel nanosecondo in cui avevo scorto la mia immagine mi resi conto che c'era qualcosa che non andava...
Non riuscii a trattenere la curiosità, perciò mi ritrovai ad ammirarmi con gli occhi sgranati.
Sembravo davvero fatta di porcellana e incredibilmente il vestito stava perfettamente dalla vita in su, cosa che non avevo mai visto nei miei indumenti!
«Un po' di push-up inserito nel vestito» ammiccò Angela alle mie spalle. Notai anche il suo viso nello specchio e, per la prima volta, non provai gelosia nel confrontarmi con una coetanea.
«Li stenderai tutti al ballo. Ti basterà sopravvivere all'escursione» trillò stringendomi le spalle. «Ora, però, sarebbe il caso di trovare delle scarpe adatte...»

 

 
Nota dell’autrice: bonsoire! Mi dispiace di aver aggiornato solo adesso ma ero oberata di compiti e lo sono ancora. Sarà per questo che, fin quando non terminerà il primo quadrimaestre penso proprio che non riuscirò a scrivere altri capitoli quindi dovrete avere pazienza. Mi impegno, comunque, a scrivere un capitolo di ogni mia storia (Blood and Passion e L’altra faccia della notte – dateci un’occhiata, se vi va) in modo tale da non lasciare i miei lettori a bocca asciutta per troppo tempo!
Spero di aver reso al meglio i sentimenti di Bella e avervi fatto comprendere la situazione senza farla apparire “esagerata”.
A presto!

  
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