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Autore: REAwhereverIgo    21/01/2013    6 recensioni
Quando fatti strani cominciano ad accadere ai ragazzi di una scuola superiore, toccherà alla giovane detective Rea infiltrarsi nel liceo e risolvere il caso!
Spero che vi piaccia! :)
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io odio le divise scolastiche

 

La mattina dopo Rea si alzò in ritardo. Suo padre sentì un’imprecazione rumorosa e poi uno schianto e sorrise. Non sarebbe cambiata mai.

Perché non mi hai svegliata? Ti diverti a sapere che farò tardi il mio primo giorno ufficiale da liceale?” lo aggredì lei, scendendo le scale con in mano il giacchetto dell’uniforme.

In effetti la cosa mi diverte. Sei grande e vaccinata, tesoro, non pensavo che avresti avuto bisogno di me per rimettere una sveglia” le rispose, passandole una tazza di caffè. Lei la prese al volo, ingurgitando la bevanda e scottandosi la lingua.

Dannata scuola, non l’ho mai sopportata” disse. Infilò le scarpe e recuperò la cartella dall’ingresso.

Vado con la mia macchina, ci vediamo dopo!” lo salutò di corsa.

L’uomo si alzò in fretta e la fermò.

Che c’è?” chiese la ragazza irritata.

Siamo a marzo e, soprattutto, sei in una classe di liceali. Quali studenti possiedono un’auto propria a codest’età?” le fece presente, con un sopracciglio alzato. Rea strinse i denti e il suo odio profondo verso le superiori crebbe.

Va bene, quindi cosa dovrei fare?

 

Con ben venti minuti di ritardo rispetto al programma, la ragazza scese dal pullman e corse verso l’edificio bianco e grigio che si trovava in fondo alla strada. La gonna della divisa la intralciava e basta, dato che si alzava ad ogni suo passo e lei non faceva che tirarsela giù ogni poco.

Maledetti aggeggi infernali femminili” esclamò.

Arrivò davanti all’ingresso ed entrò come una furia, frenando improvvisamente quando vide un paio delle sue compagne di classe tranquillamente sedute alla macchinetta del caffè. Riprese fiato un attimo e si schiarì la voce, rientrando nella parte della piccola e timida liceale.

Si avvicinò a loro, fissando il pavimento.

Scusatemi, non sono in ritardo?” domandò sussurrando. Loro la guardarono e scossero la testa, sorridendo.

No, alla prima ora c’è religione e ognuno può fare ciò che vuole. Tu sei iscritta a religione?” le chiesero.

No, non seguo quella lezione” rispose. “Ringraziando papà, che ha voluto essere magnanimo con me” aggiunse nella sua testa.

Allora sei apposto. Tu sei quella nuova, vero? Rea Simon. Io sono Emma Stevens e lei è Laura Daniels, piacere” si presentò la mora.

Piacere mio” ricambiò, allungando la mano.

Anche l’altra ragazza gliela strinse, quella piccola e bionda, e lei ebbe il modo di osservarle bene. Quella che si chiamava Emma era alta e slanciata, con lunghi capelli castano scurissimi e occhi color nocciola; l’altra, Laura, era più bassa e in carne, anche se non era grassa, e aveva i capelli biondo sporco. Rea sentiva che sicuramente non avrebbe legato con loro, anche se non sembravano brutte persone.

Allora, ti sei trasferita qui da poco, eh? Come mai hai cambiato scuola a metà del secondo quadrimestre? Non è un po’ rischioso in questo periodo, visto che dobbiamo dare l’esame tra poco?” le chiese quella alta.

Oh, ma non è un problema, io ho già la mat… ehm…” la ragazza si schiarì la voce e arrossì.

Ho sempre avuto dei voti alti, quindi papà ha pensato che non sarebbe stato un problema per me cambiare istituto” si corresse.

Beata te! Noi studiamo ogni giorno per quattro ore ma non riusciamo ad avere dei risultati ottimi” si lamentò l’altra.

Non ti preoccupare, la maturità passa velocemente” la consolò lei. “Non che io sappia come sia un esame di diploma di liceo, comunque” aggiunse.

Certo, quelli che si sono già diplomati lo dicono tutti, ma l’ansia di quei giorni sarà terribile, fidati” le assicurò Emma.

Rea evitò accuratamente di controbattere, ben sapendo che si sarebbe tradita, e sorrise semplicemente.

In quel momento vide arrivare da lontano il ragazzo che il giorno prima l’aveva salutata e abbassò lo sguardo fingendo imbarazzo.

Ehilà, ciao” le disse.

Ciao” sussurrò in risposta. Sicuramente sembrava una scema, vista da fuori.

Ehi, fratellone, hai portato gli appunti?” gli chiese Laura, illuminandosi.

Sì, ve li ho portati. Comunque, se fossi in voi, starei più attente durante le spiegazioni. È frustrante vedere quanto io mi impegni per rendere le vostre conoscenze quanto meno decenti per una quinta liceo” le rispose passandole il quaderno. La ragazza lo prese riconoscente.

Grazie! Sei un angelo!

Sì, sì, lo so” ribatté lui. Emma rise.

Io i miei appunti ce li ho, lei parla al plurale solo perché si vergogna di chiederteli da sola” confessò, facendogli vedere il suo blocco notes. La bionda arrossì e rise imbarazzata.

È vero” ammise.

Rea li guardò incuriosita: non sapeva che esistessero davvero delle persone così amiche. Nella sua vita di amici ne aveva avuto ben pochi.

Sentì suonare la campanella e alzò lo sguardo.

Dobbiamo andare in classe?” chiese.

Sì, purtroppo ci aspettano due ore di matematica e due di italiano stamani. Facciamoci coraggio” rispose Fabio teatralmente.

La ragazza li seguì in aula, continuando a fare finta di essere timida e impaurita, e poi rimase in piedi sulla porta.

C’è qualche problema?” si preoccupò il ragazzo, avvicinandosi.

Ah, no, niente di che, solo… non avevo un banco, ieri, quindi non so dove sedermi” spiegò impacciata.

Ne hanno messo uno per te stamani, non c’eri prima? È quello in fondo all’aula” le disse sorridendo. Lei seguì con lo sguardo l’indice della sua mano e vide che c’era un banco vuoto nell’angolo destro della classe.

Meno male, mi vergognavo troppo a tornare alla cattedra. Grazie” gli rispose, avviandosi verso il suo posto.

Quando il professore entrò nella stanza e calò il silenzio, la ragazza ringraziò il fatto di essere piccola di statura: poteva mimetizzarsi in maniera perfetta dietro ai capelli di Emma e nascondersi fino a lezione finita.

 

Durante ogni pausa Rea venne assediata dai suoi nuovi compagni. Andavano da lei per chiederle del suo trasferimento, da dove veniva, cosa facevano i suoi genitori, quali erano i suoi hobby e puntualmente aveva risposto con una bugia. Non poteva dire la verità, questo era certo, però anche mentire non le faceva proprio piacere. Odiava le menzogne, sin da piccola suo padre le aveva insegnato che dobbiamo essere sinceri col prossimo, però in quel caso proprio non poteva. Non vedeva l’ora di tornare a casa e prendersi una settimana di pausa dopo quei due giorni estenuanti.

Quando suonò la campanella di fine lezione, tirò un sospiro di sollievo: anche questa era andata.

Ehi, tu come torni a casa?” le domandò Fabio, apparendole alle spalle. Lei sobbalzò e si mise una mano sul cuore, impaurita.

Non mi arrivare dietro così di soppiatto!” lo sgridò. Lui rimase stupito dal suo tono di voce.

Scusami, non pensavo di spaventarti” disse. Capendo la gaffe fatta, Rea si schiarì la gola e scosse la testa.

No, scusami tu, non volevo alzare la voce” ribatté. Prese la cartella e uscì di classe senza dargli una risposta seria, così lui la seguì.

Allora?

Cosa?

Come torni a casa? Vai in pullman, a piedi, con l’auto…?” ripeté.

Penso che ci sia mio padre ad aspettarmi qua fuori. Almeno spero” spiegò.

Oh, capisco” disse dispiaciuto.

Senza capire a cosa si riferisse lei sorrise.

Devo andare, mi dispiace per… qualsiasi sia il motivo che ti ha fatto rattristare. Ci vediamo dopo le vacanze” lo salutò sorridendo.

S’incamminò verso la Mercedes continuando a guardare il ragazzo, inciampando così in una buca causata dalla pioggia. Nel cadere a terra la gonna le si alzò fino alla vita, facendo bella mostra dei pantaloncini che portava come copertura dal freddo.

Rimase ferma a terra per un paio di secondi prima di rendersi conto che tutti quelli che aveva intorno stavano ridendo, Fabio compreso. Si alzò, scuotendosi la polvere di dosso, e lo fulminò con lo sguardo. “Ti odio” pensò.

Imbarazzata come mai in vent’anni di vita, entrò in macchina sbattendo la portiera con forza. Suo padre stava  lacrimando dalle risate e lei lo guardò infuriata.

Invece di ridere metti in moto!” gli urlò.

Scusami ma è stata una scena epica! Se avessi avuto una videocamera ti avrei filmato, giuro!” le disse lui, partendo in retromarcia per uscire dal parcheggio.

Quando furono a casa Rea notò che la gonna si era strappata sul davanti, lasciando un bel buco al posto della stoffa che copriva le ginocchia. Lanciò l’indumento contro la porta e si sdraiò, frustrata, sul letto.

Io odio questa missione, odio questo lavoro e, soprattutto, odio le divise scolastiche” decise.

 

  
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