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Autore: The queen of darkness    23/01/2013    2 recensioni
Ok, lo so che non dovrei con altre storie in corso, ma non ho proprio resistito. Naturalmente non ho nessun diritto di manipolare le vite di questi stupendi musicisti e so che sarà uno strazio, quindi ci tengo a sottolineare che tali eventi non sono mai accaduti sul serio, ma sono solo frutto della mia mente perversa e malata. Detto questo, spero vi divertiate
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stava sdraiato sul divano in una singolare posizione, sullo stile di una “balena  spiaggiata”.
Stava ripensando al suo passato, cosa che gli capitava non di rado, soprattutto negli ultimi mesi.
Al lavoro non c’erano stati ulteriori problemi, la Harper si era messa tranquilla e il ragazzino era migliorato notevolmente da quando una psicologa lo seguiva passo  dopo passo.
Jessy si era ripresa tutto sommato in fretta, tornando la solita dopo cinque o sei giorni. Era solare e allegra come sempre, mentre riscopriva la sua passione per le parole crociate e interrogandolo mentre le faceva.
-Nome del re dell’isola dei Feaci nell’Odissea, poema omerico. Sette lettere, orizzontale-, gli aveva detto all’improvviso quel giorno. Anche se sapeva la maggior parte delle risposte, voleva comunque sondare il suo livello di preparazione con una sorta di test a sorpresa.
-Alcinoo -, aveva risposto senza alzare lo sguardo dal libro che stava leggendo, -prova a vedere se ci sta.
Ovviamente ci stava.
Erano andati avanti a parlare per un altro po’, poi lei era dovuta andarsene prima per un impegno urgente, lasciandogli fare il tragitto da solo. Avevano raggiunto un buon livello di confidenza e la strada la percorrevano sempre insieme, ogni giorno, a piedi, un tocca sana alla sua salute.
Forse, pensò grugnendo, in quel momento si trovava stretta ad un belloccio conosciuto in palestra che la vedeva solo come un pezzo di carne per ricavare una notte di sesso selvaggio. E la cosa gli dava immensamente fastidio.
Non solo perché la ragazza meritava molto di meglio, ma anche perché…negava fino all’ultimo la seconda ragione.
Perché voleva essere lui quello a rotolarsi nelle lenzuola al suo fianco.
Grugnì di nuovo nel silenzio tombale dell’appartamento vuoto.
La TV stava spenta davanti ai suoi occhi: forse accenderla l’avrebbe fatto sentire meno solo, ma non lo fece per mantenere lo stupido record fatto con sé stesso.
“Avanti Brian, quanto riesci a resistere senza accenderla da buon americano medio che sei?”, si era detto una sera. Così l’orgoglio ora gli impediva persino di usare un elettrodomestico. Stai facendo passi avanti, ragazzo mio, pensava sarcastico.
E poi, forse era anche meglio che lo schermo rimanesse oscurato, altrimenti avrebbe impostato su MTV, canale in cui era comparso raramente ma che faceva ancora male da guardare.
Infatti la notizia del “cantante più shock degli ultimi anni che decide improvvisamente di darsi all’anonimato”non era ancora passata di moda, anzi, se non avesse rinunciato ai suoi diritti d’autore su certe cose forse avrebbe fatto un amiriade di quattrini stando semplicemente in poltrona.
A proposito; non aveva una poltrona. Solo un pulcioso divano bi-posto, triste e verdino, intonato alla moquette.
Non ripensava più a sua moglie in quei momenti di solitudine, alla donna che aveva disperatamente amato e che si era lasciato sfuggire per inettitudine. Una donna meravigliosa che l’aveva reso felice. Non aveva potuto però impedirsi di rovinare tutto quanto con pura bastardaggine.
Pensava a lei con affetto, a come avesse fatto di tutto per mantenere lo straccio di un rapporto con un uomo tutto preso da droghe e festini che non rinunciava a nulla nonostante la promessa davanti a Dio.
Non riuscivano più a comunicare, e a posteriori si rese conto di averla trattata come una pezza da piedi.
E lei, che non era una donna stupida, aveva fatto più che bene ad andarsene via. Se la meritava tutta la solitudine.
Bussarono improvvisamente alla porta d’ingresso, facendolo sobbalzare.
Non aveva mai ricevuto visite da quando si era trasferito lì, e non aspettava nessun ospite. Dela sua vecchia vita aveva fatto in modo di essere l’unico a conoscere il suo domicilio da uomo qualunque, ed era fuori discussione che qualsiasi impiccione l’avesse trovato: era dall’altra parte del continente, per Dio!
Per un attimo pensò che fosse Jessy, una tra le poche che non fosse una segretaria vecchia e annoiata o una dipendente della motorizzazione a sapere il suo indirizzo. Forse voleva fargli una sopresa, era così strana e imprevedibile quella ragazza!
Fu per questo che andò ad aprire, dovendo anche togliere la chiave e girare due volte: non considerò nemmeno lo spioncino.
Per poco non fece un infarto; altro che Jessy, era la ragazza anoressica dell’appartamento di fronte, fasciata in  un accappatoio bianco.
-Sì?- chiese educatamente, appena riacquistò una voce che non fosse stridula.
-Ho finito lo zucchero- disse semplicemente lei, cercando di essere seducente. Lasciò che una spalla della tela spugnosa scivolasse un po’ a scoprire l’osso sporgente.
Era assolutamente ridicola. Innanzitutto aveva scelto la scusa più improbabile, in quanto quel corpo raramente avrebbe potuto ingoiare qualcosa che non fosse saliva pura e semplice, senza nemmeno un sale minerale. E poi la sua espressione quasi annoiata e apatica tipica delle persone anoressiche che si stanno dirigendo senza rimpianti verso la morte non faceva che rendere il quadro ancora più triste.
-Aspetti qui- disse lui calando sull’uso della terza persona, per schizzare in cucina, spalancare le ante della piccola credenza e prendere l’intera confezione dell’ingrediente.
Tornò sulla porta e la trovò ancora lì, nell’identica posizione di prima, ma con la faccia delusa.
“Mi dispiace, tesoro, ma io vado solo con gli esseri umani”.
-Ecco- disse porgendoglielo. Sfiorò la sua mano fredda da cui sporgevano vene e tendini.
Provò qualcosa di molto simile alla compassione; aveva davanti una persona martoriata dalla vita esattamente come lui, solo che in una sfera diversa. Lei si era sentita inappropriata fino a privarsi del cibo, e probabilmente sarebbe morta a quanti? Vent’anni? Non era assolutamente giusto che una ragazza così giovane fosse costretta a vivere una cosa del genere, sempre che quella si chiamasse vita.
Così, invece di sbatterle la porta in faccia, aggiunse:- Te lo do solo se prometti di mangiarlo.
Lei lo guardò per un lungo istante: un uomo dimagrito, che si stava tirando fuori dalla deriva con molta fatica.
-Farò una torta- rispose lei. –Ho fame adesso.
Poche parole che potevano sembrare bizzarre, ma piene di significato.
Prima di andarsene, distese le labbra secche fino a mostrare i denti e le gengive. Era quello il suo grazie.
Il primo sorriso dopo chissà quanto tempo. 
  
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