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Autore: Pluma    13/08/2007    0 recensioni
E se il dramma di Boromir non riguardasse l'anello, ma un amore tanto insensato quanto irresistibile? Tanto irresistibile da non lasciargli via d'uscita? RIVISTA E CORRETTA. Spero anche migliorata, ditemi voi con tante tante recensioni.
Genere: Triste, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boromir, Nuovo personaggio
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
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LA BATTAGLIA

 

“Oh, quella è la via.” Disse Gandalf. Finalmente aveva capito la strada giusta, non tanto perché se la ricordasse, quanto perché dalla porta scelta arrivava un’aria più buona rispetto alle altre.

La compagnia arrivò nella sala dove era stata messa la salma del cugino di Gimli. La scena che si presentò ai loro occhi era a dir poco oscena: al centro vi era il sarcofago in pietra lavorata, le ossa dei nani erano sparse ovunque; tra le braccia di uno scheletro lo stregone trovò un librone impolverato, dove il nano aveva scritto i suoi ultimi pensieri. In fondo alla stanza c’era un pozzo, sul quale, i resti di un nano seduto; Pipino si avvicinò, toccandogli la mano  protesa verso di lui. Questo causò la perdita di stabilità del morto, che precipitò sempre più verso il centro della terra fino a quando non trovò più modo per cadere ancora. Tutto ciò provocò un eco terribile che si sparse per tutta la miniera.

Gandalf inveì contro l’hobbit, ma il rimprovero gli morì in bocca quando sentì il suono irregolare di tamburi. Boromir  si precipitò al portone della sala sigillandola appena in tempo prima che quattro frecce colpissero. I quattro hobbit sfoderarono i loro spadini, le loro braccia come le loro ginocchia tremavano incontrollatamente, così per farsi forza uno con l’atro si avvicinarono; questo diede modo a Gandalf di proteggerli almeno dal primo attacco dei troll mettendosi tra loro e la porta. Gimli  si arrampicò sulla tomba del parente urlando sfide e minacce, colpendosi con sempre più forza ed enfasi sul petto con l’ascia sguainata. Davanti alla porta, che subiva i colpi dei mostri, c’erano Aragorn e Legolas con gli archi pronti, Boromir con la spada in pugno e, infine, Lillith con i muscoli tesi, pronti per balzare in avanti le zanne scoperte vogliose di mordere con forza.

In poco tempo i nemici riuscirono a sfondare la debole porta di legno. La battaglia scoppiò. Ogni tanto Boromir riusciva scorgere la lupa; i  suoi movimenti erano ovviamente animaleschi. Squarciava quella carne lurida come se fosse la più invitante del mondo. Ma c’era qualcosa di strano. Sembrava che il suo corpo, per evitare i colpi avversari, si dissolvesse, per poi ricomporsi e attaccare a sua volta. Boromir rimase allibito, ma non per molto,  era poco conveniente distrarsi completamente in un campo di battaglia.

Lillith si stava divertendo molto più di quanto facesse vedere, nonostante quegli esseri maledetti non fossero nemmeno lontanamente alla sua altezza. Riusciva a prevedere fin troppo bene cosa avrebbero fatto, ma era da molto che non faceva del movimento di quel tipo. Dopo un po’, però, il gioco le venne a noia, così rallentò i suoi movimenti lasciandosi circondare da tre troll. Due impugnavano una lancia decisamente rudimentale, anche se Lillith scommetteva che infilzavano perfettamente, come se fossero state costruite e decorate per un re. Il terzo, invece, la minacciava con aria affamata con una spada, non più bella delle armi dei due compagni. I primi due attaccarono all’unisono, sicuri che per cena ci sarebbe stato carne di lupa; ma il risultato fu l’opposto ferendosi a vicenda a morte. Lo spadaccino, attaccò subito dopo. Lillith schivò, in modo da trovarselo a sinistra; alzandosi sulle gambe posteriori affondo i denti insanguinati nella nuca schizzando liquido nerastro ovunque.

In un modo o nell’altro la compagnia riuscì a sconfiggere la prima ondata di orchi. Appena uscita dalla sala, vennero,però, nuovamente circondati. I nemici urlavano, sghignazzavano, sembrava che la fine fosse giunta. Lillith stava cominciando a ringhiare preoccupata, non tanto per se stessa, quanto per la missione, quando la luce di un fuoco molto intenso comparve nel fondo del corridoio. I nani avevano scavato troppo profondamente e con troppa avidità, risvegliando dalle tenebre un demone del mondo antico: un Balrog.

Gli orchi scapparono terrorizzati, imitati dai dieci compagni guidati dall’unico che era a conoscenza di questa presenza. Arrivarono ad un ponte di pietra che unificava due sponde in mezzo al quale vi era un precipizio talmente profondo da sembrare il passaggio per il centro della terra. L’ultimo a mettervi piede fu Gandalf che non lo percorse per intero, ma si fermò in mezzo, fronteggiando il Balrog che stava ancora alle loro spalle. Il demone dal corpo di fuoco si mise in equilibrio sulle zampe posteriori, sfoderando una frusta incandescente. Il demone fece un primo passo verso lo stregone, il quale urlò:

“TU NON PUOI PASSARE!” Gandalf piantò il suo bastone magico nel ponte che crollò. Il Balrog precipitò, ma proprio quando il pericolo sembrava passato, la frusta saettò verso l’alto, attorcigliandosi alla caviglia dello stregone facendogli perdere l’equilibrio. Gandalf riuscì a, malapena ad aggrapparsi alla roccia con le mani.  Di energia, ormai, ne aveva poca. Non sarebbe mai riuscito a tirarsi su autonomamente, aveva bisogno di aiuto.

Frodo, colui che si era affezionato maggiormente allo stregone grigio rispetto agli altri, senza pensarci provò a ritornare in dietro, ma fu bloccato da Boromir. Il condottiero, mentre tratteneva il ragazzo cercò gli occhi verdi  della lupa.

“Puoi fare qualche cosa?”

Lillith non rispose, ma corse verso il precipizio, dove il corpo di Gandalf lottava per pochi attimi in più di vita. Si sdraiò pancia a terra, con il muso rivolto verso Gandalf, schiacciò poi le mani dell’anziano contro la roccia con le proprie zampe, sostenendo completamente il peso del corpo.

“Ti chiedo scusa per il dolore, ma è necessario.”

Gandalf scosse un po’ la testa per cacciare il male, ma poi annuì, consapevole che in quella posizione persino la figlia di Sauron era indifesa.

“Devi fare una scelta: la vita, o la vittoria.”

Gandalf sgranò gli occhi, per l’incredulità. Fu in dubbio per un attimo, uno solo di debolezza, perché subito dopo sul suo volto apparve la determinazione.

“Sei coraggioso. Vedrai, ti assicuro che vedrai la vittoria.”

In quel momento un troll, mirò in direzione di Lillith.

“Fermalo Legolas! Ferma quel maledetto!” urlò Boromir, che cominciò a sudare freddo. Teneva ancora stretto Frodo, ma la sua testa lo stava portando lontano dal suo dovere di proteggere il portatore.

L’elfo  riuscì a ferire a morte il troll, ma quest’ultimo ebbe ugualmente il tempo di scoccare la freccia avvelenata. Lillith schivò, Gandalf cadde. L’eco delle urla di Frodo riempì le grotte; le gambe corte si dimenavano, mentre le braccia da bambino cercavano di allontanare Boromir, che senza fatica prese in braccio lo hobbit portandolo fuori, al sicuro.

   
 
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