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Autore: Emily Doe    13/08/2007    6 recensioni
I tempi di Hogwarts per i nostri eroi sono terminati, la guerra infuria ed un particolare incontro tra Hermione e qualcuno che non vedeva da molto, molto tempo, potrebbe cambiare le sorti di tutti. Perché nessuno ha mai capito... e non potrà mai esserci qualcosa di più difficile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 12° “Chi non trema”

Could it be any harder to live my life without you?

Dopo quella che era sembrata un’interminabile serie di giornate tempestose – metaforicamente e nel vero senso della parola – la (forse apparente) quiete che regnava per le strada risultava strana, più precisamente angosciante. Certo, il sole non splendeva alto nel cielo, ma non tirava un alito di vento e la pesante cappa d’umidità, tipica di quei luoghi e di quella stagione, gravava sulla città ed opprimeva tutto: oggetti, persone e sentimenti. Il cielo era coperto d’una fitta coltre di nubi grigiastre, il freddo sembrava meno insistente, prepotente e doloroso del solito, attutito dall’aria stagnante del momento, quando in realtà, subdolo, si infiltrava ovunque, quasi di nascosto, quasi come un pensiero indesiderato, non voluto che, tuttavia, continua a tormentarti la mente, il cuore e l’anima, gelando la pelle, gli arti, le ossa.
Ma non le emozioni.
Quelle continuano, come sempre, a confonderti maggiormente, intorpidendoti e facilitando il lavoro al pensiero indesiderato ed al gelo che ne consegue. Si succedono senza logica alcuna, affastellandosi le une sulle altre, colmando ogni spazio del tuo cuore eppure riuscendo sempre a trovarne altro per stillare la propria essenza – lentamente - nella tua anima.
Rabbrividì appena. Alzò lo sguardo al cielo per un solo momento: lo sentiva dentro, quell’apparente calma non sarebbe durata a lungo. E non si riferiva solamente al quadro metereologico. Tutt’altro.
Non si fermò, continuò a correre sapendo – eppure non capiva in quale modo – dove dirigersi; passo dopo passo, respiro dopo respiro cresceva in lei una straziante sensazione di ansia, di angoscia. Di paura. Paura di ciò che era avvenuto – fuori e, specialmente, dentro di lei, lì, nel profondo, in quella piccola eppure così sconfinata zona in cui hai sempre racchiuso e rinchiuso i tuoi sentimenti, le tue emozioni, custodendole, proteggendole...quella stessa zona su cui hai sempre creduto di avere un totale controllo e che, nonostante questo, quasi come una punizione per quel tuo pensiero curiosamente presuntuoso (di cosa puoi veramente avere il controllo completo?), ti è sfuggita dalle mani. Una zona che non riesci più a raggiungere, che non sai più gestire né comprendere. -...paura di ciò che era avvenuto, sì, ma anche paura di ciò che stava avvenendo e, soprattutto, paura di ciò che stava per avvenire. Quella strana situazione in cui ti trovi in procinto di vivere qualcosa che, dannazione, non sai cosa sia, cosa comporti...quella situazione singolare in cui non sai effettivamente nulla, niente, in cui il passato è già passato ed il presente sta seguendo la stessa sorte...esattamente quella situazione, quel momento, quell’attimo rapidissimo in cui capisci che stai per vivere l’avvenire, ciò che deve ancora accadere e che, per quanto ti possa sforzare, non puoi conoscere né tanto meno prevedere...ecco, quella situazione di instabilità ed incertezza Hermione Granger l’aveva sempre detestata. Perché spaventava. Perché agitava.
Perché ti sbatteva violentemente in faccia quella che è la realtà. Non la tua realtà, ma una realtà che è anche tua. Una realtà umana, per così dire.
La realtà che non puoi nulla.
Non puoi nulla nei confronti di molti eventi che stanno per verificarsi.
E ciò dimostrava anche, in un certo senso, l’insita forza del genere umano: nonostante questa convinzione, molti continuano a voler credere con tutti se stessi che qualcosa, certe volte, si può fare. Non si siedono, non si placano, continuano a correre con tutti coloro che la pensano allo stesso modo verso quella che sarà una conclusione a cui avranno partecipato a tutti gli effetti.
Quella sarà, allora, davvero la loro conclusione.
E raggiunta quella, si siederanno per appena un istante, per poi rialzarsi e proseguire il cammino verso un’altra nuova e sconosciuta conclusione.
Nello stesso identico modo, Hermione Jane Granger sapeva che molto probabilmente le sarebbero sfuggite di mano – come già avevano ampiamente fatto – molte cose, eppure sentiva dentro, come un brivido profondo che ha l’eccezionale particolarità di non passare, di perpetuare il suo effetto laggiù, sempre in quella famigerata zona in cui giacciono assopiti i sentimenti per poi svegliarsi con forza e prepotenza, Hermione Granger sentiva e sapeva che non si sarebbe fermata. Avrebbero dovuto sbarrarle la strada, bloccarle i movimenti, impedirle il pensiero ed annullarla del tutto, perché lei potesse fermarsi. E nessuno, fino ad adesso, era stato in grado – né lo sarebbe stato in un futuro abbastanza prossimo – di farlo. Aveva vissuto fin troppo a lungo senza poter prendere il controllo degli avvenimenti che si avvicendavano attorno a lei ed alle persone che amava. Sapeva che probabilmente non avrebbe potuto fare nulla, ma questa volta – più per loro che per se stessa – non avrebbe rinunciato.

*** *** ***

La debole luce illuminava fiocamente la natura circostante, le luci artificiali, accese in strada proprio per la scarsa visibilità, non riuscivano a rischiarare quella morbida ombra che si distendeva in quella piccola radura, abbracciando prima un ramo, poi quel sasso, fino ad inglobare il tutto in un’uniforme quanto stranamente accogliente penombra.
Illuminazione babbana. Dispendiosa quanto inefficace.
Non che la cosa gli dispiacesse più di tanto. Anzi, ad essere sinceri, non gli dispiaceva affatto. Non aveva bisogno di luce, non in quel momento. Non aveva bisogno di quella luce. La luminosità cui anelava, sotto i gesti razionali e freddi, calcolati anche nel minimo particolare, era ben diversa. Era vera, era tiepida, era viva e sapeva avvolgerlo interamente, senza quasi che lui se ne rendesse conto.
In fondo, la luce non era davvero necessaria. Tutt’altro. Quale luce può bramare un essere che è sempre stato costretto a vivere nell’ombra? Un essere che, di per sé, non è mai stato né luce né ombra? Penombra. La sua culla, luogo in cui rifugiarsi dal sole accecante di quell’insensato quanto confuso viaggio che era stata la sua esistenza. Luogo di dannazione, allo stesso tempo, per chi proprio lì era costretto a nascondersi da tutta una vita. Ma no, era davvero meglio così.
Concludere come si era iniziato. Cosa? Tutto. Quel tutto.
Sei patetico.
La triste realtà era che essendosi ormai abituato a quel punto stabile della sua vita, un punto né bianco né nero, né buono né cattivo, difficilmente – eppure un sorriso divertito gli illuminò le labbra, a questo pensiero – ne avrebbe potuto fare a meno. Draco Malfoy, colui che si era sempre – da quel giorno, dal giorno della perdita della sua prima luce, Narcissa Black – dichiarato indipendente da qualsiasi cosa e da chiunque, a distanza di pochi anni si trovava indissolubilmente legato alle due cose cui mai avrebbe sospettato di poter far sue. E queste due cose erano semplici nella loro complicatezza, inesorabilmente disarmanti nella loro profondità. Una, già citata, era proprio la penombra – tonalità che rappresentava in pieno il suo essere -, l’altra era lei.
Orgogliosa quanto bisognosa. Luminosa quanto buia sotto quella fitta coltre di apparenze. Intelligente quanto terribilmente acuta, di un’acutezza talmente tagliente da poterlo esplorare in un tempo relativamente breve, considerando quanto spesse fossero – grazie ad anni di esercizio – le sue difese, innalzate ancor prima di conoscerla, per impedire che chiunque potesse venire a contatto con il suo interno.
Un altro sorriso, ancora un poco infastidito.
Forse perché volevi preservarti da qualsiasi cambiamento che dipendesse da qualcun altro.
Eppure, quando lei l’aveva raggiunto e gli aveva sfiorato quella mano insanguinata ed ormai gelida, il dolore non era stato così forte, quanto di un’agrodolce malinconia. Dolorosa perché intrusiva – come lei, come la sua mano, come i suoi occhi, la sua voce, la sua pelle -, agrodolce perché terribilmente allettante, eppure irraggiungibile. Gli erano stati concessi pochi momenti, questo era vero, ma doveva essere così. Ne era consapevole. Perché non avrebbe mai potuto tenerla vicino a sé per un lasso di tempo appena più lungo, l’aveva sempre saputo, anche quando, sulle prime, aveva tentato di resisterle, in quanto l’addio sarebbe stato ancora più lacerante nel fisico e nell’anima.
Perché potrebbe anche piacermi.
Soffice e dura realtà.
Non ho voluto fare sufficientemente attenzione.
Perché non ci sarebbe stato niente di più difficile.

Eppure quel singolo istante, il momento in cui le sue dita avevano sfiorato il suo polso irrigidito, il secondo in cui aveva stretto nella sua mano piccola e fragile e calda quella che non era più la mano di Draco Malfoy, ma lui stesso, non solo simbolicamente – in quanto il suo fisico aveva avvertito quel contatto con violenza stupefacente -, quel semplice quanto complicato momento – per tutto ciò che c’era e c’era stato dietro, tutte le parole non dette, tutte le cose rivelate solo grazie ad un collegamento all’inizio debole, poi sempre più forte, tra le loro coscienze -, quel singolo istante era valso tutta una vita.
Draco Malfoy poteva dire di aver vissuto per tre cose, più precisamente, per tre tipi di sorriso: il sorriso di una madre, il sorriso di una donna – il suo e quello di nessun’altra, il sorriso della vendetta. Aveva guadagnato i primi due, ma per riscattarli – l’uno in quanto ormai spento, l’altro in quanto in pericolo di essere brutalmente cancellato, per lo stesso motivo per cui il primo era stato fatto svanire – doveva ottenere il terzo. Non come vendetta semplice – non più, quanto come consapevolezza di aver fatto qualcosa per un sorriso ormai perduto e di aver dato ancora più luce e la speranza di poter brillare – perché questo faceva, nel suo bagliore accecante, in quella luminosità che era stata per lui lei – ancora per molto tempo al sorriso che aveva saputo giungere nel punto più freddo e più distante e più irraggiungibile che un essere umano avrebbe mai potuto celare nella sua immensità. Nella fattispecie, un individuo non poco complicato come lui.
In fin dei conti, erano tre sorrisi d’amore.
Sto diventando sdolcinato.
Ed il sorriso della vendetta era esattamente ciò che concludeva quella triade, esattamente ciò che stava andando a conquistare con la forza.
Per sé.
E per te.

*** *** ***

Like sand on my feet,
The smell of sweet perfume


Scivolata via da lui, dalla sua mano, dalla sua protezione. Persa.
E quella dannata voglia di gridare. E quella maledetta incapacità di farlo, soffocato dalla consapevolezza di ciò che aveva appena smarrito.
Che non avrebbe ritrovato.
Non perché lei glielo avesse detto, né perché lo avesse pensato.
Semplicemente, lui lo aveva visto.
In quei suoi occhi.
La luce di una comprensione fugacemente raggiunta, la presa di coscienza che qualcosa è andato storto e niente potrà mai più essere come prima.
Non importava che Hermione lo amasse o meno, lui aveva visto nel suo sguardo – una volta caldo, sorridente e pieno di vita – che lei sapeva che se ne sarebbe andata.
E la cosa più dolorosa era sapere che, questa volta, non avrebbe potuto far nulla per tornare indietro e cambiare le carte in tavola.
E di lei sarebbe rimasta solo una scia, come la sensazione remota di un profumo una volta così familiare.

You stick to me forever, baby

Ron si accasciò a terra, le mani fortemente premute sugli occhi, i gomiti poggiati sulle ginocchia. Non ho saputo amarla come uomo, ma solo come ragazzino.

And I wish you didn’t go

Aveva aperto gli occhi troppo tardi.
Non sono riuscito a proteggerla.

I wish you didn’t go

Una voce familiare giunse alla sua mente ormai ottenebrata, come un sussurro lontano.
“Ron? Ron, santo cielo, che succede?”
“Appena abbiamo saputo che Hermione era scomparsa siamo…”
“Ron…hai visto Hermione?”
Una stretta più dolorosa al cuore.

I wish you didn’t go away

“L’abbiamo persa.”
“Co-cosa?”
La voce di Harry era troppo fredda, meccanica, chiaramente terrorizzata. Nella mano serrava quella più piccola di una Ginny oltremodo spaventata.

To touch you again with life in your hands

“Perché nelle nostre vite non c’è mai stato niente di più difficile…” la voce di Ron era bassa e arrochita dal freddo, priva di qualsiasi espressione, come se lui stesso fosse stato svuotato di tutto.
Ginny si portò una mano alla bocca reprimendo a stento un singulto.
Harry serrò la mascella.
La Guerra che aveva portato loro via tante cose era riuscita a prendersi anche il sorriso della loro Hermione.

It couldn’t be any harder

*** *** ***

Si portò di colpo la mano al cuore, sentendo una fitta acuta e penetrante da qualche parte nel petto, ma non si fermò a riprendere fiato. Correva come mai aveva corso in vita sua, correva come se da quello dipendesse la sua stessa vita. Non che la verità fosse poi molto lontana da ciò.
Muovendo un passo dopo l’altro, senza più aria e sentendosi polmoni e gola in fiamme, l’unica cosa cui riusciva a pensare era il terrore che stava provando. Quella sensazione attanagliante che le stringeva da giorni la bocca dello stomaco e che le dava continue scariche di adrenalina per tutto il corpo, una sensazione che non si poteva ignorare, alla quale continuava a pensare quasi ossessivamente ogni minuto, ogni secondo, perché sapeva che anche volendo non avrebbe realizzato alcun altro pensiero di senso compiuto. A dire il vero quel terrore non era logicamente compiuto, era come un miscuglio agitato di sentimenti che vorticavano dentro di lei, ormai tanto densi da risultare non solo impenetrabili ma anche inscindibili, lasciandole solo una scia sensibile, un’aura, un qualcosa di talmente vago – e quasi inconscio – da essere percepito solo a tratti, in quella paura infinita, pur essendone la diretta causa. Quella sensazione, quel sesto senso le diceva che lo stava per perdere. Che lui stava per perdersi.
Definitivamente.
Fu solo quando il penetrante odore dei pini la avvolse dolcemente e quando udì i suoi piedi correre ormai su un sentiero di terra battuta che si rese conto di essere ancora lì. Ancora. Sì, ancora una volta. Come in quel momento che, nella memoria, sembrava così remoto da essere percepito dalla mente come smussato dal tempo, eppure vivo e pungente per il cuore. Quella contrastante sensazione di familiarità nella dolcezza del ricordo e di agghiacciante consapevolezza di un qualcosa che sta sfuggendo al tuo controllo – o che forse sotto al tuo controllo non è mai stata – le avvolse il cuore dolcemente, con tenera crudeltà, mano invisibile la cui carezza si trasforma in una stretta micidiale senza che te ne possa rendere conto in tempo. Con quella fitta al petto, dolce e straziante, si guardò brevemente attorno. Se non fosse stato per la mancanza di quel bianco accecante persino nell’oscurità – neve, neve ovunque, anche negli occhi e nel respiro -, le sarebbe sembrato di essere tornata a quel momento di tanti mesi prima.
Quanti? Quanto tempo era passato? Un anno? O meno? Confusa, si portò una mano alla tempia, esercitando una leggerissima pressione, provando un deciso senso di colpa nel riconoscere che parte di quel batticuore – un pulsare profondo che coinvolge il sangue di tutte le vene – era dovuto a quella morbida tensione di quegli attimi lontani.
Il vento sibilava appena tra le fronde, pungente ed ammonitore; improvvisamente si fermò, senza essersi resa conto di aver continuato a camminare. Alzò il viso, impercettibilmente.

You stick to me forever, baby

Era solo una macchia scura in lontananza, flebile e quasi indistinta nei contorni.
Lei sfiorò con la mano destra la ruvida corteccia di un albero e vi poggiò il proprio peso.
Contorni indefiniti, a tratti come fossero stati evanescenti, come ciò che rappresentavano: qualcosa di certo, di fermo, di corporeo, eppure inafferrabile o difficilmente comprensibile.
Inspirò a fondo, un rumore stranamente roco che si spense l’esatto istante successivo a quello in cui aveva preso vita.
Si scostò dall’albero che le aveva offerto momentaneo supporto – e forse anche rifugio, chiuse lentamente gli occhi e li riaprì avvertendo una lacrima calda scivolarle lungo il viso.
Contorni indefiniti nelle lacrime di un’incertezza forse precaria: il non voler sapere cosa accadrà, il sentimento esattamente contrario e la confusione dei sensi e dei sentimenti alla vista di lui.
Contorni indefiniti nelle lacrime, ma una presenza così definita nel suo cuore.
Camminava lentamente, i passi impercettibili, eppure lui alzò una mano.
Presenze così definite in entrambi i loro cuori.
“Ti prego, no.”
Lei continuò a camminare, scuotendo il capo piano, senza sapere effettivamente il motivo per cui lo stesse facendo.
“Per favore.” un’affermazione bassa e decisa, eppure arrochita da una sfumatura di dolcezza latente “Per favore…”
Si fermò solo quando a separare i loro corpi furono solamente qualche manciate di centimetri. La sua figura alta, ben impostata e quel mantello lacero, scuro. Solo i capelli biondo pallido a farla risaltare quasi con luminosità.
Sollevò il braccio e gli sfiorò la spalla, quasi senza toccarlo.
Un brivido caldo che scivola per la schiena.
Draco si voltò, il viso pallido, solo le labbra arrossate dal freddo e dal vento, gli occhi di ghiaccio ammorbiditi da un’espressione dolce ed addolorata. Afferrò la mano di lei prima che ricadesse nel vuoto.
Non andartene.
Così tante parole in un semplice gesto, così tanti sentimenti che alcun bisogno hanno di essere espressi, perché le parole li sminuirebbero e li infangherebbero. Solo quella vibrante emozione che trasparendo dalla semplice presenza dell’altro, trafiggeva l’anima; un piacere in fondo doloroso di un dolore vivo, pulsante, avvolgente e quasi aggressivo.
Strinse la propria mano su quella di lei in una presa leggera, morbida; i suoi occhi madreperlacei colmi di una sensazione agrodolce; quel contatto tanto agognato ora sembrava bruciare sulla pelle come un marchio ben più profondo di quello di un Mangiamorte, sembrava imprimere la propria presenza, quasi il proprio profumo – un leggero sentore così familiare, piccola eppure grande rassicurazione in una confusione tanto immensa -; Hermione sentì salirle un singhiozzo che tanto aveva della disperazione. La sensazione di angoscia era sempre più penetrante, il contatto tiepido e dolce della sua pelle contro quella di lui era una tortura talmente piacevole da non riuscire a sottrarsene, eppure prendeva a tratti la natura di un qualcosa di definitivo, di lacrime versate ed ancora da versare, dell’aroma del caffè che si spegne dolcemente in una tiepida mattina primaverile, di un saluto che nessuno vuole dare perché esserci ed essere insieme è la cosa più importante; aveva la natura sottile dello stanco languore che pervade le membra degli amanti, del bruciore ovattato che si infiltra negli arti dopo un lungo pianto, eppure la stessa sottile – ma non per questo meno presente – essenza di vuoto incolmabile, della sensazione che ormai non c’è nulla da fare.

You stick to me forever, baby

Inconsistenti fiocchi di neve cominciarono a scendere lentamente dal cielo, depositandosi lievi sulle loro spalle e sul terreno.
Draco alzò lo sguardo al cielo e con un mezzo sorriso sulle labbra si rivolse nuovamente verso Hermione, come a voler constatare l’ironia di quella situazione. Lei era del tutto incapace di concepire altro pensiero che non fosse un’agonizzante richiesta, agonizzante perché sapeva che lui, per natura e per bisogno, non avrebbe mai potuto esaudirla.
Non si sorprese neppure a notare il flusso di emozioni e sensazioni che la invasero del tutto, questa volta senza che lei opponesse alcuna resistenza mentale – anche se in altri casi era stata davvero minima -, se ne lasciò avvolgere interamente, assaporando la mano di lui attorno alla propria, la sua pelle, quelle sue labbra che aveva incontrato direttamente una sola volta ma che le erano familiari come se avessero fatto parte di lei da sempre. Quel suo mezzo sorriso, intrappolato tra ciò che può essere e ciò che non è mai stato, imprigionato nel sottile confine che c’è tra dolcezza e dolore.
E quegli occhi.
Lo specchio infranto di un’esistenza tormentata, ogni cui frammento rispecchia – e rivela, ad occhio attento, ovvero quasi a nessuno – qualcosa di diverso, una differente frazione – nonché visione – di mondo, di quel mondo. Racchiuso unicamente nel suo sguardo.
Sguardo morbido eppure letale, in quella sua stretta ferrea, fredda, implacabile, ma avvolgente, setosa, delicata.
“Dobbiamo salutarci, Granger.”
La voce bassa, leggermente roca, si spense contro di lei, come un’onda invisibile, mozzandole il respiro.
Un’affermazione può avere il potere di crollarti addosso, pesante più di un macigno e di rivelarti con certezza quello che avevi intuito, gettandoti in un tunnel in cui qualsiasi pensiero tu elabori e qualsiasi parola tu dica sembra ormai priva di qualsiasi senso? Inutile, solo uno spreco di energie, quando tu vorresti startene da parte, lasciarti scorrere tutto quello addosso, non sentire nulla. La sensazione di esserci eppure di non potere nulla, di non avere niente in mano con cui contrastare loro, te stesso e ciò che ti circonda.
“No.”
Voce rotta di paura e di tristezza, di un’amarezza così grande che solo altro dolore potrebbe cancellarla. Nessun punto di riferimento verso cui voltare lo sguardo, solo un immenso, grigio caos lì, proprio davanti a te. Tendi la mano, lo afferri. Piano.
Lo vide e lo sentì sollevarle la mano, ancora stretta nella sua, sfiorandone il dorso con le labbra. L’indugio di un secondo o forse di un secolo. Pungente, bruciante, da quel punto si diffondono ondate di sensazioni infinite – così tante che è impossibile classificarle…al bando la razionalità, per una volta, perfino Hermione Granger se lo concede – per poi lasciare lì, sulla pelle, il sentore di quel tocco, perenne cicatrice.

And I wish you didn’t go

Le lasciò dolcemente la mano, guidandola nuovamente lungo il suo fianco.
“No.”
Distolse lo sguardo da quella visione troppo dolorosa, fece per voltarsi, ma all’ultimo sembrò ricordarsi di qualcosa.
“Io…ti ringrazio.”
Non andartene.
“Non dimenticherò.” aggiunse poi.
La staticità che precede il grande cambiamento terrorizza. A volte senza alcun motivo.
Eppure lei quel motivo riusciva a sentirlo gridare da ogni sua cellula, da ogni sua fibra.
Guardarlo sembrava l’unica cosa possible nell’incredulità che quello stesse realmente accadendo. Era lì, davanti a lei, spalle dritte, capelli spettinati e lineamenti fieri.
Non può essere l’ultima volta…
I suoi occhi non erano persi come quella volta.
Non può essere.

I wish you didn’t go

“Non può essere un addio…” riuscì solo a mormorare con fatica.
Draco inclinò un poco il capo.
Un senso di soffocamento.

And I wish you didn’t go

“Non mi piacciono gli addii.” si rese conto solo dopo del sorriso disperato che le si era disegnato sulle labbra
No. Non è possibile.
“Ti chiedo solo un ultimo favore.” i suoi occhi grigi indagarono brevemente in quelli di lei, con il dorso del dito indice le carezzò lievemente il mento, un tocco così leggero da poter essere benissimo scambiato per il vento o confuso con esso, ma che lasciava dietro di sé una scia di sensazioni, emozioni e significati inconfondibili ed ineliminabili “Non sono ancora riuscito a seguire il tuo insegnamento. Ricordi quando mi dicesti che piangere faceva bene?” quel sorriso malinconico, dannatamente struggente, la stava devastando, semplicemente. Come devastava lui. Un sorriso devastante in un ragazzo devastato dalla sofferenza. “Non ne sono ancora capace...per cui, ti chiedo solo un piccolo favore, niente di che...questa sera, quando ti sveglierai, piangi per me un’unica lacrima. Piangi ancora una volta al posto mio, per me. Non accadrà mai più. Un’unica lacrima andrà bene, non ne merito altre, così come non vorrei versarne di più. Tutto il resto è dentro di me e tu lo hai compreso come nessun altro. Tutte le altre cose, tutto ciò che sono io, tutto ciò che resta...non hai bisogno di parole o lacrime per comprenderlo. Non c’è bisogno di esprimerlo, tienilo per te. Ciò che non ti ho mai detto, cerca di dimenticarlo. Non di cancellarlo, ma di andare avanti, di vivere una vita diversa, ricordandomi magari, con un sorriso appena un po’ malinconico, ma solo tra tanto...tantissimo tempo.” sul suo viso comparve un’espressione stranamente divertita a quell’idea, che stonava orrendamente con la situazione, l’atmosfera...con tutto. Tutto il resto. “Non merito di più, Granger. Quello che non ti ho mai detto non voglio che ti condizioni, mi basta rimanga dentro di te. E cerca di sorridere. Mi risulta difficile come non mai ammetterlo, ma sei molto più bella quando sorridi.”
Quella confessione...la forza che aveva dovuto fare a se stesso per pronunciare quelle parole, per esternare quei sentimenti, quella sua visione delle cose...
“No...” una disperata richiesta, un animo invaso dal dolore e dalla certezza che qualcosa sta per accadere, qualcosa che vuoi fermare con tutta te stessa, tutto il tuo essere
Non mi piacciono gli addii!
“Consideralo un arrivederci, Granger.”

I wish you didn’t go

No...no...no...
Il grido inespresso e doloroso la attraversò saettando, distruggendo ogni sua cellula, anche la più piccola parte di lei annientata da quel male inestinguibile.
“NO!”
Stordita dalle mille emozioni, dalle lacrime, dalla paura, dal dolore sordo e devastante che avvertiva dentro di sé, fu troppo lenta. Draco Malfoy afferrò per primo la propria bacchetta, la puntò contro di lei con un gesto rapido, quasi impercettibile, fluido ed elegante come sempre.
Nei suoi occhi un’espressione mai vista prima.
Ancora una volta, si dimostrava un’eterna sorpresa.
Un memorabile, profondo caos.
Sulle sue labbra un mezzo sorriso, di quelli da brividi, che solo lui sapeva fare, un po’ come una scusa, un po’ come a volerle trasmettere ciò che provava, un po’ come a volerla incoraggiare a non fermarsi. A non voltarsi indietro. Mai più.

I wish you didn’t go away

“Stupeficium!”
Si sentì scaraventata lontano, qualcosa premeva inesorabile contro di lei, come a volerla schiacciare, proprio poco prima di perdere completamente i sensi, ebbe un’ultima, vorticosa visione di quello che era stato il suo più profondo caos. La sua verità, per metà. Ma che poteva considerare a pieno titolo una verità a sé stante. Irraggiungibile, forse anche sbagliata. Ma pur sempre verità. Il mantello nero che volteggiava austero nell’aria, quei capelli fini, di un pallido biondo lucente, la carnagione diafana e, in un lampo, quegli occhi. Grigi come la tempesta, taglienti come lame, dalle mille sfaccettature, dalle mille emozioni. Meravigliosi.
E la neve, ancora una volta, come quel giorno, che ormai appariva lontano, in cui lei l’aveva raccolto, ferito ed indebolito, nel parco. Esattamente come quel giorno, anche lui.
Con la forza ed il coraggio di chi ha tremato. E di chi non può né vuole più farlo.
Con lo sguardo e la fierezza di chi non lo fa.
Di chi non trema.

To touch you again

“Arrivederci, Hermione.”

With life in your hands

Buio totale.









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Se c’è ancora qualcuno che si ricorda di questa storia, beh…mi scuso con lui/lei ^^ ho ricevuto parecchie e-mail con richieste su quello che sembrava un ormai improbabile aggiornamento di questa storia, eppure la sto aggiornando a più di un anno di distanza. Che dire? Sono imperdonabile ^^ semplicemente…ad onor del vero, sono ancor più che imperdonabile, in quanto la fic era già pronta nella mia testa da quando iniziai a scriverla e ho terminato di scriverla verso settembre-ottobre dello scorso anno…solo che per immensa pigrizia e blocco del fanwriter (esisterà? Mah xD), non mi decidevo mai a buttare giù le righe mancanti (proprio appartenenti a questo capitolo :p)…vi chiedo immensamente scusa ^__^…avete perfettamente ragione. Sono imperdonabile, è che non riuscivo a trovare il coraggio di postarlo (non che ora l'abbia trovato ^^') però vi consoli sapere che questo, ebbene sì, è il penultimo capitolo di CIBAH? ;D State sicuri che non passerà un altro anno prima che possiate avere notizie di Hermione, Draco, Ron, Harry e Ginny…in quanto è già tutto pronto ^_^ (fa una certa impressione dirlo xD)…che altro dire? Ovviamente sono sempre poco convinta di tutto ciò che scrivo, ma…questa storia è nata così quando avevo diciassette anni e così deve essere. Non è bella, non è ben scritta né organizzata, questo sta a voi giudicarlo…però è stata davvero un pezzetto di me.
Mi farebbe davvero piacere se qualcuno di voi mi perdonasse e lasciasse un commento…ne sarei davvero contenta ^^
Che altro dire? L’ultimo capitolo lo pubblicherò a settembre, quando tornerò dalle vacanze...e stavolta nessun ritardo, promesso ^^
Il “memorabile, profondo caos” riferito a Draco proviene dalla recensione di una ragazza di tanto tempo fa, non ricordo chi, che così descrisse il Draco della mia storia…grazie :)

RINGRAZIAMENTI
Un grazie particolare alla Donna Scarlatta per eccellenza, ovvero Kit_05, che ha avuto il coraggio di leggersi questi ultimi due capitoli appena scritti e di incoraggiarmi (XD) alla pubblicazione…per cui, per qualsiasi cosa, prendetevela con lei ^___^ *angelicamente* (E’ così che ti ripago, ghgh :mrgreen:). Lei è l’unica adulta (??? Vegliarda xD) in grado di gareggiare in “Chi vedrà per prima Harry Potter e l’Ordine della Fenice” xD. Anche per questo va ricordata xD (Fatto sta che non hai vinto tu! :medio :medio *cavaliere medievale, non gestaccio xD*)
Un grazie speciale a quelle sante anime che hanno commentato il capitolo undicesimo :) quindi a lalla86, JulyChan (nel tuo commento leggo forse “RON FOREVER”? *_* Sto forse convertendo le genti all’adorazione di quel povero ragazzo? *.*), ithil (wow, che recensione lusinghiera, ma credo di doverti citare per eresia *_*;; non merito di essere citata nella stessa frase in cui compare la Divina), ginny85, Harrydipendente (onorata :D), dhesia, Illmatar_Luonnotar (un grazie per quel commento così bello ^^), ashara, Kit_05 (che essendo colei che mi stressa sessanta secondi su sessanta – fino a costituire minuti, ore, giorni e mesi :mrgreen: - non meriterebbe alcun ringraziamento, neppure per quel commento chilometrico…anche se le ricordo che la fic la leggeva da tempo immemore ed ancora non aveva scritto uno straccio di commento :@ Donna Scarlatta che altro non sei!), CameliaBianca (non avrei potuto dire che non avevo intenzione di finirla ^^;…), Sora Hearty 2.
Grazie ancora a tutti ;) graziegraziegraziegrazie…anche a tutti coloro che hanno questa fic tra le proprie preferite…grazie.
Grazie a chi ha seguito questa strana storia fin dall’inizio. ^^
Non smetterei mai di ringraziarvi…
Emily


   
 
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