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Autore: redalertbd    23/01/2013    5 recensioni
Alcuni mesi dopo la sconfitta di Pitch, qualcosa di ben più pericoloso di un incubo ha iniziato a muoversi per il mondo, ed alla luce del sole. Mentre i Guardiani devono affrontare la nuova minaccia, Jamie e Sophie Bennett si trovano a dover gestire una scomoda presenza in cantina, e un certo dente caduto rivela un segreto dimenticato.
Aggiornata con il capitolo terzo.
"Divertente, dici... Raccapricciante, spaventoso, terrificante, ecco come dovrebbe essere descritto il mio intervento tra gli umani. Non... divertente.”
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“Che facciamo ora?” chiese Jack, mentre si incamminavano per tornare alla casa dei bambini.
“Sanno che gli stiamo dando la caccia, si faranno più attenti...” rifletté ad alta voce Calmoniglio. Nord annuì, pensieroso. Alzò lo sguardo verso il cielo.
“Credo che per affrontare questi nemici avremo bisogno di fare altre domande,” dichiarò, guardando la luna.
Genere: Avventura, Azione, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dentolina, Jack Frost, Jamie, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Terzo: Una bizzarra convivenza


“Tocca a te!” dichiarò Sophie e prese a fissare speranzosa l'angolo buio.

Pitch fece un sospiro esasperato. Guardò la bambina con astio.

“Non sto. Giocando. Con te.”

La bimba continuò a guardarlo ancora un poco, poi si arrese. “Allora faccio io!”

Prese il pupazzetto del lottatore di wrestling con la maschera nera e gli fece saltare un numero arbitrario di quadri della coperta a scacchi su cui era sdraiata, dove erano sparsi anche un dinosauro di gomma, due bambole (una delle quali, appartenuta alla mamma di Sophie, aveva più pezze della coperta stessa), e una giraffa di legno. Il peluche di coniglio preferito da Sophie, un regalo di suo fratello, era sistemato sul bordo della trapunta ad osservare il gioco.

“Oh no!” Sophie fece scontrare il lottatore con la giraffa e lo fece rotolare fuori dalla coperta. “Sei caduto fuori!” Si sdraiò a pancia in giù ed allungò un braccio, senza riuscire a raggiungere il pupazzetto. “Sei in mare! Affoghi!! Nooo!!”

Pitch si sforzò di ignorare gli strilli della bambina. Dopo la fine dei Tempi Oscuri Pitch aveva passato secoli obbligato a nascondersi e a leccarsi le ferite, c'erano stati periodi di anni in cui si era dovuto aggrappare anche ad ogni minimi spavento, per sopravvivere, bevendo le più piccole gocce di paura come un animale in procinto di morire di sete.

Per quanto duro era stato quel periodo, era però abbastanza certo che avrebbe fatto volentieri a cambio con i nove giorni da quando i piccoli Bennett l'avevano scoperto e gli avevano inaspettatamente offerto asilo. La scuola era chiusa per le vacanze estive e Jamie e Sophie passavano a casa la maggior parte delle giornate, complice un luglio particolarmente piovoso, e il tempo nelle vicinanze di quelle due piccole pesti sembrava passare più lentamente. Due giorni dopo il loro accordo Pitch aveva traslocato dalla cantina ad una stanzetta nel sottotetto, dove i bambini salivano a giocare di tanto in tanto. Non era ancora riuscito a recuperare nemmeno un grammo della sua antica forza. Anzi, la famigliarità involontaria che si era creata tra lui e i bambini non faceva altro che rendergli le cose più difficili. Sophie pareva essere sempre in grado di vederlo, anche quando lui credeva di essere perfettamente nascosto tra le ombre, e la cosa era snervante, soprattutto perché la mocciosetta aveva deciso che Pitch era il suo nuovo compagno di giochi preferito, per motivi che all'Uomo Nero risultavano del tutto incomprensibili. La sua pazienza era ridotta ai minimi termini, ma nonostante tutta la voglia che aveva di prendere la bambina per un piede e farla penzolare fuori dalla finestra fino a farla sgolare dalle urla, la sua totale, inspiegabile mancanza di paura rendeva impossibile a Pitch anche solo sfiorarla. Era frustrante.

Inoltre, se anche nessuno dei Guardiani si era ancora fatto vivo ciò non significava che un qualsiasi incidente non li avrebbe messi in allarme. Pitch si teneva lontano dalle stanze dei bambini mentre dormivano, per evitare che la sua presenza venisse notata dall'Uomo della Sabbia, e quando un paio di giorni prima una fatina era venuta a ritirare un altro dei denti di Jamie l'aveva scrutata con astio dalle fessure tra le travi del soffitto della camera del bambino, attento a non lasciare che l'esserino notasse la minima stranezza nell'atmosfera della stanza, e detestandosi per questo. Dover nascondersi persino ad un essere così patetico, che un tempo avrebbe potuto stritolare nel palmo della sua mano! A questo si era ridotto! Era disposto ad ingoiare l'orgoglio e nascondersi come un verme, l'aveva fatto per quasi cinquant'anni prima di arrivare a padroneggiare la sabbia nera, ma almeno allora non aveva dovuto sopportare...

Un suono paragonabile allo stridere di unghie su una lavagna interruppe il filo dei suoi pensieri sempre più depressi. Sophie aveva preso a rotolare da un'estremità all'altra della coperta, e ogni volta che si fermava per cambiare direzione emetteva uno di quei stridii orrendi, fissandolo con aria supplichevole. Pitch gemette interiormente. Si concentrò.

La piccola ombra del pupazzetto fu percorsa da un fremito e poi parve staccarsi da esso e correre verso la coperta. Sophie strillò, deliziata, e veloce si sporse ad afferrare il pupazzetto per poi mettersi a correre a carponi per la coperta, cercando l'ombra svanita. Si voltò a guardare l'angolo dove stava seduto l'affranto ex-signore della paura, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro,

Pitch rilevò con gelido distacco quando sforzo gli fosse costato fare una cosa così semplice. A fare giochi di prestigio, motivo di risate, e con a malapena la forza di illudere qualcuno che un'ombra si fosse mossa da sola.

Poteva ridursi più in basso di così?



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“Mamma, fai attenzione...!” esclamò Jamie, seguendo con un po' d'ansia i movimenti dell'aspirapolvere che sua madre aveva spinto sotto il letto con troppa decisione. “E se ci fosse il babau, lì sotto...? Gli darai una botta in testa!”

Nathalie scoppiò a ridere. La fantasia di suo figlio non smetteva mai di stupirla. “Ma come ti viene in mente? Jamie, il babau non esiste.”

“Ma se esistesse?” Jamie si sporse dalla sua sedia per sbirciare sotto il letto. Pitch doveva essere in soffitta, ma per sicurezza... non voleva che si ritrovasse con un bernoccolo!

“Se esistesse... gli chiederei cosa fa in giro così fuori stagione.” Nathalie gli fece l'occhiolino. “Manca ancora un bel po' ad Halloween.”

Jamie fissò sua madre ad occhi sgranati. “Ma certo! Mamma, sei un genio!”



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“E', senza alcun dubbio, la cosa più assurda che abbia mai sentito in tutta la mia esistenza. E ho più di quattromila anni, tengo a precisare,” dichiarò Pitch in tono piatto.

“Quattromila anni?” Jamie drizzò le orecchie. Se era così vecchio, forse aveva visto anche Atlantide... poi il bambino si ricordò del problema più pressante. “Non è un'idea assurda! Può funzionare...” Indicò lo schermo del televisore, dove uno scheletro in frac stava cercando di spiegare ad un gruppo di mostri assortiti il significato del Natale.

“Possiamo organizzare una festa, e tu potresti spaventare i nostri amici, sarà divertente!”

Pitch alzò gli occhi al soffitto. Era in piedi, perché sedere sul divano accanto al moccioso avrebbe rappresentato un ulteriore colpo che non voleva infliggere al poco amor proprio che gli era rimasto. Quantomeno, Sophie era lontana nella sua cameretta a disegnare, perché sua madre non riteneva ancora Nightmare Before Christmas un film adatto a lei. E poi, camminando avanti e indietro per il salotto agitava il cane, che pur non vedendolo continuava ad annusare l'aria intorno all'Uomo Nero, ringhiandogli contro. Almeno qualcuno in quella casa reagiva alla sua presenza come si conveniva!

“Per l'appunto. Divertente, dici... Raccapricciante, spaventoso, terrificante, ecco come dovrebbe essere descritto il mio intervento tra gli umani. Non... divertente.” Fece una smorfia come se la parola avesse un cattivo sapore.

“Ma farsi paura a volte è divertente!” insistette Jamie, con un tono quasi di scusa. “Si potrebbe anche parlarne con Jack, quando torna, potreste andare d'accordo, anche con gli altri Guardiani...”

“Andare d'accordo? Andare d'accordo?! Nessuno di loro ha mai avuto la minima considerazione per quello che faccio, perché dovrebbero averne ora?”

Jamie si guardò intorno. “Bè... ma è perché tu volevi solo fare paura...”

“Io non faccio paura, io sono paura, lo sono sempre stato, è quello che...”

Pitch si interruppe. Qualcosa, un ricordo, passato troppo velocemente per poter identificare di cosa si trattasse...

Lo sono sempre stato.

Jamie lo fissava con aria interrogativa. Pitch sbatte le palpebre, confuso, ma il momento di spaesamento passò rapido come era arrivato, e l'Uomo Nero scosse la testa.

“E' un'idea insensata. La paura esiste solo per se stessa, non per divertire o per altri motivi.”

Jamie si morse il labbro inferiore, e fu preso da un brivido. Sentiva freddo, ma non voleva dirlo alla mamma perché era sicuro che gli avrebbe fatto subito misurare la febbre, e non ne aveva voglia. I due continuarono a guardare la televisione in silenzio, dove ora tre mostriciattoli stavano progettando di rapire Babbo Natale e sottoporlo a varie torture. Ecco, pensò Pitch, quello sì che poteva essere divertente...



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Jack correva tra gli alberi, saltando da un ramo all'altro con il vento a dargli la spinta. Poco più avanti riusciva a vedere sotto di se la forma scura che stava inseguendo, che correva veloce come se riuscisse a vedere perfettamente al buio, e come se il grosso sacco che portava sulla schiena non pesasse nulla. Jack invece doveva affidarsi alla luce della luna e delle stelle. E al puzzo tremendo che la creatura, il troll, come Nord l'aveva chiamato, si lasciava dietro.

Rendendosi conto che la foresta si stava facendo sempre più fitta e avrebbe presto rischiato di perderlo di vista, Jack si lasciò cadere giù e continuò a correre a piedi, più veloce che poteva. Vide il troll rallentare, come momentaneamente incerto sulla direzione da prendere... ecco!

Colpì un tronco con il suo bastone. Il ghiaccio si propagò con la velocità di un fulmine, salì ai rami e alle foglie e da lì passò a quelli dell'albero più vicino, fino a raggiungere gli alberi davanti al troll e formare un muro, proprio mentre il mostro ripartiva di corsa. Sbatté contro il ghiaccio forte abbastanza da creparlo, e indietreggiò barcollando. Jack, ora a pochi passi di distanza, toccò il terreno, e altro ghiaccio si formò intorno ai piedi del mostro, che grugnì infuriato, cercando di liberarsi.

“Fermo!” Intimò il ragazzo, puntandogli contro il bastone. “Liberali subito!”

Il troll si voltò a fissarlo. La sua faccia, larga e piatta e circondata da una criniera di capelli neri e unti, era quasi interamente occupata da un grosso naso deforme. I piccoli occhi porcini fissavano Jack con odio. “Li vuoi così tanto?” disse con voce roca, lasciando intravedere le zanne giallastre che gli riempivano la bocca. “Valli a prendere, allora!” E detto questo mulinò il sacco sopra la testa e lo lanciò lontano

Preso in contropiede, Jack scattò in avanti, parandosi tra il sacco e una grossa quercia e afferrandolo il più delicatamente possibile. Alzò lo sguardo in tempo per vedere il mostro staccare i grossi piedi dal terreno, portando con se ghiaccio e zolle di terra, e venirgli contro allungando le braccia grosse come quelle di un gorilla, ricoperte di spessi peli marroni. Sentì i propri occhi spalancarsi in preda al panico, e prima che potesse reagire una mano lo afferrò per i capelli e lo lanciò contro un albero, come un pupazzo. Jack sentì la testa bruciargli, dove la presa era stata abbastanza forte da strappargli capelli e pelle insieme, ed ebbe appena il tempo di raggomitolarsi intorno al sacco per proteggerlo, prima che la sua schiena colpisse il legno con violenza, strappandogli via il fiato.

Il troll scoppiò in una risata gracchiante, e si pulì la mano sulla spessa pelliccia che gli ricopriva le gambe. Fece schioccare le nocche, avvicinandosi. “Ora vediamo se riesci ancora ad inseguirmi, con le gambe rotte...”

Con un sibilo, un boomerang saettò tra gli alberi e colpì il mostro in piena fronte. Il troll indietreggiò, con un ruggito di rabbia e dolore. Calmoniglio balzò avanti dall'ombra, mettendosi tra il troll e Jack.

“Quale parte di 'aspetta che ti raggiungiamo per intervenire' non era chiara, esattamente?” disse, brandendo i suoi bastoni contro il troll.

“Mi conosci, mi piace improvvisare,” replicò Jack con un sorriso, rimettendosi in piedi e posando il sacco per terra con cautela.

Calmoniglio sbuffò, esasperato, e iniziò a muoversi lentamente in circolo intorno al troll. “Avanti, fa la tua mossa, bestione...” sibilò.

Il troll gli ringhiò contro. I suoi occhi si mossero dal Pooka a Jack, che si era rimesso in posa d'attacco. Prima che potesse fare alcunché, nella radura risuonò il rumore di rami che si spezzavano, sempre più forte, finché Nord emerse da una macchia di arbusti, a sciabole spianate, il cappotto ricoperto di ramoscelli e foglie. Il troll concluse che non era il caso di combattere, girò i tacchi e batté in ritirata nel folto del bosco.

“Fermo!” Calmoniglio e Nord scattarono entrambi all'inseguimento. All'improvviso però la terra prese a tremare, obbligandoli a fermarsi. Il terreno si aprì sotto i loro sguardi sconvolti, alberi sradicati crollarono sulle loro teste.

Questione di un momento, e tutto nella foresta era tornato alla normalità. Calmoniglio, Nord e Jack si guardarono, confusi. Calmoniglio si riscosse per primo, e senza perdere un attimo riprese a correre nella direzione in cui era svanito il troll.

“Ma che cosa...” mormorò Jack, passandosi una mano sugli occhi.

“Un'illusione,” disse Nord. “E non può essere stato quel troll a realizzarla. Non è da solo.” Scrutò il bosco che li circondava, in cerca della traccia di una qualsiasi presenza. Gli unici suoni erano richiami lontani di animali. Nord si voltò a controllare che Jack stesse bene. Il ragazzo era impegnato ad aprire i legacci del sacco, e Nord si avvicinò e tagliò la corda con la sua sciabola.

Dal sacco emersero un bambino e una bambina, vestiti con pigiamini dello stesso colore. Respiravano, ma erano immersi in un sonno talmente profondo che nemmeno tutto lo sballottamento dell'inseguimento l'aveva interrotto. Nord rinfoderò le sciabole e posò una mano sulla fronte della bambina, e poi del suo fratellino. Jack lo osservava con ansia.

“Staranno bene,” disse Nord, in tono sollevato. “Ho già visto incantesimi di questo genere, svaniranno con l'alba. Ma come l'illusione di prima, non sono affare da troll.” Il suo sguardo si fece pensieroso. “C'era qualcun altro ad aiutarlo.”

“E con questo siamo a tre.” Fece Calmoniglio, riemergendo dalla macchia. Scosse la testa in risposta agli sguardi interrogativi di Nord e Jack. “Pare se lo sia mangiato il terreno, anche la sua puzza è scomparsa nel nulla, e quella ero riuscito a seguirla dalla città fino a qui...” Si chinò per raccogliere il suo boomerang da terra, dov'era caduto prima.

Jack si rabbuiò. “Mi dispiace, avrei dovuto essere più attento. Ma si è reso conto che lo stavo seguendo, e temevo di perderlo, o che facesse loro del male...”

Calmoniglio alzò le spalle. “Non prendertela, almeno siamo riusciti a salvare i bambini. Meglio riportarli a casa prima che qualcuno noti che sono spariti.” Jack annuì.

Nord prese in braccio entrambi i bambini. “Tu stai bene, Jack?” chiese, fissando la testa del ragazzo. Jack se la toccò, sentendo una chiazza bruciargli sotto le dita dove il troll gli aveva strappato i capelli. Non sanguinava, nessuna delle ferite che si era fatto dopo essere rinato come spirito sanguinava mai, si limitavano a restare esposte per un poco e poi rimarginarsi. “Sono a posto. Vorrei solo essere riuscito a prendere quel mostro e i suoi complici.”

Come aveva detto Calmoniglio, quello era il terzo mostro che si trovavano a combattere da quando l'Uomo della Luna li aveva convocati e indirizzati verso luoghi dove le notizie di sparizioni di bambini erano andate aumentando negli ultimi mesi. Jack rabbrividì ripensando alla prima creatura che avevano affrontato. Si presentava come una donna anziana che si aggirava per le strade di Hanoi con un cesto di dolciumi e giocattoli, ma in realtà aveva l'aspetto di un gigantesco ragno che si portava dietro i bambini che aveva catturato avvolti in bozzoli appiccicosi sulla schiena, svenuti. Pochi giorni dopo avevano incontrato un essere, alto un metro e avvolto in un saio con il cappuccio che gli copriva interamente il volto, che si introduceva nelle camere dei bambini la notte e succhiava loro il sangue. Entrambi erano stati sconfitti e catturati, imprigionati in carceri costruite al Polo Nord dagli Yeti. Ma sembrava solo l'inizio. E non c'era modo di capire da dove quelle creature provenissero, né Nord né Calmoniglio ne avevano mai viste simili. Con il troll era stata un'altra faccenda, Nord l'aveva riconosciuto appena aveva potuto sentirne il puzzo, in una delle case che aveva visitato. Con aria cupa, aveva detto di averne affrontati diversi, quando molti anni prima aveva combattuto per liberare le terre del suo popolo dai mostri. Quando era ancora un essere umano, aveva pensato Jack, che si era ripromesso di chiedergli altri dettagli su come l'uomo fosse diventato un Guardiano. Per essere stato un giocattolaio, come amava insistere, doveva essere stato un guerriero formidabile... ma non era quello il momento di perdere tempo con simili curiosità.

“Che facciamo ora?” chiese Jack, mentre si incamminavano per tornare alla casa dei bambini.

“Sanno che gli stiamo dando la caccia, si faranno più attenti...” rifletté ad alta voce Calmoniglio. Nord annuì, pensieroso. Alzò lo sguardo verso il cielo.

“Credo che per affrontare questi nemici avremo bisogno di fare altre domande,” dichiarò, guardando la luna.



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Gudruc emerse dagli alberi in prossimità di una strada asfaltata, e prese a seguirla. La fastidiosa nebbia bluastra che l'aveva avvolto nella foresta, mascherandolo alla vista e agli altri sensi dei suoi inseguitori si stava finalmente dissolvendo, lasciandogli una fastidiosa sensazione di umidiccio. Ma meglio non lamentarsi, visto che gli aveva probabilmente salvato la pellaccia. Il troll raggiunse un'area di sosta, dove era parcheggiato un solitario camper di grandi dimensioni, una vera casa su ruote. Fermo davanti alla porta d'ingresso si lisciò il pelo sulle braccia e si schiarì la gola quanto poteva. C'erano poche cose che poteva dire per giustificare il suo fallimento. Rassegnato, bussò sullo sportello.

La porta gli fu aperta da una donna alta, dai fini capelli biondi, che indossava una veste scura e dei guanti. Isabelle, questo il suo nome, lo fece entrare senza proferire parola. Gudruc si mosse con difficoltà nella casa mobile, che per quanto grande era comunque stretta per la sua mole, e chinò la testa in segno di saluto in direzione degli altri due individui presenti.

Uno di essi era un uomo tozzo seduto su una poltroncina, le gambe sollevate e i piedi, che calzavano pesanti scarpe di metallo, poggiati sul tavolo. Era impegnato a pulirsi le unghie con un pugnale e non alzò nemmeno lo sguardo verso il nuovo arrivato. Seduta sul divanetto dall'altro lato del tavolo c'era una donna, intenta a ricamare su un largo pezzo di stoffa.

Gudruc aprì la bocca, senza sapere cosa dire.

“Sei riuscito a farti portare via i bambini,” disse la donna. Il suo tono era annoiato. Gudruc annuì. “E se non fossi intervenuta, ti avrebbero catturato.” Di nuovo il troll annuì, infelice. La donna sospirò e posò l'ago. Il ricamo su cui stava lavorando mostrava un bosco. Un Gudruc in miniatura, ricamato in filo marrone, correva nel bosco con un sacco in spalla. Poco distanti vi erano un uomo con delle spade, un coniglio su due zampe e un ragazzo, rispettivamente ricamati in filo rosso, verde, e azzurro chiaro. Tra i tre e il troll, i fili che rappresentavano il bosco erano stati strappati, e intorno al troll era stato intrecciato uno spesso filo di lana blu. La donna lo tirò via, e con esso gli ultimi residui della nebbia che avvolgeva Gudruc svanirono del tutto. Il troll cercò di rimpicciolirsi. “La prossima volta vi servirò meglio, mia signora...” balbettò.

“Ho avuto già tanta pazienza... Cosa devo fare, con te...?” chiese la donna. La sua mano si mosse sopra gli altri strumenti posati sul tavolo, toccò le forbici con delicatezza. Gudruc deglutì, muovendo gli occhi dalla signora al suo silenzioso compagno, apparentemente del tutto disinteressato a quello che stava avvenendo. La donna tornò ad osservare il ricamo, e accarezzò le tre figurine dei Guardiani.

“Ma non è stata colpa tua, in fondo. Questi sciocchi che cercano di intromettersi...” li osservò con appena un 'ombra di irritazione nello sguardo.

Gudruc sospirò di sollievo, al vedere che non era più oggetto del fastidio della donna. Si accorse che Isabelle era al suo fianco, e lo stava osservando con uno sguardo indagatore. Prima che potesse chiederle che voleva, lei si chinò appena e sfiorò il pelo della sua coscia, estraendone con delicatezza un singolo capello argenteo. Sollevò la mano tenendolo stretto tra i polpastrelli del pollice e dell'indice. Era uno dei capelli dello spirito con cui Gudruc si era scontrato prima. Isabelle guardò la ricamatrice, la cui espressione si illuminò di una luce pericolosa.

“Oh, la buona sorte ci sorride, miei cari.” Tese la mano, e Isabelle poso il capello tra le sue dita. La donna lo osservò con un sorriso, poi lo introdusse in un ago, insieme ad un altro filo, nero. Prese una nuova pezza ed iniziò a cucire. Il tempo passò, e quando giunse l'alba, e Gudruc si era nascosto per dormire da parecchio, sulla tela era ricamato un intero arabesco. L'uomo dalle scarpe di ferro e Isabelle si avvicinarono per osservare. Tra le figure che lo formavano intrecciandosi le une con le altre (un lago con un ragazzo e sua sorella che vi camminavano sopra, la luna, un bastone) c'era quella di un bambino. La donna passò le dita sul suo faccino ricamato e formò il suo nome con le labbra, senza emettere un suono.

Jamie.

Senza dire una parola, l'uomo si avviò verso la cabina di guida e mise in moto. A quanto pareva, c'era una visita da fare.



Continua...





Un capitolo con un po' più d'azione, spero vi sia piaciuto, e mi scuso per il ritardo nell'aggiornare ^^; Come per Pitch, anche le origini di Nord sono diverse in questa versione rispetto a quelle del libro. Commenti e critiche di ogni genere sono sempre molto graditi!!
  
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